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Papia di Gerapoli: FRAMMENTI

Ultimo Aggiornamento: 07/03/2014 15:31
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07/03/2014 15:27
 
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Papia di Gerapoli

Frammenti

I frammento

Frammento in Ireneo, Adversus haereses, V, 33,3-4.

Papia, il millenarista

1. Un giorno anche il mondo creato, rinnovato e liberato dalla maledizione divina, produrrà in abbondanza, dalla rugiada del cielo e dalla fecondità della terra, ogni sorta di cibi. Così i presbiteri, che videro Giovanni discepolo del Signore, ricordano d’avere udito da lui, che riferiva gli insegnamenti del Signore intorno a quei tempi dicendo:

2. "Verranno giorni in cui sorgeranno vigne, che avranno ciascuna diecimila viti; ogni vite avrà diecimila tralci; ogni tralcio avrà diecimila bracci; ogni braccio diecimila pampini, ogni pampino diecimila grappoli; ogni grappolo diecimila acini; ogni acino, spremuto, darà venticinque metrete di vino.

3. E quando uno dei santi prenderà uno di questi grappoli, l’altro griderà: Io sono un grappolo migliore, prendi me; e per mezzo mio benedici il Signore. Similmente anche un chicco di frumento produrrà diecimila spighe; ogni spiga avrà diecimila chicchi; ogni chicco darà cinque bilibbre di semola bianca e netta. Anche gli altri frutti, semi ed erbe saranno proporzionati a quelli. E tutti gli animali, cibandosi di quei frutti che si cavano dalla terra, saranno pacifici e concordi tra loro e pienamente soggetti agli uomini".

4. Di queste cose anche Papia, discepolo di Giovanni e compagno di Policarpo, uomo antico, fornisce testimonianza per scritto, nel quarto dei suoi libri. Ne scrisse infatti cinque. E aggiunse anche questo:

5. "Queste cose sono credibili per coloro che hanno fede. Anche Giuda il traditore, aggiunge egli (Papia), non credendo domandò: Come il Signore compirà tali generazioni? E il Signore rispose: Vedranno coloro che verranno in quel tempo".

II frammento

Frammento in Eusebio di Cesarea, Historia Ecclesiastica, III, 39, 1-16.

La questione del presbitero Giovanni

1. Di Papia ci sono tramandati cinque libri intitolati: Cinque libri di spiegazione dei detti del Signore. Ne fa menzione anche Ireneo, come dell’unica opera scritta da lui, dicendo a un dipresso così: Queste cose anche ecc. (cfr. IRENEO, V, 33, 4; vedi framm. I, 4).

2. Così [dice] Ireneo. Però lo stesso Papia, nel proemio dei suoi discorsi, rivela di non esser stato affatto uditore e spettatore dei santi Apostoli; ma insegna d’avere appreso le cose che riguardano la fede dai loro familiari. Ecco come egli si esprime:

3. "Non esiterò ad aggiungere alle [mie] spiegazioni ciò che un giorno appresi bene dai presbiteri e che ricordo bene, per confermare la verità di queste [mie spiegazioni]. Poiché io non mi dilettavo, come fanno i più, di coloro che dicono molte cose, ma di coloro che insegnano cose vere; non di quelli che riferiscono precetti di altri, ma di quelli che insegnano i precetti dati dal Signore alla [nostra] fede e sgorgati dalla stessa verità.

4. Che se in qualche luogo m’imbattevo in qualcuno che avesse convissuto con i presbiteri, io cercavo di conoscere i discorsi dei presbiteri: che cosa disse Andrea o che cosa Pietro o che cosa Filippo o che cosa Tommaso o Giacomo o che cosa Giovanni o Matteo o alcun altro dei discepoli del Signore; e ciò che dicono Aristione ed il presbitero Giovanni , discepoli del Signore.

Poiché io ero persuaso che ciò che potevo ricavare dai libri non mi avrebbe giovato tanto, quanto quello che udivo dalla viva voce ancora superstite .

5. E qui conviene osservare che Papia pone due volte il nome di Giovanni: il primo [Giovanni] lo annovera con Pietro, Giacomo e Matteo e gli altri Apostoli, ed è evidente che vuole indicare l’Evangelista. Egli poi distingue nella sua esposizione, e colloca il secondo Giovanni tra gli altri che sono fuori del numero degli Apostoli , anteponendo a lui Aristione;

6. e lo chiama espressamente presbitero. Resterebbe quindi confermata l’asserzione di coloro che sostengono che in Asia ci furono due personaggi che portavano questo stesso nome e che in Efeso vi sono due tombe chiamate ambedue ancora oggi di Giovanni. Bisogna fare attenzione a costoro: perché se si esclude il primo, è verosimile che il secondo abbia avuto la rivelazione (Apocalisse), che ci fu tramandata sotto il nome di Giovanni.

7. Questo Papia, di cui parliamo, confessa di avere ricevuto i detti degli Apostoli da coloro che li avvicinarono e di essere invece stato uditore diretto di Aristione e del presbitero Giovanni. Egli ricorda sovente i loro nomi e nei suoi scritti riferisce ciò che essi hanno tramandato. Anche questo possa non essere stato detto inutilmente.

8. Alle testimonianze di Papia, riferite sopra, mette conto che ora se ne aggiungano altre, nelle quali egli narra alcuni fatti prodigiosi e fornisce altre notizie, pervenute a lui dalla tradizione. q. Abbiamo già detto sopra che l’apostolo Filippo aveva dimorato a Gerapoli con le sue figlie. Bisogna ora che io riferisca una storia meravigliosa che Papia, che viveva in quei tempi, dice d’avere appreso dalle figlie di Filippo. Egli parla infatti della risurrezione di un morto, avvenuta ai suoi tempi, e poi ancora di un altro miracolo accaduto a Giusto, soprannominato Barsaba, il quale bevette un veleno mortifero, e, per la grazia del Signore, non ne ebbe danno.

10. Questo Giusto è colui che, dopo l’ascensione del Signore, i santi Apostoli avevano proposto insieme a Mattia ed avevano poi fatta orazione affinché la sorte designasse quale dei due avrebbe dovuto completare il loro numero, invece di Giuda il traditore. Il libro degli Atti narra così il fatto: "E proposero due, Giuseppe, chiamato Barsaba e soprannominato il Giusto, e Mattia; e pregarono dicendo…"

11. Il medesimo Papia ci fornisce altre notizie pervenute a lui dalla tradizione non scritta, alcune strane parabole e alcuni insegnamenti del Salvatore, e altre cose piuttosto favolose.

12. Tra le quali egli dice anche che, dopo la risurrezione dei morti, vi sarà un periodo di mille anni, nel quale si stabilirà su questa terra il regno materiale di Cristo. Io credo che queste sue concezioni derivino dall’avere frainteso le narrazioni degli Apostoli, non avendo egli capito che gli Apostoli si esprimevano con un linguaggio simbolico per mezzo di figure.
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