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COME FAR TESORO DEI PROPRI SBAGLI

Ultimo Aggiornamento: 10/08/2013 18:16
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10/08/2013 14:01
 
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12. - Ancora un frutto dell'umiltà, prodotto dal ricordo delle colpe, è l'indulgenza verso le altrui debolezze.

Infine S. Francesco di Sales vuole che la luce proiettata dalle colpe ci conduca, mediante l'umiltà, a essere indulgenti verso le debolezze altrui.
“L'umiltà, dice egli, fa sì che non ci turbiamo delle imperfezioni, pensando che anche altri le han commesse: perché pretenderemmo di essere più perfetti di loro? Allo stesso modo, non ci meraviglieremo delle colpe altrui, se ci ricorderemo delle nostre: perché deve sembrar strano che gli altri abbiano delle imperfezioni, dal momento che anche noi abbiam la nostra parte?” (55).
S. Giovanni Crisostomo insiste con energia su questa utilità spesso trascurata che le nostre colpe, secondo il disegno divino, sono destinate a procurarci. Egli dimostra che se il Sacerdozio non venne affidato agli Angeli, fu perché essi, basandosi sulla loro impeccabilità,. avrebbero forse invocato fulmini sui peccatori, mentre l'uomo, che conosce per esperienza personale la fragilità umana, più facilmente la compatisce quando la incontra negli altri.
Ecco perché, continua il santo Vescovo, tanto oggi come una volta, Iddio permette delle colpe in coloro che, nella Chiesa, sono depositari della sua autorità; affinché il ricordo delle loro cadute li renda più umani verso i fratelli. E dimostra la sua tesi con due esempi del Nuovo e del Vecchio Testamento. Prima mette in scena l'ardente Apostolo S. Pietro il quale, appunto perché credeva come uno potesse giungere a scandalizzarsi ed arrossire del suo Maestro, egli stesso miserabilmente lo rinnegò dopo avergli giurato tre volte fedeltà, e non già per minaccia di tortura o di morte, ma alla voce di una povera serva. Indi ricorda il profeta Elia, che se ebbe tanto zelo da rovesciare battaglioni e ridurre alla fame un intero popolo, tremò poi di spavento e fuggì atterrito davanti all'ira di una donna, Gezabele. “Dio, conchiude il Santo, ha permesso la caduta di S. Pietro, che è colonna della Chiesa, porto della Fede e Dottore dell'universo, per insegnargli a trattare gli altri con bontà e misericordia; ed anche Elia cade per disegno divino, affinché si ricopra intieramente col manto della carità e divenga indulgente come il suo Signore” (56).
S. Bernardo riprende questo pensiero nel commento d'un proverbio: “Chi sta bene, dice egli, non comprende il male altrui, e chi ha mangiato lautamente non conosce la sofferenza di chi è digiuno. Quanto più un malato diventa simile a un altro malato, e un affamato a un altro affamato, tanto più compatiscono i loro mali... Per sentirsi infelici dell'infelicità altrui bisogna sperimentarla in se stessi. Solo conoscendola in noi stessi, potremo ritrovare l'anima del prossimo e sapere come venirle in aiuto ” (57).
Facciamo tesoro di queste lezioni. Finché restiamo in piedi siamo quasi incapaci di scusare e compatire negli altri certe cadute che ci scandalizzano e ci muovono a sdegno. E quante volte purtroppo, un segreto orgoglio, in apparenza di zelo, ci porta all'indignazione! Se invece noi stessi veniamo gettati a terra da una caduta simile, ben presto la compassione subentrerà alla severità. Allora si capirà la frase di S. Agostino: “non c'è peccato possibile a uomo, di cui non possa macchiarmi anch'io” e la bella frase dell'Imitazione: “Tutti siam fragili; ma tu devi pensare di essere il più fragile di tutti” (58).
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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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