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COME FAR TESORO DEI PROPRI SBAGLI

Ultimo Aggiornamento: 10/08/2013 18:16
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10/08/2013 09:38
 
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P. Giuseppe Tissot

 L’arte di utilizzare le proprie colpe

secondo S. Francesco di Sales




PARTE PRIMA

 

CAPO I

 

NON MERAVIGLIARSI

DELLE PROPRIE COLPE

 

 

1. - Miserie umane. Finché porteremo noi stessi non porteremo nulla che abbia gran valore.

 

Il non potersi assuefare alla propria miseria è, per l'uomo decaduto, un onore e assieme un tormento. Principe spodestato e rovinato per colpa dei progenitori, egli conserva sempre, in fondo al cuore, il sentimento della nobiltà nativa e dell'innocenza che doveva essere suo retaggio; e per questo, ad ogni caduta stenta a trattenere un grido di sorpresa, come se una grave disgrazia l'avesse colpito.

Sembra Sansone che ha perduta la sua forza, perché una mano traditrice gli ha mozzato la chioma. Alzati! - gli si grida - i Filistei ti sono addosso! Ed egli si leva in piedi, immaginando di terrorizzare come sempre i nemici, inconscio d'aver perduto l'antica forza (1).

Per quanto nobili siano le radici di questo pronto risentimento, i suoi frutti sono troppo funesti per non essere subito pronti a reprimerlo; perché, come vedremo, lo scoraggiamento che è la rovina di tante anime, si apre il passo placidamente attraverso questa specie di smarrimento che segue la caduta. Perciò S. Francesco di Sales ci premunirà subito contro tale pericolo.

Sull'esempio dei più eminenti dottori e illuminati sapienti, il santo Vescovo manifesta sempre una grande compassione verso la fragilità dell'uomo: “O miseria umana, miseria umana! - andava ripetendo - da quante infermità siamo noi circondati!... E che altro possiam far da noi se non dei peccati?” (2). Si sente in queste parole, come in tutti i suoi scritti, che l'altezza della perfezione da lui raggiunta l'aveva messo in grado di spingere uno sguardo più profondo nell'abisso di miseria e d'infermità scavato in noi dal peccato originale.

Egli teneva presente questa cosa con tutte le anime che doveva dirigere e non si stancava di ricordare la triste realtà della nostra condizione decaduta: “Voi mi dite - scriveva a una signora - che vivete fra mille imperfezioni. E' vero, mia buona sorella, ma forse che non vi sforzate anche per farle morire di giorno in giorno? Del resto è pur sempre vero che fin tanto che resteremo sulla terra, in un corpo pesante e corruttibile, ci mancherà sempre qualche cosa” (3).

“Vi lamentate - dice altrove - perché nonostante il desiderio che avete di perfezionarvi e purificarvi nell'amor di Dio, si frammischiano sempre nella vita imperfezioni e difetti. Vi rispondo che non sarà mai possibile rinnegar completamente noi stessi, finché ci troviamo sulla terra. E’ necessario che sopportiam noi stessi fin tanto che a Dio piacerà chiamarci in Cielo; e finché trasciniam noi stessi, non porterem nulla di veramente pregevole... (4). Ed è principio universale che, in questa vita, nessuno sarà così santo, da non andar soggetto a imperfezioni” (5).

 

2. - Senza uno speciale privilegio è impossibile evitare tutti i peccati veniali.

 

Anche la fede ci insegna che le cattive inclinazioni restano in noi, almeno in germe, fino alla morte e che nessuno può, senza un privilegio speciale quale la Chiesa riconosce in Maria Vergine, evitare tutti i peccati veniali, almeno indeliberati. Troppo spesso dimentichiamo in pratica questa duplice verità e gioverà sentire come la sviluppa il nostro Santo col suo linguaggio inimitabile: “Non crediamo di poter vivere senza imperfezioni, finché restiamo su questa terra; perché, superiori o inferiori, tutti siamo uomini e tutti dobbiam quindi essere ben persuasi di questa verità, per non meravigliarci quando ci accorgeremo di andar soggetti a imperfezioni. E’ il divin Maestro che ci ha comandato di ripetere ogni giorno queste parole del "Pater": Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori;e il comando non ammette eccezioni, perché tutti ci troviamo nella necessità di praticarlo” (6).

“L'amor proprio può essere mortificato, ma non ucciso; e di tanto in tanto, secondo l'occasione, getta fuori i suoi polloni, i quali provano che la pianta, sebbene tagliata al piede, non fu però sradicata del tutto... Non c'è da meravigliarsi se ritroviam sempre l'amor proprio, perché esso non se ne va mai... Alle volte fa come la volpe che finge di dormire e poi s'avventa tutto d'un tratto sulle galline; onde è necessario sorvegliarlo costantemente e difendersi dai suoi assalti con pazienza e dolcezza. Se poi qualche volta ci ferisce, basterà disdire quel che ci ha fatto dire e disapprovare quel che ci ha fatto fare, e ne saremo guariti...” (7) guariti, sì, ma solo per un certo tempo, finché non si manifestino nuove infermità, perché, aggiunge il nostro Santo (8), “non ne guariremo mai perfettamente se non in Paradiso” e durante questa vita, per quanto sia la nostra buona volontà, “bisogna rassegnarsi ad appartenere alla natura umana e non all'angelica” (9) e a vivere, secondo l'espressione di un illustre asceta, da spirituali incurabili... (10).

 



 

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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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