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VITA di s.Teresa D'Avila

Ultimo Aggiornamento: 09/08/2013 17:49
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09/08/2013 17:47
 
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10. Nell’istante stesso in cui feci questa promessa, il demonio fuggì e mi lasciò tranquilla e contenta, e tale sono sempre rimasta. Tutto ciò che in questa casa si osserva circa clausura, penitenza e il resto, mi è estremamente dolce e leggero. La gioia è così grande che, a volte, mi chiedo che cosa potrei scegliere di più piacevole in questo mondo. Non so se ciò influisca a farmi avere molto maggior salute di quanta ne abbia mai avuta, o se – essendo necessario e giusto ch’io faccia tutto quello che le altre fanno – il Signore voglia darmi la consolazione di poterlo fare, anche se con fatica; certo che tutte le persone che conoscono le mie infermità si meravigliano del fatto che io possa sopportare questa vita. Sia benedetto colui che concede ogni bene e per la cui potenza si può fare ogni cosa.
11. Uscii da quella lotta molto stanca, ma ridendomi del demonio che vidi chiaramente esserne l’autore. Credo che il Signore l’abbia permesso perché, non avendo io mai saputo che cosa fosse sentirsi scontenta d’essere monaca, nemmeno per un attimo, in più dio ventotto anni che lo sono, potessi conoscere la grande grazia che mi aveva fatto con la vocazione religiosa e il tormento da cui mi aveva liberato, e anche perché, se vedessi qualcuna stare in quell’angustia, non me ne meravigliassi, ma ne avessi pietà e potessi consolarla. Passata dunque questa burrasca, volevo prendermi dopo pranzo un po’ di riposo perché tutta quella notte non avevo quasi potuto chiudere occhio e molte altre ne avevo passate fra continue sofferenze e preoccupazioni, oltre alla grande stanchezza di tutti i giorni. Ma, essendosi saputo nel mio monastero e in città quanto si era fatto, si fece un gran parlare per i motivi che ho già detto e che sembravano ragionevoli. Subito la priora m’inviò l’ordine di ritornare là immediatamente. Io, ricevuto l’ordine, lasciai le mie monache in grande afflizione e partii subito. Sapevo bene di andare incontro a molte tribolazioni, ma siccome la fondazione era un fatto compiuto, me ne importava ben poco. Mi misi a pregare, supplicando il Signore di aiutarmi, e il mio padre san Giuseppe di ricondurmi nella sua casa. Offrii a Dio quello che avrei dovuto soffrire e partii assai contenta che mi si presentasse l’occasione di patire per lui e di poterlo servire. E così me ne andai, sicura che subito mi avrebbero gettata in prigione, il che mi avrebbe fatto molto piacere perché avrei potuto non parlare con nessuno e riposare un po’ in quella solitudine di cui avevo tanto bisogno: ero, infatti, molto stanca per aver trattato continuamente con la gente.
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