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VITA di s.Teresa D'Avila

Ultimo Aggiornamento: 09/08/2013 17:49
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09/08/2013 16:37
 
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4. Ma occorre capire bene come debba essere questa umiltà, perché credo che il demonio arrechi molto danno alle persone che praticano l’orazione, cui impedisce di progredire notevolmente, dando loro una falsa idea dell’umiltà, con il far apparire superbia il nutrire grandi desideri, il voler imitare i santi e l’anelare al martirio. Dice subito o fa capire che le azioni dei santi sono cosa da ammirarsi ma non da imitarsi da noi che siamo peccatori. Anch’io dico lo stesso, ma dobbiamo distinguere ciò che è da ammirare da ciò che è da imitare, perché non sarebbe certamente bene che una persona debole e ammalata si esponesse a frequenti digiuni e ad aspre penitenze, andandosene in un deserto, dove non potesse dormire né avesse da mangiare, e cose simili. Dobbiamo, invece, pensare che possiamo sforzarci, con l’aiuto di Dio, a riuscire a disprezzare il mondo, non stimare gli onori, non essere attaccati ai beni materiali. Ma abbiamo cuori così gretti, che ci sembra debba mancarci la terra sotto i piedi non appena decidiamo di trascurare un poco il corpo e darci allo spirito. Inoltre, ci sembra che aiuti il raccoglimento avere tutto quello che è necessario, perché le preoccupazioni turbano l’orazione. Mi addolora che si abbia così poca fiducia in Dio e così grande amor proprio da lasciarsi turbare da tali preoccupazioni. Ed è proprio così: quando lo spirito è così poco elevato, come nel caso suddetto, certe cose da nulla danno tanta pena quanta ne danno ad altri grandi cose di molta importanza. E nel nostro cervello presumiamo di essere spirituali!
5. Ora, a me sembra che con questo modo di procedere s’intenda conciliare il corpo con l’anima per non perdere la pace quaggiù e godere lassù di Dio. E così sarebbe in effetti, camminando con giustizia e conformati a virtù, ma si avanzerebbe a passo di lumaca, con il quale non si arriverebbe mai alla libertà di spirito. Mi sembra un modo di procedere assai buono per i coniugati, i quali devono condursi in conformità della loro vocazione, ma per un altro stato non approvo assolutamente tale modo di trarre profitto, e nessuno mi farà credere che sia buono, perché l’ho provato, e sarei rimasta sempre ad un punto se il Signore, nella sua bontà, non mi avesse insegnato un’altra via più breve!
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09/08/2013 16:38
 
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6. Sebbene, in materia di desideri, li abbia avuti sempre grandi, cercavo tuttavia, come ho detto, di praticare l’orazione, ma di vivere a mio piacere. Credo, però, che se ci fosse stato qualcuno che mi avesse insegnato a volare, sarei riuscita ad attuare tali desideri; ma, a causa dei nostri peccati, sono così pochi, così rari i direttori spirituali esenti da eccessiva prudenza in proposito, che credo sia questo il motivo principale per cui i principianti non arrivano più presto a grande perfezione. Il Signore, infatti, non manca mai di aiutarci e non è per causa sua se non facciamo progressi: i manchevoli e i miserabili siamo noi.
7. Si possono anche imitare i santi nel cercare solitudine e silenzio e praticare molte altre virtù che non uccideranno certo i nostri vili corpi, che noi vogliamo trattare con ogni riguardo, per riuscire solo a rovinare l’anima. E il demonio, da parte sua, concorre moltissimo a renderli inabili ad alti compiti, non appena vede in noi un po’ di amore. Non cerca altro per farci credere che qualunque cosa ci ammazzerà e ci rovinerà la salute; perfino se versiamo qualche lacrima ci fa temere di diventare ciechi. Ci sono passata e per questo lo so, ma mi chiedo se si possa desiderare miglior vista e salute che perdere entrambe per una tale causa. Essendo tanto malata, fino a quando non presi la decisione di non badare al corpo, sono stata sempre come vincolata, del tutto inutile. Anche ora faccio ben poco, ma da quando Dio mi ha fatto capire questo inganno del demonio, non appena egli mi presentava il pericolo di perdere la salute, io dicevo: «m’importa poco di morire»; se mi suggeriva la necessità del riposo: «non già di riposo ho bisogno, ma di croce». Così per il resto. Vidi chiaramente che molto spesso, benché io, di fatto, sia molto malata, si trattava di una tentazione del demonio o della mia pigrizia. Infatti, da quando non mi uso tanti riguardi e non mi concedo agi, ho molta più salute. Perciò è di grande importanza, agli inizi, non nutrire pensieri deprimenti. E mi si creda in questo, perché lo so per esperienza; affinché la mia esperienza serva di lezione, potrà essere utile dire queste mie colpe.
8. C’è, inoltre, un’altra tentazione molto comune, e consiste nel desiderare, non appena si cominciano a gustare la pace e i vantaggi dell’orazione, che tutti siano molto spirituali. Desiderarlo non è male, ma cercare di ottenerlo potrebbe non essere cosa buona, se non si procede con molta discrezione e con abilità, in modo che non sembri un voler far da maestri. Chi vuole, infatti, ottenere qualche frutto in questa circostanza, è necessario che abbia virtù ben salde, altrimenti può essere di tentazione agli altri. Accadde proprio a me – e per questo lo so – quando, come ho detto, facevo sì che altre anime s’inducessero all’orazione: mentre da una parte mi udivano dire grandi cose dell’enorme vantaggio che procurava darsi all’orazione, dall’altra mi vedevano talmente povera di virtù, che il fatto ch’io praticassi l’orazione le rendeva incerte e turbate. E con tutta ragione, come mi hanno poi detto esse stesse, non riuscivano a capire in che modo le due cose potessero conciliarsi. Ne era anche causa, per il buon concetto che avevano di me, il non ritenere cattivo quello che in realtà lo era, per il fatto di vedere che io talvolta lo facevo.
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09/08/2013 16:38
 
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9. Questa è opera del demonio, che sembra servirsi delle nostre buone qualità per giustificare, come può, il male che esige, giacché, poco che sia, in una comunità ha molto da guadagnare; tanto più che il male che facevo era enorme. Così, in molti anni, solamente tre persone si giovarono dei miei consigli; mentre, dopo che il Signore mi fortificò nella virtù, in due o tre anni se ne giovarono molte, come dirò in seguito. Oltre a questo, c’è un altro grave inconveniente, ed è che l’anima ne abbia a scapitare, perché ciò a cui dobbiamo soprattutto badare al principio è di attendere alla sua esclusiva formazione e far conto che sulla terra non ci siano altri che Dio e l’anima: questo sarà molto utile.
10. Un’altra tentazione presenta il demonio (e tutte hanno tale apparenza di zelo virtuoso che è necessario conoscerle e procedere con attenzione): consiste nell’affliggersi per i peccati e per le colpe che si vedono negli altri. Il demonio fa credere che sia solo una sofferenza nata dal desiderio che non si offenda Dio e dal dolore del suo onore vilipeso, a cui si dovrebbe porre subito rimedio. Ciò turba tanto da impedire di concentrarsi nell’orazione: e il maggior danno è pensare che sia virtù, perfezione e grande fervore di amor divino. Non mi riferisco, qui, alla pena che procurano i peccati pubblici, se diventati abituali in una Congregazione, o i mali che recano alla Chiesa le attuali eresie in cui vediamo perdersi tante anime, perché questa pena è molto buona e, come tale, non genera inquietudine. Ma la cosa più sicura per l’anima che si dia all’orazione è dimenticarsi di tutto e di tutti, attendendo a se stessa e ad accontentare Dio. Questo è molto importante perché, se dovessi dire gli errori che ho visto commettere nella fiducia della propria buona intenzione, non la finirei più. Procuriamo dunque di apprezzare le virtù e le buone opere che vedremo negli altri e coprire i loro difetti pensando ai nostri grandi peccati. È un modo di procedere che, anche se non raggiunge subito la perfezione, ci fa conquistare una grande virtù, quella di stimare gli altri migliori di noi; essa ha inizio proprio da qui, s’intende col favore di Dio, necessario in tutto – e, quando manca, sono inutili le nostre diligenze –, che dobbiamo supplicare di darci tale virtù, perché, se ci adopereremo con tutte le nostre forze a questo scopo egli, che non manca a nessuno, ce la darà.
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09/08/2013 16:39
 
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11. Badino a questo consiglio anche coloro che argomentano con l’intelletto, traendo da un solo pensiero molte riflessioni e molti concetti; giacché a coloro che non possono operare con l’intelletto, come accadeva a me, non c’è da consigliare altro se non che abbiano pazienza fino a che il Signore dia loro di che occuparsi e luce per farlo. Possono così poco da sé che l’intelletto, invece di aiutarli, li impaccia. Ritornando dunque a quelli che discorrono con l’intelletto, dico che non devono spendere tutto il tempo in questo perché, anche se è molto meritorio, non sembra loro – essendo l’orazione fonte di gioia – che ci debba essere giorno di domenica né un istante di tregua dal lavoro (subito credono di perder il tempo, mentre io considero gran guadagno questa perdita). Invece, come ho detto, immaginino di essere alla presenza di Cristo e, senza stancare l’intelletto, restino a parlargli e a godere di lui, senza affaticarsi, ripeto, a far ragionamenti, ma esponendogli i bisogni spirituali, consapevoli d’essere indegni che egli sopporti di farli stare alla sua presenza. Ora facciano una considerazione, ora un’altra, perché l’anima non si stanchi di nutrirsi sempre d’un cibo. Sono cibi assai gustosi e proficui; se ci abituassimo a nutrirci di essi, ne avremmo un grande sostentamento per dar vita all’anima, e molti altri vantaggi.
12. Voglio spiegarmi meglio, perché queste cose di orazione sono tutte astruse e, se non si trova un maestro, assai difficili a capirsi; ciò fa sì che, pur volendo essere breve – e per la perspicacia di chi mi ha ordinato di scriverne sarebbe bastato solo appena accennarvi –, la mia incapacità non mi consente di dire e far capire in poche parole una cosa che è tanto importante spiegare bene. Siccome io ho sofferto molto, mi fa pena chi comincia a darsi all’orazione solo con l’aiuto di libri, essendo incredibile quanto sia diverso quello che si capisce dai libri da quello che poi si vede con l’esperienza. Ritornando dunque a ciò di cui parlavo, mettiamoci a meditare su un brano della passione, per esempio quello della flagellazione del Signore legato alla colonna. L’intelletto deve indagare i motivi, che s’indovinano, dei grandi dolori e della pena sofferta da Sua Maestà in quell’abbandono, e molte altre cose che potrà dedurre da questo passo, se il suo intelletto sa ragionare o se è persona dotta. È, questo, il modo di orazione in cui tutti devono cominciare, proseguire e finire, cammino eccellente e sicuro in sommo grado, fino a che il Signore non ci elevi ad altre cose soprannaturali.
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09/08/2013 16:39
 
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13. Dico «tutti», ma ci sono molte anime che traggono più profitto da altre meditazioni che non da quelle della divina passione; perché allo stesso modo in cui vi sono molte dimore nel cielo, vi sono anche molte vie spirituali. Alcune persone traggono profitto dal considerarsi nell’inferno, altre nel cielo – e si abbattono nel pensare all’inferno –, altre dal meditare sulla morte. Alcune, di cuore tenero, provano gran travaglio nel pensare sempre alla passione e, invece, sollievo e profitto nel considerare la potenza e la grandezza di Dio nelle creature, l’amore che ha avuto per noi e che si rivela in tutte le cose. Ed è, questo, un modo mirabile di procedere, purché non si tralasci troppo la passione e la vita di Cristo, da cui ci è venuto e ci viene ogni bene.
14. È necessario che chi comincia ascolti consigli, per vedere da dove può trarre maggior frutto. Per questo bisogna che ci sia un maestro, purché abbia molta esperienza; perché, se non l’ha, può errare grandemente e guidare un’anima senza capirla né lasciare che essa stessa s’intenda; l’anima, infatti, sapendo che è grande merito sottostare al maestro, non osa scostarsi da ciò che le comanda. Io mi sono incontrata con anime soffocate e afflitte per l’inesperienza di chi le guidava, e ne ho avuto pena; qualcuna, persino, non sapeva più che cosa fare di sé perché, se non s’intende lo spirito, si affliggono l’anima e il corpo e si impedisce il progresso. Ne conobbi una il cui maestro da otto anni la costringeva a non uscire dal proprio conoscimento, mentre il Signore l’aveva già elevata all’orazione di quiete, e pertanto soffriva molto.
15. Tuttavia, la meditazione sulla conoscenza di sé non si deve mai tralasciare, perché non c’è anima che nel cammino dello spirito sia così gigante da non aver bisogno di ritornare spesso a essere bambina e a succhiare il latte materno (questo non lo si dimentichi mai, e forse lo dirò più volte, perché ha molta importanza), non essendoci uno stato di orazione così elevato che spesso non sia necessario rifarsi dal principio. La conoscenza di sé e dei propri peccati è il pane che in questo cammino dell’orazione si deve mangiare con tutti i cibi, anche con i più delicati, e senza di esso non ci si può sostenere. Ma si deve mangiare con discrezione, perché quando un’anima si vede ormai piena di devozione e capisce chiaramente di non aver nulla di buono, per s stessa, e si sente confusa di vergogna davanti a sì gran Re, vedendo quanto poco lo paghi per il molto che gli deve, che bisogno c’è di sprecare il tempo in questo? Dobbiamo, invece, passare ad altre cose che il Signore ci pone innanzi e che non vi è ragione di tralasciare, perché Sua Maestà sa meglio di noi ciò di cui ci conviene nutrirci
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09/08/2013 16:40
 
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16. Sicché è molto importante che il maestro sia avveduto, cioè di buon senso, e che abbia esperienza; se, in più, ha dottrina, è assai grande fortuna, ma se queste tre qualità non si possono trovare insieme, le più importanti sono le prime due, perché, avendone bisogno, i dotti a cui aprire il proprio animo si possono sempre trovare. Dico che ai principianti giova poco la dottrina, se non hanno spirito di orazione. Non dico con questo che non si debba trattare con i dotti, anzi, piuttosto che un’anima non proceda in base alla verità, preferisco che sia senza orazione. E la scienza è gran cosa, perché dà insegnamenti e luce a noi che poco sappiamo, sì che, giunti alle verità della sacra Scrittura, facciamo ciò che dobbiamo. Dio ci liberi dall’attendere a devozioni stolte.
17. Voglio spiegarmi meglio, perché mi sembra d’essermi perduta in molte cose. Ho avuto sempre questo difetto, di non essere capace di farmi capire – come ho detto – se non a prezzo di molte parole. Supponiamo, dunque, che una monaca cominci a fare orazione. Se chi la guida è un uomo semplice e gliene salta il ticchio, le farà credere che è meglio ubbidire a lui che al suo superiore e, senza malizia, ma pensando d’indovinarla, perché, se non è un religioso, gli sembra che si debba fare così. Se poi è una donna sposata, le dirà che è meglio, anche quando dovrebbe attendere alla casa, stare in orazione, benché abbia a scontentare suo marito; e così non saprà disporre il tempo né le cose perché vadano per la giusta via. Mancando egli di luce, non può darla agli altri, pur desiderandolo. Sebbene per queste cose non sembri che occorra lo studio, la mia opinione è sempre stata, come sempre lo sarà, che ogni cristiano cerchi possibilmente di trattare con chi ne sia ben fornito, e quanto più, tanto meglio; quelli che seguono il cammino dell’orazione ne hanno maggior bisogno degli altri, e più spirituali essi sono, più aumenta tale necessità.
18. Né ci si illuda dicendo che gli studiosi senza orazione non son fatti per chi la pratica (io ne ho trattati parecchi, in quanto da alcuni anni a questa parte mi sono adoperata a cercarli, stretta da maggior necessità, e sono sempre stata loro amica) perché, anche se alcuni non ne hanno esperienza, non rifuggono dalle cose spirituali né le ignorano. Infatti nella sacra Scrittura, che hanno continuamente tra mano, trovano sempre le verità attinenti allo spirito buono. Sono convinta che una persona di orazione che tratti con uomini dotti, se non lo vuole lei stessa, non sarà mai ingannata dal demonio con illusioni, perché credo che il demonio tema grandemente la scienza umile e virtuosa, sapendo che a causa di essa verrà scoperto e ne avrà la peggio.
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09/08/2013 16:40
 
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19. Ho detto questo perché si crede che i dotti non siano fatti per gente di orazione, se non sono dotati di tale spirito. Certo, ripeto che è necessario un direttore spirituale, ma se egli non è un dotto, il danno è grave. Sarà di molto aiuto trattare con i dotti, purché siano virtuosi: anche se non hanno uno spirito di orazione, se ne trarrà vantaggio, perché Dio farà loro capire quello che devono insegnare, e li renderà perfino spirituali, perché possano giovarci. Parlo per mia personale esperienza, essendomi accaduto così con più di due persone. Dico pertanto che quando un’anima si rimette totalmente alla guida di un solo maestro, sbaglia molto se non lo cerca come l’ho descritto. Se è persona religiosa, deve già sottostare al suo prelato, cui può darsi che manchino le tre suddette qualità – e non sarà piccola croce – senza dovere, per giunta, andare di sua volontà a sottomettere il proprio giudizio a chi non sia avveduto. Questo io non sono mai riuscita a farlo, né mi sembra che convenga farlo. Se invece è secolare, ringrazi Dio di potersi scegliere la persona alla cui guida sottomettersi, e non perda questa santa libertà. È preferibile rimanere senza guida, finché non si trovi chi fa al caso, e il Signore concederà certo di trovarlo, se si procede in tutta umiltà e con desiderio di riuscire. Io lo lodo grandemente, e dovremmo sempre rendergli infinite grazie, noi donne e coloro che non hanno istruzione, per il fatto che ci sia chi, a costo di tante fatiche, ha raggiunto quella verità che noi, gente incolta, ignoriamo.
20. Molte volte mi stupisce la fatica che ai dotti, specialmente religiosi, è costato acquistare quella scienza della quale, senz’altra fatica se non quella di farne richiesta, io posso giovarmi. E pensare che ci sono persone che non vogliono approfittarne! Non lo permetta Iddio! Vedo quei religiosi costretti ai rigori della regola, che son grandi, con penitenze, cattivo nutrimento, soggetti all’obbedienza – il che alcune volte mi riempie, non c’è dubbio, di confusione –, con l’aggiunta di dormir male, affaticarsi sempre, ovunque trascinare la croce. Mi sembra davvero deprecabile che qualcuno, per sua colpa, perda un bene così grande. Ed è mai possibile che noi, che siamo liberi da queste sofferenze, e ci sediamo a tavola apparecchiata, come si dice, e viviamo a nostro agio, per il fatto di dedicarci un po’ di più all’orazione, dobbiamo aver la meglio su tante fatiche?
21. Siate benedetto, o Signore, per avermi fatto così inutile e incapace! Ma siate soprattutto benedetto perché spronate tante anime ad illuminarci. Dovremmo pregare incessantemente per chi ci illumina. Che saremmo senza di esse fra così grandi tempeste, come sono quelle che oggi sconvolgono la Chiesa? Se alcuni si sono mostrati infedeli, rifulgerà maggiormente la luce dei buoni. Piaccia al Signore di reggerli con la sua mano e di aiutarli affinché aiutino noi! Amen.

22. Mi sono molto dilungata dal soggetto di cui avevo cominciato a parlare, ma ogni soggetto è utile ai principianti, affinché possano avviarsi per un cammino così alto, in modo da rimanere sempre sulla retta via. Tornando, dunque, a quanto dicevo sulla meditazione della flagellazione di Cristo legato alla colonna, è bene fermarsi un momento a considerare le pene che ivi soffrì, perché le soffrì, chi è colui che le soffrì e l’amore con cui le soffrì, ma senza stancarsi a cercare queste considerazioni, stando soltanto lì con lui e facendo tacere l’intelletto. Se si può, occuparlo nel considerare che egli ci guarda, e fargli compagnia, parlargli, supplicarlo, umiliarci e deliziarci con lui, ricordando che non siamo degni di stare lì. Quando un’anima può far ciò, anche se è al principio della pratica di orazione, ne trarrà gran profitto, perché questo modo di pregare è assai vantaggioso, per lo meno tale è stato per la mia anima. Non so se riesco a spiegarmi; vostra paternità lo vedrà. Piaccia al Signore che io riesca sempre a contentarlo! Amen.
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09/08/2013 16:41
 
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CAPITOLO 14
Comincia a spiegare il secondo grado di orazione, in cui il Signore concede già all’anima di sentire dolcezze particolari. La spiegazione tende a illustrare come siano ormai favori soprannaturali. È un capitolo degno di nota.
1. Poiché si è ormai detto con quanta fatica venga innaffiato questo giardino, quando a forza di braccia occorre cavar l’acqua dal pozzo, parliamo ora del secondo modo di tirar fuori l’acqua, preparato dal padrone del giardino in modo che, mediante il meccanismo di una ruota e di tubature, il giardiniere possa trarre più acqua con minor fatica, e possa riposarsi, senza bisogno di stare in continuo lavoro. Ebbene, questo modo, applicato all’orazione detta di quiete, è quello di cui ora voglio parlare.
2. A questo punto l’anima comincia a raccogliersi e raggiungere ormai uno stato soprannaturale a cui in nessun modo potrebbe arrivare con le sue forze, per quanto impegno mettesse. È vero che sembra che si sia alquanto stancata nel girare la ruota e lavorare d’intelletto per riempire i canali, ma ora l’acqua è più alta, perciò si lavora meno che a tirarla su dal pozzo; intendo dire che l’acqua è più vicina, perché la grazia si manifesta all’anima più chiaramente. Ciò determina un raccogliersi delle potenze spirituali in se stesse per godere meglio di quella gioia, ma non si perdono né si addormentano; soltanto la volontà agisce, in modo tale, però, che – senza sapere come – resta prigioniera, ossia acconsente ad essere incarcerata da Dio, come chi sa bene di essere prigioniero di chi ama. Oh, Gesù e Signor mio, com’è potente il vostro amore! Esso tiene il nostro così avvinto a sé, da non lasciargli libertà di amare in quel momento nient’altro che voi.
3. Le altre due potenze aiutano la volontà a diventare capace di godere di un bene così grande, sebbene alcune volte, quando la volontà è unita a Dio, accade che le siano di grande ostacolo. Ma allora la volontà non badi ad esse, standosene nel suo godimento e nella sua pace perché, se cercasse di raccoglierle, sarebbe una perdita per sé e per loro. Sono esse, infatti, come certe colombe che non si accontentano del cibo che ricevono senza fatica dal padrone della colombaia e vanno a cercarselo altrove, ma lo trovano così cattivo che tornano indietro. Altrettanto avviene delle altre facoltà: esse vanno e vengono, sperando che la volontà dia loro qualcosa di ciò che gode. Se il Signore vuole gettare ad esse un po’ di cibo, si fermano, altrimenti tornano a cercarlo: forse pensano di giovare alla volontà, mentre a volte, quando la memoria o l’immaginazione vogliono rappresentarle ciò che sta godendo, le fanno un danno. Bisogna, quindi, regolarsi in questi casi come dirò.
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09/08/2013 16:41
 
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4. Tutto quello che ora avviene comporta grandissima letizia e così poca fatica che l’orazione non stanca, anche se dura a lungo, perché l’intelletto qui opera molto lentamente ed estrae assai più acqua di quella che non estraesse dal pozzo; le lacrime che qui Dio ci dà sono lacrime di gioia e, benché si sentano, sgorgano spontaneamente.
5. Quest’acqua di grandi favori e grazie che qui il Signore ci dona fa crescere le virtù in modo incomparabilmente maggiore che nella precedente orazione, perché l’anima va ormai elevandosi dalla sua miseria e va acquistando già una qualche conoscenza delle delizie del cielo. Credo che questa conoscenza la faccia maggiormente progredire e anche giungere più vicino alla vera virtù da cui derivano tutte le virtù, che è Dio. Infatti, Sua Maestà comincia a comunicarsi a quest’anima e vuole che essa lo senta. Arrivati a questo punto, si comincia subito a perdere l’avidità delle cose terrene, e poche grazie! Perché si vede chiaramente che quaggiù non si può avere neanche per un attimo quella gioia, né ci sono ricchezze, potenze, onori, piaceri che bastino a darci un solo istante di questa gioia, essendo un godimento vero che ci soddisfa pienamente. Nelle cose terrene è un miracolo, mi pare, intendere dove stia questa gioia, perché non manca mai un motivo di dubbio o di contrasto, mentre qui tutto è positivo, in quel momento. Un motivo di delusione verrà dopo, vedendo che quella gioia è finita e non si può né si sa come recuperarla; perché allora, se il Signore non vuole ridarla, poco giova farsi a pezzi con penitenze, orazioni e ogni genere di mortificazioni. Dio, nella sua grandezza, vuole che quest’anima intenda che Sua Maestà le è così vicino da non esservi più bisogno dell’invio di messaggeri: occorre solo che essa parli con lui e senza bisogno di emettere la voce, perché egli ormai le sta così vicino che dal movimento delle labbra la intende.
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09/08/2013 16:41
 
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6. Sembra inopportuno dir questo, perché sappiamo che sempre il Signore ci ascolta ed è in noi. Non c’è dubbio che sia così, ma questo nostro Imperatore e Signore vuole che noi, a questo punto, comprendiamo che egli ci ascolta e quali siano gli effetti della sua presenza, e il suo particolare desiderio di cominciare a operare nell’anima, dandole grandi soddisfazioni interiori ed esteriori e facendole capire la differenza che, come ho detto, passa fra tali gioie e diletti e quelli del mondo. E così sembra riempire il vuoto che a causa dei nostri peccati avevamo fatto nella nostra anima. Questa soddisfazione alberga nella parte più intima dell’anima, che non sa da dove né in che modo le venga, né sa, spesso, cosa fare, né cosa volere, né cosa chiedere. Le sembra di aver trovato tutti i beni riuniti insieme e non sa che cosa ha trovato, e nemmeno io so come farlo capire, perché, per molte cose, sarebbe necessario aver studiato. Ora, per esempio, sarebbe stato bene spiegare che cosa siano le grazie generali e quelle particolari, perché ci sono molti che lo ignorano, e come il Signore voglia che qui l’anima veda con i propri occhi, come si dice, queste grazie particolari. Inoltre, la scienza mi sarebbe stata utile per molte altre cose che saranno forse errate; ma, poiché dovranno essere rivedute da persone che sanno riconoscere gli errori, sono tranquilla, perché so di poterlo essere, sia per quanto riguarda la forma, sia per quanto riguarda il concetto; sono infatti sicura che coloro ai quali lo scritto andrà in mano, sapranno vedere quanto vi è di errato e lo toglieranno.
7. Vorrei proprio riuscire a spiegare queste cose, perché si tratta degli inizi, e quando il Signore comincia a elargire tali grazie, l’anima stessa non le capisce né sa come regolarsi. Infatti, se il Signore la conduce per la via del timore, come ha fatto con me, e non c’è chi la intenda, soffre una gran pena, mentre le darebbe molta gioia vedersi descritta al vivo, in modo da rendersi conto chiaramente della via che segue. È molto utile, in ogni grado di orazione, sapere quel che si deve fare per poter progredire. Per non sapere cosa fare, ho sofferto molto e ho perduto molto tempo, e mi fanno gran pena le anime che, giunte a questo punto, si trovano sole. Pur avendo letto molti libri spirituali ho visto che essi, anche se toccano l’argomento in causa, spiegano ben poco, e se l’anima non ha molta esperienza, avrà da sforzarsi molto per comprendersi.
8. Desidererei vivamente che il Signore mi aiutasse a descrivere gli effetti prodotti nell’anima da quei favori che già cominciano a essere soprannaturali, affinché si possa capire da tali effetti se vengono dallo spirito di Dio. Dico «si possa capire», per quanto è possibile intendere su questa terra, ma è sempre bene procedere con timore e cautela perché, anche se vengono da Dio, a volte il demonio può trasfigurarsi in angelo di luce, e se l’anima non ha molta esperienza, non se ne accorgerà; deve avere davvero molta esperienza perché, per accorgersene, bisogna essere giunti quasi al sommo dell’orazione. Non mi è certo di aiuto, per questo lavoro, la ristrettezza del tempo – e così è necessario che Sua Maestà faccia quello che io non posso fare –, perché devo seguire la comunità e attendere a molte occupazioni (trovandomi in una casa di nuova fondazione, come si vedrà in seguito): pertanto scrivo molto irregolarmente e a brevi intervalli. Vorrei che m’aiutasse lui, perché quando il Signore ispira, si scrive più facilmente e con maggior chiarezza, come se si avesse davanti un modello e si dovesse far solo il lavoro di ricopiarlo. Ma se manca l’ispirazione, adattare un linguaggio a queste cose è più difficile che l’esprimersi in arabo, per così dire, anche se si sia praticata per molti anni l’orazione. Pertanto, mi sembra un grandissimo vantaggio, quando parlo di un grado di orazione, trovarmi in esso, vedendo chiaramente che non sono io a parlare, perché non dispongo i concetti con l’intelletto né, dopo, so come sia riuscita ad esprimerli. Questo mi accade molte volte.
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09/08/2013 16:42
 
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9. Torniamo ora al nostro orto o giardino e vediamo come comincino questi alberi a riempirsi di linfa per fiorire e poi fruttificare, e così i fiori e i garofani, per dar profumo. Questo paragone mi piace, perché molte volte, agli inizi (e piaccia al Signore che io abbia ora cominciato a servire davvero Sua Maestà! Agli «inizi», intendo dire, di quella parte della mia vita di cui parlerò da qui in avanti) mi procurava grande gioia considerare la mia anima come un giardino in cui il Signore passeggiava. Lo supplicavo di aumentare il profumo dei piccoli fiori di virtù che sembravano sul punto di sbocciare, e di nutrirli, per amore della sua gloria – poiché io non volevo nulla per me –, tagliando quelli che voleva, poiché io sapevo bene che sarebbero cresciuti più belli. Dico «tagliare», perché in certi momenti nell’anima non c’è ricordo di questo giardino; sembra che sia completamente secco e che non debba esserci acqua per alimentarlo, né che ci sia mai stato nell’anima alcun germe di virtù. Si prova allora grande sofferenza, perché il Signore vuole che al povero giardiniere sembri perduto tutto ciò che ha fatto per alimentare e innaffiare il giardino. Allora è davvero il momento di sarchiare e sradicare le erbacce rimaste, per piccole che siano, di riconoscere che non ci sono diligenze che bastino, se Dio ci priva dell’acqua della sua grazia, e far poco conto del nostro nulla, anzi del nostro meno che nulla. Questo farà progredire l’anima nell’umiltà. I fiori torneranno a sbocciare.
10. Oh, mio Signore e mio bene! Io non posso dire questo senza lacrime e grande gioia della mia anima, se penso che voi vogliate, Signore, starvene così con noi, quando già siete presente nel santissimo Sacramento, come dobbiamo credere in modo certo, perché è così. In tutta verità, ci è lecito, dunque, fare questo paragone, che se non è per colpa nostra, possiamo godere di voi come voi di noi, poiché avete detto che la vostra delizia è stare con i figli degli uomini. Oh, Signor mio! cosa è mai questo? Ogni volta che ascolto queste parole ne provo gran conforto, e ciò anche quando ero assai colpevole. È possibile, Signore, che ci sia un’anima la quale, giunta a ricevere da voi simili grazie e doni, e a capire che voi godete di essa, torni ad offendervi, dopo tanti favori e così grandi prove del vostro amore, da non poter dubitare di esso, vedendone chiaramente le opere in sé? Sì, c’è sicuramente, e non una, ma molte volte l’ha fatto, e sono io. Piaccia alla vostra bontà, Signore, che sia io sola l’ingrata, quella che ha commesso così grande iniquità, che si è resa colpevole di così smisurata ingratitudine; anche da lei, però, la vostra infinita bontà ha già ricavato qualche bene: quanto maggiore è il male, tanto più risplende il bene delle vostre misericordie. E con quanta ragione io le posso cantare per sempre!
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09/08/2013 16:42
 
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11. Vi supplico, mio Dio, di concedermi che ciò avvenga e che io possa cantarle in eterno, visto che vi siete compiaciuto di elargirmele così straordinariamente grandi da meravigliare coloro che le vedono e far spesso trasecolare me che allora mi effondo nelle vostre lodi, poiché sola e senza di voi io non potrei far altro che strappare di nuovo i fiori del mio giardino, in modo che questa mia terra miserabile si ridurrebbe allo stato di un letamaio come prima. Non permettetelo, Signore, né vogliate che si perda un’anima che a prezzo di tante sofferenze avete redento e che tante volte siete tornato a riscattare strappandola alle fauci dello spaventoso dragone.
12. La signoria vostra, padre, mi perdoni se divago dal mio soggetto e non se ne meravigli, poiché parlo di cose che mi riguardano. L’anima è così presa da ciò che scrive che, a volte, le è difficile non continuare nelle lodi di Dio in quanto, scrivendo, ripensa al molto che gli deve. Spero che la signoria vostra non ne sarà scontento, perché mi sembra che entrambi possiamo innalzare lo stesso canto, anche se in maniera differente; è, infatti, molto più quello che io devo al Dio, il quale mi ha perdonato di più, come la signoria vostra sa.
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09/08/2013 16:45
 
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CAPITOLO 15
Prosegue nel medesimo argomento e dà alcuni consigli circa il modo di procedere nell’orazione di quiete. Dice che ci sono molte anime che giungono a questo grado di orazione, ma poche lo oltrepassano. Le cose di cui si parla qui sono molto necessarie e utili.
1. Adesso torniamo al nostro argomento. Questa quiete e raccoglimento dell’anima sono cose che si avvertono chiaramente per la pace e l’appagamento che producono, con grandissima gioia e riposo delle potenze spirituali e con soavissimo godimento. Sembra all’anima, non essendo mai giunta più in alto, che non le resti altro da desiderare e molto volentieri direbbe con Pietro che lì è il luogo dove fissare la sua dimora. Non osa muoversi né spostarsi, perché le sembra che quel bene le debba sfuggire di tra le mani; a volte non vorrebbe nemmeno respirare. Poveretta, non capisce che, come non poté far nulla per attirarsi quel bene, meno ancora potrà fare per conservarlo più di quanto il Signore vorrà. Ho già detto che in questa orazione di raccoglimento e di quiete non mancano di agire le potenze dell’anima; ma l’anima è così appagata di Dio che, mentre dura tale stato, anche se la memoria e l’intelletto si scombussolano, poiché la volontà è unita a Dio non perde la pace e la tranquillità, anzi a poco a poco essa riporta al raccoglimento l’intelletto e la memoria. Infatti, benché non sia del tutto immersa in Dio, è così occupata a contemplarlo, senza saper come, che le altre due potenze, per quanti sforzi facciano, non possono toglierle il suo appagamento e la sua gioia; tanto più che, senza molta fatica, essa si va adoperando perché questa piccola scintilla di amore di Dio non si spenga.
2. Piaccia a Sua Maestà di darmi grazia di far ben comprendere questa cosa, perché sono molte, moltissime le anime che arrivano a questo stato, e poche quelle che vanno avanti e non so di chi sia la colpa. Certamente non è Dio a venir meno, poiché se Sua Maestà dà la grazia di giungere fin qui, non credo che cesserà di concederne molte altre, se non a causa della nostra colpa. È molto importante che l’anima, arrivata a questo punto, si renda conto della grande dignità del suo stato, della somma grazia che il Signore le ha fatto, e di come ben a ragione debba distaccarsi dalla terra, visto che la sua bontà sembra renderla ormai cittadina del cielo, se non resta quaggiù per sua colpa. Sventurata lei se torna indietro! Io penso che sarà per precipitare in basso – come avrei fatto io, se la misericordia del Signore non mi avesse salvata – perché nella maggior parte dei casi ciò avverrà, io credo, per gravi colpe, essendo impossibile lasciare un sì gran bene senz’essere accecati da un grave male.
3. Prego pertanto, per amore del Signore, le anime alle quali Sua Maestà ha concesso così grande grazia di giungere a questo stato, di conoscersi bene e di valutarsi molto, con un’umile e santa presunzione, per non ritornare alle pentole d’Egitto. Se per debolezza e perversità, per indole misera e vile, ricadessero – come feci io –, abbiano sempre presente il bene perduto, siano diffidenti e camminino con timore, perché ne hanno motivo, perché se non tornano all’orazione andranno di male in peggio. Questa io chiamo vera caduta, abbandonare la strada che è stata fonte di tanto bene. Parlando a queste anime non dico già che non debbano più offendere Dio e non cadere in peccato (anche se sarebbe giusto che chi ha cominciato a ricevere tali grazie se ne guardasse bene, ma siamo tanto miserabili!). quello che raccomando vivamente è di non lasciare l’orazione, perché è lì dove si capisce ciò che si fa e dove si riceve dal Signore la grazia del pentimento e la forza per rialzarsi. Mi si creda, mi si creda davvero: allontanandosi dall’orazione, si corre grave pericolo. Non so se dico bene, perché – come ho già fatto osservare – giudico in base alla mia esperienza.
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09/08/2013 16:45
 
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4. È, dunque, questa orazione una piccola scintilla del vero amore di Dio che il Signore comincia ad accendere nell’anima, volendo che essa intenda gradatamente in che cosa consista quest’amore pieno di dolcezze. La quiete e il raccoglimento, ossia tale piccola scintilla, se viene dallo spirito di Dio e non è un piacere suscitato dal demonio o prodotto dai nostri sforzi (per quanto riesca impossibile a chi ha esperienza non capire subito che non è cosa da potersi acquistare da noi stessi, ma la nostra natura è così avida di piaceri che fa ogni tentativo per alimentarla, pur restando assai presto senza alcun calore, perché per quanto voglia attivare il fuoco così da ottenere questo piacere, sembra non faccia altro che gettarci acqua per smorzarlo) se, dunque, questa piccola scintilla è accesa da Dio, per piccola che sia, scoppietta ben forte, e se non la soffochiamo per colpa nostra, è lei a dar l’avvio al grande fuoco dell’ardente amor di Dio che sprigiona fiamme, come dirò a suo luogo, e che Sua Maestà suscita nelle anime perfette.
5. È, questa scintilla, un segno e un pegno che Dio dà all’anima di averla scelta ormai per grandi cose, perché si prepari a riceverle, è un grande dono, molto più grande di quanto io possa dire. Ripeto, conosco molte anime che giungono fin qui, ma quelle che passano oltre, come dovrebbero, sono così poche che ho vergogna a dirlo; non già che siano poche in senso assoluto, anzi, devono essercene molte, perché se Dio ci sopporta, è per qualche cosa; dico solo quello che ho visto. Desidererei vivamente avvertirle di badare a non nascondere il loro talento, perché sembra che Dio le abbia scelte per profitto di molte altre, specialmente in questi tempi in cui sono necessari forti amici di Dio a sostegno dei deboli; pertanto, quelli che riconoscono in sé questa grazia, si reputino davvero tali, se sanno conformarsi alle leggi che richiede una buona amicizia anche nel mondo; altrimenti, come ho già detto, temano ed abbiano paura di far male a se stessi, e Dio voglia che sia soltanto a se stessi!
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09/08/2013 16:46
 
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6. Ciò che deve fare l’anima durante l’orazione di quiete non è altro che attendervi con dolcezza e senza strepito. Chiamo «strepito» l’andar cercando con l’intelletto molte parole e considerazioni per render grazie di questo beneficio e rivangare il mucchio dei propri peccati e delle proprie mancanze per convincersi di non esserne degna. Tutto questo altera la quiete, perché l’intelletto si sforza di rappresentare le cose e la memoria si agita per ricordarle. Non c’è dubbio che queste due potenze a volte mi stanchino perché, pur avendo poca memoria, non mi riesce di dominarla. La volontà operi con calma e prudenza, e intenda che con Dio non si negozia bene a forza di braccia, e che questi ragionamenti sono come grossi pezzi di legna messi senza discernimento sulla scintilla per soffocarla; lo riconosca e con umiltà dica: «Signore, che posso fare io qui? Che ha da vedere la serva con il padrone e la terra con il cielo?» e altre parole d’amore che la circostanza le suggerisca, convinta della verità di quello che dice. E non badi all’intelletto, che è un seccatore, e se essa vuol renderlo partecipe di ciò che gode o si sforza di indurlo al raccoglimento – perché molte volte la volontà si troverà in quiete e unita a Dio, mentre l’intelletto sarà in gran scompiglio – è meglio che lo lasci andare, anziché corrergli dietro, e se ne stia a godere di quella grazia, raccolta in sé come ape prudente. Se, infatti, nell’alveare non entrasse nessuna ape e se ne andassero tutte per darsi la caccia a vicenda, difficilmente si potrebbe fare il miele.
7. L’anima, pertanto, se non fa attenzione a questo, perderà molto; specialmente se ha l’intelletto acuto, perché è allora quando esso comincia a coordinare discorsi e a cercar ragioni, pensando anche un pochino, se sono ben argomentate, di far qualcosa di buono. La sola ragione che qui può valere è intendere chiaramente che non ce n’è nessuna perché Dio ci faccia una grazia così grande, all’infuori, unicamente, della sua bontà. Cerchiamo di capire, piuttosto, che gli siamo molto vicini, chiediamo grazie a Sua Maestà e preghiamo per la Chiesa, per coloro che si raccomandano alle nostre preghiere e per le anime del purgatorio, non con rumore di parole, ma con vivo desiderio di essere esauditi. È un’orazione che comprende molte cose e mediante la quale si ottiene di più che con molti ragionamenti dell’intelletto. La volontà ridesti in sé alcune considerazioni offerte dalla stessa ragione nel vedersi tanto migliorata, per ravvivare il suo amore, e compia, insieme, alcuni atti d’amore chiedendosi, per esempio, che cosa debba fare per colui a cui deve tanto, senza peraltro – come ho detto – dar adito alla voce dell’intelletto, applicandolo alla ricerca di profonde ragioni. Giovano di più, a questo proposito, alcune pagliuzze poste qui con umiltà (e saranno meno che paglie, se le poniamo noi), che meglio attizzano il fuoco, anziché molta legna ammonticchiata con argomentazioni dottissime che – a nostro avviso – in un Credo soffocherebbero la fiamma. Questo avviso è utile per gli studiosi che mi hanno comandato di scrivere perché, essendo tutti, per la bontà di Dio, arrivati qui, può darsi che perdano il tempo in applicazioni della sacra Scrittura e, sebbene la dottrina sia loro di gran vantaggio prima e dopo, in questi momenti di orazione c’è ben poca necessità di essa, a mio parere, e serve solo ad indebolire la volontà, perché l’intelletto allora ha la percezione di essere vicino alla luce, con così assoluta chiarezza che anch’io, pur essendo quella che sono, sembro un’altra.
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09/08/2013 16:47
 
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Libro della vita

Sezione 3

CAPITOLO 21

Continua a parlare di quest’ultimo grado di orazione, completandone la trattazione. Esprime la sofferenza dell’anima, che in esso si trova, di tornare a vivere nel mondo e parla della luce che le offre il Signore per vederne gli inganni. Contiene una profonda dottrina.

1. Ora, per completare la trattazione dell’argomento di cui stavo parlando, dico che qui non c’è bisogno del consenso dell’anima a Dio; glielo ha già dato e sa di essersi volontariamente rimessa nelle sue mani e di non poterlo ingannare, perché è onnisciente. Non è come in terra, dove la vita è tutta piena di inganni e di doppiezze e in cui, quando pensate di aver conquistato l’affetto di una persona, in base a ciò che vi dimostra, venite a scoprire che era tutta una menzogna. Non si può ormai più vivere fra tanti imbrogli, specialmente se vi sia di mezzo un qualche interesse. Felice l’anima alla quale il Signore fa conoscere la verità! Oh, come sarebbe adatto questo stato per i re! Come sarebbe di maggior vantaggio per essi cercare di guadagnarselo, anziché mirare alla conquista di un gran dominio! Quanta giustizia vi sarebbe nel loro regno! Quanti mali si eviterebbero e quanti se ne sarebbero evitati! Qui non si teme di perdere la vita né l’onore per amor di Dio. Che gran bene, questo, per chi, come re, è più obbligato di tutti i sudditi ad aver di mira l’onore del Signore perché deve essere loro di esempio! Pur di accrescere di un punto la fede e d’illuminare almeno un po’ gli eretici, un tale re sarebbe disposto – e con ragione – a perdere mille regni. È una cosa ben diversa, infatti, guadagnare un regno eterno, tale che, con una sola goccia d’acqua che di esso l’anima beva, prova nausea per tutto ciò che è terreno. Che ne sarebbe, poi, se s’immergesse totalmente in essa?

2. Oh, Signore! Se voi mi deste modo di proclamarlo a gran voce, non mi crederebbero, lo so, come non credono a molti che lo sanno dire ben diversamente da me, ma io, almeno, ne rimarrei soddisfatta. Mi sembra che, pur di far conoscere una sola di queste verità, terrei in poco conto la vita. Non so, dopo, che cosa farei, perché non c’è da fidarsi di me, ma sebbene sia quella che sono, provo tale bisogno di dire questo a chi comanda, da restarne distrutta. Quando non ne posso più, mi rivolgo di nuovo a voi, mio Signore, supplicandovi di porre rimedio a tutto. voi ben sapete che assai volentieri mi priverei delle grazie che mi avete concesso, purché ciò non mi facesse incorrere nel pericolo d’offendervi, per darle ai re, essendo loro impossibile, con questo, permettere le cose che oggi permettono, e se ne avrebbero grandissimi beni.

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09/08/2013 16:47
 
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3. Oh, mio Dio! Fate che intendano i loro obblighi, giacché avete voluto renderli così famosi in terra, che quando muore qualcuno di essi, in cielo ne appaiono i segni, come ho sentito dire. Certo, pensando a questo, mi sento piena di devozione, per il fatto che voi, mio Re, vogliate far loro intendere anche così l’obbligo di imitarvi in vita, poiché, in qualche modo, la loro morte è accompagnata da segni celesti, come avvenne per la vostra morte.
4. Presumo forse troppo. La signoria vostra strappi tutto, se quanto dico le sembra inopportuno, e creda che parlerei meglio in loro presenza, se potessi farlo, o pensassi di esser creduta; è certo che li raccomando vivamente a Dio e vorrei essere esaudita. Tutto consiste nel rischiare la vita, che io molte volte desidero perdere, e sarebbe avventurarsi a guadagnar molto per poco prezzo, perché non si può vivere vedendo con i propri occhi il grande inganno in cui si è indotti e la cecità che ne consegue.
5. Arrivata a questo punto, l’anima non è solo animata da desideri di servire Dio; Sua Maestà le dà le forze per effettuarli. Non le si presenta occasione in cui pensi di poterlo servire che non colga a volo, e crede di non far nulla, perché – come dico – vede chiaramente che tutto è nulla, se non serve a compiacere Dio. Il tormento è che a persone così inutili come me non si presenti alcuna occasione. Vi piaccia, o mio Bene, che venga un giorno in cui io possa pagare un po’ del molto che vi devo. Disponete voi, Signore, le cose come più vi piacerà, ma in modo che questa vostra schiava vi possa servire in qualche cosa. Anche altre erano donne, eppure hanno fatto per amor vostro azioni eroiche; io non so far altro che chiacchierare, e per questo voi non volete, mio Dio, mettermi alla prova; tutto il mio servizio si esaurisce in parole e desideri, e neppure in questo ho piena libertà, perché forse potrei sbagliare in tutto. fortificate voi la mia anima, o Bene di tutti i beni, o Gesù mio, e dopo averla disposta a tal fine, stabilite il modo in cui possa far qualcosa per voi, non essendovi alcuno capace di ricevere tanto senza pagare nulla. costi quel che costi, Signore, non vogliate che io mi presenti davanti a voi a mani vuote, poiché il premio sarà dato in conformità delle opere. Eccovi la mia vita, il mio onore e la mia volontà; vi ho dato tutto, sono vostra, disponete di me secondo il vostro volere. Vedo bene, mio Signore, quanto poco io valga, ma giunta fino a voi, salita in cima a questa torre da cui si vedono tante verità, se voi non vi allontanate da me, riuscirò a fare qualunque cosa. Se, invece, mi lasciate – sia pure per poco – ritornerò dov’ero prima, cioè sulla via dell’inferno.
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09/08/2013 16:47
 
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6. Oh, che pena per un’anima, giunta a questo stato, dover trattare di nuovo con tutti, assistere all’assurda farsa di questa vita e spendere il tempo nel soddisfare i bisogni del corpo, col mangiare e dormire! Tutto la stanca e non sa come trovare una via di scampo; si vede incatenata e prigioniera; pertanto, sente più al vivo la schiavitù del corpo e la miseria della vita. Riconosce quanto avesse ragione san Paolo di supplicare Dio d’esserne liberato e lo invoca con lui, implorandone anch’essa la liberazione, come ho detto altre volte. Qui, però, lo fa con tale impeto che spesso sembra voglia uscire dal corpo per andare in cerca di tale libertà, visto che nessuno la trae fuori dalla schiavitù. È come una schiava in terra straniera. Ciò che più l’affligge è non trovare molti che uniscano le loro lagnanze alle sue, chiedendo la stessa cosa, e che ordinariamente ci sia, invece, in tutti il desiderio di vivere. Oh, se non fossimo attaccati a nulla, né riponessimo la nostra felicità nelle cose terrene, la pena che ci dà il vivere sempre senza di lui mitigherebbe grandemente la paura della morte per il desiderio di godere della vera vita.
7. Alcune volte penso che se una come me, grazie a questa luce che il Signore mi ha dato, pur essendo così tiepido il mio amore e così incerto il mio vero riposo, poiché le mie opere non l’hanno meritato, spesso soffre tanto di vedersi in questo esilio, quale sarà stata la sofferenza dei santi? Che cosa avranno sofferto san Paolo, la Maddalena e altri come loro, in cui era così grande la fiamma dell’amor divino? Doveva essere un continuo martirio. Ho l’impressione che un qualche sollievo – e perciò le frequento con piacere – mi venga dalle persone che nutrono questi stessi desideri, purché siano desideri accompagnati da opere; dico opere perché vi sono alcuni i quali credono di essere distaccati da tutto e tali si proclamano, e dovrebbero esserlo, come richiede la loro condizione e, a volte, i molti anni che battono il cammino della perfezione; ma l’anima di cui parlo distingue lontano le mille miglia quelli il cui distacco è solo a parole da quelli che hanno già confermato le parole con i fatti, perché vede lo scarso profitto degli uni e il molto profitto degli altri, cosa ben evidente per chi ha un po’ di esperienza.
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09/08/2013 16:48
 
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8. Si è, in questo modo, parlato degli effetti dei rapimenti provenienti dallo spirito di Dio. Questi, però, possono essere più o meno grandi; dico meno, perché da principio, anche se tali effetti esistono, non sono comprovati dalle opere, pertanto non si può capire che ci siano. Va anche aumentando la perfezione, con lo sforzo di far scomparire ogni traccia di ragnatele, e ciò richiede un po’ di tempo; quanto più crescono nell’anima l’amore e l’umiltà, tanto più viva è la fragranza che emana da questi fiori di virtù a vantaggio proprio e altrui. Vero è che, in uno solo di questi rapimenti, il Signore può operare in tal modo da lasciare all’anima ben poco lavoro per l’acquisto della perfezione; nessuno potrà immaginare, se non ne fa esperienza, ciò che il Signore qui dona all’anima, perché, a mio parere, non vi è alcuna nostra diligenza che possa farci giungere a tanto. Non dico che con l’aiuto del Signore e giovandosi per lunghi anni dei mezzi insegnati da coloro che hanno scritto sull’orazione, sia nei primi gradi che nei medi, non si possa giungere con molte fatiche alla perfezione e a un grande distacco dal mondo, ma non in così breve tempo come qui, dove il Signore opera senza alcuna nostra fatica, e prontamente libera l’anima dalla terra e la fa padrona di tutto quanto in essa si trova, anche se in quest’anima non vi siano meriti maggiori di quelli che erano nella mia, il che è tutto dire, perché io non ne avevo quasi nessuno.
9. La ragione per cui Sua Maestà fa questo è perché lo vuole e, volendolo, lo fa; e anche se non ci sia nell’anima la disposizione dovuta, la dispone lui a ricevere il bene che egli le dona. Pertanto, non tutte le volte lo concede perché le anime lo abbiano meritato coltivando accuratamente il giardino, benché sia indubitabile che non tralasci di favorire chi compie bene il suo lavoro e cerca di staccarsi dal mondo. Talora, però, come ho detto, vuol mostrare la sua grandezza nel terreno più ingrato che vi sia, e lo dispone a ogni bene, in modo da far credere che l’anima non possa più tornare a vivere offendendo Dio com’era solita. Ha la mente così abituata a intendere ciò ch’è realmente verità, che tutto il resto le sembra gioco da bambini. Ride, alcune volte, dentro di sé, quando vede persone gravi, di orazione e di religione, fare molto caso di certi punti d’onore che ella già tiene sotto i piedi. Dicono che, per maggior profitto, bisogna conservare la dignità del proprio stato e agire con discrezione. Ma, l’anima sa perfettamente che trae molto più profitto in un sol giorno rinunziando, per amor di Dio, alla dignità del proprio stato, che non in dieci anni, rispettandola.
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09/08/2013 16:48
 
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10. Così vive una vita di sofferenze ed è sempre caricata della croce, ma fa grandi progressi: quando si manifesta a coloro che la trattano, è già assai vicina alla vetta; di lì a poco sale più in alto ancora, perché Dio le va facendo sempre maggiori grazie. Ormai è sua ed è lui ad averne cura; sembra che l’assista continuamente, perché non l’offenda e sembra che la favorisca e la sproni perché lo serva. Quando la mia anima giunse a ricevere da Dio una grazia così grande, i miei mali cessarono, poiché il Signore mi diede la forza di liberarmene, allontanandomi dalle occasioni e dalle persone che solevano distrarmi come se non esistessero più, anzi, mi era d’aiuto ciò che prima soleva recarmi danno; tutto era un mezzo per conoscere meglio Dio, amarlo, capire quanto gli dovevo e pentirmi di quello che ero stata.
11. Mi rendevo ben conto che questo non proveniva da me, né l’avevo acquistato con il mio zelo, non avendo ancora avuto il tempo per adoperarmi a tal fine. Sua Maestà mi aveva dato la forza necessaria a conseguirlo, solo per la sua bontà. Fino ad oggi, quando il Signore ha cominciato a farmi la grazia di questi rapimenti, tale forza è andata sempre aumentando. Egli nella sua misericordia mi ha tenuto per mano, perché non tornassi indietro. Così stando le cose, mi sembra di non far nulla da parte mia, ma di vedere chiaramente che è il Signore a fare tutto. credo, pertanto, che quando un’anima riceve da Dio queste grazie e cammina con umiltà e timore, sapendo che tutto le viene dal Signore stesso e nulla, o quasi nulla, da sé, può frequentare qualsiasi genere di persone, per quanto sviate e viziose esse siano, la lasceranno indifferente e non potranno rimuoverla dai suoi propositi; anzi, come ho detto, le saranno di aiuto come mezzo per ricavare maggior profitto. Sono anime ormai forti quelle che il Signore sceglie per il bene di altre anime, anche se tale forza non viene da loro. Poco alla volta, man mano che il Signore avvicina l’anima alla cima, le comunica più arcani segreti.

12. In queste estasi si hanno vere rivelazioni, grandi grazie e visioni; tutto serve a rendere l’anima umile, a fortificarla, a farle disprezzare le cose di questa vita e a conoscere meglio l’eccellenza del premio che il Signore tiene riservato per coloro che lo servono. Piaccia a Sua Maestà che la grandissima generosità da lui usata con questa miserabile peccatrice serva perché coloro che leggeranno queste pagine si sforzino e s’incoraggino a lasciar tutto completamente per amor di Dio. Se egli ci ricompensa con tanta magnanimità che anche in questa vita si vede chiaramente il premio e il guadagno di chi lo serve, che sarà nell’altra vita?
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09/08/2013 16:49
 
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CAPITOLO 22
In cui si vede quale norma sicura sia, per i contemplativi, non elevare lo spirito a cose alte, se non è il Signore a farlo, e come il mezzo per la più alta contemplazione sia l’umanità di Cristo. Parla di un inganno cui soggiacque un tempo. È un capitolo molto utile.
1. Voglio dire una cosa, a mio parere importante; se alla signoria vostra sembrerà opportuna, servirà a metterla in guardia, poiché potrebbe averne bisogno. In alcuni libri sull’orazione si dice che, sebbene l’anima non possa arrivare da sola a questo stato – essendo una condizione del tutto soprannaturale e opera unicamente di Dio – potrà però aiutarsi, distaccando lo spirito da tutte le cose create ed elevandolo con umiltà, dopo aver trascorso molti anni nella via purgativa e aver fatto progressi in quella illuminativa. Non so bene perché dicano «illuminativa»; penso che sia quella di coloro che progrediscono nella via della perfezione. Tali libri raccomandano, inoltre, vivamente di allontanare da sé ogni immagine corporea per accedere alla contemplazione della divinità, perché dicono che, per coloro che sono ormai giunti tanto avanti, è d’imbarazzo e d’impedimento a una più perfetta contemplazione anche l’umanità di Cristo. Citano in proposito ciò che disse il Signore agli apostoli circa la venuta dello Spirito santo, cioè quando stava per ascendere in cielo. A me sembra che se gli apostoli avessero avuto la fede che ebbero dopo la venuta dello Spirito santo, quando, cioè, cedettero che Gesù era Dio e uomo, l’umanità di Cristo non sarebbe stata loro d’ostacolo; quelle parole, infatti, non furono dette alla Madre di Dio, che pure l’amava più di tutti. Chi scrive questi libri ritiene dunque che, trattandosi di opera esclusiva dello spirito, qualsiasi immagine corporea possa essere di disturbo o di impedimento, e che considerarsi concretamente circondati da ogni parte da Dio e in lui sommersi è quello a cui devono tendere i nostri sforzi. Questa mi sembra che possa essere una buona via da seguire, qualche volta, ma allontanarsi del tutto da Cristo e riguardare il suo corpo divino alla stregua delle nostre miserie o di ogni altra cosa creata, non lo so ammettere. Piaccia a Sua Maestà che io sappia farmi capire!
2. Io non voglio contraddirli, perché sono persone dotte e spirituali che sanno quello che dicono e sono molti i sentieri e le vie per i quali Dio conduce le anime. Voglio soltanto qui dire come ha condotto la mia – delle altre cose non voglio occuparmi – e il pericolo in cui mi sono vista per volermi conformare a ciò che leggevo. Sono certa che chi è giunto all’unione senza passare oltre (intendo dire ai rapimenti, alle visioni e alle altre grazie che Dio concede alle anime), riterrà quanto dicono la migliore cosa da farsi, come lo credevo io, che se avessi persistito in tale convinzione, credo che non sarei mai giunta dove ora mi trovo, perché, a mio parere, essi s’ingannano. Può darsi che l’ingannata sia io, ma voglio dire quello che mi è accaduto.
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09/08/2013 16:49
 
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3. Poiché non avevo un maestro e leggevo quei libri, con l’aiuto dei quali pensavo di riuscire a poco a poco a capire qualche cosa (e mi resi conto in seguito che se il Signore non me lo insegnava, ben poco avrei potuto imparare dai libri, non essendo riuscita a capire nulla né sapendo quel che facevo, fino a quando Sua Maestà non me lo fece intendere per esperienza), appena cominciai ad avere un po’ d’orazione soprannaturale, cioè di quiete, procurai di allontanarmi da ogni cosa corporea, pur non osando elevare gradatamente l’anima, il che mi sembrava – spregevole com’ero – una temerarietà. Avevo, però, l’impressione – ed era proprio così – di sentire la presenza di Dio e cercavo di starmene raccolta in lui. È un’orazione soave e molto gioiosa, se Dio ci aiuta. E, vedendo il profitto e il piacere che ne traevo, non solo sarebbe stato impossibile farmi tornare alla considerazione della umanità di Cristo, ma – a dire il vero – sembrava anche a me un ostacolo. Oh, Signore dell’anima mia e mio bene, Gesù Cristo crocifisso! Non c’è una sola volta in cui mi ricordi di questo pensiero senza provarne una gran pena: mi sembra, infatti, di aver commesso un gran tradimento, sia pure per ignoranza.
4. Tutta la vita ero stata piena di devozione per Cristo (questo mi accadde quasi alla fine – cioè poco prima che il Signore mi facesse queste grazie dei rapimenti e delle visioni – e, giunta a tal punto, durai ben poco tempo in tale opinione); pertanto, tornavo sempre alla mia abitudine di ricrearmi con questo mio Signore, specialmente dopo la comunione. Avrei voluto avere sempre davanti agli occhi il suo ritratto e la sua immagine, non potendo averlo scolpito nell’anima come desideravo. È mai possibile, mio Signore, che io abbia potuto pensare anche solo per un’ora che voi mi sareste stato d’impedimento per un bene maggiore? Da dove sono venuti a me tutti i beni se non da voi? Non voglio credere d’aver avuto in ciò colpa, perché me ne affliggerei molto: certo si trattava d’ignoranza e voi, nella vostra bontà, voleste apportarvi un rimedio mandandomi chi mi traesse d’inganno e poi facendo sì che io vi vedessi tante volte, come più innanzi dirò, perché intendessi meglio quanto fosse grande il mio errore, lo dicessi ad altre persone, come ho fatto, e lo scrivessi ora qui.
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09/08/2013 16:50
 
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5. Credo che questo sia il motivo per cui molte anime, dopo essere giunte all’orazione di unione, non progrediscono né arrivano a una più grande libertà di spirito. Mi sembra vi siano due ragioni su cui appoggiare la mia asserzione; forse quanto dico non avrà valore, ma lo dico per averne fatto esperienza. La mia anima, infatti, stava molto male fino a quando il Signore non la illuminò; tutte le sue gioie erano a sorsi, e una volta venute meno, non trovava quella compagnia che ebbe poi per affrontare sofferenze e tentazioni. La prima è che in quel metodo si nasconde, così di soppiatto e dissimulata che non si avverte, un po’ di mancanza di umiltà. E chi sarà mai come me tanto superbo e miserabile da non ritenersi molto ricco e molto ben ripagato se, dopo essersi tormentato tutta la vita con quante penitenze, orazioni, persecuzioni si possano immaginare, può stare avendone il consenso del Signore, ai piedi della croce con san Giovanni? Non so in quale cervello possa nascere l’idea di non esserne contento se non nel mio, e così venne irrimediabilmente a perdere dove avrei potuto guadagnare.
6. Supposto, poi, che la natura o qualche infermità non permettano di pensare alla passione, per essere troppo penosa, chi ci impedisce di stare con lui dopo la risurrezione, giacché l’abbiamo così vicino nel sacramento in cui si trova ormai glorificato? E potremo contemplarlo non già tormentato e straziato, grondante sangue, stremato dai viaggi, perseguitato da coloro a cui ha fatto tanto bene, disconosciuto dagli stessi apostoli. Certo, non sempre c’è chi sopporti di pensare ai tanti tormenti da lui sofferti, ma eccolo qui, senza pena, pieno di gloria, mentre incita gli uni e incoraggia gli altri, nostro compagno nel santissimo Sacramento, tanto da far credere, prima di salire al cielo, che non si sia sentito di separarsi neppure un momento da noi. E che abbia potuto io, mio Signore, allontanarmi da voi nell’intento di servirvi meglio! Almeno, quando vi offendevo non vi conoscevo, ma che, conoscendovi, abbia pensato di trarne maggior profitto seguendo questa strada, oh, che strada sbagliata battevo, Signore! Anzi, come mi sembra, ero del tutto fuori strada, se voi non mi aveste messo su di essa; e nel vedervi accanto a me ho visto, insieme, ogni bene. Non mi ha più colpito alcun dolore che, guardandovi come eravate dinanzi ai giudici, non mi sia stato facile sopportare. Con la presenza di un amico così buono e con l’esempio di un così valente capitano, che per primo si espose ai patimenti, tutto si può sopportare. Egli ci dà aiuto e coraggio, non ci viene mai meno, è un vero amico. Io vedo chiaramente, e l’ho visto dopo quell’inganno, che per essere graditi a Dio e per ottenere che ci doni speciali grazie, egli vuole che si passi attraverso questa sacratissima umanità di Cristo, in cui Sua Maestà disse di compiacersi. Ne ho fatta l’esperienza moltissime volte, me lo ha detto il Signore; ho visto chiaramente che dobbiamo entrare da questa porta, se vogliamo che la divina Maestà ci riveli i suoi grandi segreti.
7. Pertanto, la signoria vostra, signore, non cerchi altra strada, anche se si trova all’apice della contemplazione; per tale cammino non correrà rischi. Questo nostro Signore è la fonte di ogni nostro bene. Egli c’indicherà la strada; guardando alla sua vita, vi troveremo un modello senza uguali. Che vogliamo di più di un così fedele amico al nostro fianco, che non ci abbandonerà nelle sventure e nelle tribolazioni, come fanno quelli del mondo? Fortunato colui che lo amerà sinceramente e lo avrà sempre vicino a sé! Guardiamo al glorioso san Paolo che sembrava avesse continuamente sulla bocca il nome di Gesù, come colui che lo teneva bene impresso nel cuore. Io, dopo aver compreso questa verità, ho considerato attentamente la vita di alcuni santi, grandi spiriti contemplativi, e ho visto che non seguivano altra strada: san Francesco lo fa vedere con le stigmate, sant’Antonio di Padova con il bambino Gesù, san Bernardo con il godere dell’umanità di Cristo, e ancora lo provano santa Caterina da Siena e molti altri che vostra signoria conoscerà meglio di me.
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09/08/2013 16:51
 
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8. Il metodo di escludere tutto ciò che è corporeo dev’essere buono certamente, se lo indicano persone tanto spirituali; ma, a mio parere, si deve seguire solo quando l’anima sia già molto progredita perché, prima d’aver raggiunto un alto grado, è evidente che il Signore si deve cercare attraverso le creature. Tutto dipende da come opera la grazia del Signore in ciascun’anima; di questo non mi occupo. Ciò che vorrei far capire è che la sacratissima umanità di Cristo non ha niente a che fare con le altre cose corporee. Bisogna intendere bene questo punto su cui vorrei sapermi spiegare meglio.
9. Quando Dio vuole sospendere tutte le potenze, come abbiamo visto nei modi di orazione di cui si è parlato, è chiaro che, anche se non lo vogliamo, questa umana presenza ci lascia. E sia pure così, alla buon’ora! E benedetta sia tale perdita che serve a farci godere in maggior misura quello che ci sembra di perdere! Allora, infatti, l’anima è tutta impegnata ad amare colui che l’intelletto si è sforzato di conoscere; ama ciò che esso non è riuscito a capire e gode di quello di cui non avrebbe mai potuto godere così a fondo se non col perdere se stessa, nell’intento – ripeto – di guadagnare maggiormente. Ma, che noi a bella posta procuriamo di disabituarci dal cercare con tutte le nostre forze di aver sempre dinanzi – e piacesse al Signore che fosse davvero sempre! – questa sacratissima umanità, è ciò che – ripeto – non mi sembra ben fatto. È, come suol dirsi, un camminare per aria, perché allora l’anima sembra andare senza appoggio, pur nella ferma convinzione di essere piena di Dio. È molto importante, finché viviamo in veste umana, aver presente il Signore come uomo; in ciò sta il secondo inconveniente cui ho accennato. Il primo, come avevo cominciato a dire, è una certa mancanza di umiltà, per cui l’anima tende ad elevarsi prima che sia il Signore a farlo, non contentandosi di meditare su un fatto così prodigioso, volendo esser Maria prima d’aver faticato come Marta. Quando il Signore vuole che lo sia, fosse anche dal primo giorno, non c’è nulla da temere, ma non invitiamoci da noi stessi, come credo d’aver già detto altrove. Questo neo di poca umiltà, anche se non sembra nulla, al fine di voler avanzare nella contemplazione è molto dannoso.
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09/08/2013 16:51
 
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10. Tornando al secondo inconveniente, noi non siamo angeli, ma abbiamo un corpo. Voler fare gli angeli, stando sulla terra – e così saldamente come ci stavo io – è una pazzia; ordinariamente, invece, il pensiero ha bisogno d’appoggio, benché talvolta l’anima esca così fuori di sé, e molte altre volte sia così piena di Dio, da non aver bisogno, per raccogliersi, di alcuna cosa creata. Ma questo non avviene molto di frequente; pertanto, al sopraggiungere di impegni, persecuzioni, sofferenze, quando non si può avere più tanta quiete, o in caso di aridità, Cristo è un ottimo amico, perché vedendolo come uomo, soggetto a debolezze e a sofferenze, ci è di compagnia. Prendendoci l’abitudine, poi, è molto facile sentircelo vicino, anche se alcune volte avverrà di non poter fare né una cosa né l’altra. Per questo è bene, come ho detto, non adoperarci a cercare consolazioni spirituali; qualsiasi cosa succeda, stiamo abbracciati alla croce, che è una grande cosa. Il Signore restò privo di ogni consolazione; fu lasciato solo nelle sue sofferenze; non abbandoniamolo noi, perché egli ci aiuterà a salire più in alto meglio di quanto avrebbe potuto fare ogni nostra diligenza e si allontanerà quando lo riterrà conveniente o quando vorrà trarre fuori l’anima da se stessa, come ho detto.
11. Dio si compiace molto nel vedere un’anima prendere umilmente per mediatore suo Figlio e amarlo tanto che, pur volendo Sua Maestà elevarla a un altissimo gradi di contemplazione, come ho detto, se ne riconosce indegna, dicendo con san Pietro: Allontanatevi da me, Signore, perché sono uomo peccatore. Io l’ho provato; Dio ha condotto per questa strada la mia anima; altri, ripeto, ne seguiranno una più breve. Ciò che io ho capito è che tutto questo edificio dell’orazione dev’essere fondato sull’umiltà e che quanto più un’anima si abbassa nell’orazione, tanto più Dio la innalza. Non ricordo che mi abbia fatto nessuna delle grandi grazie di cui parlerò più avanti, se non quando mi sentivo annientata dalla vista della mia profonda miseria. Perfino, per aiutarmi a conoscermi meglio, Sua Maestà mi faceva capire cose che da sola non avrei saputo immaginare. Sono convinta che quando l’anima fa da parte sua qualche sforzo per aiutarsi in questa orazione di unione, anche se lì per lì sembra trarne profitto, tornerà presto a cadere, come avviene di un edificio senza fondamenta, e temo che non si arriverà mai alla vera povertà di spirito, la quale consiste nel non cercare conforti o piaceri nell’orazione – ora che si sono lasciati quelli della terra – ma trovare consolazione nelle sofferenze, per amore di colui che in essi sempre visse, e mantenersi tranquilla nelle pene e nelle aridità. Quantunque abbia a soffrirne un po’, non giungerà mai a quella inquietudine e a quella pena di alcune persone che, se non s’impegnano sempre a lavorare con l’intelletto e a far pratiche di devozione, pensano che tutto sia perduto, come se un così gran bene potesse essere merito dei loro sforzi. Non dico che non ci si debba impegnare ad ottenerlo e a stare ben raccolti davanti a Dio, ma che, se non si riesce ad avere neppure un buon pensiero, come altra volta ho detto, non ci si disperi. Siamo servi inutili, di che cosa pensiamo mai di essere capaci?
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09/08/2013 16:52
 
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12. Il Signore vuole che ce ne rendiamo conto e che diventiamo come asinelli che portano su l’acqua con la noria di cui si è parlato. Essi, anche se hanno gli occhi bendati e non capiscono quello che fanno, tireranno fuori più acqua che il giardiniere con tutto il suo zelo. Bisogna camminare su questa strada con libertà, mettendosi nelle mani di Dio. Se Sua Maestà vuole innalzarci a far parte della sua corte e dei suoi intimi, seguiamolo di buon grado; in caso contrario, serviamolo in umili occupazioni e guardiamoci, come ho detto talvolta, dal metterci noi nel posto migliore. Dio ha cura dei nostri interessi più di noi e sa quello che conviene a ciascuno. A che serve governarsi da sé, quando si è già data a Dio tutta la propria volontà? A mio parere, questo è assai meno tollerabile qui che nel primo grado di orazione e arreca molto più danno, perché si tratta di beni soprannaturali. Se uno ha una brutta voce, per quanto si sforzi di cantare, non riuscirà a farla diventare bella; se, invece, Dio vuol dargliela buona, non ha bisogno di sgolarsi per migliorarla. Supplichiamolo, dunque, sempre di farci grazie, ma con umiltà, anche se con piena fiducia nella magnanimità di Dio. E poiché ci è permesso di stare ai piedi di Cristo, procuriamo di non allontanarcene, stiamoci comunque sia, imitando la Maddalena: quando l’anima sarà diventata forte, Dio la condurrà nel deserto.
13. Pertanto la signoria vostra, finché non avrà trovato chi abbia più esperienza di me e ne sappia di più, si attenga a ciò che ho detto qui. Trattando con persone che cominciano a godere di Dio, non creda loro quando diranno che hanno l’impressione, aiutandosi, di trarre maggior profitto e godere di più. Oh, quando Dio vuole, come viene in modo scoperto, senza questi miseri aiuti! Egli allora, per quanto noi facciamo per resistergli, rapisce lo spirito, come un gigante prenderebbe una pagliuzza, e non c’è resistenza che valga. È mai possibile credere che, se egli vuol far volare un rospo, aspetti che il rospo voli da se stesso? Ebbene, il nostro spirito mi sembra ancor più pesante ed esposto a maggior difficoltà nell’innalzarsi se non è Dio a sollevarlo, perché è gravato di terra e di mille impedimenti, e poco gli giova la volontà di volare. Anche se volare è più confacente alla sua natura che non a quella del rospo, è così invischiato nel fango che, per sua colpa, non ne è più capace.
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09/08/2013 16:52
 
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14. Voglio, dunque, concludere così: che quando pensiamo a Cristo, dobbiamo sempre ricordarci dell’amore con il quale ci ha fatto tante grazie, e di quello, immenso, che ci ha testimoniato Dio col darcene tale pegno. Amore chiama amore, e anche se siamo agli inizi e tanto miserabili, cerchiamo di riflettere sempre su questa verità e di stimolarci all’amore, giacché se il Signore ci facesse una volta la grazia di imprimercelo nel cuore, tutto ci diventerebbe facile, e potremmo in brevissimo tempo e senza alcuna fatica darci alle opere. Ce lo conceda Sua Maestà – che conosce quanto ne abbiamo bisogno – per l’amore che ci ha portato e che il suo glorioso Figliolo ci ha dimostrato a costo di tante sofferenze! Amen.
15. Una cosa vorrei domandare alla signoria vostra: quando il Signore comincia a fare a un’anima grazie così sublimi, come è quella di elevarla a una perfetta contemplazione, non sarebbe logico ch’essa diventasse subito del tutto perfetta? Sì, certamente, sarebbe giusto, perché chi riceve così grande grazia, non dovrebbe più cercare conforti terreni. Perché, dunque, l’anima solo nel rapimento, quando è ormai più abituata a ricevere grazie, sembra che provi gli effetti più sublimi? Perché, quanto più alti sono, tanto maggiore è il suo distacco dalle cose terrene mentre il Signore, nell’istante stesso in cui scende su di lei, potrebbe santificarla, come farà poi, con l’andare del tempo, lasciandola perfetta in ogni virtù? Questo è ciò che vorrei sapere, e non lo so; anzi so che è ben diversa la forza che Dio dà all’anima agli inizi, quando non dura più che un batter d’occhio, tanto che quasi non si avverte se non per gli effetti che lascia, da quella che si prova quando tale grazia dura più a lungo. E molte volte mi chiedo se non sia perché l’anima non si dispone subito come conviene; pertanto il Signore a poco a poco l’avvia a una salda determinazione e le dà virile coraggio perché rinunci completamente a tutto. come lo fece in breve tempo con la Maddalena, lo fa con altre persone, in proporzione della libertà che esse gli lasciano di operare. Ma purtroppo noi non vogliamo indurci a credere che anche in questa vita Dio ci dia il cento per uno.
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09/08/2013 16:53
 
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16. Mi è venuto in mente quest’altro paragone: essendo tutt’uno quello che si dà ai proficienti e agli incipienti, è come un cibo mangiato da molte persone; quelle che ne mangiano poco rimangono solo con un buon sapore per poco tempo; quelle che ne mangiano di più ne hanno aiuto per sostentarsi; quelle che ne mangiano molto ne ricevono vita e forza. L’anima può nutrirsi tante volte di questo cibo di vita e con tale abbondanza da non trovare più gusto in alcun cibo che non sia questo, vedendo quanto bene ne tragga e avendo ormai fatto l’abitudine a un sapore così squisito che vorrebbe cessare di vivere piuttosto di dover adattarsi ad altri cibi, capaci solo di toglierle il buon sapore che quello le ha lasciato. Anche una santa compagnia non ci procura, frequentandola, tanto profitto in un giorno quanto in molti, perché solo stando a lungo con tale persona possiamo, con l’aiuto di Dio, diventare come lei. Insomma, tutto sta in ciò che Sua Maestà vuole e nella disposizione della persona che egli vuole favorire, giacché importa molto, per chi comincia a ricevere questa grazia, decidersi a distaccarsi da tutto e a tenerla nella stima dovuta.
17. Mi sembra anche che Sua Maestà vada provando ora l’uno, ora l’altro, per vedere chi lo ama; e, per avvivare la nostra fede – se per caso fosse spenta – nelle ricompense che ci darà, si manifesta mediante tale supremo diletto, dicendo: «Badate, questa è solo una goccia di un infinito mare di beni». Così non tralascia di far nulla in favore di quelli che ama e, nella misura in cui vede che sono pronti ad accoglierlo, egli dona e si dona; ama chi lo ama, e che buon amante e che buon amico egli è! Oh, Signore dell’anima mia, chi può trovare parole adeguate per far intendere quali favori concedete a chi ha fiducia in voi, e che cosa perde chi, giunto a questo stato, resta attaccato a se stesso! Non vogliate permetterlo, Signore, giacché voi fate assai più di questo, venendo in un albergo così misero come il mio. Siate benedetto per sempre, in eterno!

18. Torno a supplicare la signoria vostra che, se di quanto ho scritto sull’orazione, vuol trattare con persone spirituali, si accerti che lo siano davvero, perché se non conoscono che una via, o si sono fermate a metà, non potranno cogliere certo nel segno. Vi sono alcuni che, condotti subito da Dio per un cammino molto elevato, credono che allo stesso modo possano avvantaggiarsi gli altri in tale stato, e acquietare l’intelletto, senza servirsi dell’aiuto di cose corporee. Ma chi lo farà, resterà secco come un pezzo di legno. Altri, ancora, avendo avuto un po’ di orazione di quiete, pensano subito che, come sono giunti a questo grado, possono passare all’altro e, invece di avvantaggiarsi, come ho detto, perderanno il vantaggio ottenuto. Pertanto, occorre in tutto esperienza e discrezione. Il Signore, nella sua bontà, ce le dia!
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09/08/2013 16:53
 
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CAPITOLO 23
In cui riprende la narrazione della sua vita e dice come e con quali mezzi cominciò a procedere con maggior perfezione. È utile, per le persone che si impegnano a dirigere le anime nella vita di orazione, sapere come debbano comportarsi agli inizi e conoscere il vantaggio che a lei procurò l’essere stata ben indirizzata.
1. Voglio ora riprendere la storia della mia vita, dal punto in cui l’ho lasciata, dilungandomi più del dovuto per far meglio capire ciò che seguirà. Da qui innanzi sarà un libro nuovo, voglio dire una vita nuova, perché quella di cui ho parlato finora era mia, ma quella che ho vissuto da quando ho cominciato a spiegare cose attinenti all’orazione è la vita di Dio in me, a quanto mi sembra, poiché ritengo che sarebbe stato impossibile altrimenti svincolarsi in così poco tempo da abitudini e opere tanto cattive. Sia lodato il Signore che mi liberò da me stessa!
2. Appena, dunque, cominciai a fuggire le occasioni e a darmi di più all’orazione, il Signore cominciò a elargirmi le sue grazie, come chi non desiderava altro – a quel che si vide – se non che io volessi riceverle. Sua Maestà prese a darmi assai di frequente l’orazione di quiete e molte volte anche quella di unione, che durava a lungo. Ma, poiché in quei giorni si erano verificati casi di donne tratte in inganno dal demonio con grandi illusioni, cominciai a temere, specialmente per la grande gioia e la dolcezza che provavo, e a cui spesso non potevo sottrarmi, anche se, d’altra parte, in me ci fosse l’assoluta persuasione che provenissero da Dio, specialmente quando stavo in orazione e vedevo che ne uscivo assai migliorata e più forte. Ma appena mi distraevo tornavo a temere e a pensare se per caso il demonio non volesse, facendomi credere che era cosa buona, sospendere l’intelletto per privarmi dell’orazione mentale e della possibilità di meditare sulla passione e di servirmi dell’intelligenza, il che – non avendo conoscenza di queste cose – mi sembrava il maggior danno.
3. Siccome, però, Sua Maestà voleva ormai illuminarmi, affinché non l’offendessi più e conoscessi quanto gli dovevo, questa paura aumentò in modo tale che mi fece cercare con diligenza persone spirituali con cui trattarne. Avevo già notizia di alcune, essendosi stabiliti qui i padri della Compagnia di Gesù per i quali io – pur non conoscendone alcuno – nutrivo grande affezione, solo per aver saputo del loro metodo di vita e di orazione, ma non mi credevo degna di parlare ad essi, né tanto forte da seguirne i consigli; e questa era una ragione di maggior timore, perché trattare con loro, essendo quale ero, mi sembrava sconveniente.
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09/08/2013 16:55
 
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4. Rimasi in questa perplessità per qualche tempo finché, ormai spossata da tante lotte e timori interiori, mi decisi a parlare con una persona spirituale per chiederle che tipo di orazione fosse quella che io praticavo e pregarla che mi illuminasse, se ero in errore, essendo disposta a fare tutto il possibile per non offendere Dio; in quanto era la costatazione di mancanza di forza in me – ripeto – che mi rendeva così timorosa. Che grande inganno, mio Dio, quello di allontanarmi dal bene, per voler essere buona! In questo, senza dubbio, deve adoperarsi molto il demonio, quando si comincia a praticare la virtù, perché io non riuscivo ad averla vinta su me stessa. Egli sa che l’infallibile risorsa di un’anima è trattare con gli amici di Dio, pertanto non c’era modo che mi decidessi a far questo. Aspettavo anzitutto di emendarmi – come quando lasciai l’orazione – e forse non mi sarebbe mai stato possibile, essendo ormai così invischiata in certe piccole cattive abitudini, di cui non riuscivo a capire il danno, che era necessario l’aiuto di un altro che mi tendesse la mano per farmi rialzare. Sia benedetto il Signore che fu il primo a porgermi la sua!
5. Quando mi accorsi che il mio timore cresceva man mano che procedevo nell’orazione, mi sembrò che in questo dovesse esserci un grande bene o un grandissimo male, rendendomi ormai ben conto che quanto avveniva in me era cosa soprannaturale, perché a volte non potevo opporvi resistenza ed era escluso che potessi averlo quando volevo. Pensai di non aver altro rimedio se non cercare di mantenere la coscienza pura ed evitare ogni occasione, sia pur di peccati veniali, perché se si trattava dello spirito di Dio, il profitto era evidente; se, invece, si trattava del demonio, procurando io di contentare il Signore e di non offenderlo, poco danno avrebbe potuto farmi, anzi il danno sarebbe stato suo. Decisa a questo e supplicando sempre Dio che mi aiutasse, procurai di fare quanto ho detto per alcuni giorni, ma vidi che la mia anima non aveva la forza di ascendere da sola a tanta perfezione, a causa di certi attaccamenti a cose le quali, benché in sé non molto cattive, bastavano per rovinare tutto.
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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