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VITA di s.Teresa D'Avila

Ultimo Aggiornamento: 09/08/2013 17:49
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09/08/2013 17:47
 
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6. Mi parve, dunque, d’essere in paradiso, quando vidi che si collocava il santissimo Sacramento, che si erano trovate quattro orfane povere – giacché con dote non si prendevano – e gran serve di Dio (fin da principio, infatti, si cercò di ammettere nel monastero persone sul cui esempio si potesse fare assegnamento per realizzare il nostro intento di condurre una vita di grande perfezione e orazione), e che si era portata a termine un’opera che sapevo a servizio del Signore e di onore all’abito della sua gloriosa Madre: perché questi erano i miei desideri. Mi fu anche di grande consolazione aver fatto ciò che il Signore mi aveva tanto raccomandato e di aver creato in questa città una chiesa in più, intitolata al mio glorioso padre san Giuseppe che non ne aveva. Non già che credessi di averne alcun merito io; non l’ho mai creduto, né lo credo, convinta che ha fatto tutto il Signore. Quello che ci misi da parte mia era così pieno di imperfezioni che, piuttosto, ritengo si dovesse farmene una colpa, non un merito; tuttavia, mi rendeva felice costatare che Sua Maestà, pur essendo io tanto misera cosa, avesse voluto scegliermi come strumento per compiere un’opera così grande e ne ero tanto soddisfatta da sentirmi come fuori di me e immersa in una profonda orazione.
7. Finito tutto da circa tre o quattro ore, il demonio mi sconvolse con una battaglia spirituale che ora racconterò. Mi fece sorgere il dubbio che quanto avevo fatto potesse essere mal fatto, di aver mancato all’obbedienza nell’agire senza l’autorizzazione del provinciale (mi sembra che a quest’ultimo dovesse alquanto dispiacere il fatto che io avessi posto il monastero sotto la giurisdizione dell’Ordinario, senza avergliene prima parlato, benché d’altro canto, siccome non aveva voluto riconoscerlo e io rimanevo sottoposta a lui, non mi pareva che dovesse importargliene molto). Inoltre, il demonio mi faceva sorgere il dubbio che le monache potessero non essere contente di vivere in tanta austerità, che potesse mancar loro da mangiare, che potesse essere stato tutto una follia e m’induceva a chiedermi perché avevo voluto imbarcarmi in questa impresa, visto che avevo già un monastero in cui vivere. Tutti gli ordini del Signore, i molti consigli e le tante preghiere che duravano da più di due anni, tutto era cancellato dalla mia memoria, come se non fosse mai stato. Mi ricordavo solo delle mie opinioni; la fede e ogni altra virtù erano in me come sospese, fino a mancarmi la forza di farle operare e difendermi dagli assalti.
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