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VITA di s.Teresa D'Avila

Ultimo Aggiornamento: 09/08/2013 17:49
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09/08/2013 16:35
 
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15. Questo non lo dico tanto per coloro che cominciano (anche se vi annetto grande importanza, essendo di grande vantaggio cominciare con questa libertà e determinazione), ma per gli altri, poiché ve ne saranno molti che hanno cominciato da un pezzo e non riescono mai a finire. Credo che il non aver abbracciato la croce fin da principio è in gran parte la causa che li rende afflitti, sembrando loro di non far nulla. Non possono sopportare che l’intelletto cessi di operare, mentre forse proprio allora aumenta e prende forza la volontà, ed essi non se ne accorgono. Dobbiamo pensare che il Signore non bada a queste cose le quali, anche se a noi sembrano colpe, non lo sono: Sua Maestà conosce bene la nostra miseria e l’inferiorità della nostra natura, molto meglio di noi stessi, e sa anche che queste anime desiderano solo pensare sempre a lui e amarlo. Questa è appunto la determinazione che egli vuole; quanto all’afflizione che noi ci procuriamo, non serve ad altro che a turbare l’anima la quale, se prima doveva rimanere un’ora senza trar profitto dall’orazione, adesso ne sarà incapace per lo spazio di quattro ore. Moltissime volte (io ne ho grandissima esperienza e so quanto sia vero per averci fatto particolare attenzione e averne parlato in seguito con persone spirituali) dipende da indisposizione fisica, poiché siamo così miserevoli, che questa povera anima partecipa delle miserie del corpo, di cui è come una piccola prigioniera; i cambiamenti di stagione, il mutamento degli umori fanno sì che molte volte, senza sua colpa, essa non possa far ciò che vuole e soffra ogni genere di patimenti. E quanto più, in tali circostanze, si voglia farle forza, tanto peggio è, perché il male dura più a lungo. Bisogna, invece, aver discrezione per capire quando dipende da queste cause e non opprimere la povera anima. Rendiamoci conto d’essere ammalati; si cambi l’ora dell’orazione, e molte volte per vari giorni, si sopporti come meglio si può questo esilio, perché è una grande disgrazia, per un’anima che ama Dio, vedersi vivere in questa miseria e non poter fare ciò che vuole, per il fatto di avere un ospite così cattivo com’è questo nostro corpo.
16. Ho detto «con discrezione», perché qualche volta sarà opera del demonio; pertanto, è bene non lasciare del tutto l’orazione, quando l’intelletto sia molto distratto e turbato, né tormentare di continuo l’anima costringendola a ciò che non può fare. Ci sono altre pratiche esteriori, come le opere di carità e la lettura, anche se a volte non si sarà disposti neppure a questo. Allora l’anima serva il corpo per amore di Dio, affinché sia poi esso a servire l’anima più spesso, e si prenda qualche onesto passatempo di conversazioni – che siano sante conversazioni – o faccia ricorso alla campagna, secondo quello che le consiglierà il confessore. In tutto ha molta importanza l’esperienza che fa conoscere ciò che ci conviene, e in tutto si serve Dio. Il suo giogo è soave ed è di gran guadagno non trascinare l’anima a viva forza, come si dice, ma guidarla con la soavità di tale giogo, per il suo maggior profitto.

17. Perciò ripeto il consiglio già dato – e anche se lo dico molte volte è poco male –, che ha grande importanza, che nessuno si tormenti né si affligga per aridità, inquietudini e distrazioni di pensieri. Se vuole conquistare la libertà dello spirito e non essere sempre pieno di tribolazioni, cominci a non aver paura della croce, e vedrà come anche il Signore l’aiuterà lui a portarla, e la gioia con cui procederà, e il profitto che trarrà da tutto, perché è evidente che se il pozzo non dà acqua, noi non possiamo mettercela. È altrettanto vero, però, che non dobbiamo distrarci, affinché, quando l’acqua ci sia, provvediamo ad attingerla, perché allora Dio vuole, con questo mezzo, moltiplicare ormai in noi le virtù.
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