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CAMMINO DI PERFEZIONE (s.Teresa d'Avila)

Ultimo Aggiornamento: 03/08/2013 09:06
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03/08/2013 08:45
 
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CAPITOLO 29 (18)
Prosegue sullo stesso argomento e mostra quanto le sofferenze dei contemplativi superino quelle di coloro che sono dediti alla vita attiva. Questo capitolo sarà per loro di grande conforto.
1. Credo che coloro i quali sono dediti alla vita attiva pensino, non appena vedono gli altri oggetto di qualche favore, che sia sempre così. Ebbene, vi dico che forse voi non potreste sopportare neanche un giorno ciò che essi patiscono. E siccome il Signore conosce tutti per ciò che sono, assegna a ciascuno il suo compito, quello che ritiene più conveniente alla sua anima, alla propria gloria e al bene del prossimo. E, se da parte vostra non manca la disposizione adatta, non abbiate paura che il vostro lavoro vada perduto. Badate che dico che tutte dobbiamo tendere a questo scopo, perché non siamo qui per altro; perciò, non dobbiamo limitare i nostri sforzi a un solo anno, o due o anche dieci, affinché non sembri che abbandoniamo per codardia quanto abbiamo intrapreso. Il Signore sa bene che non lasciate nulla d’intentato, come soldati pronti ad eseguire qualsiasi ordine voglia loro dare il capitano, dovendo ricevere da lui la loro paga. E quanto meglio sono pagati di quelli che servono al re! Vanno tristi verso la morte e poi, sa ben Dio come li si paga.
2. Quando li vede dunque presenti e desiderosi di servirlo, il capitano, che già conosce le attitudini di ciascuno, seppure non così bene come il nostro capitano celeste, distribuisce i compiti secondo le forze; se non fossero presenti, certo non assegnerebbe loro nessun compito, né darebbe loro alcun premio. Pertanto, sorelle, datevi all’orazione mentale, e chi non lo potesse fare, a quella vocale, alla lettura e ai colloqui con Dio, come dirò in seguito. Non lasciate di pregare nelle ore di orazione stabilite per tutte. Non si sa quando il capitano chiamerà e vi darà una sofferenza maggiore, mascherata dal gusto. Se non venite chiamate, pensate che non siete fatte per quella. E qui subentra la vera umiltà. Credete sinceramente di essere incapaci anche riguardo a ciò che fate. Andate avanti allegramente, servendo nell’ufficio assegnatovi.
3. Se possiede la vera umiltà, beata la serva di vita attiva che mormora soltanto di se stessa. Desidererei essere come lei, anziché come altre contemplative. Lasci alle altre le loro battaglie, che non son cosa da poco! Non sapete che nelle battaglie gli alfieri e i capitani sono obbligati a combattere più degli altri?
4. Un povero soldato va avanti passo passo e, se talvolta si nasconde per non entrare nella mischia, non glielo fanno notare ed egli non perde né l’onore né la vita. L’alfiere, invece, anche se non combatte, porta la bandiera e non deve lasciarsela sfuggire di mano, anche se lo fanno a pezzi. Gli occhi di tutti sono puntati su di lui. Come potete, dunque, pensare che abbia poche sofferenze colui al quale il re assegna questo incarico? Per un po’ di onore in più, egli è obbligato a soffrire molto di più e tutto va perso se egli concede qualcosa alla sua debolezza. Amiche mie, poiché non ci rendiamo conto né sappiamo ciò che chiediamo, lasciamo fare al Signore che ci conosce meglio di quanto ci conosciamo noi; la vera umiltà si accontenta di ciò che ci viene dato. Vi sono, infatti, persone che sembrano voler chiedere favori al Signore, appellandosi alla sua giustizia! Bel modo di praticare l’umiltà! Pertanto, fa bene colui che conosce tutti, concedendoli ben di rado a costoro; egli vede chiaramente che non sono pronti a bere il suo calice.
5. Il modo di capire, figlie mie, se siete progredite nella virtù, sta nell’esaminare ciascuna in se stessa se è la più miserabile di tutte e se lo dà a vedere con le opere, per il profitto e il bene delle altre; non se ha più gioia nell’orazione e nei rapimenti, o visioni o grazie di questo genere, per conoscere valore delle quali dobbiamo aspettare d’essere nel mondo di là. L’umiltà, invece è una moneta che ha sempre corso; è una rendita che non può mancare, un fondo perpetuo e non un censo redimibile come questi beni che ci possono essere dati e tolti. La vera ricchezza sta in una profonda virtù di umiltà e di mortificazione, in un’assoluta obbedienza, tale da non farci contravvenire d’un punto agli ordini del superiore, che sapete come sia davvero mandato da Dio, perché ne fa le veci. L’obbedienza è ciò su cui dovrei intrattenermi di più, ma poiché senza di essa non si è monache, e io parlo con monache e, a mio giudizio, buone, o almeno che desiderano esserlo, non ne dirò nulla. È una cosa così nota e importante che non occorrerà più di una parola perché non abbiate a dimenticarla.
6. Voglio dire questo: chi è tenuto per voto all’obbedienza e vi manca, non adoperandosi con ogni cura ad adempierlo con la maggiore perfezione, non so perché stia in un monastero; io, per lo meno, le posso assicurare che, finché mancherà a questo suo voto, non arriverà mai ad essere un contemplativo e neanche osserverà bene i doveri della vita attiva. Ne sono assolutamente certa. Anche se si tratta di una persona che non abbia l’obbligo di questa osservanza, se desidera o pretende di arrivare alla contemplazione, bisogna, perché proceda con la sicurezza di essere sulla via giusta, che rimetta con ogni determinazione la sua volontà a un confessore capace di comprenderla. Questa è cosa ormai ben nota, e molti l’hanno scritto, perciò non occorre che ne parli.
7. Concludo, figlie mie, dicendovi che queste virtù sono le virtù che io desidero in voi, quelle che dovete sforzarvi di possedere e quelle che santamente dovete invidiare. Non vi date pena di non avere le altre speciali forme di devozione: non sono un bene sicuro. Può darsi che in alcune persone vengano da Dio, mentre in voi Sua Maestà permetterà che sia un’illusione del demonio e che egli v’inganni, come ha fatto con molte, perché nelle donne è cosa assai pericolosa: quando c’è tanto modo di servire il Signore in ciò che è sicuro, perché esporvi a tali pericoli? Mi sono dilungata tanto in questo, perché so che è opportuno farlo, conoscendo la debolezza della nostra natura. Dio saprà rendere forti coloro che vorrà elevare alla contemplazione; se non lo vorrà, mi fa piacere di avervi dato questi consigli mediante i quali anche i contemplativi avranno di che umiliarsi. Se mi direte, figlie, di non averne bisogno, può darsi che dopo di voi venga qualcuna che ne sarà contenta. Il Signore, per quello ch’egli è, ci illumini affinché possiamo seguire in tutto la sua volontà e non avremo nulla da temere.
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