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CAMMINO DI PERFEZIONE (s.Teresa d'Avila)

Ultimo Aggiornamento: 03/08/2013 09:06
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03/08/2013 08:56
 
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CAPITOLO 54 (32)
Tratta di queste parole del Pater noster: Fiat voluntas tua, sicut in coelo et in terra, e dice quanto merito abbia chi le reciti con piena determinazione.
1. Ora che il nostro buon Maestro ha chiesto per noi e ci ha insegnato a chiedere un bene di tale valore che racchiude in sé tutto ciò che noi quaggiù possiamo desiderare, e ci ha elargito una grazia così incomparabile qual è quella di farci suoi fratelli, vediamo cosa vuole che diamo a suo Padre, cosa gli offre in nome nostro e cosa esige da noi, perché è giusto che gli rendiamo qualche servigio in contraccambio di così grandi benefici. Oh, buon Gesù, com’è poco quello che gli offrite da parte nostra, in confronto a quello che chiedete per noi! Eppure, lasciando da parte che è in sé un puro niente di fronte al molto che dobbiamo, e a un così gran sovrano, è certo però che voi, Signore, non ci lasciate più nulla perché diamo tutto ciò che possiamo se ci atteniamo a quanto le parole promettono.
2. Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Avete fatto bene, o nostro buon Maestro, a rivolgere al Padre la richiesta precedente per metterci in condizione di adempiere quello che gli offrite da parte nostra; altrimenti, mi sembra, ci sarebbe impossibile farlo. Ma, siccome vostro Padre esaudirà la vostra richiesta di darci quaggiù il suo regno, io so che comproveremo la verità della vostra promessa se offrite quel che offrite da parte nostra. Quando la terra della mia anima sarà cambiata in cielo, sarà più facile che si compia in me la vostra volontà. Senza questa trasformazione però, e per giunta se si tratta di una terra così vile e sterile come la mia, io non so, Signore, come ciò sarebbe possibile. È gran cosa ciò che offrite da parte nostra. Per questo, figlie, vorrei che ve ne rendeste conto.
3. Quando penso a questo, rido di certe persone che non osano chiedere sofferenze al Signore. Ciò è segno di poca umiltà. Ho incontrato alcune persone così meschine che, senza appellarsi all’umiltà, non hanno il coraggio di chiederle perché pensano di venir subito esaudite. Ma vorrei domandare a quelle che non le chiedono, nel timore d’essere subito esaudite, cosa intendono dire quando supplicano il Signore che Sua Maestà adempia in esse la sua volontà, ovvero se lo dicano per dire quel che dicono tutti, e non nell’intento di mettere in pratica le loro parole. Questo, sorelle, non sarebbe ben fatto. Considerate che qui il buon Gesù appare nostro ambasciatore, avendo voluto far da intermediario tra noi e suo Padre, e non gli è costato poco: non sarebbe quindi giusto che tralasciassimo di realizzare ciò che egli offre in nostro nome, oppure non dovremmo dirlo.
4. Ora voglio spiegarlo nuovamente. Considerate, figlie mie, ascoltate il mio parere, che – volenti o nolenti – ciò accadrà, perché la sua volontà deve compiersi così in cielo come in terra; credetemi e fate di necessità virtù. Oh, mio Signore, che gran favore è stato per me non lasciare alla mercé di una volontà così dappoco come la mia l’adempimento della vostra! Siate benedetto per sempre e vi lodino tutte le creature! Sia glorificato il vostro nome in eterno! Povera me, Signore, se fosse dipeso da me l’adempimento della vostra volontà! Ora io vi do liberamente la mia, anche se non esente da interesse, perché so di certo, e per lunga esperienza, il grande bene che si ricava nel rimettere liberamente la propria volontà nelle vostre mani. Oh, figlie mie, quale gran guadagno! E che gran perdita, se non adempiamo quanto diciamo al Signore nel Pater noster con l’offerta che gli facciamo!
5. Prima di esporvi quello che si guadagna, voglio spiegarvi l’importanza della vostra offerta, affinché non dobbiate addurre il pretesto di un errore dicendo che non l’avevate capito. Che non vi avvenga come ad alcune monache, le quali non fanno altro se non promettere, e poiché non mantengono le promesse, dopo aver emesso la professione, trovano una scusa nel dire che non avevano capito quello che promettevano. Voglio anche crederlo perché è facile parlare e difficile operare. E se hanno pensato che è la stessa cosa parlare e fare, certo non l’hanno capito. Fatelo comprendere bene a coloro che faranno la professione qui [in questa casa] con una lunga prova e non pensino che le sole parole siano sufficienti senza le opere corrispondenti.
6. Vorrei anzitutto che comprendiate bene con chi vi intrattenete – come si dice – e che sappiate quanto offre per voi al Padre il buon Gesù e cosa gli state dando quando dite: sia fatta in voi la sua volontà, che non è un’altra cosa. Non abbiate paura che la sua volontà consista nel voler donarvi ricchezze, piaceri, onori, né tutti gli altri beni di quaggiù. Vi ama troppo e stima molto ciò che gli offrite, per non volervelo pagare bene, visto che vi dà il suo regno fin da questa vita. Volete sapere come si comporta con quelli che gli fanno una sincera promessa? Chiedetelo al suo Figlio glorioso, che nell’orazione dell’Orto degli ulivi gli rivolse queste stesse parole. Poiché le disse con verità e con tutta la volontà, guardate un po’ se ha ben compiuto in lui la sua volontà, con tutti i patimenti, i dolori, le ingiurie e le persecuzioni a cui lo sottopose, per farlo morire, alla fine, crocifisso.
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03/08/2013 08:56
 
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CAPITOLO 55 (32)
Come i religiosi abbiano l’obbligo di operare e non di dire solo parole.
1. Voi vedete, figlie, che cosa diede [il Signore] a chi amava di più; da qui potete capire quale sia la sua volontà. State attente a quel che fate; procurate che non siano soltanto parole di compiacimento quelle che dite a un così grande Signore, ma sforzatevi di sopportare quanto vorrà mandarvi Sua Maestà. Dargli la propria volontà in altro modo sarebbe come mostrare a qualcuno una pietra preziosa apprestandosi a dargliela, e pregandolo di accettarla; e poi, quando l’altro tende la mano per prenderla, tornare a tenersela ben stretta.
2. Non son questi scherzi da fare a chi ne ha sofferti troppi per noi; anche se non ci fosse altro motivo, non è giusto che ci prendiamo gioco di lui tante volte, perché non son poche quelle in cui gli rivolgiamo tale offerta nel Pater noster. Diamogli una buona volta questa pietra preziosa che gli offriamo da tanto tempo! È certo che egli non ce la dà per prima cosa. Oh, mio Dio! Com’è chiaro che il mio buon Gesù ci conosce! Non ci dice infatti all’inizio che dobbiamo consegnargli la nostra volontà, cioè prima di essere ripagati bene di questo piccolo servizio che gli abbiamo reso, e con ciò intendo il grande vantaggio che il Signore vuole che otteniamo nel servizio stesso. Egli comincia a pagarci sin da questa vita, come subito dirò. Per le persone del mondo sarà già molto se sono fermamente decise a mantenere la loro promessa. Voi, figlie mie, dovete dire e fare, servirvi di parole e di opere, come in verità sembra che facciano tutti i religiosi. A volte, però, gli mettiamo addirittura in mano la pietra preziosa, poi gliela riprendiamo. All’inizio siamo generosi e poi così avari, che sarebbe stato forse meglio se fossimo stati più cauti nel dare.
3. Tutti i consigli che vi ho dato in questo libro hanno lo scopo d’indurvi a consacrarvi totalmente al Creatore, porre la vostra volontà nella sua e distaccarvi dalle creature. Avrete già capito quanto ciò sia importante e non insisto oltre; voglio soltanto dirvi perché il nostro buon Maestro ponga qui le suddette parole, come chi conosce il gran profitto che trarremo dal rendere questo servizio al suo eterno Padre. Infatti, per mezzo di esse, ci disponiamo ad arrivare rapidamente al termine del cammino e a bere l’acqua viva di quella fonte di cui ho parlato. Se invece non ci rimettiamo completamente al Signore e non ci mettiamo nelle sue mani perché operi in tutto quel che ci riguarda conformemente alla sua volontà, non ci lascerà mai bere l’acqua di tale fonte. L’acqua è la contemplazione perfetta di cui mi avete pregato di parlarvi.
4. In essa noi non facciamo nulla da parte nostra; nessun lavoro, nessuno sforzo; non c’è bisogno di altro (perché tutto il resto è d’impaccio e d’impedimento) se non dire: fiat voluntas tua: si compia, Signore, in me la vostra volontà in tutti i modi e con tutti i mezzi dei quali piacerà a voi, Signor mio, servirvi. Se vorrete che ciò sia mediante sofferenze, datemi la forza necessaria, e che vengano; se mediante persecuzioni, malattie, disonori e indigenze, ecco sono pronta: non volgerò la testa indietro, né sarebbe giusto che vi voltassi le spalle. Poiché vostro Figlio vi consegnò, in nome di tutti, anche la mia volontà, non è giusto che io, da parte mia, manchi a tale impegno. Ma perché lo possa fare, concedetemi la grazia di questo vostro regno, che egli vi ha chiesto per me e disponete di me come di cosa vostra, secondo la vostra volontà.
5. Oh, sorelle mie, che forza racchiude questo dono! Se esso è ispirato dalla determinazione che deve accompagnarlo, non può mancare di attirare l’Onnipotente a essere una cosa sola con la nostra pochezza, trasformarci in lui e operare l’unione del Creatore con la creatura. Guardate un po’ se sarete ben pagate e se avete un buon Maestro, il quale sapendo come deve conquistare il cuore di suo Padre, ci insegna in che modo e con quali mezzi dobbiamo servirlo.
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03/08/2013 08:56
 
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CAPITOLO 56 (32)
Parla di ciò che il Signore dona dopo che ci siamo abbandonati alla sua volontà.
1. Quanto più grande è la risolutezza dell’anima – di compiere opere che non sono soltanto parole di convenienza –, tanto più il Signore l’avvicina a sé e la eleva su tutte le cose di quaggiù e sopra se stessa per prepararla a ricevere grazie sublimi, giacché non finisce mai di pagare in questa vita tale dono. Lo stima tanto che noi non sappiamo più che cosa chiedergli, e Sua Maestà non si stanca mai di dare. Non contento infatti di aver fatto dell’anima una cosa sola con lui, per averla ormai trasformata in sé, comincia a compiacersene, a scoprirle segreti, godendo che capisca quanto ha guadagnato e che sappia qualcosa di quanto le ha riservato; infine, le fa perdere a poco a poco i sensi esterni, perché nulla le sia d’impedimento. Questo è il rapimento. E comincia allora a trattarla con tanta amicizia che non solo le restituisce la sua volontà, ma le dà, insieme, la propria, compiacendosi, ora che la tratta con tanta amicizia, di far sì che comandino a turno – come si dice – e di adempiere le sue richieste, come ella adempie ciò ch’egli le comanda di fare; solo ch’egli opera molto meglio perché, essendo onnipotente, può ciò che vuole e non smette mai di volere.
2. Invece l’anima, poveretta, nonostante voglia, molte volte non può fare quel che vorrebbe; anzi, non può far nulla senza un dono di Dio. Resta tanto più debitrice quanto più serve, e spesso tormentata dal vedersi soggetta a tanti inconvenienti, ostacoli e legami che comporta lo stare nel carcere di questo nostro corpo, perché vorrebbe pagare almeno qualcosa del suo debito. Ma è molto sciocca a tormentarsi; infatti, se anche facesse tutto quello che dipende da lei, che cosa possiamo pagare noi che non abbiamo nulla da dare se non lo abbiamo ricevuto? Non possiamo fare altro che riconoscerci incapaci e compiere perfettamente quanto possiamo la rinuncia alla nostra volontà. Come ho detto, ho lasciato scritto in un altro libro come dev’essere questa orazione e cosa debba fare l’anima fino a quando non vi è pervenuta. Ho anche spiegato molto diffusamente ciò che l’anima sente in questo stato e come si riconosca l’intervento di Dio. Per questo motivo, basta ora solo accennare ad alcuni elementi dell’orazione per farvi comprendere come si debba recitare il Pater noster.
3. Voglio darvi soltanto un avviso: non pensate d’arrivare a questo stato in virtù dei vostri sforzi e del vostro zelo; sarebbe inutile: se prima avevate devozione, ora cadreste nella freddezza. Dovete solo, con la semplicità e l’umiltà che ottiene tutto, dire: fiat voluntas tua.
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03/08/2013 08:57
 
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CAPITOLO 57 (33)
Indica quanto abbiamo bisogno che il Signore ci dia quello che gli chiediamo con queste parole del Pater noster: Panem nostrum quotidianum da nobis hodie.
1. Il buon Gesù si rendeva conto dunque di quanto fosse difficile quest’offerta fatta al Padre in nostro nome, conoscendo la nostra umana fragilità e sapendo che spesso fingiamo di non conoscere quale sia la volontà del Signore. Di fronte alla nostra debolezza, pietoso com’egli è, capì che occorreva trovare un mezzo per aiutarci, perché non adempiere quanto era stato promesso sarebbe stato contrario al nostro interesse, visto che in ciò sta tutto il nostro profitto. Si rese dunque conto della difficoltà di quest’adempimento. Infatti, se si dice a un ricco gaudente che la volontà di Dio comporta che egli faccia attenzione a moderarsi a tavola affinché gli altri, che muoiono di fame, possano mangiare almeno il pane, tirerà fuori mille pretesti per non sentir ragioni che non rispondano a quello che gli fa comodo. Se si ricorda a un maldicente che la volontà di Dio comporta l’amare il prossimo come se stessi, non potrà sopportarlo, e nessuna ragione sarà sufficiente a convincerlo. Se poi direte a un religioso, o a una religiosa, amante della sua libertà e dei suoi comodi, che deve tener presente il suo obbligo di dare buon esempio e che deve badare a che non siano soltanto parole quelle che egli pronuncia, ma ricordarsi che ne ha promesso e giurato l’adempimento, che è volere di Dio che egli osservi i suoi voti, e che, dando scandalo, va decisamente contro di essi, anche se non li violi del tutto, che si è impegnato alla povertà e deve rispettarla senza giri viziosi, che tale è la volontà del Signore, vedrete che non c’è possibilità, ancora oggi, di essere ascoltati, per lo meno da alcuni. Che avrebbero essi fatto dunque se il Signore non avesse facilitato la maggior parte dell’impegno con il rimedio che ci ha dato? Non ce ne sarebbero rimasti che ben pochi ad adempiere la sua parola e a realizzare ciò che egli ha offerto al Padre. Volesse il cielo che almeno ora se ne potessero trovare molti. Il buon Gesù, vista dunque la necessità del suo aiuto, ricorse a un mezzo ammirevole con il quale ci mostrò il grandissimo amore che ci portava, rivolgendo al Padre, a nome suo e dei suoi fratelli, la preghiera di darci il pane quotidiano.
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03/08/2013 08:57
 
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CAPITOLO 58 (33)
Parla di quanto abbia fatto il Padre eterno volendo che il Figlio ci rimanesse vicino nel santissimo Sacramento.
1. Per amor di Dio, sorelle, intendiamo bene quanto chieda per noi il nostro buon Gesù, perché ne va la vita della nostra anima a prenderlo alla leggera; e non fate gran conto di quel che avete dato al Signore, considerato il molto che dovrete ricevere da lui. A me sembra, salvo un miglior parere, che il buon Gesù, considerato ciò che aveva promesso in nostro nome, quanto fosse importante per noi adempierlo e la grande difficoltà di riuscirvi, deboli come siamo, così attaccate alle cose della terra e così poco dotate di amore e di coraggio, visto che era necessario farci guardare al suo amore per risvegliarci, e non una volta sola, ma ogni giorno, prese la decisione di restare con noi. E poiché era cosa di assai grande importanza e gravità, volle che venisse dalle mani del suo eterno Padre. Ciò in quanto, pur essendo essi una stessa cosa e sapendo che quanto egli avesse fatto in terra Dio l’avrebbe confermato in cielo e l’avrebbe ritenuto valido, perché entrambi hanno una sola volontà, l’umiltà del buon Gesù era così grande che volle quasi chiedergliene il permesso, sicuro del suo amore e del suo compiacimento. Sapeva bene che in questa supplica gli chiedeva più di tutto quanto gli avesse già chiesto, conoscendo la morte che gli avrebbero dato e i disonori e gli oltraggi che avrebbe patito.
2. Oh, Signore, qual è il padre che dopo averci dato suo figlio, e un tal figlio, così perfetto, potrebbe consentire che restasse ogni giorno fra noi a patire? Certamente nessuno, Signore, fuorché il vostro: voi sapevate bene a chi rivolgevate la vostra preghiera. Oh, mio Dio, che grande amore quello del Figlio e che grande amore quello del Padre! Ancora non mi meraviglio tanto del buon Gesù, perché avendo ormai detto fiat voluntas tua, doveva adempiere tale volontà da par suo. Egli non è certo come noi! E sapendo che la adempiva amandoci come se stesso, cercava di farlo con maggior perfezione, anche a prezzo del suo sacrificio. Ma voi, eterno Padre, come avete potuto consentirlo? Perché volete ogni giorno vostro Figlio in mani così indegne? Per una volta che l’avete permesso, acconsentendo alla sua richiesta, avete ben visto come lo trattarono. Come può la vostra pietà sopportare di vederlo ogni giorno, immancabilmente, fatto oggetto di offese? E quante credo che oggi se ne facciano a questo santissimo Sacramento! In quante mani nemiche il Padre è costretto a vederlo! Quante irriverenze da parte di questi eretici!
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03/08/2013 08:58
 
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CAPITOLO 59 (33)
Prosegue con una esclamazione al Padre.
1. Oh, Signore eterno! Come potete accettare tale richiesta? Come potete acconsentirvi? Non badate al suo amore, perché egli, pur di adempiere scrupolosamente la vostra volontà e di operare per il nostro bene, si lascerà fare a pezzi ogni giorno. Spetta a voi prendervene cura, mio Signore, visto che vostro Figlio non conosce ostacoli, in quanto ogni nostro bene dev’essere a sue spese. Perché sopporta tutto in silenzio e non sa parlare per sé, ma solo in nostro favore? Possibile che non ci sia nessuno che prenda le difese di questo Agnello tanto mansueto? Mi ha colpito come solo in questa richiesta ripeta le stesse parole, perché anzitutto prega e implora che ci venga dato questo pane ogni giorno e torna poi a dire: Daccelo oggi, Signore. Ci mette, inoltre davanti il fatto che questo pane è «nostro», come se volesse dire che è giusto non toglierci più questa grazia. Avendocela data una volta per la nostra salvezza, ce la conserva per sempre. Tale pensiero, sorelle mie, vi riempia il cuore di tenerezza e lo infiammi d’amore per il vostro Sposo. Non c’è schiavo che riconosca volentieri di esserlo, mentre il buon Gesù sembra che ne sia onorato.
2. Oh, eterno Padre! Quanto è grande il merito dell’umiltà! Con quale tesoro abbiamo comprato vostro Figlio? Per venderlo, ben sappiamo che sono bastati trenta denari, ma per comprarlo c’è prezzo che basti? Qui il Signore si fa tutt’uno con noi in quanto è partecipe della nostra natura, ma, in quanto padrone della sua volontà, fa presente a suo Padre che, poiché essa gli appartiene, ce la può dare, e per questo dice: il «nostro pane». Non fa differenza tra lui e noi, ma la facciamo noi per il fatto di non donarci a lui ogni giorno.
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03/08/2013 08:58
 
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CAPITOLO 60 (34)
Spiega il significato del termine quotidianum.
1. Ormai è certo che il buon Gesù, dicendo che il pane è «nostro» - e invitandoci a chiederlo «ogni giorno» - intenda farcelo avere per sempre. Scrivendo questo nacque in me il desiderio di sapere perché il Signore, dopo aver detto «ogni giorno», aggiungesse «daccelo oggi». Voglio ora riferirvi un mio sciocco pensiero e, se è tale, rimanga così – è già troppo che io mi intrometta in simili cose – ma poiché ci avviamo a comprendere ciò che chiediamo, dobbiamo pensarci bene per – come ho detto – renderci conto di ciò che significa e ringraziare colui che con tanta premura ce lo va insegnando. Così, mi sembra che il Signore, con «ogni giorno», credo, abbia voluto significare che lo possediamo qui, sulla terra, perché è rimasto qui e noi lo abbiamo accolto, e che lo possederemo anche in cielo, se sapremo trarre profitto dalla sua compagnia. Egli infatti non rimane con noi per alcun altro motivo che non sia quello di aiutarci, incoraggiarci e sostenerci affinché si compia in noi questa volontà di cui abbiamo parlato.
2. Con «oggi», mi sembra che abbia voluto indicare «per un giorno», cioè finché durerà questa vita. Ed è proprio un giorno! E lo dice anche per gli sventurati che si dannano, i quali non lo godranno nell’altra vita, per dare loro la possibilità di approfittarne come di cosa propria, e per stare con loro nell’«oggi», perché si impegnino in questa vita. Non è certo colpa sua se si lasciano vincere. E, affinché il Padre glielo conceda, pone loro davanti il fatto che, trattandosi di più di un giorno che dura questo mondo, glielo lasci passare nella schiavitù. Giacché egli ce lo concede, non deve sembrare che gli tolga il tempo migliore. I maltrattamenti dureranno un giorno solo per coloro che si accostano indegnamente a lui. Per il fatto di aver offerto per noi una cosa tanto grande, come quella di includere la nostra volontà nella sua, egli è ora obbligato ad aiutarci con tutti i mezzi possibili. Egli ripete questa richiesta solo per «oggi», perché ci aveva già dato per sempre questo pane sacratissimo. Certo, noi l’abbiamo ed egli ce lo ha dato senza chiederlo. Abbiamo questo alimento e questa manna dell’Umanità del Cristo, che possiamo trovare quando vogliamo; e se non è per colpa nostra, non moriremo di fame. Difatti, fra tutti i mezzi di cui l’anima vorrà usufruire per alimentarsi, solo nel santissimo Sacramento troverà piacere, consolazione e alimento. Non ci sono privazioni né sofferenze né persecuzioni che non sia facile superare partendo da [questo sostentamento] e ruminandolo, e facendolo oggetto della nostra considerazione. Non vorrei nemmeno che vi venga in mente l’altro pane che sostiene le nostre necessità corporali, del quale il Signore, come penso, non si è ricordato. Qui [la persona che prega] è immersa in una sublime contemplazione e, giunta a questo punto, non ricorda più di essere nel mondo né tantomeno che bisogna mangiare. Come mai il Signore avrebbe potuto chiedere che mangiamo per lui ed egli per noi? Io non penso a questo. Qui il Signore ci sta insegnando a desiderare le cose del cielo, chiedendo di poter cominciare a gustarle già quaggiù. Perché avremmo dovuto chiedere una cosa così pedestre come quella di chiedere di mangiare? Quasi non ci conoscesse e non sapesse che una volta presi nelle necessità del corpo finiamo per dimenticare quelle dell’anima. Sì, siamo gente così misurata da contentarci di poco e da chiedere poco! Invece, quanto più ci dà, tanto più sembra che ci manchi l’essenziale.
3. Lasciate, figlie mie, che tutto ciò lo chiedano coloro che vogliono più del necessario. Chiedete [al Padre] che vi lasci «oggi» il vostro Sposo, e che non dobbiate vedervi senza di lui in questo mondo, finché vivrete; che basti a temperare una gioia così grande il fatto di vederlo trasfigurato sotto le apparenze del pane e del vino, il che è un gran tormento per chi non ha altro da amare né altra consolazione. Supplicatelo che almeno non vi manchi mai e vi disponga a riceverlo degnamente.
4. Di altro pane non si devono preoccupare quelle tra voi che si siano abbandonate completamente alla volontà di Dio; voglio dire: non dovete darvene pensiero quando siete in orazione, e attendete a cose ben più importanti, perché ci sono altri momenti nei quali chi ha il compito di occuparsi di provvedervi da mangiare, dico di darvi ciò che avrà. Non abbiate paura che il cibo vi manchi se voi non mancate alla promessa di non venir meno nel fare la volontà di Dio. Figlie, vi assicuro, se anche io dovessi ora mancare per malizia – come purtroppo ho fatto tante altre volte – non supplicherei il Signore di darmi questo pane né altra cosa da mangiare: preferirei mi lasciasse morire di fame. Perché desiderare la vita se essa mi porta tutti i giorni a meritare maggiormente la morte eterna?
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03/08/2013 08:59
 
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CAPITOLO 61 (34)
Prosegue sullo stesso argomento. Introduce un paragone. È cosa molto buona raccogliersi dopo aver ricevuto il santissimo Sacramento.
1. Se davvero vi donate a Dio, come dite, cercate di dimenticare voi stesse ed egli avrà cura di voi e vi penserà sempre. È come quando è entrato un servo in una casa e, adoperandosi a contentare in tutto il suo padrone, questi è obbligato a dargli da mangiare finché l’altro starà lì al suo servizio, a meno che sia tanto povero da non avere nulla né per sé né per il domestico. Ma qui non si tratta di questo, perché il padrone è e sarà sempre ricco e potente. Non sarebbe, quindi, ben fatto che il servo andasse ogni giorno a chiedergli da mangiare, sapendo che il suo padrone ha e avrà sempre cura di darglielo. Sarebbero parole buttate via, e [il padrone] dovrebbe dirgli di preoccuparsi di servirlo, perché, occupandosi di cose che non gli competono non farà nulla di buono.
2. Pertanto, sorelle, si preoccupi, chi vuole, di chiedere questo pane; noi chiediamo all’[eterno] Padre di darci la grazia di meritare di ricevere un dono così grande e un cibo così celestiale in modo che, non potendo gli occhi del corpo dilettarsi di contemplarlo, nascosto com’è, si riveli a quelli dell’anima e le si dia a conoscere; è questo ben altro nutrimento, fatto di gioie e diletti. Per sostentare la vita, molte volte verremo a formulare i nostri desideri e le nostre richieste, anche senza rendercene conto. Non è necessario stimolarci in ciò. La nostra naturale inclinazione alle cose della terra ci spingerà – come dico – molte più volte di quanto vogliamo, ma cerchiamo di non fermare su questo la nostra attenzione, supplicando invece dal Signore quello di cui ho parlato prima. Possedendolo, avremo tutto.
3. Potete forse pensare che questo santissimo Sacramento non sia un sostentamento anche per il corpo e una medicina perfino per i mali fisici? Io so che lo è, e conosco una persona soggetta a gravi malattie che, soffrendo spesso di atroci dolori, se li sentiva togliere come con la mano, rimanendo completamente guarita. Ciò le accadeva assai di frequente, e si trattava di sofferenze così evidenti che, a mio giudizio, non si potevano simulare. Inoltre, [il santissimo Sacramento] produceva in quell’anima molti altri effetti che non sto ad enumerare. Ero in grado di conoscerli e so che non sono menzogne. Ma aveva una devozione ed una fede così viva che, in alcune feste, quando udiva dire da alcuni che avrebbero voluto vivere al tempo in cui Cristo era in questo mondo, rideva dentro di sé, sembrandole che, se lo si possedeva nel santissimo Sacramento così realmente come allora, null’altro dovesse loro importare.
4. So inoltre di questa persona che per molti anni, anche se non era molto perfetta, quando prendeva la comunione, né più né meno che se avesse visto con gli occhi del corpo entrare il Signore nella dimora della sua anima, si adoperava a ravvivare la fede, per riuscire, credendo veramente che il Signore entrasse nella sua povera dimora, a distaccarsi, come le era possibile, da tutte le cose esteriori. Cercava di raccogliere i suoi sensi ritirandosi in un cantuccio per stare sola con il suo Signore. Si considerava ai suoi piedi e stava lì parlando con lui, anche senza provare devozione.
5. Se infatti non vogliamo essere ciechi e sciocchi e, se abbiamo la fede, è chiaro che egli si trova dentro di noi. E, allora, perché andare a cercarlo più lontano – come si diceva prima –, quando sappiamo che il nostro buon Gesù sta in noi, finché il calore naturale non abbia consumato gli accidenti del pane? E se, quando era nel mondo, il solo tocco delle sue vesti sanava gli infermi, come si può dubitare, avendo fede, che non farà miracoli così intimamente unito a me, e non mi darà quanto gli chiederò, trovandosi in casa mia?
6. Se vi affligge non vederlo con gli occhi del corpo, pensate che ciò non è opportuno: è ben altra cosa vederlo glorificato che vederlo com’era nel mondo; a causa della nostra naturale debolezza, non ci sarebbe nessuno capace di sopportarne la vista, né ci sarebbe più il mondo, né chi volesse viverci, perché, contemplando questa eterna verità, risulterebbero burla e menzogna tutte le cose a cui quaggiù diamo importanza.
7. Quand’anche non lo si veda con gli occhi del corpo, per questo non aver paura che egli rimanga nascosto ai suoi amici. State volentieri con lui. Il buon Gesù gradisce che gli teniate compagnia e questi sono i momenti più fruttuosi per l’anima; procurate di non perderla. Se l’obbedienza vi impone di far altro, cercate di mantenere l’anima accanto al Signore. Egli è il vostro Maestro e non cesserà di istruirvi, anche se non ve ne accorgete. Se invece portate il pensiero su altre cose e non fate caso a lui che sta dentro di voi, come se non l’aveste ricevuto, non lamentatevi di lui ma di voi stesse. Non dico di non recitare qualche preghiera vocale – perché non voglio che mi rimproveriate e mi dite che parlo di contemplazione, anche se il Signore non vi eleva ad essa – ma dico che, se recitate il Pater noster, comprenderete veramente di stare in compagnia con chi ve l’ha insegnato, motivo per cui dovete baciargli i piedi e chiedere il suo aiuto nel domandare, supplicandolo di non andar via da noi.
8. Se doveste fare tali richieste davanti a un’immagine di Cristo, mi sembrerebbe una stoltezza lasciare Cristo in persona per contemplare il ritratto. Non sarebbe, forse, così se avessimo il ritratto di una persona che amiamo molto e, venendo ella a farci visita, noi lasciassimo di parlare con lei e svolgessimo tutta la nostra conversazione con il suo ritratto? Sapete quando è santo e utile, invece, e quando a me è causa di gioia? Quando è assente la stessa persona, è una grande gioia vedere un’immagine di nostra Signora o di qualche santo di cui siamo devote – e quanto più l’immagine di Cristo. È una cosa che ci tocca fino in fondo, una presenza che vorrei guardare da qualunque parte volgessi gli occhi. In che cosa, infatti, di meglio e di più dilettevole possiamo impiegare lo sguardo? Infelici gli eretici che hanno perduto questa consolazione, insieme a molte altre!
9. Appena dunque avete ricevuto nell’ostia il Signore, poiché vi trovate in presenza della sua persona, cercate di chiudere gli occhi del corpo e di aprire quelli dell’anima: fissateli in fondo al vostro cuore. Vi dico, torno a ripetervi, e vorrei dirvelo molte volte ancora che, se prendete l’abitudine di stare con lui (e questo non un giorno o due, ma ogni volta che ricevete la comunione) e se cercate di avere la coscienza talmente pura da poter godere con frequenza di questo Bene, egli non si presenterà mai così trasfigurato che non ci sia possibilità di riconoscerlo, in proporzione del desiderio che abbiamo di vederlo. Potrete anche desiderarlo con un ardore tale da spingerlo a manifestarsi completamente.
10. Ma se quando lo ricevete, non vi curate di lui, pur essendo così vicini, e andate a cercarlo da altre parti e correte dietro alle cose della terra, cosa deve fare? Deve forse trascinarci per forza perché lo guardiate, gli stiate accanto, a rendervi conto che vuole rivelarsi a voi? No, certo, perché non fu trattato bene quando si fece vedere da tutti dicendo chiaramente chi era, e ben pochi furono a credergli. Pertanto, usa a noi tutti una grande misericordia nel volere che ci rendiamo conto della sua presenza nel santissimo Sacramento. Ma farsi vedere apertamente, comunicare le sue grandezze e distribuire i suoi tesori, non vuol concederlo se non a coloro di cui scorge l’ardente desiderio che hanno di lui, perché questi sono i suoi veri amici. E io vi dico che chiunque lo offenda e non giunga a far tutto quello che può per riceverlo come tale, si risparmi d’importunarlo perché gli si dia a conoscere. Ha appena adempiuto al precetto della Chiesa, che torna a casa sua e fa in modo di cacciarlo da essa. Infatti, costui, se rientra in sé, è solo per pensare alle vanità del mondo in presenza di lui.
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03/08/2013 08:59
 
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CAPITOLO 62 (35)
Parla del raccoglimento in cui si deve rimanere dopo aver fatto la comunione.
1. Mi sono assai dilungata su questo argomento, anche se già avevo parlato circa l’orazione di raccoglimento, essendo cosa assai importante ritrovarci sole con Dio. Anche quando non riceverete la comunione, ascoltando la Messa, potete comunicarvi spiritualmente e raccogliervi poi nel vostro intimo, il che è di grandissimo profitto; così, infatti, s’imprime nel cuore un profondo amore di nostro Signore. Dal momento in cui ci prepariamo a riceverlo, egli non cessa mai di farci doni in molti modi che ci sono ignoti. È come avvicinarci al fuoco che, sia pur molto grande, se nascondete le mani, non riuscirà a riscaldarvi molto e rimarrete sempre con il freddo, anche se vi darà sempre più caldo che non se foste dove esso manca, perché, stando un po’ vicino, il calore vi raggiunge. Ben diverso è volersi accostare al Signore, perché se l’anima è ben disposta, basta una scintilla che salti dal fuoco per trasformare tutto. Abbiamo veramente bisogno, figlie, di disporci a questo. Perciò non vi meravigliate se ve lo ripeto molte volte.
2. Se all’inizio non vi si scoprisse e non vi trovaste bene – perché il demonio, conoscendo il gran danno che gliene viene, vi darà strette e angosce di cuore, facendovi credere che troverete più devozione in altre pratiche che non in questa –, non abbandonate tale metodo: in esso il Signore metterà a prova l’amore che gli portate. Ricordatevi che vi sono poche anime che l’accompagnano e lo seguono nei patimenti; soffriamo qualcosa per lui e Sua Maestà ce lo pagherà. Ricordate anche che vi saranno perfino anime le quali non solo non vogliono stare con lui, ma lo cacciano con irriverenza, scortesemente da sé. Dobbiamo dunque soffrire un po’ per dimostrargli il desiderio che abbiamo di vederlo. E poiché egli soffre e soffrirà sempre tutti gli atteggiamenti scortesi che gli fanno lasciandolo solo, pur di trovare una sola anima che lo accolga e lo trattenga in sé con amore, fate che sia la vostra! Se infatti non ve ne fosse alcuna, a buon diritto l’eterno Padre non gli permetterebbe di restare con noi. Ma egli è così amico dei suoi amici e così buon padrone dei suoi servi che, vedendo il desiderio del suo buon Figlio, non lo distoglierà mai da un’opera così divina, nella quale dimostra con tanta perfezione l’amore che nutre per suo Padre, nell’aver cercato questa straordinaria invenzione, per mostrare quanto ci ami e per aiutarci a sopportare le nostre sofferenze.
3. Allora, Padre santo che siete nei cieli, poiché lo volete e l’accettate, essendo chiaro che non potete rifiutarvi di concedere un favore di così gran profitto per noi, ci dev’essere qualcuno – come ho detto all’inizio – che prende le difese di vostro Figlio, perché egli non le ha mai prese in suo favore. Vi prego, figlie di aiutarmi a chiedere al nostro Padre santo – a nome suo –, giacché egli non ha fatto nessun’altra cosa così grande come l’aver lasciato ai peccatori un beneficio meraviglioso [come l’Eucaristia]. Aiutatemi a supplicare Sua Maestà, a non permettere che venga oltraggiato, ponendovi rimedio. E poiché il suo santo Figlio ce ne ha fornito uno così incomparabile che ci permette di offrirgli lui stesso in sacrificio di continuo, valga tale dono prezioso ad arrestare il corso di tanti gravi mali e irriverenze come son quelli che si commettono nei luoghi ove sta questo santissimo Sacramento, dando l’impressione che si voglia tornare a cacciarlo dal mondo. Addirittura, tra i cristiani si distruggono i templi, si perdono tanti sacerdoti, le chiese vengono profanate e, spesso, i cristiani vanno in chiesa più con l’intenzione di offenderlo che di adorarlo.
4. Che è mai questo, mio Signore e mio Dio! O date fine al mondo o ponete rimedio a tanti terribili mali! Non c’è cuore, infatti, che lo sopporti, neanche i nostri, pur essendo noi tanto miserabili. Vi supplico, eterno Padre, di non sopportarlo voi oltre; arrestate questo fuoco, Signore. Considerate che vostro Figlio è ancora nel mondo; per rispetto a lui cessino tante cattiverie, orrori e sozzure: la sua bellezza e la sua purezza non meritano che egli stia dove sono così cattivi odori. Non fatelo per noi, Signore, che non lo meritiamo; fatelo per vostro Figlio. Quanto a supplicarvi che egli non resti quaggiù, non osiamo chiedervelo. Egli stesso infatti ha ottenuto da voi di stare qui questo «giorno d’oggi» - che è quello che durerà tutto il tempo che esiste il mondo – e se venisse a mancare in mezzo a noi tutto finirebbe. Se, infatti, c’è qualcosa con cui potervi placare è l’aver fra noi tale pegno. Ma ci dev’essere, mio Signore, qualche rimedio a tutto questo. Vostra Maestà vi faccia ricorso, perché quello che volete, potete.
5. Oh, mio Dio! Potessi io importunarvi insistentemente e avervi reso molti servigi per chiedervi la grazia in ricompensa di essi, visto che non ne lasciate alcuno senza retribuzione. Ma non l’ho fatto, Signore, anzi forse proprio io ho provocato la vostra collera a causa dei miei peccati, da attirare tanti mali. Allora che altro posso fare se non presentarvi questo Pane sacratissimo e, anche se ce l’avete dato, tornare a darvelo e supplicarvi, per i meriti di vostro Figlio, che mi facciate questa grazia ch’egli ha meritato in tanti modi? Oh, sì, Signore, fate che questo mare si calmi, che non proceda sempre in così gran tempesta la nave della Chiesa, e salvateci, Signore, perché siamo sul punto di perire.
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03/08/2013 08:59
 
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CAPITOLO 63 (36)
Tratta di queste parole del Pater noster: Dimitte nobis debita nostra.
1. Il nostro buon Maestro vedendo, dunque, che con questo nutrimento tutto ci è facile, purché non siamo noi a mancare, e che possiamo adempiere assai bene ciò che abbiamo detto al Padre circa il compimento in noi della sua volontà, lo prega ora di perdonarci i nostri debiti, perché noi perdoniamo a nostra volta. Perdonaci, Signore, i nostri debiti, come noi li perdoniamo ai nostri debitori.
2. Considerate, sorelle, che non dice: «come perdoneremo», ma «come perdoniamo», per farvi capire che chi chiede un dono così grande come il precedente e chi ha ormai rimesso la sua volontà in quella di Dio, deve aver già fatto questo. Chi avrà, pertanto, detto di tutto cuore al Signore: Fiat voluntas tua, deve aver già perdonato tutto, o almeno deve esserselo proposto. Considerate quindi, sorelle, perché i santi godevano di patire offese e persecuzioni: per aver qualcosa da offrire al Signore quando lo pregavano. Ma che farà mai una misera creatura come me, alla quale c’è tanto da perdonare? Questa è una verità, sorelle, su cui dobbiamo molto riflettere. Una grazia così grande e tanto importante, come il perdono da parte di nostro Signore dei nostri peccati meritevoli del fuoco eterno, ci è concessa in cambio di una cosa di così poco prezzo com’è quella di perdonare anche noi cose che non sono oltraggi o cose da nulla. Infatti, a una come me che cosa si può dire se non ingiurie, perché merita di essere sempre maltrattata dai demoni? Se essi mi trattano male in questo mondo, non è forse cosa giusta? Infine, mio Signore, in questo non ho proprio nulla da offrirvi per ricevere il perdono dei peccati. Mi perdoni vostro Figlio, perché nessuno mi ha fatto ingiustizie e, così, non devo perdonare nemmeno per voi. Però, Signore, accettate il mio desiderio: mi sembra di essere pronta a perdonare qualsiasi cosa, purché voi perdonaste a me ed io riuscissi a fare incondizionatamente la vostra volontà. Non so, però, cosa farei, in pratica, se fossi condannata senza colpa. Per il momento, mi vedo così colpevole ai vostri occhi che tutti [gli accusatori] rimangano lontani dalla verità e, non sapendo quella che sono, come lo sapete voi, credano di offendermi. Perciò, Padre mio, dovete perdonarmi gratuitamente! Questa è una bella occasione per l’attuazione della vostra misericordia. Siate benedetto perché mi sopportate, misera qual sono, accogliendo la preghiera che il vostro sacratissimo Figlio fa in nome di tutti, ma in cui io non dovrei esser compresa per il fatto d’esser io quella che sono.
3. Ma, mio Signore, non ci saranno altre persone che mi rassomiglino e non abbiano inteso, come me, questa verità? Se ci sono, io le prego, in vostro nome, di pensarci e di non dare importanza a certe piccole offese: far caso a questi punti d’onore è come quando i bambini vogliono costruire casette con le pagliuzze. Oh, mio Dio, sorelle, se riuscissimo a capire che cos’è il vero onore e in cosa consista il perderlo! Con questo io non mi riferisco a voi, che commettereste un gran male se ancora non lo aveste compreso, ma parlo di me nel tempo in cui facevo caso dell’onore, senza sapere che cosa fosse. Seguivo l’opinione comune per ciò che sentivo dire. Oh, di quante cose mi sentivo offesa, al punto da vergognarmene! E pensare che non ero di quelle che badavano particolarmente a questi punti d’onore; ma non andavo al nocciolo della questione, perché non consideravo né davo importanza all’onore in cui è implicito un profitto, cioè quello che è utile all’anima. Come ha detto bene colui che ha affermato che onore e profitto non possono stare insieme! Io non so se lo ha detto a questo proposito, ma è esattamente così, perché il profitto dell’anima e quello che il mondo chiama onore non possono mai andare d’accordo. Oh Signore, come il mondo va alla rovescia. Sia benedetto il Signore, per averci tirato fuori da esso! Voglia Sua Maestà che simili cose siano sempre lontane da questa casa, come lo sono ora! Dio ci liberi dai monasteri in cui si cercano punti di onore! In essi non si onora mai molto il Signore.
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03/08/2013 09:00
 
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CAPITOLO 64 (36)
Biasima gli esagerati desideri di onore.
1. Santo cielo, che sciocchezza è questa! Addirittura i religiosi pongono il punto di onore in sciocchezze tanto che io me ne spavento. Questo non lo sapete, sorelle, ma io voglio parlarvene affinché vi guardiate da una cosa simile. Voi sapete che anche nei monasteri si stabiliscono leggi d’onore, in base alle quali si sale o si scende di dignità, come nel mondo. I dotti devono regolarsi secondo il grado del loro sapere – benché io non sappia nulla di ciò – e, per esempio, colui che è giunto ad essere un professore di teologia non deve abbassarsi a insegnare filosofia, perché il punto d’onore vuole che si salga e non che si scenda. Se anche glielo imponesse l’obbedienza, la prenderebbe come un’offesa e troverebbe chi condivide il suo parere, ritenendolo un affronto. Il demonio, intanto, trova motivi in base ai quali sembra che abbia ragione anche secondo la legge di Dio. Fra noi monache, poi, quella che è stata priora, non è più utile per un altro ufficio che non sia quello. C’è il punto d’onore dell’anzianità, e non vi è timore che venga dimenticato: anzi ci facciamo un merito nell’averlo presente, perché l’Ordine ce lo impone.
2. È proprio ridicolo, c’è proprio da ridere o forse, meglio, da piangere, e a ragione! Sì, la Regola non c’impone di non avere umiltà, ma di rispettare la gerarchia! Ma io non debbo essere così esigente dei riguardi dovutimi da preoccuparmi tanto di questo punto della Regola come di altri, che forse osservo in modo imperfetto, occupata come sono da questo punto, altre ci baderanno per me,ed io posso sentirmi disobbligata. Resta, però, sempre il fatto che, essendo inclini a salire – anche se per questa strada non saliremo al cielo – non accettiamo di scendere. Oh, Signore, Signore! Non siete voi il nostro modello e il nostro Maestro? Sicuramente sì. Ebbene, in cosa avete posto il vostro onore, voi che siete il mio Re? Forse che l’avete perduto, umiliandovi fino alla morte? No, Signore, non l’avete perduto, ma l’avete guadagnato per tutti.
3. Oh, per amor di Dio, guardiamoci dal perdere la strada perché si sbaglia fin dal principio! E piaccia a Dio che non si perda nessun’anima per osservare questi miserabili punti d’onore, senza comprendere in cosa consista il vero onore! Per giunta, arriveremo a pensare di aver fatto molto perdonando una miseria di tal genere, che non era offesa, né ingiuria, né niente, e come se avessimo fatto qualcosa, andremo a chiedere perdono al Signore perché abbiamo perdonato. Fateci capire, Dio mio, che non comprendiamo nulla, che ci presentiamo davanti a voi con le mani vuote, come me. Fatelo, Signore, per la vostra misericordia, e per quello che siete. In verità, Signore, non vedo, infatti, nulla (poiché tutte le cose hanno una fine quaggiù, mentre il castigo è eterno) che meriti di esservi presentato allo scopo di ottenere da voi una grazia così grande, se non è per colui che ve la chiede, il quale ha tutte le ragioni, egli che è sempre l’ingiuriato e l’offeso.
4. Ma quanto dev’essere stimato questo reciproco amore dal Signore! Avendogli consegnato una volta la nostra volontà, gli abbiamo dato davvero tutto e ciò non si può fare senza amore. State attente, sorelle, a quanta importanza abbia per noi il volerci bene e rimanere in pace. Tra le molte cose che gli avevamo dato – e che egli ha dato in nome nostro a suo Padre – il Signore ha posto soltanto questa. Avrebbe potuto dire: «perché ti amiamo e sopportiamo sofferenze e vogliamo sopportarle ancora per te», oppure: «perché digiuniamo e facciamo opere buone», come quelle che fa un’anima che ama e che «gli ha consegnato la sua volontà», e invece ha detto soltanto questa. Forse, siccome sa che siamo attaccate a questo falso punto d’onore, incapaci di sopportare qualcosa per lui, sa che è difficile per noi conseguire questo, egli ha voluto sottolinearlo più di qualsiasi altra cosa; essa è infatti così difficile che, dopo aver chiesto tante cose grandi per noi, egli la offre da parte nostra.
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03/08/2013 09:00
 
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CAPITOLO 65 (36-37)
Parla degli effetti prodotti dall’orazione perfetta.
1. Considerate inoltre, bene, sorelle, l’espressione «come noi perdoniamo»: cioè ne parla – ripeto – come di cosa già fatta. E fate molta attenzione a ciò: se dalla grazia che Dio concede all’anima nell’orazione, della quale ho parlato prima, e nella contemplazione perfetta, essa non trae la ferma determinazione, e non sia pronta, all’occorrenza, a mantenerla, di perdonare qualunque offesa, per grave che sia, c’è poco da fidarsi della sua orazione. Non parlo di quelle altre quisquiglie. Tali offese non toccano l’anima che Dio avvicina a sé in così elevata orazione, che tanto le fa l’essere stimata o disprezzata, e anzi sente in maniera più penosa l’onore che il disonore.
2. Potete credere dunque che se l’anima non ne esce con questi effetti, i favori non li riceve da Dio ma le vengono dal demonio: cioè si tratta di qualche illusione o dono che vi dà l’impressione di essere buono per indurvi a ritenervi più onorati. Ma, il buon Gesù sa bene che, dove egli si avvicina, lascia questi effetti, e dice con determinazione al Padre che «perdoniamo ai nostri debitori».
3. Si resta davvero estasiati nel costatare la sublime perfezione di questa preghiera evangelica [del Pater noster], che reca l’impronta del Maestro che ce la insegna; pertanto, ognuna di noi, figlie mie, può servirsene a seconda delle sue necessità. Oggi mi sono meravigliata nel vedere che in così poche parole sono racchiuse tutta la contemplazione e tutta la perfezione, al punto che sembra non ci sia bisogno di studiare altro libro all’infuori di questo. Il Signore, infatti, fin qui ci ha insegnato tutti i gradi dell’alta contemplazione, dalla preghiera dei principianti all’orazione mentale, a quella più elevate e perfetta e della contemplazione. Se non ne avessi parlato altrove e se non rischiassi di dilungarmi, il che sarebbe noioso, potrei comporre un gran libro di orazione, basandomi su così saldo fondamento. Ora, il Signore già comincia a farci comprendere gli effetti dell’orazione e della contemplazione, quando sono di Dio.
4. A volte, mi sono chiesta perché Sua Maestà non si sia spiegato più chiaramente circa cose tanto elevate, in modo che le capissimo. Mi è sembrato che, siccome quest’orazione era destinata a tutti in generale, il suo intento, nel lasciarla un po’ confusa, è stato che ciascuno potesse pregare secondi i suoi bisogni particolari e trovare nella preghiera motivo di consolazione, persuaso di interpretarla bene. Sia benedetto il suo nome in eterno, amen. E in questo nome supplico il Padre eterno di perdonare i miei debiti e i miei grandi peccati – visto che io non ho mai avuto da perdonare nulla a nessuno, ma ogni giorno c’è qualcosa da farmi perdonare – e mi dia la grazia di avere anch’io qualche volta qualcosa da perdonare per poter chiedere.
5. Il buon Gesù, avendoci insegnato un modo di fare orazione così sublime, ha chiesto al Padre per noi di essere angeli in questo esilio. Dobbiamo impegnarci, perciò, con tutte le nostre forze, affinché le nostre parole trovino risposta nelle nostre opere, perché in qualche modo si veda che siamo figli di un tale Padre e fratelli di un tale Fratello. Allora, sapendo Sua Maestà che facciamo ciò che diciamo – ripeto – non mancherà di esaudirci su ciò che chiediamo e ci introdurrà nel suo regno, aiutandoci con doni soprannaturali. Questi sono l’orazione di quiete e la contemplazione perfetta e tutti i favori divini con i quali il Signore ricompensa le nostre fatiche e i nostri fervori, giacché tutto ciò che possiamo procurarci e conseguire da parte nostra è ben poca cosa. Ma, siccome è il massimo che possiamo fare, è certo che il Signore ci aiuterà, perché suo Figlio lo chiede per noi. Sembra che egli abbia stabilito con suo Padre una specie di accordo in nostro nome, quando dice: «Padre mio, fa’ questo, e i miei fratelli faranno quest’altro». E si può essere certi che, da parte sua, non mancherà mai. Oh, egli è un ottimo retributore e paga sempre senza togliere nulla!
6. Vi potrà anche accadere, figlie, un giorno di recitare questa preghiera in modo tale ch’egli, vedendo l’assenza in voi di infingimenti e il fermo proposito di fare quanto dite, vi arricchirà d’un colpo dei suoi doni. Non andate a lui con doppiezza: egli ama molto chi non ha infingimenti nel trattare con lui; e in ogni caso, non potreste farlo, perché lui conosce tutto; se invece ci avviciniamo a lui con semplicità e con chiarezza, senza dire una cosa con le labbra e averne un’altra in cuore, e quando lo facciamo, ci concede sempre più di quel che gli chiediamo. Il nostro buon Maestro, come ho detto, conosceva tutto questo e sapeva che chi fosse arrivato davvero alla perfezione nel chiedere, sarebbe giunto a un grado molto elevato per le grazie che avrebbe ricevuto dal Padre. Egli sapeva che coloro che sono giunti qui non hanno alcuna paura né obbligo: come si dice, tengono il mondo sotto i piedi. Il Signore del mondo è contento di loro, potendo, essi, invero, nutrire grande speranza che lo sia Sua Maestà per gli effetti da lui operati nelle loro anime. Assorti in quelle grazie, non avrebbero voluto più ricordare che c’è un altro mondo né che ci sono possibili nemici.
7. Oh, Sapienza eterna! Oh, buon Maestro! E che gran cosa è, figlie mie, un maestro saggio e prudente che previene i pericoli! E questo è il più grande bene che un’anima spirituale possa desiderare quaggiù; è camminare con sicurezza. Non saprei trovare parole adeguate per esprimere l’importanza di tale grazia. Il Signore, vedendo, infatti, la necessità di svegliare queste anime, ricorda loro che hanno nemici. E sapendo quanto più pericoloso sarebbe per esse procedere distrattamente, perché hanno molto più bisogno dell’eterno Padre, per impedire che, senza rendersene conto, restino ingannate, gli rivolge queste richieste: E non c’indurre, Signore, in tentazione, ma liberaci dal male.
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03/08/2013 09:01
 
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CAPITOLO 66 (38)
Tratta della grande necessità in cui siamo di supplicare: Et ne nos inducas in tentationem, e spiega alcune tentazioni poste dal demonio.
1. Qui abbiamo, sorelle, grandi cose da meditare e da comprendere, poiché ci disponiamo a chiederle. Ovviamente, coloro i quali arrivano a questo grado di orazione non chiedono a Dio di liberarli dai pericoli né dalle tentazioni né dalle persecuzioni né dalle lotte – è questo un altro indizio ben grande ed evidente che questo proviene dallo spirito del Signore e non è frutto di illusione – anzi desiderano, piuttosto che temere, tali prove, le chiedono e le amano. Somigliano ai soldati che son più contenti quando hanno più occasioni di combattere, nella speranza di uscirne con maggior guadagno. Se infatti tali occasioni mancano, ricevono solo il soldo ordinario, e vedono che non possono arricchirsi molto.
2. Credetemi, sorelle, che i soldati di Cristo, che sono quelli che praticano l’orazione, non vedono l’ora di combattere, né mai temono molto i nemici dichiarati; ormai li conoscono, sanno che, contro la forza che Dio pone in loro, sono impotenti, e che essi usciranno dalla lotta sempre vincitori e con gran bottino e ricchezze; pertanto, non volgono mai loro le spalle. I nemici che temono, ed è giusto che li temano, pregando Dio di esserne liberati, sono certi demoni, cioè quei demoni che assumono l’aspetto di angeli di luce: si presentano sotto altra veste. Fin tanto che non abbiano fatto molto danno all’anima, non si lasciano conoscere, ma ci succhiano a poco a poco il sangue e ci distruggono la vita, così da farci piombare nella tentazione senza che ce ne rendiamo conto. Da tali nemici, figlie mie, quando recitiamo il Pater noster, preghiamo e supplichiamo incessantemente il Signore di liberarci e di non permettere che, vittime di qualche inganno, cadiamo in tentazione ma di far sì che si scopra dove sta il veleno e non si nasconda ai nostri occhi la verità. Oh, come ben a ragione il nostro Maestro c’insegna a chiedere questo, e lo chiede in nostro nome!
3. Considerate, figlie mie, che in questo i nostri nemici possono nuocerci in molti modi; non pensate che il danno sia solo quello di farci credere che le gioie e le grazie simulate in noi vengono da Dio, giacché questo mi sembra, in parte, il minor danno. Anzi, molte volte può darsi che serva a farci camminare più in fretta perché restiamo più ore in orazione.
4. Ma possono arrecare un grave danno a noi e agli altri nel farci credere che possediamo delle virtù che, in realtà, non abbiamo. Ciò è una vera pestilenza, e vi spiego perché. Senza accorgercene, sembrandoci di camminare sicuri, cadiamo in una fossa e non riusciamo più a uscirne. Anche se non si tratta di un affermato peccato mortale che ci porterebbe tutte le volte all’inferno, tuttavia ci taglia le gambe e ci impedisce di avanzare nel cammino di cui ho cominciato a trattare e che non ho per nulla dimenticato. Lo sapete anche voi come va a finire uno che precipita in una fossa profonda: perde la vita, e sarà molto se non sprofonderà fino a cadere nell’inferno. Ad ogni modo, non avanzerà più nel suo cammino e non sarà più di alcun vantaggio né a sé né agli altri, ma solo di danno. Infatti, una volta che si presenta la fossa, molti possono cadere in essa andando per lo stesso cammino. Chi, invece, riesce ad uscirne e a riempirla di terra, non fa danno né a sé né agli altri. Ma, vi dico che questa tentazione è assai pericolosa.
5. Tutto questo lo so molto bene per esperienza e così saprò parlarvene, anche se non riesco così bene come vorrei.
6. Il demonio vi fa pensare che siete povere, e ha un po’ ragione, perché avete promesso la povertà – con le parole della bocca beninteso – e allo stesso modo agisce con altre persone che si dedicano all’orazione. Dico «con le parole della bocca» perché, se avessimo inteso con il cuore ciò che abbiamo promesso e lo promettessimo davvero, sarebbe impossibile che il demonio per vent’anni e per tutta la vita continuasse con questa tentazione. Sì, il momento verrà in cui vedremo che inganniamo il mondo e noi stesse. Orbene, abbiamo promesso la povertà e pensiamo di essere povere. Ma quando diciamo: «non chiedo nulla», «tengo questa cosa perché non posso farne a meno» e «in fin dei conti devo pur vivere per servire Dio» ed «egli vuole che sosteniamo i nostri corpi»: sono mille cose differenti che il demonio ci insegna come se fosse un angelo – per convincerci che tutto questo è buono – e così ci persuade che siamo povere e possediamo questa virtù. Ecco, tutto è fatto.
7. Allora veniamo alla prova. Non si può conoscere tutto questo senza sempre tenerlo d’occhio. Se si sta attenti, presto si avrà qualche segno. Per esempio, uno ha troppe rendite in rapporto alle sue necessità – intendo il vero necessario e non prendere tre servitori quando ne basta uno. Se gli fanno la causa per qualcosa o perché un povero contadino non arriva a pagarlo, la questione gli dà tanta preoccupazione ed egli vi ammette tanta importanza, come se non potesse più vivere. Dirà di fare così: «per non andare in malora per cattiva amministrazione», e questo per sentirsi senza colpa. Non dico di lasciare tutto, ma che lo esiga pure se lo ritiene bene; altrimenti, cosa vuoi fare? Il vero povero attribuisce poca importanza a tali cose, anche se per qualche motivo se le procura. Mai, però, se ne inquieta pensando che non gli verranno a mancare. E se dovessero mancargli, non se ne preoccuperebbe molto considerandolo cosa accessoria e non principale. Siccome ha pensieri più elevati, delle cose terrene si occupa soltanto per necessità.
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03/08/2013 09:02
 
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CAPITOLO 67 (39)
Prosegue sullo stesso argomento. Indica atteggiamenti di falsa umiltà suggeriti dal demonio.
1. Un religioso o una religiosa – già verificati nell’esserlo o almeno nel dover esserlo – non possiede nulla, a volte perché non ha veramente nulla. Ma, quando qualcuno viene a fargli un regalo, difficilmente gli sembra essere una cosa superflua. Gli piace sempre tenersi qualcosa in riserva, e quando si può tener un abito di panno fine, certamente non si chiede uno di panno grosso. Oppure si gradisce aver qualcosa da impegnare o da vendere – anche se sono soltanto dei libri – perché, se ci si ammala, occorre qualcosa più dell’ordinario. Peccatrice che sono! È questo che avete promesso? Come? Voi avete promesso di non pensare più a voi stesse per lasciare tutto a Dio, qualunque cosa accada, perché, se vi preoccupate così del vostro avvenire, tanto vale avere rendite sicure, senza dovervi distrarre.
2. Anche se ciò si può fare senza peccato, è bene per noi renderci conto di tali imperfezioni e vedere che ci manca ancora molto per arrivare a questa virtù. Chiediamola a Dio e cerchiamo di praticarla, perché pensando di possederla già, non la pratichiamo e ci illudiamo, e ciò è ancora peggio.
3. Così ci capita anche per l’umiltà. Ci sembra di non cercare onore e che non ci importi nulla di nulla. Ma appena capita un’occasione di toccarvi su questo punto, subito si nota da ciò che sentite e fate, che non siete umili. Anche se avviene qualcosa per aumentare il vostro onore, non lo rifiutate – similmente ai poveri di cui abbiamo parlato – per aver maggior profitto. Voglia Dio che non lo cerchino intenzionalmente! Con la bocca affermano «che non vogliono nulla, che non si dia loro nulla di nulla», e lo pensano anche davvero!
4. Anzi, l’abitudine di dirlo fa che lo credano sempre di più. Come ho detto, quando stiamo attenti, si nota subito se è una tentazione, sia in ciò di cui ho parlato sopra, sia in tutte le altre virtù. Infatti, quando si ha una solida virtù di queste, sembra che essa trascini dietro tutte le altre. È da tutti risaputo.
5. Guardatevi, figlie, da certe umiltà ispirate dal demonio che destano grande inquietudine per la gravità dei peccati passati. [Sembra dirci] «Forse non merito di accostarmi al Sacramento», «forse non mi sono preparata bene», «forse non sono degna di vivere tra i buoni» e cose di questo genere che vengono con tranquillità, con soddisfazione e piacere, come conseguenza della conoscenza di se stessi. Sono anche da valutare in senso buono, ma s procurano eccitazione, inquietudine ed oppressione dell’anima, impedendo la tranquillità del pensiero, credetemi, si tratta di una tentazione, e non ritenetevi umili. L’umiltà non viene da lì.
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03/08/2013 09:03
 
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[Modificato da Coordin. 03/08/2013 09:06]
03/08/2013 09:05
 
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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