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IL CONCILIO DI NICEA

Ultimo Aggiornamento: 20/10/2017 13:53
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24/07/2013 18:48
 
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Il credo niceno: differenze e similitudini con il credo cattolico

Icona russa che raffigura Costantino I fra i Padri conciliari al primo Concilio di Nicea: il rotolo contiene il testo del Simbolo Niceno.

Sin dai primi tempi in cui il cristianesimo si tramandava solo oralmente, vari tipi di Credo erano segni distintivi di una comunità: a Roma, per esempio, era popolarissimo il Credo detto "degli apostoli", soprattutto durante la Quaresima e nella liturgia di Pasqua. Al Concilio di Nicea persino Ario avrebbe potuto citare il suo credo. Ma per Alessandro di Alessandria, e i suoi sostenitori, occorreva maggiore chiarezza. La sua opinione alla fine prevalse. Il Concilio, infatti, adottò un credo specifico per stabilire in modo chiaro la fede di tutta la Chiesa, includendo coloro che la professavano ed escludendo gli altri.

Alcuni elementi distintivi del credo niceno furono probabilmente aggiunti da Osio di Cordova, e cioè:

  1. Dio è uno solo: è il primo articolo del credo niceno: "Credo in unum Deum" (Credo in un solo Dio).
  2. Cristo è descritto come Deum de Deo, lumen de lumine (Dio da Dio, luce da luce), confermando la sua divinità. In un'epoca in cui tutte le sorgenti di luce erano naturali, l'essenza della luce era da considerarsi identica, indipendente dalla sua forma estrinseca. È singolare che un ragionamento del genere fosse usato dagli eretici modalisti, che erano stati condannati dalSinodo di Antiochia nel 264-268.
  3. Gesù Cristo è affermato essere genitum, non factum(generato, non creato), in opposizione diretta con l'arianesimo.
  4. La dottrina dell'homooùsion (vedi più sotto) viene sancita esplicitamente (in latino, consustantialem Patri). Alcuni ascrivono questo termine a Costantino stesso, il quale, su questo punto in particolare, potrebbe avere scelto di manifestare chiaramente la sua volontà.

Del terzo articolo di fede, solo le parole et in Spiritum Sanctum ([Credo] nello Spirito Santo) erano presenti: il credo niceno finiva con queste parole, ed era immediatamente seguito dai 20 canoni del concilio. Quindi, invece di un credo battesimale che poteva essere accettato sia dagli ortodossi, sia dagli Ariani (come proposto da Eusebio), il concilio ne promulgò uno che era chiarissimo nei termini di contesa fra le due parti, e quindi era totalmente incompatibile con la posizione degli Ariani.

Il ruolo del vescovo Osio di Cordova, uno dei primi sostenitori dell'homooùsion, fu probabilmente decisivo nel portare il concilio a un consenso. Al tempo del concilio, egli era il primo consigliere dell'imperatore bizantino sulle questioni ecclesiastiche. Osio è presente come primo della lista dei vescovi, e Atanasio attribuisce a lui la formulazione attuale del Credo. I Padri che più difesero la dottrina dell'homooùsion furono Eustazio di AntiochiaAlessandro di AlessandriaAtanasio eMarcello di Ancyra.

Nonostante la simpatia personale per ArioEusebio di Cesarea aderì alla decisione del concilio, accettando il credo come era stato formulato. La dottrina nicena fu ratificata da Costantino, e l'imperatore affermò che chiunque si fosse opposto alle decisioni del concilio avrebbe dovuto prepararsi a prendere immediatamente la via dell'esilio. A causa delle riserve espresse da Eusebio di Nicomedia e da Teognis di Nicea, e della frode che secondo Costantino perpetrarono (nella parola originariamente concordata homoùsios inserirono una iota che cambiò la parola inhomoioùsios, cioè di "simile sostanza", in luogo del significato originario di "medesima sostanza") essi, pur avendo avallato le decisioni conciliari, vennero esiliati in Gallia tre mesi dopo. Ario fu messo al bando in una remota provincia dell'Illirico, la sua persona e i suoi discepoli furono bollati dalla legge con il nome di porfiriani [22], i suoi scritti furono condannati alle fiamme e contro chiunque ne fosse stato trovato in possesso fu comminata la pena capitale.

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