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LA CONFESSIONE

Ultimo Aggiornamento: 13/12/2022 12:03
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06/08/2012 23:52
 
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Spiegazione:
a) Al numero ristretto dei Dodici e senza dubbio a quanti nel tempo
prima della fine avrebbero continuato il loro specifico ministero (ai
loro successori) il Risorto affida una missione che continua quella
che Egli ha ricevuto dal Padre: "Come il Padre ha mandato me, così io
mando voi" (Giovanni 20, 21). Gli Apostoli, in qualità di mandati
(apostolo vuol dire mandato) devono raccogliere i frutti della
redenzione operata dal Figlio di Dio. Egli è venuto a redimere dal
peccato, a salvare tutti (cf. Giovanni 12, 32), non a condannare (cf.
Giovanni 3, 17).
La missione affidata agli Apostoli è un dono dello Spirito
Santo: "Ricevete lo Spirito Santo" (Giovanni 20, 22). Certo, i doni
dello Spirito Santo sono dati a tutti i discepoli di Cristo (cf. Atti
2, 4.17-21; 10, 44). Ma vi è diversità di doni o carismi, benché uno
sia lo Spirito che li dà (cf. I Corinzi 12, 4-11). Tra questi doni vi
è quello del governo (cf. Corinzi 12, 28; Atti 20, 28) ossia di
guidare la comunità dei fedeli lungo la via della salvezza come
maestri e giudici (cf. 1 Corinzi 5, 4). Nel caso presente il dono
dello Spirito Santo è la sua virtù o potenza salvifica, che abilita
gli Apostoli (e i loro successori) a rimettere, cioè a perdonare i
peccati davanti a Dio.
b) Per un'esatta comprensione del dono dello Spirito Santo, di cui in
Giovanni 20, 21-23, bisogna ,precisare il significato delle parole
rimettere e ritenere, come è stato fatto per legare e sciogliere.
Questa precisazione è necessaria perché alcuni non cattolici sono del
parere che il Risorto, in quella apparizione, abbia conferito il
mandato di predicare il Vangelo e di battezzare, senza riferimento al
perdono dei peccati commessi dopo il battesimo. Vedremo che non è
così .
Circa il significato di rimettere (greco a-fiemi) va notato che in
non pochi testi biblici del Nuovo Testamento questo verbo indica la
remissione o perdono dei peccati personali senza riferimento al
battesimo. Così, per esempio, in Matteo 9, 2-6 le parole di Gesù: "ti
sono rimessi i peccati" (greco a-lientai sou ai amartiai) sono intese
dagli scribi e farisei come l'esercizio (o usurpazione) di un potere
proprio di Dio, cioè, cancellare i peccati personali o attuali. Gesù
non corregge questa interpretazione. Lo stesso linguaggio in Marco 2,
8 e Luca 5, 21-26. Dicendo "ti sono rimessi i peccati" o "le sono
perdonati i suoi peccati" (Luca 7, 47) Gesù intende perdonare i
peccati personali del paralitico e della donna adultera
indipendentemente di qualsiasi battesimo.
Il dono dunque o carisma concesso agli Apostoli dal Risorto comporta
il potere o autorità di perdonare i peccati senza riferimento al rito
battesimale. Questo potere deve essere esercitato in seno alla
comunità dei battezzati come risulta da Matteo 18, 18, a favore del
fratello, cioè di un battezzato caduto in peccato (cf. 1 Corinzi 5,
4). La conclusione è che con la parola "rimettere" è detto
chiaramente che il Risorto ha dato agli Apostoli, cioè alle guide
della sua comunità di ogni tempo, il potere di perdonare i peccati
commessi dopo il battesimo.
c) Alla stessa conclusione fa arrivare l'analisi del verbo ritenere
(greco kratèo). Etimologicamente kratèo (= ritenere) vuol
dire "esercitare un potere" oppure "obbligare a fare qualcosa (come
il legare in Matteo 18, 18). Un esempio si ha in Marco 12, 12. Le
autorità religiose di Gerusalemme vogliono "catturare" (kratèsai)
Gesù, cioè esercitare su di lui la loro autorità. Gesù apparteneva
alla loro comunità religiosa, era giuridicamente un loro suddito.
Alla luce di questa precisazione, in Giovanni 20, 23 ritenere
(kratèo) non significa semplicemente "non rimettere" i peccati,
o "non assolvere", ma anche esercitare un potere sul peccatore non
ancora pentito, e che quindi non si trova nelle disposizioni adatte
per essere perdonato. In questo caso l'esercizio del potere serve a
spingerlo a fare qualcosa che lo renda degno dell'assoluzione.
A questo livello, quindi, ritenere equivale a "vincolare", "legare"
il peccatore, "obbligarlo" ad adempiere certe condizioni che lo
portino alla conversione e al perdono. Non si tratta quindi di "non
voler perdonare", dal momento che il Signore vuole salvare tutti e
invita a perdonare "settanta volte sette" (Matteo 18, 22), cioè
sempre. Ma si rinvia il perdono fino a quando il fratello non
riconosce di aver sbagliato, si pente, ed è pronto a cambiare vita.
Se non fa nessuna di queste cose, i suoi peccati vengono "ritenuti",
cioè non vengono perdonati.
Tutto questo indica che gli Apostoli, cioè le guide della comunità
cristiana, possono esercitare un'autorità, hanno cioè un certo potere
sul fratello che ha peccato. Questi è un membro della comunità dei
santi ricaduto in peccato. Ciò non sarebbe possibile se si trattasse
di uno non ancora battezzato, ossia non ancora incorporato alla
Ekklesìa.Su i non battezzati le guide della Chiesa non hanno alcun
potere (cf. 1 Corinzi 5, 12), non possono imporre obblighi come a
coloro che, col battesimo, hanno accettato una determinata forma di
vita.
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