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La Bibbia è credibile?

Ultimo Aggiornamento: 30/06/2018 00:33
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10/04/2018 12:33
 
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Nei libri biblici alcuni potrebbero rilevare delle incongruenze.


Qual è la regola da seguire quando incontriamo termini, frasi, cifre, fatti che ci sembrano discordanti?


Nel libro secondo del libro "CONSENSO DEGLI EVANGELISTI " di s.Agostino troviamo enunciato una norma di capitale importanza per comprendere le Scritture e anche per risolvere la nostra questione:


Nella Sacra Scrittura non è da ricercarsi altro all'infuori di quello che intende dire colui che parla.


Non sono perciò determinanti i singoli termini ma l’intenzione e il senso con cui sono state scritte.


Le divergenze, le incongruenze, le cifre discordanti e alquanto elastiche, le dottrine non esplicitate ma lasciate nel vago, le tante verità inespresse e ricavabili solo per via deduttiva, indicano che la Scrittura non è utilizzabile se viene preso a sè stante.


Infatti la sola Scrittura determina una pluralità di fedi e di confessioni religiose e non l’unità della fede, che è quella che il Signore ha comandato ai suoi apostoli di insegnare .


Come si fa a "ricercare quello che intende dire colui che parla", dal momento che vi sono questi limiti nella Scrittura?


Ecco dunque la necessità di dover far ricorso ad una autorità esterna alla Scrittura.


L’unica autorità valida per far questo, resta quella che ha effettuato il riconoscimento della ispirazione dei libri sacri. Non è possibile immaginare che lo Spirito Santo abbia assistita la Chiesa per riconoscere i libri ispirati e poi l’abbia abbandonata lasciando a chicchessia la libertà di sbranare a proprio piacimento il Corpo della Parola.


Essa può restituirci il VERO SENSO della Scrittura, attingendo e ricostruendo ogni cosa, tanto la traduzione più vicina alle intenzioni degli autori, tanto il senso che essi hanno voluto dare a ciò che hanno scritto, a partire da tutto il deposito precedente, cominciando da coloro che furono i primi anelli di una catena ininterrotta che giunge fino a noi.



Si tratta ora di capire bene il principio che nella Scrittura, non si può ammettere contraddizione.



Volutamente perciò non ho utilizzato il termine "contraddizioni"  perché tutte le parti individuate dal Concilio di Trento, sono da considerare Sacra Scrittura. Mi sono limitato a definirle " incongruenze " perché al nostri limitati mezzi di indagine,  talune frasi possono apparire in contrasto.


Però ogni nostro esame deve riconoscere umilmente che:



E’ possibile che il testo originale potrebbe essere stato mal tradotto, oppure che risultasse non ben leggibile e quindi è stato reso in modo approssimativo, oppure che sia stato interpolato con una glossa, oppure che riporta fedelmente e con esattezza dati e parole diverse pronunciate o scritte in tempi diversi che si integrano a vicenda pur apparendo contrastanti, oppure ancora che si riferisca con verità a numerazioni o concetti validissimi e in uso all’epoca in cui furono scritti ma non più in uso in seguito, oppure ancora che dietro frasi apparentemente in contrasto si celi un significato recondito e allegorico che resta da scoprire, oppure ancora che l’autore sacro riporti fedelmente e con precisione delle espressioni o dati di uomini così come essi pensavano o si esprimevano e che non sempre erano da considerare in armonia con il pensiero di Dio.    La Parola di Dio infatti riporta, per nostro ammaestramento anche quello che dicevano gli uomini o gli angeli decaduti nella loro stoltezza, e che non sono da attribuire a Dio pur essendo riportate nella Parola di Dio.



Vi possono essere, infine, altri motivi legati alla nostra parziale conoscenza filologica, storica, geografica, culturale, che non sempre è in grado, nonostante tutti gli strumenti acquisiti, di ricostruire e di definire in tutti i dettagli quello che troviamo nella Bibbia, essendo trascorsi molti secoli e non essendoci sempre dei riscontri disponibili.



Ecco il pensiero di Girolamo e di Agostino.



Diceva S.Girolamo:



…per conseguenza "se la Scrittura contenesse due dati che sembrassero escludersi, entrambi" resterebbero "veri, quantunque diversi" (Ep. XXXVI, XI, 2).



Sempre fedele a questo principio, se gli capitava di incontrare nei Libri Sacri apparenti contraddizioni, San Gerolamo concentrava tutte le sue cure e tutti gli sforzi del suo spirito per risolvere la difficoltà; e se giudicava la soluzione ancora poco soddisfacente, riprendeva, non appena si presentasse l'occasione, senza perdere coraggio, l'esame del problema, anche se talora non giungeva a risolverlo completamente.



Mai tuttavia egli incolpò gli scrittori sacri della minima falsità: "Lascio fare ciò agli empi, come Celso, Porfirio, Giuliano(Ep. LVII, IX, 1).


In ciò era perfettamente d'accordo con Sant'Agostino: questi - leggiamo in una delle sue lettere allo stesso San Gerolamo - aveva per i Libri Sacri una venerazione così piena di rispetto, da credere molto fermamente che nessun errore fosse sfuggito alla penna di uno solo di tali autori; perciò, se incontrava nelle Lettere Sante un punto che sembrava in contrasto con la verità, lungi dal credere ad una menzogna, ne attribuiva la colpa a un'alterazione del manoscritto, a un errore di traduzione, o a una totale inintelligenza da parte sua. Al che aggiungeva: "Io so, fratello, che tu non pensi diversamente: voglio dire che non m'immagino affatto che tu desideri vedere le tue opere, lette nella stessa disposizione di spirito in cui vengono lette le opere dei Profeti e degli Apostoli; dubitare che esse siano prive di ogni errore, sarebbe un delitto" (Sant'Ag. a San Gerol., tra le lettere di San Gerol. CXVI, 3).

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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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