È così che parte EAT: i medici del gruppo San Donato vanno nelle scuole secondarie di primo grado, misurano e pesano i ragazzi, regalano loro un contapassi e una borraccia e li incuriosiscono sorprendendoli: «la prevenzione dell’obesità è la sfida dei prossimi cento anni», afferma Gastaldi. Nelle scuole che hanno incontrato EAT, la percentuale di ragazzi obesi è scesa dal 9,2% al 6,8%, mentre quelli sovrappeso sono passati dal 25,5% al 17,6%: risultati che hanno valso al progetto una vetrina di primissimo piano a Expo Milano 2015.
Il punto di partenza è l’Italia. Qui nel 2009 la GSD Foundation avvia il progetto EAT, che sta per Educazione Alimentare Teenagers: ad oggi sono stati coinvolti 1.400 adolescenti, impattando realmente sul loro stile di vita e le loro abitudini alimentari. A Mutuati però non esistono bambini obesi. A Mutuati si mangia una sola volta al giorno, per lo più githeri (mais e fagioli) o sorgo. A Mutuati non c’è produzione alimentare, nei campi si coltivano quasi solo le piante di mirà, una droga leggera: sono proprio i bambini che ne raccolgono le foglie, arrampicandosi sugli alberi invece di andare a scuola. È questo che racconta Andrea Bianchessi, responsabile di Avsi in Kenya. Per tanti la scuola San Riccardo Pampuri è una zattera di salvataggio: «l’ha creata un insegnante, Cyprian, pensando ai bambini più vulnerabili. Lui è un vero leader comunitario, ha creato una cooperativa di risparmio rurale e una cooperativa agricola, sono partiti con una mucca e sette famiglie, ora sono 700 contadini». Figure come Cyprian sono quelle che possono fare la differenza, perché «la sostenibilità di un progetto è data innanzitutto dalle persone», afferma convinto Bianchessi: «anche nel progetto di educazione alimentare tutto passa dalla formazione degli insegnanti e a cascata dei genitori. La presenza di un materiale umano forte è una condizione importante per la sostenibilità e la replicabilità del progetto».
Grazie all’incontro fra GSD Foundation e Avsi, a luglio EAT è sbarcato in Kenya. L’équipe medico-nutrizionale del Gruppo San Donato ha elaborato dei menù equilibrati e completi, per la colazione e il pranzo, valorizzando i prodotti locali: «tutti cibi compatibili con l’economia domestica del posto, sarebbe folle pretendere di inserire pesce fresco pescato», esemplifica Morricone. «Si può fare moltissimo anche solo cambiando le modalità di preparazione dei cibi», spiega Gastaldi: «loro friggono molto, con oli vegetali ricchi di grassi saturi, noi abbiamo suggerito modalità più sane, incentivando l’utilizzo delle spezie e delle erbe aromatiche». Riso e lenticchie, riso e fagioli, carote, insalata, yogurt, uova, pasta con ragù di carne (con tanto di video per illustrarne la cottura)… nella fase di avvio la Fondazione ha dato anche un contributo economico per l’acquisto dei prodotti, ma l’obiettivo è arrivare presto all’autoproduzione, grazie ad esempio a due mucche (già acquistate, producono 15 litri di latte al giorno) e a un ettaro di terreno in cui i ragazzi possano coltivare frutta e verdura (l’acquisto è previsto nel secondo semestre del progetto, in una “fase due” ormai certa), con «coltivazioni biologiche, però», precisa Gastaldi.