CREDENTI

La BELLEZZA e la DELICATEZZA del MATRIMONIO

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    00 13/09/2010 19:22
     

    Predicatore del Papa: i cristiani riscoprano la bellezza del matrimonio

    Intervento di padre Raniero Cantalamessa all'Incontro Mondiale delle Famiglie


    CITTA' DEL MESSICO, mercoledì, 14 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, ha affermato questo mercoledì intervenendo all'Incontro Mondiale delle Famiglie che i cristiani devono riscoprire “l'ideale biblico del matrimonio e della famiglia” per poterlo proporre al mondo di oggi.

    Non bisogna solo “difendere” l'idea cristiana di matrimonio e famiglia, ha osservato; l'aspetto più importante è infatti “il compito di riscoprirlo e viverlo in pienezza da parte dei cristiani, in modo da riproporlo al mondo con i fatti, più che con le parole”.

    Il sacerdote ha dedicato il suo intervento nella prima giornata del Congresso Teologico-Pastorale del VI Incontro Mondiale delle Famiglie a spiegare come per secoli lo stesso pensiero cristiano abbia lasciato in secondo piano, di fronte alla visione istituzionale, il significato sponsale del matrimonio, presente con forza nella Bibbia.

    Alla base delle attuali “inaccettabili proposte del decostruzionismo”, constata, c'è un'“istanza positiva” da accogliere, ed è la revisione della visione del matrimonio come unione e donazione tra i coniugi.

    “Ma questa critica va nel senso originario della Bibbia, non contro di essa!”, ha avvertito il cappuccino. “Il Concilio Vaticano II ha recepito questa istanza quando ha riconosciuto come bene ugualmente primario del matrimonio il mutuo amore e aiuto tra i coniugi”.

    “Anche le coppie credenti – talvolta esse più delle altre – non riescono a ritrovare quella ricchezza di significato iniziale dell'unione sessuale a causa dell'idea di concupiscenza e di peccato originale per secoli associata a quell'atto”.

    Secondo padre Cantalamessa, è dunque necessario riscoprire l'unione sessuale come immagine dell'amore di Dio.

    “Due persone che si amano – e quello dell'uomo e la donna nel matrimonio ne è il caso più forte – riproducono qualcosa di ciò che avviene nella Trinità”, ha spiegato. “In questa luce si scopre il senso profondo del messaggio dei profeti circa il matrimonio umano, che cioè esso è simbolo e riflesso di un altro amore, quello di Dio per il suo popolo”.

    Ciò presuppone il fatto di “rivelare il vero volto e lo scopo ultimo della creazione dell'uomo maschio e femmina: quello di uscire dal proprio isolamento ed 'egoismo', di aprirsi all'altro e, attraverso la temporanea estasi dell'unione carnale, elevarsi al desiderio dell'amore e della gioia senza fine”.

    Il predicatore pontificio ha segnalato in questo senso l'accoglienza “insolitamente positiva” che ha avuto in tutto il mondo l'Enciclica “Deus caritas est”, che insiste su questa visione dell'amore umano come riflesso dell'amore divino.

    Un'altra questione, ha aggiunto, è la “pari dignità della donna nel matrimonio. Essa, abbiamo visto, è nel cuore stesso del progetto originario di Dio e del pensiero di Cristo, ma è stata quasi sempre disattesa”.

    Non ribattere, ma proporre

    Padre Cantalamessa ha spiegato che di fronte alla situazione attuale di “contestazione apparentemente globale del progetto biblico su sessualità, matrimonio e famiglia” è necessario evitare l'errore di “passare tutto il tempo a controbattere le teorie contrarie, finendo per dare loro più importanza di quello che meritano”.

    La strategia non è di “scontro con il mondo”, ma di dialogo, perché “la Chiesa è in grado di trarre profitto anche dalle critiche di chi la combatte”, ha affermato.

    Un altro errore da evitare è “puntare tutto su leggi dello Stato per difendere i valori cristiani”.

    “I primi cristiani, abbiamo visto, con i loro costumi cambiarono le leggi dello Stato; non possiamo aspettarci oggi di cambiare i costumi con le leggi dello Stato”, ha ammesso.

    Rispetto all'attuale decostruzione della famiglia, o “gender revolution”, il sacerdote ha spiegato che ha una certa analogia con il marxismo e ha ricordato che di fronte a questo la reazione della Chiesa fu “l'antico metodo paolino dell'esaminare tutto e ritenere ciò che è buono”, sviluppando “una propria dottrina sociale”.

    “Proprio la scelta del dialogo e dell'autocritica ci dà il diritto di denunciare questi progetti come 'disumani', contrari cioè non solo alla volontà di Dio, ma anche al bene dell'umanità”, ha aggiunto.

    “L'unica nostra speranza è che il buon senso della gente, unito al 'desiderio' dell'altro sesso, al bisogno di maternità e di paternità che Dio ha inscritto nella natura umana resistano a questi tentativi di sostituirsi a Dio, dettati più da tardivi sensi di colpa dell'uomo, che da genuino rispetto e amore per la donna”, ha concluso.

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    00 13/09/2010 19:42

      I colori dell’amore: il matrimonio e la bellezza di Dio

    (ZENIT.org).-

    Lettera pastorale per l’anno 2009-2010 di mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto.

     


    * * *


    Perché è giusto e bello sposarsi in Chiesa?

    Come prepararsi a un passo così importante?

    Come farne tesoro per tutta la vita?

    Proviamo a capirlo insieme.

    Non si tratta di una semplice convenzione sociale,

    ma del momento decisivo in cui sull’amore dei due

    viene impresso il sigillo dell’amore eterno.

    È il dono che potrà renderli capaci di amarsi fedelmente,

    camminando uniti nella buona e nella cattiva sorte,

    per costruire una nuova famiglia di figli di Dio.

    È la sfida e la promessa di un amore

    che sia ogni giorno nuovo

    e che non abbia fine…

    1. I colori dell’amore. Erano centinaia le coppie venute a celebrare col Vescovo la festa annuale dei fidanzati. A ognuna gli organizzatori avevano dato un fazzoletto colorato. Con i sei colori dovevano formarsi altrettanti gruppi, incaricati di formulare ciascuno una domanda. Fu così che gli interrogativi dei fidanzati mi raggiunsero come “suoni colorati”: il rosso mi domandò come l’amore potesse essere sempre vivo. Il colore del sangue e del fuoco - risposi -, colore della vita che scorre e del calore che riscalda, ci aiuta a capire come la bellezza e la durata dell’amore siano legate alla vita che vi si investe, all’ardore con cui lo si vive e al prezzo che si è pronti a pagare per esso. Il bianco mi chiese chi potesse dare a una coppia, formata da creature fragili e limitate, la forza di un simile amore: mi venne naturale dire che come il bianco è il colore della luce, che tutto abbraccia facendo risaltare la forma di ogni cosa, così l’amore che ci avvolge e dà a ciascuno la consistenza dei propri doni e delle proprie capacità è l’amore di Dio. Presente Lui nel rapporto di coppia, invocata e accolta la Sua luce, non mancherà la forza di amare. Il giallo mi domandò se l’amore potesse essere eterno: il colore dell’oro, risposi, rimanda allo splendore di Dio, che solo può garantire l’eternità del dono reciproco fra i due. Più la coppia è unita a Lui, docile al Suo Spirito di santità, più l’amore è anticipo di eternità. L’azzurro mi chiese come può esprimersi al meglio l’amore nella vita di coppia: colore del cielo, continuamente cangiante, ma sempre abissalmente profondo, l’azzurro fa pensare a un rapporto sempre nuovo, che sa passare dalle nuvole al sole dorato, dai colori roventi dell’aurora e del tramonto a quelli del meriggio o della notte, senza perdere mai la profondità, cui attingere e da cui far scaturire la linfa del dono reciproco, radicato nell’amore eterno. Il verde mi domandò come si potesse guardare avanti con fiducia nella vita insieme: colore della speranza, dissi, contiene in sé la risposta. Un amore che non spera non è neanche amore: la speranza è l’amore proiettato in avanti, è la dilatazione del dono reciproco al tempo che verrà, ed è tanto più affidabile, quanto più è radicata nelle sorgenti eterne, che ci danno il coraggio e la forza di amare. Infine, il rosa mi chiese come vanno vissute le relazioni di coppia per crescere e perseverare nell’amore: colore della mitezza - risposi - indica da sé la risposta, che punta sul rispetto reciproco, sulla capacità di rapportarsi l’uno all’altro con la disponibilità ad ascoltarsi e comprendersi. Ai fidanzati piacque questa tavolozza dell’amore, tanto che chiesi ad ognuno di scegliere ed indicare all’altro il colore in cui più si ritrovava: ne venne fuori un arcobaleno, che mi fece pensare a quanto sia vario e ricco il mondo delle relazioni di coppia, ma anche a come - per essere autentico - esso debba muoversi su alcune note di fondo, la profondità, la fedeltà, il ricorso ad un amore più grande, che non ci abbandonerà mai. Il settimo colore era la somma di tutti, il loro canto fermo, la loro armonia, più forte di ogni lacerazione: il colore della luce, quello di una vita unificata in tutti i suoi rapporti dall’amore…

    2. I colori di Dio: il bianco della luce, il rosso della passione e l’oro dell’eternità. I primi tre colori potrebbero essere riferiti a Dio, Trinità d’amore: se il bianco rinvia alla luce del Padre, che tutto avvolge ed in cui tutto vive, il rosso evoca la vicenda del Figlio, venuto nella carne per versare il suo sangue sulla Croce e risorgere alla vita per noi, mentre il giallo-oro richiama la presenza dello Spirito Santo, vincolo che unisce il Padre e il Figlio e irradia nel tempo lo splendore dell’eternità. Nella realtà misteriosa significata da questi colori si può trovare la risposta alla domanda che ci riguarda tutti: chi ci renderà capaci di amare? Kahlil Gibran nel suo libro Il Profeta risponde in modo semplice e denso: “Quando ami non dire: ‘Ho Dio nel cuore’; dì piuttosto: ‘Sono nel cuore di Dio’”. Si diventa capaci di amare quando ci si scopre amati da Dio, lasciandoci condurre da Lui verso il futuro, che Egli vuole costruire con noi. Fare questa esperienza vuol dire credere nel Dio Trinità, che si è rivelato nella Croce e Risurrezione del Signore Gesù. È lì che la fede riconosce anzitutto la presenza del Padre, eterna sorgente dell’Amore, gratuità pura e assoluta, che amando dà inizio a ogni cosa e non smette di amare neanche di fronte al peccato degli uomini, fino a non risparmiare Suo Figlio e a consegnarlo per tutti noi. Accanto all’eterno Amante, la fede contempla sulla Croce il Figlio abbandonato per amore nostro, l’eterno Amato, che ci insegna come divino non sia soltanto il dare, ma anche il ricevere, e con la Sua vita fra noi ci fa riconoscere e accogliere l’iniziativa della carità di Dio. Con l’Amante e con l’Amato la fede si apre infine all’opera dello Spirito Santo, che unisce l’uno all’altro nel vincolo dell’amore eterno ed insieme li apre al dono di questo stesso amore: estasi di Dio, lo Spirito viene a liberare l’amore, a renderlo sempre nuovo e irradiante. Nell’unità del reciproco darsi ed accogliersi dei Tre, il Dio cristiano si offre come l’evento irradiante dell’amore eterno: “In verità, vedi la Trinità, se vedi l’amore”. “Ecco sono tre: l’Amante, l’Amato e l’Amore” (Sant’Agostino). Sposarsi nel nome della Trinità vuol dire entrare nell’esperienza viva e profonda di questo amore: perciò, non solo è giusto e necessario per chi crede, ma è bello, della bellezza a cui solo la partecipazione all’amore infinito può aprirci.

    3. Immersi nei colori del Dio amore. Attraverso la missione del Figlio e dello Spirito Santo la Trinità si rivela come l’origine, il grembo e la patria dell’amore. Tutto ha origine in essa e ne porta l’impronta: l’essere è, nel più profondo, amore e l’uomo è fatto per amare. Tutto è immerso nei colori dell’amore eterno e vive in essi: e quando il nostro cuore si apre nella fede a questo amore, proclamato e donato nella Parola di Dio e nei Sacramenti, ecco che diventa possibile anche alla nostra fragilità la gratuità di un amore sempre nuovo. È il miracolo della carità, che nel rapporto di coppia è tanto necessaria per non rinunciare mai a prendere l’iniziativa del dono e del perdono verso l’altro e per camminare uniti nelle piccole e grandi scelte della vita. Solo quando si riconosce amata dal suo Dio, la creatura diviene capace di amare l’altro al di là di ogni misura di stanchezza: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi” (Giovanni 15,12). “Siano in noi una cosa sola come tu, Padre, sei in me e io in te” (17,21). Sentendosi avvolto dall’amore dei Tre, che sono uno, chi crede scopre di poter costruire storie d’amore vere e definitive. Chi fa esperienza di questo amore, impara a credere nella possibilità di un amore eterno. La fede non cesserà allora di sostenere la fatica di amare con il racconto dell’amore, che ci è stato rivelato nella Croce e Risurrezione di Gesù e continua a raggiungerci nella preghiera e nei sacramenti. Quanti hanno incontrato il Dio di Gesù Cristo, hanno creduto all’amore che non delude. Immersi nei colori della Trinità, essi sanno di poter giocare la propria vita in un vincolo definitivo, che richiede il dono completo di sé. Un vincolo che, affidato a Dio e benedetto nel Suo santo nome, può fondare famiglie, che siano dimore affidabili dell’amore che non delude. Anche per questo motivo è giusto ed è bello sposarsi in Chiesa!

    4. L’alleanza nuziale e il colore del cielo. Il sacramento del matrimonio è l’alleanza definitiva fra un uomo e una donna, benedetta nel nome della Trinità, davanti alla Chiesa. Esso si fonda sul disegno divino per il quale l’uomo e la donna sono costituiti in un’unità originaria, radice della loro pari dignità e della loro vocazione alla reciprocità: “Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio li creò, maschio e femmina li creò” (Genesi 1,27). “Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne” (2,24). Quest’unione è simbolo del rapporto d’amore fra Dio e il suo popolo (cf. nel profeta Osea i capitoli 1-3 o il Cantico dei Cantici), definitiva come lo è la fedeltà dell’Eterno: “L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto” (Matteo 19,6). Nell’amore dei due, incondizionato e totale, è l’amore di Cristo per la Chiesa che viene a comunicarsi ed esprimersi: “L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!” (Efesini 5,31s). Perciò, la fede riconosce nel patto d’eterna e indissolubile alleanza fra i coniugi un vincolo sacro, di cui essi stessi sono ministri. Segno efficace dell’opera di Dio, il sacramento del matrimonio comunica agli sposi la grazia dell’incontro con Cristo, Sposo della Chiesa, la presenza santificante dello Spirito e la promessa della fedeltà di Dio Padre per tutta la vita. Questa profonda unità, radicata in Dio e capace di sostenere i due nella varietà delle opere e dei giorni, può essere significata dal colore del cielo, sempre profondo nella pur continua varietà dei toni e delle forme, che vanno dall’azzurro assolato al profondo blu delle notti, dalle tinte infuocate dei tramonti al rosa dell’aurora apportatrice di luce. Come la profondità del cielo e la varietà dei suoi colori non si contraddicono, così la fedeltà e la novità nella vita di coppia fanno parte l’una dell’altra: gli sposi, consacrati a Dio, vengono accolti e custoditi da Lui, sempre nuovo nella fedeltà. Confidando in questo aiuto, essi si promettono fedeltà eterna, con l’impegno “di amarsi e onorarsi tutti i giorni della loro vita”, di rinnovare cioè ogni giorno il sì della reciproca accoglienza, nella buona e nella cattiva sorte, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia. Senza questo continuo, reciproco accogliersi, nutrito alle sorgenti eterne dell’amore, non ci potrà essere vera gioia fra i due: “Il fiore del primo amore appassisce, se non supera la prova della fedeltà” (Søren Kierkegaard).

    5. Lo stile dell’amore: il verde della speranza e il rosa della tenerezza. Due colori possono evocare lo stile di comportamento più adatto al rapporto di coppia: il verde della speranza e il rosa della mitezza e del rispetto. Colore delle piante semprevive, sul quale il trascorrere delle stagioni non incide, il verde evoca la virtù forse più necessaria alla scelta di sposarsi e di aprirsi al dono dei figli: la speranza, fondata sull’amore di Dio e sull’impegno di reciproca fedeltà dei due. Chi non spera non ama, perché non riesce ad accettare il rischio che ogni amore comporta, in quanto è il prezzo dell’incontro delle due libertà che scelgono di donarsi l’una all’altra. Senza speranza la fatica arresta il cammino. L’amore vive di speranza, dovendo ogni giorno aprirsi alle sorprese del futuro, che chiamano i due a mettersi in gioco sempre di nuovo: se non è l’impegno di ogni giorno, l’amore è il rimpianto di tutta la vita! La forza della speranza rende capaci di cominciare ogni giorno da capo: essa fa giovane l’amore, anche quando il peso degli anni e le prove della vita lo espongono ai rischi della stanchezza e delle disillusioni. Lo testimonia la Sposa del Cantico dei Cantici, meraviglioso inno all’amore: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore” (8,6). Con la speranza, lo stile dell’amore esige la tenerezza, nutrita di attenzione e di rispetto e capace di dare gioia al cuore dell’altro: il rosa della mitezza tenera ed accogliente è non meno necessario degli altri colori dell’amore. Gli sposi sono chiamati a custodire ciascuno la libertà e la dignità dell’altro e a vivere la generosità del reciproco darsi. Perciò, una parola mite, un gesto di tenerezza sono capaci di sanare tante ferite e di far crescere i due nella pace. La stessa unione dei corpi, aperta alla fecondità in maniera responsabile e vissuta con generosità, tenerezza e rispetto, fa degli sposi veicolo dello Spirito Santo l’uno per l’altra. L’esperienza della vita condivisa mostra peraltro come l’elogio della tenerezza non escluda nessuna delle età dell’amore! Non è forse vero che la tenerezza che si dimostrano due sposi avanti negli anni, il loro guardarsi con un amore che li riconosce belli l’uno per l’altra nonostante il tempo passato, tocca il cuore e fa sperare che l’amore sia sempre possibile, e che perciò la vita può essere sempre bella?

    6. La tavolozza dell’amore e gli altri colori. Qualcuno dei fidanzati mi chiese di aggiungere ai colori citati almeno qualche altro: ad esempio, il grigio, per significare la monotonia in cui a volte può cadere il rapporto di coppia, o il viola, che simboleggia i tempi della prova o quelli dell’attesa, e rimanda a situazioni in cui tutti possono trovarsi di fronte alle sfide della vita, quali le ore del dolore e della malinconia o i momenti in cui l’impatto con una prova inaspettata o una delusione impensabile rischia di mettere in crisi il rapporto. L’osservazione mi sembrò giusta, al punto che sarei stato tentato di aggiungere all’elenco l’indaco delle notti oscure o il turchese delle fasi di transizione. Avrei voluto perfino aggiungere il nero del lutto e delle lacrime, ma una coppia mi fece notare che questo colore non appartiene all’amore, perché l’amore non perdona la morte: “Amare qualcuno significa dirgli: Tu non morirai!” (Gabriel Marcel). Tutti questi colori evocano, comunque, le debolezze e le fatiche possibili nella vita di coppia: la fragilità psicologica e affettiva delle relazioni fra i due e in famiglia; l’impoverimento della qualità dei rapporti che può convivere con “ménages” all’apparenza stabili e normali; lo stress originato dalle abitudini e dai ritmi imposti dall’organizzazione sociale, dai tempi di lavoro, dalle esigenze della mobilità; la cultura di massa veicolata dai media che influenza e corrode le relazioni familiari, invadendo in maniera indiscreta la vita della famiglia con messaggi che banalizzano il rapporto coniugale. Gli stessi colori “di transizione”, tuttavia, in quanto tesi verso la luce, possono richiamare i punti di forza della scelta di fare famiglia: la sua corrispondenza alla natura intima e profonda della persona umana fatta per amare; il suo essere non a caso la prima e la più originaria delle comunità naturali; la sua capacità di resistere alle sfide dei cambiamenti, attingendo di volta in volta alle risorse morali e affettive delle quali è custode. Agli occhi della fede, poi, appare qualcosa di ancora più grande: la famiglia ha un legame profondo con la Trinità. Tutti i colori di Dio vengono a riflettersi in essa. Lo aveva intuito una bambina, che la catechista aveva invitato a riflettere così: “Il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio. Come spiegheresti questo?” La piccola, fattasi tutta seria, rispose dopo qualche istante: “Dio sarà il nome di famiglia”. La teologa in erba aveva percepito qualcosa di grande: la comunione dei Tre che sono Uno si riflette e vive nella comunità familiare. Certo, anche la differenza è grande: le tre Persone in Dio sono Uno, mentre nella famiglia il legame d’amore non renderà mai perfettamente uno chi la compone. Tuttavia, si è famiglia quando si tende con tutte le forze ad essere uno nell’amore, non nonostante, ma proprio grazie alle diversità, analogamente a come avviene nell’amore eterno.

    7. La somma di tutti i colori. È la luce a comprendere tutti colori, a renderli visibili. Per chi crede la luce vera, venuta in questo mondo, arriva dall’alto, non a distruggere, ma a plasmare, costruire ed esaltare le forme della vita, come nei meravigliosi quadri di Caravaggio. È la luce della grazia divina che illumina, salva, perdona, risana. Essa non annulla le difficoltà, ma ci rende capaci di superarle: col suo aiuto possiamo dire veramente che “non è il cammino che è difficile, è il difficile che è cammino!” (Pavel Evdokimov). L’ultima parola sull’amore non potrà essere perciò che l’invocazione di questa luce, vissuta nel silenzio dell’ascolto e dell’adorazione di Dio, dove ci si lascia semplicemente amare da Lui, e nella supplica, che chiede umilmente alla Trinità di renderci partecipi della Sua vita divina: è l’inno del grazie, della lode, dell’intercessione, che vorrei innalzare per tutti gli sposi, presenti e futuri, ed insieme con loro. Ti ringraziamo, Padre, per tutti gli sposi, che hai chiamato ad amarsi in Te, segno reciproco della Tua tenerezza e della Tua fedeltà. Il loro amore, tante volte faticoso ed esigente, è riflesso del dialogo e del dono senza fine, che unisce Te al Figlio Amato nello Spirito dell’eterno amore. Grazie per quanto hai loro dato, grazie per quanti li hanno amati, grazie per quanti essi hanno amato, grazie per quelli ai quali attraverso il loro amore hai dato o donerai la vita, grazie perché li hai donati l’uno all’altra e, insieme, a Te. Aiutali a vivere il loro amore come Cristo ha amato la Chiesa, nel dono di sé fino alla fine. Rendili capaci di una continua e sempre nuova accoglienza reciproca. Fa’ che siano sempre uno, e contagino a quanti incontreranno l’amore che viene da Te, che è rispetto, attenzione, cura e giustizia verso ogni persona. Benedici il loro amore, mantienilo vivo nella freschezza di una fedeltà sempre nuova, rendilo irradiante ed operoso nel seno del Tuo popolo e custodisci nella gioia il loro dono reciproco, perché sia segno per tutti della vocazione all’amore che hai posto nel cuore di ciascuno, come immagine fedele di Te. Te lo chiediamo per Cristo, Sposo della Chiesa, nello Spirito dell’eterna alleanza nuziale, confidando nell’intercessione di Maria, la Sposa delle nozze eterne. Amen.

    8. Decalogo dell’Amore coniugale e familiare. Questo decalogo, che ho scritto anni fa insieme ad alcune coppie e che ha aiutato tante di esse a verificarsi sull’amore e a viverne i colori, meravigliosi e talvolta difficili, potrà servire anche a Te / a Voi due come semplice guida a fare un esame di coscienza, che spero sia opportuno e proficuo. Te / Ve lo offro come un mio piccolo dono d’amore:

    1. Rispetta la persona dell’altro come mistero

    2. Sforzati di capire le ragioni dell’altro

    3. Prendi sempre l’iniziativa di perdonare e di donare

    4. Sii trasparente con l’altro e ringraziala/o della sua trasparenza con te

    5. Ascolta sempre l’altro, senza trovare alibi per chiuderTi o evadere da lui/lei

    6. Rispetta i figli come persone libere

    7. Dà ai tuoi figli ragioni di vita e di speranza, insieme al tuo sposo/alla tua sposa

    8. Lasciati mettere in discussione dalle attese dei figli e sappi discuterne con loro

    9. Chiedi ogni giorno a Dio un amore più grande

    10. Sforzati di essere per l’altro e per i figli dono e testimonianza di Lui.

    Il Signore porti a compimento l’opera bella che ha iniziato in Te / in Voi…

    [Modificato da Coordin. 13/09/2010 19:42]
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    Coordin.
    00 13/09/2010 21:20

     

    Casella di testo: La grandezza del Matrimonio

     

    La famiglia come «chiesa domestica»: vocazione e missione dei i coniugi.

     

    «Per far fede costantemente agli impegni di questa vocazione cristiana si richiede  una virtù fuori dal comune: ed è per questo che i coniugi, resi forti dalla grazia per una vita santa, coltiveranno assiduamente la fermezza dell’amore, la grandezza d’animo, lo spirito di sacrificio e l’interpreteranno con la preghiera». (Gs 49).

     

    Gli impegni della famiglia cristiana che richiedono la forza della fede sono descritti dalla Familiaris Consortio:

     

    «La famiglia riceve la missione di custodire, rilevare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità» (FC 17).

     

    Possiamo riassumere l’impegno missionario della famiglia come chiesa domestica in 4 compiti:

     

    formare una comunità di persone 

    servire la vita

    partecipare allo sviluppo della società

    partecipare alla vita e alla missione della Chiesa.

     

    Formare una comunità di persone: nella famiglia deve circolare l’amore vero, l’amore di Dio.

    E’ questa la fonte che rende la famiglia aperta alla vita (procreazione), e il luogo in cui non si genera mai volontariamente sofferenza negli altri (abbandono degli anziani).

    Le famiglie, in questo compito delicato, hanno bisogno di essere sostenute.

     

    «Tutti i membri della famiglia, ognuno secondo il proprio dono, hanno la grazia e la responsabilità di costruire, giorno per giorno, la comunione delle persone, facendo di essa una “scuola di umanità più completa e più ricca”: è quanto avviene con la cura o l’amore verso i piccoli, gli ammalati e gli anziani; col servizio reciproco di tutti i giorni; con la condivisione dei beni, delle gioie e delle sofferenze.

    Questa comunione può essere conservata e perfezionata solo con un grande spirito di sacrificio. Esige, infatti, una pronta e generosa disponibilità di tutti e di ciascuno alla comprensione, alla tolleranza, al perdono, alla riconciliazione» (FC 21).

     

    La santità coniugale si contraddistingue dal: “essere due in una carne sola” (Gn 2,24) e “mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio”(Ct 8,6).

    E’ l’amore che stabilisce due esseri in unità. Amandosi veramente e sinceramente si impara vivere nella comunione-cooperazione. Si impara a vivere a servizio dell’altro nella fedeltà alla propria vocazione coniugale, donandosi per rendere felice l’altro.


    Casella di testo: I voti matrimoniali: castità, povertà obbedienza

     

    I consigli evangelici sono indispensabili per vivere il matrimonio cristiano in pienezza, seguendo la chiamata universale alla santità.

     

    Castità: ci chiede il retto uso della sessualità

    Si distingue dalla verginità (condizione fisica); dal celibato (condizione giuridica).

    La castità è una virtù  che aiuta a gestire con verità e amore il proprio corpo e la propria sessualità.

    Lo sposo cristiano promette, col sacramento del matrimonio di usare la sessualità secondo il Vangelo.

    Il corpo non è l’oggetto dell’egoismo, ma il canale attraverso il quale si stabilisce la relazione con l’altro. La virtù della castità rende la relazione tra coniugi il luogo dell’apertura, del dono disinteressato, rende il loro amore universale.  

    Un matrimonio non casto è contraddistinto dal rapporto di due persone che tendono a fruttarsi (in tutti gli ambiti) per interessi personali.

    La virtù della castità è un efficace farmaco capace di tenere lontano due mali:

    l’atto coniugale compiuto per ricatto o, al contrario, l’astensione da esso per falsi motivi;

    la sessualità finalizzata solo all’incontro dei due senza nessuna apertura agli altri.

     

    Povertà: retto uso dei beni a disposizione.

    L’istinto del possesso (è tutto mio!) porta all’uso e alla gestione arbitraria delle cose e anche del tempo.

    La virtù della povertà conduce i coniugi a spogliarsi del possesso delle cose e a condividerle nel matrimonio con il coniuge. Tutti i beni personali, di natura e di grazia, diventano patrimonio della coppia: mi spoglio dei miei beni per condividerlo con l’altro (coniuge), con gli altri (figli).

    La virtù della povertà è un rimedio efficace per combattere il consumismo.

    L’intesa che si crea tra i coniugi sazia il cuore e rende felice la coppia con poco. E’, infatti, la buona e vera relazione coniugale che riempie di significato l’esistenza.  La virtù della povertà genera una forte libertà interiore.

     

    Obbedienza: retto uso della propria capacità di azione, della propria volontà.

    I coniugi, nella relazione di coppia, obbediscono a quanto hanno concordato insieme, a quanto hanno costruito insieme. Non è divisione dei ruoli di potere (qui puoi decidere tu, qui decido io), ma fedeltà a tutto ciò che insieme si è scelto perché valutato come il bene più grande per l’intera famiglia .

     

     

    Casella di testo: Il Dio geloso: l’amore vero e i falsi amori

     

    Capita alle volte di sentire questa domanda da parte di un coniuge. Ma fino a che punto devo amare Dio e fino a che punto il mio coniuge. L’amore alle creature è un ostacolo all’amore per il Creatore?

     

    Questa domanda nasconde una serie di altri problemi che possono essere riassunti in tre direttive:

    credere che Dio si dispiace perché un  coniuge ama molto il coniuge e i figli;

    utilizzare inconsapevolmente il pretesto di  dover amore Dio al di sopra del mio coniuge e dei miei figli come una fuga dai doveri verso la famiglia;

    estrapolare dalla Sacra Scrittura alcune frasi (per esempio la dottrina di San Paolo sul sacramento del matrimonio), che giustificano atteggiamenti incoerenti di un coniuge a scapito della comunione e dell’unità familiare.

     

    Non dobbiamo antropologizzare la pedagogia educativa di Dio. Dio non è geloso dell’amore che intercorre tra due persone unite dal sacro vincolo del matrimonio. Dio è geloso degli idoli che ci creiamo, dei falsi amori che inseguiamo come le mode sbagliate, il denaro, il successo, gli affetti disordinati.

    Le  persone sedotte da questi falsi idoli finiscono per rovinare la propria vita.

    Chi ama veramente la propria famiglia e dona interamente se stesso per essa è perché ama veramente e profondamente Dio. E di questo Dio non è certamente geloso.

     

    Casella di testo:  Santuario domestico della Chiesa

     

     

    La famiglia è il luogo sacro della presenza dell’amore di Dio.

     

     «E’ questo il compito sacerdotale che la famiglia cristiana può e deve esercitare in intima comunione con tutta la Chiesa, attraverso le realtà quotidiane della vita coniugale e familiare: in tal modo la famiglia cristiana è chiamata a santificarsi e a santificare la comunità ecclesiale e il mondo» (FC 55).

     

    Il sacerdote cristiano offre se stesso ad imitazione di Gesù, offre il proprio impegno e sacrificio per costruire l’amore e vincere l’egoismo, offre la sua giornata e la sua fatica, offre la propria gioia e il proprio dolore.

     

    «Nella famiglia, come nella liturgia, si compie l’offerta della propria esistenza» (FC 56).

     

    La famiglia offre al Signore il sacrificio della propria esistenza come famiglia.

    Che cos’è un sacrificio? E’ un atto di culto con il quale rendiamo lode a Dio. E’ una lode che si esercita con la bocca, ma che soprattutto si realizza con la vita.

     

    «Tutte le loro opere, la preghiera e le iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiute nello Spirito, e persino le molestie della vita, se sono sopportate con pazienza, diventano spirituali sacrifici graditi a Dio per Gesù, i quali nella celebrazione Eucaristica sono piissimamente offerti al Padre insieme all’offerta del corpo del Signore, così i laici in quanto adoratori dovunque santamente operanti, consacrano a Dio il mondo stesso». (LG 34).

     

    Al laico è chiesto di far si  che la sua giornata diventi preghiera. Così la casa diventa chiesa domestica, santuario della presenza di Dio amare
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    00 13/09/2010 21:25

      Linee essenziali del matrimonio cristiano

     

       “Come riusciremo mai a descrivere la beatitudine di quel matrimonio che è combinato dalla Chiesa, confermato dall’offerta eucaristica e sigillato dalla preghiera di benedizione! Gli angeli lo notificano e il Padre lo ratifica. Neppure sulla terra infatti i figli possono sposarsi a giusto titolo senza il consenso dei loro padri. Quale coppia sarà mai quella di due cristiani uniti da una sola speranza, da un solo desiderio, da una sola disciplina e dalla medesima condizione di servi! Tutti e due fratelli, tutti e due compagni di servizio. Nulla li separa né nello spirito né nella carne, anzi sono veramente due in una sola carne. Dove vi è una sola carne, vi è anche un solo spirito; insieme pregano, insieme si prostrano a terra, insieme compiono i loro digiuni; si istruiscono l'un l'altro, si esortano l'un l'altro e si incoraggiano l'un l'altro.
       Insieme li trovi tutti e due nella Chiesa di Dio, insieme al banchetto di Dio, insieme nelle ristrettezze, nelle persecuzioni, nei momenti di sollievo. Uno non ha nulla da nascondere all'altro, uno non deve sottrarsi all'altro, uno non è motivo di fastidio per l'altro.
       Con tutta libertà si va a trovare un infermo e si porta aiuto a un bisognoso. Le elemosine le fanno senza angosciarsi, al sacrificio si recano senza inquietudine, i loro impegni quotidiani li esplicano senza ostacoli. I segni di croce non devono farli di nascosto, le feste le celebrano senza paura e le preghiere di benedizione non devono dirle in silenzio. A voce alta riecheggiano tra loro due salmi e inni, anzi, si sfidano a chi canta meglio al loro Signore.           
       Vedendo e ascoltando tali cose Cristo gioisce e manda loro la sua pace. Dove ve ne sono due, la c'è anche Lui e dove Egli è presente, non c'è il maligno. Sono queste le cose che la parola dell'Apostolo, sia pure nella sua concisione, ha lasciato alla nostra comprensione. Richiamale alla mente, se ce ne sarà bisogno, e fondandoti su di esse non seguire l'esempio di certe donne. Non è consentito ai cristiani contrarre in altro modo il loro matrimonio e quand'anche lo fosse, non gioverebbe affatto”.

    Tertulliano, Lettera alla moglie, II sec. d.C.

     

    “Non è primariamente la passione che fa essere sposa ma l’amore coniugale. Non si deve negare che siano ancora marito e moglie coloro che non si congiungono carnalmente, ma si legano assieme con i cuori”
    (S.Agostino, Sermo 51)

     

     

    Sessualità e amore coniugale
            Nella visione cristiana la sessualità è finalizzata all’incontro, alla relazione fra l’uomo e la donna, che raggiunge la sua espressione più intensa e completa nel matrimonio. Per capire dunque il senso cristiano della sessualità occorre capire il senso cristiano del matrimonio, ossia occorre tener presente il progetto di Dio sulla coppia umana e le condizioni da Lui richieste per realizzarlo16.

    Corpo e spirito
            Dobbiamo partire dal senso cristiano del corpo. La grandezza dell’uomo consiste nel fatto di essere una persona creata ad immagine di Dio, un essere spirituale a somiglianza di Dio17. Tuttavia la grandezza della persona umana non è grandezza dello spirito soltanto; essa è anche grandezza del corpo, di un corpo abitato dallo spirito; di un corpo nel quale lo spirito si radica e attraverso il quale deve fare trasparire continuamente la sua luce18. Corpo fin nello spirito, spirito anche nel corpo, l’uomo è una globalità indivisibile, per cui tutto ciò che eleva e trasfigura lo spirito trasfigura anche il corpo; mentre tutto ciò che avvilisce il corpo avvilisce anche lo spirito.

    Due in una sola carne
            Dio non ha voluto che l’uomo rimanesse solo. Fin dalle origini lo creò uomo e donna19. Dopo aver creato l’uomo ha voluto creare la donna come un dono per lui: «Io voglio creare un aiuto per l’uomo come un faccia a faccia»20; «L’uomo lascerà padre e madre per unirsi alla sua donna e i due diventeranno una sola carne»21. Essi dovranno fruttificare mediante la loro unione e riempire la terra.
            Il matrimonio, dunque, è voluto da Dio. Il rapporto tra i due sessi, l’attrattiva profonda che spinge l’uomo e la donna ad unirsi in matrimonio, l’amore coniugale con le sue varie componenti (spirituale, fisica ed affettiva) sono un bene di creazione, una realtà che scaturisce dall’amore di Dio e che, come tale, è in sé quanto mai buono e positivo.
            Mediante il matrimonio, Dio non dona all’uomo e alla donna delle cose, ma gli dona un’altra persona, un altro se stesso, non già per servirsene come uno strumento, ma per formare insieme una comunione d’amore, la comunione più intima e profonda che possa esistere sul piano naturale. È evidente che la chiamata a questa unione acquista tutta la sua grandezza e bellezza se viene vista alla luce della chiamata universale a vivere il comandamento nuovo lasciatoci da Gesù22.
            Il Santo Padre ci ricorda che questo grandioso dono è oggi sempre più attaccato frontalmente: “È preoccupante la tendenza di alcuni mezzi di comunicazione sociale a denigrare e a ridicolizzare il matrimonio e la famiglia, incoraggiando così l’egoismo e il disorientamento, al posto della generosità e del sacrificio necessari per conservare la forza di questa autentica cellula primaria della comunità umana. Sostenere la famiglia, aiutarla a compiere i suoi doveri indispensabili, significa guadagnare più coesione sociale e, soprattutto, rispettare i suoi propri diritti, che non possono essere dissipati davanti ad altre forme di unione (convivenze, unioni gay etc., ndr) che pretenderebbero di usurparli” 22b.

    Amore fecondo
            L’essere ad immagine di Dio e la partecipazione al suo amore non si esauriscono nel rapporto interpersonale della coppia, ma, così come l’amore di Dio è fecondo, anche l’amore dei coniugi, che da esso deriva, partecipa di questa speciale fecondità.  Dio ama la vita, così l’amore dei coniugi sarà aperto alla vita. L’amore degli sposi e quindi anche la loro unione intima, nel piano di Dio è finalizzata alla procreazione. L’aspetto unitivo dell’amore è strettamente collegato con l’aspetto coniugale a causa della psicologia stessa dell’amore23. «È per la sua stessa natura che l’istituto del matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati alla procreazione ed alla educazione dei figli»23b. Sostenuti da un vero amore ad immagine di quello di Dio, il marito e la moglie si donano l’uno all’altra mediante un gesto, il quale per sua natura non può essere altro che sorgente di vita. Nella loro comunione coniugale gli sposi non possono aprirsi alla ricchezza intima che l’uno è per l’altro senza accettare di inserirsi insieme nel disegno che Dio creatore e salvatore ha su di loro: quello cioè di chiamarli a dilatare ed arricchire continuamente la sua famiglia24.

    Amore fedele
            L’amore coniugale, quale ci si presenta nel progetto di Dio, non lo si può improvvisare. Esso richiede una seria preparazione ed educazione. Esige una vera maturità, la quale abbraccia molteplici fattori (culturali, psicologici, spirituali, ecc.). Esige una coscienza esatta di ciò che costituisce il matrimonio e dei doveri ed impegni che comporta. Soprattutto richiede un lungo esercizio per imparare ad anteporre la dimensione spirituale dell’amore a tutti gli altri valori, i quali diversamente perderebbero la loro consistenza ed ogni significato.
            Occorre conquistare una vera unità e libertà interiori; libertà dai condizionamenti dell’istinto, libertà dagli errori e dalle suggestioni della cultura moderna in questo campo. Sappiamo infatti come questa cultura, appellandosi agli argomenti forniti da certi studiosi moderni (medici, psicologi, sociologi, ecc.) in base ad una visione molto parziale e riduttiva dell’uomo, pretenda di presentarci il piacere come un assoluto, al quale praticamente tutto verrebbe sacrificato.
    La vera realtà da assolutizzare è la fedeltà, che esprime la natura dell’amore. L’amore è dono di sé e il dono di sé è  irreversibile, infatti “fedele” significa “per sempre”, il che è anche un riconoscimento del valore unico e infinito della creatura umana, la quale non può venire affittata. La fedeltà può talvolta essere difficile, ma è sempre ammirata come l’aspirazione di ogni amore. L’esempio nei secoli di tanti sposi cristiani dimostra che essa per dono di Dio è possibile, si esprime nella promessa di matrimonio ed è fonte di felicità profonda e duratura. Lo assicura Gesù: ”Quello che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”(Mt. 19, 16).
            Gesù è venuto per farci suoi fratelli, figli di Dio, per redimerci donandoci da vivere la sua stessa vita. Ci ha dato così la vera libertà, che consiste nella libertà dalle passioni e dagli istinti egoistici che portiamo dentro di noi, liberandoci, di conseguenza, dai falsi idoli, dai falsi assoluti, dai falsi padroni (il denaro, il potere, il successo, ecc.) che vorrebbero tenerci schiavi e dominare su di noi. Tra questi pretesi assoluti c’è anche il sesso. Anche l’istinto sessuale, in questa nuova vita evangelica, diventa una delle tante realtà create che possono e devono essere messe al servizio del Regno di Dio25.

    Una luce
            Naturalmente, per poter fare questo l’uomo ha bisogno di una luce e di una forza superiori: è la luce e la forza dello Spirito Santo. Il motivo per cui Gesù è così esigente anche in questo campo, umanamente così difficile, sta appunto nel fatto che Egli ci assicura il dono dello Spirito Santo. Attraverso la preghiera e i sacramenti noi possiamo contare sulla forza divina di questo dono. Lo Spirito Santo – facendoci sperimentare la gioia, l’amore, la libertà che vengono da Dio – ci rende capaci di affrontare le difficoltà, di superare le resistenze che possiamo incontrare lungo il cammino e di accettare le rinunzie che di volta in volta potrebbero esserci richieste. Il sacramento del matrimonio dona agli sposi lo Spirito Santo. Prepararsi all’amore coniugale secondo questo stile, non è così mortificante come si potrebbe pensare. Ecco al riguardo la luminosa testimonianza di Rosanna, una giovane sposa.

            “Indescrivibile è la gioia che il Signore dona a coloro che si fidano della sua Parola, piuttosto che degli incitamenti del mondo.
    Quando Cristo ci chiede di andare controcorrente, non lo fa per tormentarci o per metterci alla prova, ma per regalarci una felicità ancora più grande. Se ci chiede di passare per la porta stretta,è perché solo attraverso di essa noi possiamo giungere alla verità del nostro essere e così alla nostra piena realizzazione.
    Oggi, forse, in un mondo che idolatra il sesso, non c’è cosa più controcorrente della castità, che si vuol far passare come un valore ormai superato, retaggio di una mentalità oscurantista.
       La mia personale esperienza mi ha invece confermato che la vera ottusità consiste nel voler subordinare la persona alla sua sfera sessuale, così da esserne dominata, invece di dominarla e di finalizzarla ad esprimere messaggi autentici.
    La Parola di Cristo, che illumina ogni ambito della nostra esistenza, ci indica anche come vivere la nostra sessualità, se, senza accontentarci di gioie effimere, vogliamo giungere alla felicità vera.
    Il Signore, nella sua immensa bontà, mi ha fatto sperimentare tutto questo facendomi incontrare quella persona stupenda, che oggi è diventata mio marito. Quando ci siamo conosciuti, Daniele non aveva ancora la fede, ma aveva una straordinaria capacità di amare, una straordinaria tenerezza che ha lenito le mie ferite, derivate da una difficile situazione familiare, ed anche la capacità di rispettare le mie convinzioni religiose. All’inizio non capiva perché io mi ostinassi, sebbene il nostro amore crescesse di giorno in giorno, a non accettare i rapporti prematrimoniali, non capiva perché io, in nome della mia fede, non volessi fare ciò che tutti facevano; poi, però, questo suo non capire si è tramutato in una profonda ammirazione per la mia coerenza e nel desiderio di condividere la mia esperienza all’interno della Chiesa.
        Certo il cammino non è stato sempre facile; ci sono stati tanti litigi e momenti di tensione, ma la grazia del Signore non ci ha mai abbandonato e ci ha dato la forza di non perdere mai la capacità di dialogare. Un giorno, Daniele mi ha scritto: “Più forte della morte è il mio amore per te”. E’ proprio così: l’amore innestato nell’Amore di Cristo è più forte della morte, dunque riesce a superare qualsiasi difficoltà e a vincere i limiti della nostra natura umana.
      Ora che siamo sposati, raccogliamo a piene mani i frutti del nostro impegnativo cammino, che ci ha portato a conoscerci profondamente come persone. La nostra vita comune è felicissima e la nostra intesa sessuale armoniosa ed appagante, perché si basa sulla fusione delle nostre anime, prima ancora che su quella fisica.
    Insieme ringraziamo ogni giorno il Signore per le meraviglie che continua ad operare, se solo abbiamo l’umiltà e il coraggio di fidarci totalmente di lui”.
    (Rosanna, Cesena 2004)
                   

    Il matrimonio è segno dell’amore di Gesù

            I dati Istat  del Maggio 2004 danno una crescita delle percentuali di separazioni e divorzi in Italia tali da desumere il fallimento di un matrimonio su quattro (800.000 divorzi in 20 anni). Oltre a ciò la Chiesa  non può restare indifferente davanti al diffondersi della convivenza per le gravi conseguenze che ne derivano, sia religiose e morali (perdita del senso religioso del matrimonio, privazione della grazia del sacramento, grave scandalo) sia sociali (distruzione del concetto di famiglia, indebolimento del senso di fedeltà anche verso la società, possibili traumi psicologici nei figli).
    La Chiesa lamenta soprattutto che vadano perdute le straordinarie ricchezze del matrimonio cristiano. 
    È possibile svalutare la forza del Sacramento che viene incontro alle fragilità dell’amore? Può la Chiesa tacere la testimonianza di quelle sante coppie cristiane che per la loro totale fedeltà sono state il simbolo luminoso dell’amore di Dio? Una coppia non può costruirsi sul piano umano indipendentemente dalla comunità, e, sul piano religioso, indipendentemente dalla Chiesa… No, Cristo ci ha insegnato che Dio ci salva all’interno di un popolo!
            Cristo nel matrimonio non ha istituzionalizzato un “pezzo di carta” per legittimare l’amore umano. Ai suoi tempi il matrimonio esisteva già come “istituto naturale” della legge d’amore scritta nei cuori. Egli lo ha elevato a “sacramento,” cioè a segno visibile dell’amore con cui Lui ama l’uomo, il che è spiegato nella sua intera vita, fatta di amore fino alla croce. Ripercorriamo in un semplice schema la storia d’amore tra Dio e l’uomo, che definisce poi lo stile della coppia cristiana.
            Un uomo e una donna che si amano veramente non rappresentano solo una festa per sè e per tutti ma, secondo la Scrittura, sono manifestazione della natura di amore di quel Dio che “creò l’uomo a sua immagine…maschio e femmina” (Gn.1,27). L’unione coniugale è una realtà umana così grande che, alla luce della rivelazione di Cristo,  la Chiesa l’ha collocata fra quei sette segni sacramentali nei quali Dio manifesta la sua presenza e la sua azione.
            I battezzati che scelgono di sposarsi in Chiesa, eleggono Gesù come unico maestro del loro amore. Invitandolo a benedire le nozze gli esprimono la loro volontà di costruire una famiglia cristiana e gli chiedono la forza necessaria. Nella Chiesa gli sposi trovano fratelli e sorelle impegnati nel loro stesso cammino di amore soprannaturale e fecondo che li rende santi, cioè persone che si sforzano di compiere la loro missione terrena di coniugi cristiani. Matrimonio cristiano vuol dire accettare Cristo e la Chiesa come modelli d’amore, ma con un’umile adesione di fede. Non si tratta allora di fare dei  matrimoni in chiesa, quanto nella e per la Chiesa, cioè in quella parrocchia dove la nuova famiglia è chiamata ad esprimere la propria fede e impegno a vivere il vangelo.
         Nel matrimonio la coppia diventa segno dell’amore fedele di Gesù.
            L’amore degli sposi viene “cristificato” nel dono di sé compiuto davanti a Gesù, ossia reso capace di un sacrificio completo, fedele fino alla morte come il suo. Chi può sostenere una promessa di fedeltà eterna? Gesù, che manifesta la sua potenza nella nostra debolezza (2 Cor.4,5).
    Quanto vale la fedeltà? Ecco di seguito tre testimonianze al riguardo.

            Quando Christopher Reeve, l'attore ricco e famoso che ha interpretato Superman, rimase completamente paralizzato a causa di una brutta caduta da cavallo, sua moglie Dana entrando nella sala di rianimazione gli disse: «Non preoccuparti, sei ancora tu!». Un concetto fondamentale che lei non si stancava di ripetergli: «Sei ancora l'uomo di cui mi sono innamorata».
    Grazie a questo amore Chris superò il pensiero del suicidio che l'aveva sfiorato. Ecco la dignità dell'uomo: sentirsi amato, rispettato, considerato persona, indipendentemente dall'essere sufficiente o insufficiente a se stesso, dall'avere la capacità di ragionare o meno, dall'avere un corpo e un viso da superman o da velina, oppure deformato da malattie devastanti. La persona è tale perché è sempre degna di essere amata e, quando uno si sente amato, vive ed è contento di vivere. Nel Marzo del 2006 Dana Morosini-Reeve è morta di cancro ai polmoni a soli 44 anni, lasciando una testimonianza di amore vero, fedele nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia: fino alla fine.

     

    Il battesimo imprime
    in noi la coscienza che
    Cristo morì
    sulla Croce per
    salvarci, cioè per
    svelarci il
    nostro egoismo con
    l’amore di Dio nella sua
    obbedienza al Padre

     

    I battezzati-fidanzati,
    sentendosi amati da Dio
    in Cristo lo scelgono nella
    sua Chiesa come
    modello massimo
    di amore fedele e
    ricevono  la forza per
    conformarsi a Gesù
    ( = lo Spirito Santo o
    Grazia propria del Sacramento)Nel
    sacramento del
    matrimonio
    il battezzato
    è reso capace di
    amare il proprio
    coniuge come
    Cristo ha amato
    la sua Chiesa

     

            “Vent’anni fa sua moglie se n’era andata con un altro uomo. Giacomo si era ritrovato solo con due figli da crescere ed educare: una bimba di tre anni e un bambino di cinque. Alice era fuggita, era venuta meno alla promessa pronunciata davanti all’altare. Ma Giacomo, lui no: e non aveva nessuna intenzione di farlo. Perché il tradimento di Alice - si era chiesto - doveva condurlo a rinnegare a sua volta il sacramento del matrimonio? Pur nello scoramento e nella solitudine, Giacomo aveva preso una decisione: non avrebbe dato un’altra madre ai suoi figli, non avrebbe più diviso il suo letto con un’altra donna. Davanti a Dio, e a dispetto di tutto, Alice restava sua moglie. E lui le aveva giurato fedeltà per la vita. Un giorno Alice è ritornata, vent’anni dopo, ma è ritornata. Era malata, aveva un tumore. Stava con un uomo, ma quando lui ha saputo che lei era spacciata, è sparito. Alice ha cercato Giacomo. Lui l’ha di nuovo accolta. L’ha accudita con infinita tenerezza. Fino all’ultimo. Lei si è spenta tra le sue braccia. E’ stata una grande prova d’amore”.
    (da Avvenire in Noi genitori e figli n. 25 - 1999)

     

            “La famiglia stabilizza ed inoltre un giovane quando si sposa trova il suo equilibrio, la sua completezza, riesce a dare il meglio di sé, certamente di più di quello che ha sempre dato. Tanto è vero che quando capita di poter individuare una buona moglie io stesso suggerisco il matrimonio. Anche per la squadra rappresenta un’ottimo investimento.
    Sono credente, lo sono sempre stato, più il tempo passa e più aumenta la mia fede. Nelle interviste che mi vengono rivolte si cerca sempre e solo di parlare di calcio. Nessuno si è mai interessato alla mia normalità coniugale e familiare. Se però lasciassi mia moglie, tutti correrebbero a parlare di me, tutti cercherebbero di scoprire o fotografare una nuova fidanzata o compagna. Nessuno riesce a interessarsi ed a capire la normalità di una vita familiare e coniugale vissuta quotidianamente con grande serenità e gioia. E’ proprio questo il segreto della famiglia, è questa la sua bellezza e mi meraviglio davvero che tanti oggi la mettano in discussione”.
    (Giovanni Trapattoni, allenatore, da Avvenire, in Noi n. 24 - 1999)

     

            Alla luce di quanto abbiamo spiegato a riguardo del sacramento del matrimonio si capisce come il rapporto fisico non possa essere l’inizio, ma la conclusione di un lungo cammino che i giovani faranno insieme per verificare se sono capaci di comunicare profondamente tra loro, e se sono in grado d’essere il punto di riferimento l’uno dell’altro e dei figli per sempre.
            Oggi, questo per sempre non può essere garantito solo dallo sforzo umano. La fedeltà e l’indissolubilità sono, sì, il frutto dell’impegno dell’uomo e della donna, ma sono al tempo stesso il dono che Dio fa agli sposi nel sacramento. Finché nel nostro cuore non è stata inserita la capacità di amarsi “come Cristo ama”, il rapporto coniugale è soggetto a tutte le fragilità che derivano da una natura debole e dai mille condizionamenti di una società allergica alla fedeltà.
    Per questo la Chiesa, pur conoscendo le reali difficoltà che i giovani incontrano in un fidanzamento che si protrae a lungo nel tempo (spesso per ragioni che non dipendono da loro), chiede che il gesto che esprime la volontà di donarsi per sempre attraverso l’intimità fisica sia realizzato quando essi hanno la garanzia che il loro rapporto si fonda non solo sul loro amore, ma sulla solidità della grazia che Dio dona col sacramento.

     

    16.  cf. Gn 1,26.- Ecco le citazioni bibliche dell’Antico e del Nuovo Testamento sul matrimonio:
    Genesi 1, 26 – 31(divina creazione, dignità, benedizione, missione, poteri dell’uomo e della donna); 2, 7 (formazione divina dell’uomo); 2, 18-25 (scopo, divina formazione della donna, divina istituzione del matrimonio per bocca di Adamo innocente ispirato da Dio); 3 (peccato dei progenitori, divina punizione inflitta all’uomo e alla donna); 8, 15 - 9, 1 (rinnovata benedizione e riproclamata missione del matrimonio); Gn 11 – 25 (Sara e Abramo); 24 – 29 (Rebecca e Isacco); Deuteronomio 24, 1 -4 (la legge sul ripudio Mosaico); Sam 1 – 2  (Anna di Elcana, profetessa); Tobia 3 – 12 (Sara di Tobia) ; Matteo 1- 2; Luca 1 – 2 (Giuseppe e Maria Vergine); Matteo 5, 31 -32; 19, 1 – 11;  Marco 10, 1 -12; Luca 16, 18 (indissolubilità del matrimonio riportato allo splendore della primitiva origine divina e abolizione del ripudio mosaico); Giovanni 2, 1 -12 (presenza di Gesù che consacra le nozze e le benedice anche materialmente); Romani 7, 1 – 3 (indissolubilità del matrimonio fino alla morte); I Corinti 7 (matrimonio, celibato, verginità, vedovanza); I Cor. 11, 2 – 16 (sudditanza dell’uomo a Cristo e  della coppia a Cristo); Efesini 5, 21 – 33 (sul modello di Cristo e della Chiesa, capo e corpo, si vede il legame della sposa allo sposo e il loro amore scambievole); Colossesi 3, 18 – 19 (amore scambievole nella coppia); I Timoteo 5, 1 – 16 (vedove); I Pietro 3, 1 -7 (santità delle spose, loro apostolato verso i mariti, comprensione e onore di questi verso di esse). Riguardo all’unione dello sposo e della sposa come immagine della comunione divina con l’umanità, l’immagine di Cristo e della Chiesa affiora anche nel Cantico dei cantici, Osea, Efesini 5, 21 – 33.
          Il matrimonio cristiano non riguarda perciò soltanto i corpi, ma si estende all’anima : è ordinato da Dio a unire sotto ogni punto di vista (spirituale, psichico, fisico) l’uomo e la donna.
    Tale è l’ideale cristiano, altissimo, ma realizzabile per chi confida nell’amore di Dio. 
    17.  cf. Ibid. 2,7.
    18.  cf. Gaudium et spes, 14.
    19.  cf. Gn 1,27.
    20.  cf. Ibid. 2,18.
    21.  cf. Gn 2,24 alla luce di Mt 19, 4-6.
    22.  cf. Gv 13, 34.
    22b.  cf. L’Osservatore Romano, 30-06-06; Gaudium et spes, 49.
    23.  cf. Humanae vitae, 12.
    23b.  cf. Gaudium et spes, 48.
    24.  cf. Ibid., 50; vedi anche G. Martelet, Amore coniugale e rinnovamento conciliare, Assisi   1968, p. 20.

    cf. G. Rocca in AA.VV. Uno solo è l’amore, Città Nuova, 1992.

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    Credente
    00 14/06/2012 23:23

    UN INTERESSANTE MANIFESTO

    di chi vuol combattere il matrimonio tra uomo e donna

     
     
    di Gianfranco Amato*
    *avvocato e bioeticista (da www.culturacattolica.it)

     

    Sta circolando un’immagine offensiva in cui tre scimpanzé, un maschio, una femmina e un cucciolo, vengono irriguardosamente accostati alla Sacra Famiglia. Il motivo del raffronto sacrilego è contenuto nel bodycopy«Nessuno ha l’esclusiva sui modelli di famiglia». Ovvia l’allusione al magistrale intervento del Sommo Pontefice al VII Incontro mondiale delle famiglie tenutosi a Milano.

    Gli ideatori di questa bella pensata sono, ça va sans dire, gli impareggiabili gaffeur dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, che nel perenne tentativo di voler apparire insolenti, beffardi e irrispettosi ad ogni costo, restano spesso vittime di incidenti che li fanno precipitare nel ridicolo o nel comico involontario. Con quest’ultima boutade delle scimmie, il messaggio che i maldestri impertinenti dell’UAAR intendono trasmettere – così come testualmente si legge nel loro sito istituzionale – è che «non esiste un modello “unico” e “naturale” di famiglia».

    Il punto è che hanno magistralmente toppato la strategia di marketing utilizzata per veicolare tale messaggio, visto che sono riusciti a trasmettere l’esatto contrario di ciò che intendevano propagandare. Un omerico autogol, nella migliore tradizione uaarrina. Ora, a prescindere dall’aspetto blasfemo – sul quale è meglio stendere un velo pietoso – il concetto che con tutta evidenza promana da quella insolente rappresentazione fotografica, è che un modello di famiglia naturale esiste eccome: è composto da un esemplare maschio, un esemplare femmina e da un cucciolo. Il passaggio, poi, dal mondo animale a quello umano è più che naturale. Una siffatta idea di composizione familiare, tra l’altro, non è per nullaun’invenzione del cristianesimo, né tantomeno della Chiesa Cattolica. Fin dall’antichità, e ben prima, quindi, dell’avvento di Cristo, la famiglia, costituita da un uomo e una donna e fondata sul matrimonio, è stata considerata come la cellula della società, «principium urbis et quasi seminarium rei publicae», per mutuare la celebre espressione di Cicerone nel suo De Officiis, ovvero il fondamento della comunità e una sorta di vivaio dello stato. E questa idea, come ricordava sempre il grande Cicerone, è mutuata dal mondo animale poiché «natura commune animantium, ut habeant libidinem procreandi».

    Nel patetico quanto sfortunato tentativo di contestare l’evidenza naturale del concetto di famiglia – così come da sempre è propugnato dal Magistero della Chiesa Cattolica – i nostri goffi dissacratori dell’UAAR sono riusciti a rendere un’immagine plastica di quello stesso concetto, al punto di rischiare qualche severa reprimenda da parte della potente lobby gay. Se non addirittura l’accusa di omofobia. In effetti, è difficile reperire in natura due scimpanzé omosessuali, e se anche, per uno scherzo della medesima natura, qualche esemplare fosse possibile rinvenirlo, certamente sarebbe difficile accostarlo al compagno/a insieme ad un cucciolo. Anche tra gli scimpanzé, infatti, per generare un essere vivente di quella specieoccorre un gamete femminile ed un gamete maschile. La dura realtà è che il mondo animale non conosce le “famiglie arcobaleno” che gli umani cercano caparbiamente di creare a dispetto della natura. Se non fosse stato per l’irriverente, empio e sacrilego raffronto tra le scimmie e la Sancta Familia, questa volta avremmo potuto persino ringraziare l’UAAR per aver fatto comprendere, attraverso una semplice immagine che vale più di mille parole, come in natura non possano esistere altre famiglie se non quelle costituite da un individuo maschile, uno femminile e dalla prole nata dalla loro unione. Con buona pace di tutte le presunte alternative a questo “unico” ed immutabile modello “naturale”.

     

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    00 02/07/2012 10:09
    Mons.Bruno Forte - Lo Spirito Santo sorgente di spiritualità Trinitaria per la coppia
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    Coordin.
    00 22/08/2012 08:44



    Lo sposalizio davanti al Signore, dispone le coppie a mantenere la fedeltà alle promesse fatte.
    Che il Signore doni a tutti la forza e la grazia di poter essere uniti sempre nel vincolo santo del loro amore, in ogni circostanza favorevole o avversa, in un mondo che condiziona fortemente la stabilità della famiglia.
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    00 27/08/2012 12:57
    IL MATRIMONIO CRISTIANO

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    Coordin.
    00 27/08/2012 13:01

     01:02:51
     
     
     
     
     
     
     
     
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    00 12/10/2012 21:31
    Non è il vostro amore che sostiene il matrimonio:
    è il matrimonio che d’ora in poi,
    porta sulle spalle il vostro amore.
    Dio vi unisce in matrimonio: non lo fate voi, è Dio che lo fa.
    Dio protegge la vostra unità indissolubile di fronte
    ad ogni pericolo che la minaccia dall’interno e dall’esterno.
    Dio è il garante dell’indissolubilità.
    È una gioiosa certezza sapere che nessuna potenza terrena,
    nessuna tentazione, nessuna debolezza
    potranno sciogliere ciò che Dio ha unito.

    D. Bonhoeffer
    Lettera a due sposi, maggio 1943

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    00 31/10/2012 23:33

    Sesso prematrimoniale:
    la posizione della Chiesa (e della scienza)

    Nella odierna società pansessualista, figlia della rivoluzione sessuale del ’68, ogni momento della giornata è stimolato da pubblicità, articoli, notizie e intrattenimento a base sessuale. E’ molto difficile offrire un punto di vista differente, se non fosse per la ragionevolezza della posizione della Chiesa, sarebbe quasi impossibile.

    In particolare vorremmo parlare del sesso prematrimoniale, in occasione dell’uscita di uno studio scientifico  -pubblicato su APS Psychological Science e realizzato da ricercatori del dipartimento di psicologia dell’University of Texas- che ne sottolinea le controversie. Gli studiosi, attraverso un campione di 1.659 di fratelli dello stesso sesso seguiti dall’adolescenza (età media = 16 anni) all’età adulta, hanno rilevato che le coppie sposate o conviventi che avevano atteso a fare sesso avevano «significativamente ridotti i livelli di insoddisfazione nella relazione». Inoltre, coloro che hanno fatto sesso precoce nella vita, erano portati alla convivenza più che al matrimonio.

    Prima di proseguire con studi scientifici precedenti che confermano questi risultati, è bene chiarire la posizione della Chiesa cattolica in merito (qui la visione sull’argomento presente nella Bibbia). Ne ha parlato con autorevolezza padre Maurizio Faggioni, docente di Teologia morale e ordinario di bioetica presso la Accademia Alfonsiana in Roma:«In prospettiva cristiana»ha spiegato«la sessualità non è un bene di consumo o una fonte di gratificazione fine a se stessa» ma «si colloca nella luce della verità quando l’unione dei corpi simboleggia e compie l’unione delle esistenze e, quindi, esprime una relazione di totale coinvolgimento, di reciproca conoscenza, di corresponsabilità, di condivisione. Unirsi fisicamente al di fuori di questo contesto umano denso e impegnativo banalizza la sessualità, la appiattisce sulla genitalità e la svuota del suo significato più autentico, rendendola una “parola” vuota e superficiale, anche se momentaneamente esaltante». Il cristianesimo chiede all’uomo di essere uomo, di prendere sul serio anche il sesso, dono di Dio.

    Ha proseguito il teologo: «L’unione sessuale trova il suo contesto appropriato soltanto nel matrimonio perché solo nel matrimonio, inteso come progetto globale di vita, la sessualità può esprimere le due dimensioni fondamentali dell’amore coniugale, la comunione e la fecondità». Dopo aver fatto una corretta distinzione tra i “rapporti occasionali” e i “rapporti prematuri”, padre Faggioni ha quindi concluso: «nella morale cattolica, i rapporti prematrimoniali non sono solo sconsigliati, ma sono proprio esclusi. La proposta pastorale per due fidanzati è di accordarsi con i tempi e le dinamichedella loro preparazione al matrimonio, crescendo nella giusta intimità e riservando alla vita coniugale l’espressione fisicamente ed emotivamente più completa del loro amore». Davvero interessante, per chi volesse approfondire ulteriormente, questo documento in cui oltre alla dettagliata spiegazione della posizione cattolica sono presentidiverse risposte alle più frequenti obiezioni.

    La cosa fondamentale da capire, lo ha spiegato benissimo Mario Palmaro, è che la posizione della Chiesa non nasce per una impuntatura moralistica, né per una voglia di proporre dei sacrifici agli uomini, né per una prescrizione formalistica. Ogni insegnamento della Chiesa «ha un profondo significato antropologico: è proposta perché “fa bene” all’uomo, rispetta e promuove la sua più intima natura, lo aiuta a comprendere in profondità l’essenza del matrimonio».

    Che la castità prematrimoniale venga insegnata per il bene per l’uomo (come tutte le verità morali), e non per qualche fissazione sessuofobica, lo rende chiaro l’indagine scientifica. Oltre allo studio citato inizialmente,  nel luglio scorso un team di ricerca presso la Cornell University ha scoperto che «il sesso prematrimoniale può avere degli effetti negativi sulla qualità della relazione». Nel 2010 uno studio pubblicato su Journal of Family Psychology e realizzato dalla Brigham Young University (Utah), ha intervistato 2.035 persone sposate, verificando che il sesso realizzato solo dopo il matrimonio permette di godere di un rapporto più forte e stabile nella vita di coppia. Nell’ottobre 2002 i ricercatori W. Sigle-Rushton e S. McLanahan hanno espresso, su Center for Research on Child Wellbeing della Princeton University, ”preoccupazione” per l’aumento del tasso di sesso prematrimoniale (oltre ad altri fattori), il quale contribuisce ad un«impatto deleterio sui bambini, le famiglie e la società nel suo complesso». In questo articolo altri studi sulle conseguenze della convivenza prematrimoniale (e dunque presumibilmente anche del sesso prematrimoniale).

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    00 24/11/2012 14:17

    I vescovi parlano di sesso e amore. E ne parlano bene

    Siete delusi da sfumature di grigio che prima esaltano e poi, finito il libro, ti salutano? Volete pane per i vostri denti, voi assetati di esperienze che contano? Insomma, volete roba forte? Bene, allora leggetevi le 36 pagine degli Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia ad opera della Commissione Episcopale per la famiglia e per la vita. Fidatevi, non ci troverete la solita minestra ma dinamite. Roba forte, appunto. A partire dai passaggi rivolti ai giovani di oggi, agli «adolescenti, assediati da un clima generale fortemente erotizzato nella comunicazione, nella moda, nei modelli proposti, devono essere guidati ad acquisire un sano senso critico» (p.7).

    Poche ma già dense parole che fotografano appieno la devianza di una sessualità che quando è continuamente indotta non può, nonostante i piaceri che procura, essere libera. E meno liberi ancora sono quanti, proprio perché «assediati da un clima generale fortemente erotizzato», non scelgono qualcuno per amore ma lo cercano per piacere; non del tutto consapevolmente magari, ma questo fanno. Attenzione però: non si vuole, dicendo questo, demonizzare proprio nulla. Al contrario, proprio perché la sessualità è fondamentale che deve essere vissuta come si deve.

    E cioè secondo quel magnifico principio che, scomparso come termine dalla lingua parlata, di questo passo lascerà pure il vocabolario: il pudore. Che non è una prigione ma un mezzo, una via che «custodisce e tutela i valori intimi e profondi della persona; non limita la sessualità, ma la protegge e l’accompagna verso un amore integrale e autenticamente umano» (p. 8). Pudore e castità, quindi, da intendersi non come privazione del piacere durante il fidanzamento, ma come orientamento di quest’ultimo verso il piacere vero, da vivere pienamente nel matrimonio. Altro che Chiesa sessuofobica!

    D’accordo, si obbietterà, ma così dicendo di fatto si suggerisce ad una coppia di sposarsi senza nemmeno un sano e raccomandabile collaudo dell’intesa sessuale. E come si fa, scusate, a sposarsi senza questo? E se poi uno scopre di avere sposato la famigerata “persona sbagliata”, che fa? Si spara? Ora, messa così l’obiezione ha effettivamente il sapore della critica intelligente, che inchioda la morale cattolica alle proprie contraddizioni con la realtà. Il punto è che proprio la realtà, se ci pensiamo bene, a dare ragione alla Chiesa.

    Infatti nessuno può negare la diffusione, oggigiorno, dei rapporti prematrimoniali. Ebbene, al tempo stesso non si può negare neppure un’altra tendenza, ossia quella – piuttosto triste, diciamolo – per cui le coppie si sposano sempre meno e, anche quando convolano a nozze, si lasciano sempre prima, ognuno per la sua strada. Eppure si tratta di coppie che la famosa intesa sessuale l’avevano sperimentata a dovere, intensamente, prima a rate e poi tutta intera, senza limiti. Insomma, sulla carta si tratta di coppie – almeno in teoria -moderne, libere e felici. Ma poi, non di rado, arrivano là dove non avrebbero mai pensato e voluto: a lasciarsi.

    Come mai? Vuoi vedere che forse è proprio vero che sessualità è sì importante, ma non sufficiente per la longevità di una storia? Per la stabilità di un rapporto, infatti, serve ben altro che la percezione di stare bene insieme: si deve sapere dove insieme si vuole andare. E occorre saperlo con chiarezza da subito, perché una relazione che inizia come passatempo, c’è poco da fare, difficilmente può tramutarsi in qualcosa di più serio. Sarà ricca e stimolante, ma dopo un po’ perderà il suo fascino iniziale. Come accade, appunto, per i passatempi.

    A scanso di equivoci è comunque bene ribadire che la Chiesa – contrariamente a ciò che qualcuno pensa - non raccomanda di fidanzarsi o addirittura di sposarsi “a scatola chiusa”, senza conoscere minimamente il proprio partner. E’ una balla grande come una casa. La Chiesa non vuole affatto questo; ed oltretutto non potrebbe nemmeno volerlo: primo perché l’attrazione fisica fra due persone non ha bisogno di alcun “giro di prova” e non soggiace ad alcun divieto – o c’è o non c’è –, e secondo perché se due si sposassero senza desiderarsi sarebbe semplicemente folle.

    La Chiesa e gli autori degli Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia questo lo sanno bene. Tanto è vero che alla fine, come prova definitiva delle proprie tesi, non ricorrono ad alcun argomento bensì alla testimonianza. A quella testimonianza che chiunque può incontrare. Infatti, se è «vero che non pochi dei fidanzati che richiedono il sacramento del matrimonio sono da tempo distanti dalla pratica religiosa e dalla partecipazione attiva alla vita della comunità cristiana, non possiamo dimenticare che vi sono giovani che scelgono di sposarsi in chiesa con una chiara coscienza di fede, magari dopo cammini pluriennali all’interno della comunità» (p. 19).

    Una constatazione che lascia aperta una serie di domande: ma se davvero – anche se non è affatto così, come ogni buon cattolico sa – la vita è una e bisogna gustarne ogni esperienza, perché non provare anche lacastità? Perché non osare? Il percorso è di quelli tosti, inutile raccontarsi storie. Eppure vale la pena tentarlo. Perché gettare le piastrelle del fidanzamento da subito nella direzione del matrimonio non significa a tutti i costi arrivarci, ma sapere che quando ci si arriverà non solo avremo davanti a noi la sospirata “persona giusta”, ma saremo a nostra volta la “persona giusta”. Perché avremo imparato ad amare; a rispettare davvero l’altro; a governare le passioni, pronti al meritato piacere di cui non saremo schiavi, ma principi.

    Giuliano Guzzo

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    00 07/12/2012 18:37

    elogio della maternità

     

    di Anna Paola Borrelli*
    *teologa moralista perfezionata in bioetica

     

    Il Femminismo nasce nell’800 negli Stati Uniti e in Europa per rivendicare uguale parità giuridica, politica e sociale tra uomo e donna. In Italia, sebbene a quell’epoca non lo si definisse ancora femminismo vero e proprio, si scioperava per i diritti delle lavoratrici riguardo agli stipendi, alle troppe ore di lavoro, ecc. Fu, poi, il 1968 l’anno in cui il femminismo italiano proruppe con tutta la sua forza. Note a tutti negli anni ’70 le battaglie a favore del divorzio, aborto e controllo delle nascite, diverse le iniziative sostenute per l’emanazione di una legge contro la violenza sessuale, non più ritenuta come “offesa al pudore”, bensì come reato contro la persona, per il sorgere dei consultori familiari e degli asili-nido… Pareri favorevoli e critiche hanno scandito da sempre l’operare di questo movimento politico, culturale e sociale.

    Oggi, il femminismo, seppure con toni meno accesi, è ancora presente e lo si evince dalle affermazioni della trentatreenne Jessica Valenti, scrittrice e celebre femminista, sul sito da lei fondato che porta il titolo di “Feministing.com”. La Valenti, madre di una bimba di due anni, è autrice del saggio: “Why Have Kids?”. Ella sottolinea che «lungi dall’essere il mestiere più difficile e soddisfacente del mondo, la maternità è un ruolo maledettamente deprimente»«tanto che le donne intelligenti farebbero meglio a non fare figli». Attacca, poi, quelle che definisce  le «menzogne sull’essere genitori propinate quotidianamente dai media e dalla politica»«Statistiche e studi scientifici parlano chiaro. Altro che stagione idilliaca nella vita di ogni uomo e donna, avere figli rende gli individui “meno felici e più depressi”».

    La visione prospettata dall’autrice J. Valenti va a collimare con l’esperienza di tanti coniugi che ogni giorno si sacrificano per i propri figli, disposti a dare tutto, anche la propria vita, se si rivelasse necessario per il loro bene. È innegabile che l’esistenza cambi totalmente dopo la nascita di un bimbo, l’equilibrio consolidato costruito con fatica dalla coppia si spezza bruscamente ad ogni nuova gravidanza, quando dall’unità duale si verifica il sorgere di una nuova vita. Essere genitori è al tempo stesso il mestiere più affascinante e difficile del mondo. Non esistono ricette, manuali o istruzioni pronte all’uso. Davanti a sé c’è un figlio o una figlia, con la sua unicità e irripetibilità, col suo carattere, la sua personalità, con dei sogni e delle aspirazioni che non possono essere i nostri.

    C’è la responsabilità di una vita da accogliere e custodire. Non basta dargli la vita una volta e per tutte. Procreare un figlio significa anche dargli la vita continuamente,generarlo ogni giorno, attraverso la cura e l’educazione. È un esodo continuo che parte dal nostro “io” e arriva sino alla terra sconosciuta del figlio, perché ciascuno di noi è un mistero, perfino per se stessi. Nella psiche dei genitori pian piano il “bambino immaginario”, alimentato dalle nostre aspettative e speranze deve far posto al “bambino reale”, concreto. Un figlio non lo si sceglie, lo si ama incondizionatamente. Bisogna fare spazio: nei pensieri, nel cuore, nei tempi del quotidiano; è svuotarsi per accogliere, è uscire da se stessi per donarsi. E’ per es. impensabile che un neonato dorma, mangia, pianga o debba essere cambiato quando decide la madre; è lei semmai a dover sottostare ai ritmi e agli orari del bambino e non viceversa. Con la nascita di un figlio la vita cambia radicalmente, niente è più uguale a prima: gli impegni triplicano, la stanchezza aumenta… ma per una donna non c’è carriera, né affermazione sociale che valga quanto la vita di un figlio!

    E’ una sorta di rivoluzione copernicana, dove i genitori ruotano intorno alla persona del figlio, dalla quale ricevono fasci d’amore, ma ne inviano pure. Nell’universo della famiglia tutto ha ragione di esistere ed è retto dall’unica legge dell’amore. “Amare un bambino non significa amarsi attraverso di lui: significa amare la sua individualità, la sua globale e totale diversità, la sua persona” (Jean-Pierre Relier). Il figlio impegna tantissimo, risucchia tutte le energie dei genitori, ma quei sorrisi e quegli abbracci regalati ripagano più di tutto l’oro del mondo! Perchè ogni bambino che nasce è sempre un dono preziosissimo, un meraviglioso inno alla vita. E’ gioia, prima di essere preoccupazione; è speranza, prima di essere stanchezza. Non è affatto semplice, essere genitori è un allenarsi di continuo alla virtù della pazienza, è un tenere a freno la propria irruenza in certi momenti, è dosare dolcezza e fermezza insieme, è mettersi spesso in discussione per trovare metodi educativi sempre più consoni, perché un figlio crescendo cambia e con lui le situazioni, ma pure perché modalità educative che possono andar bene per un figlio, devono essere sostituite per un altro (ognuno è un universo a parte), è imparare ad ascoltare e a sintonizzare i passi del cuore, sulla lunghezza d’onda dei suoi bisogni e delle sue richieste, è essere veicolatori di valori, ma soprattutto autentici testimoni e maestri di vita.

    Il motivo preponderante per cui la scrittrice e femminista J.Valenti porta avanti la sua teoria risiede in un’espressione che racchiude bene il suo pensiero: «Il vero problema è una società dove, se è il papà a cambiare i pannolini e a portare il figlio dal pediatra è un eroe, se a farlo è la mamma, sta solo compiendo il suo dovere». Oggi sono mutate le condizioni storico-sociali e sempre più mamme lavorano, per cui è naturale ed è giusto che uomo e donna si sentano ugualmente interpellati nella gestione del piccolo, il carico di lavoro non deve pesare esclusivamente sulla madre, pertanto il papà potrebbe contribuire ad es. cambiando il pannolino, dando il biberon o la pastina, portandolo a passeggio o alle giostre, giocando col piccolo, facendogli vedere i compiti, durante l’età scolare….. Dividersi i compiti, a seconda dei propri impegni lavorativi e casalinghi, aiuterebbe entrambi ad organizzarsi meglio e a rendere l’ambiente familiare quanto più sereno possibile per se stessi e per il proprio bambino.

    «L’unico scoglio siamo noi donne. Siamo state allevate a credere di essere il più capace e competente dei due genitori e abbiamo difficoltà a cedere questo potere» afferma, inoltre, l’autrice del saggio: “Why Have Kids?” Contrariamente alla sua posizione attualmente in America si elogia sempre più spesso la maternità, anche pubblicamente, a tal punto che qualcuno la definisce “un’ossessione”. Durante il 2012 una sessantenne in attesa di un figlio è stata ritratta sulla copertina del “New York Magazine” e la foto di una giovane ventenne californiana  mentre allatta il figlio di quattro anni sul “Time” non è passata di certo inosservata. In entrambi i casi la figura del padre era assente. Nel 1915 la femminista Charlotte Perkins Gilman, nel suo romanzo Herland, prospettava un mondo senza uomini e in America quest’idea è presente in molte coscienze. In base ad uno studio del Pew Research Center è emerso che nel 1970 le mogli collaboravano all’economia familiare con una percentuale molto bassa, tra il 2 e il 6%, nel 2007 la percentuale si attestava al 36% e in tempi ancor più recenti sta per sfiorare il 50%. Dal 2008 ad oggi, invece, i licenziamenti di uomini avutisi nel Paese costituiscono il 75%. Questi dati mostrano come i ruoli appaiono ormai invertiti. Ma ovviamente un mondo senza uomini, come annunciato dalla femminista Gilman, è un mondo a metà, perchéuomo e donna costituiscono due polarità, due modelli diversi che si completano a vicenda. Sono immagine perfetta del Dio invisibile che nell’amore si incontrano e si relazionano, completandosi a vicenda. Sono corde della stessa chitarra, ma che solo insieme possono produrre all’unisono l’armonia dei suoni.

    Uguaglianza e parità di diritti, oltre che di doveri, fra uomo e donna, in determinati contestiè ancora un’utopia.  E’ di un mese fa la notizia che in Arabia Saudita le donne non appaiono neppure nella copertina del catalogo IKEA. Normalmente distribuito in tutto il mondo, rispetto all’originale svedese, dove compare la foto di un padre col figlio, e più in là di una donna e un bambino, nell’azione congiunta di specchiarsi, nel catalogo arabo è stata rimossa l’immagine della donna. E’ l’ennesima sconfitta, lì dove il ruolo e la condizione femminile sono costantemente offuscati e i diritti delle donne perennemente calpestati. In Arabia una donna non può guidare l’auto, se è iscritta a Facebook deve cancellare tutti i contatti maschili dal profilo, è obbligata a indossare, ogni qualvolta esce di casa, la tunica nera che copre l’intero corpo, tranne la testa, i piedi e le mani (abaya) e il velo sul capo (niqāb), con la finalità di “proteggere il loro pudore”, insieme a molte altre discriminazioni.

    L’IKEA, in merito al catalogo, ha successivamente inviato le sue scuse. Ma l’onorevole Souad Sbai commenta duramente: «Le scuse, oltre ad essere tardive, sono totalmente inutili. Non si può cancellare la donna dalla realtà e poi chiedere scusa, rendendo tutto ancor più grottesco di quanto già non sia. Ma la cosa ancor più grave è che le paladine “piazzaiole” dei diritti delle donne non abbiano battuto un colpo sulla vicenda Ikea in Arabia Saudita. L’ennesima vergogna del silenzio assenso dei diritti venduti al dio denaro». Episodi come questi invitano ognuno di noi alla riflessione, perché in tutto il mondo tanto è stato fatto per il riconoscimento dei pari diritti tra uomo e donna, ma molto ancora resta da fare.

    In tempi antichi in cui il ruolo della donna era subalterno, rispetto all’uomo  diversamente dai maestri e dai dottori della legge dell’epoca, Gesù manifesta una propensione positiva. Parla in pubblico con le donne, anche a coloro che non godono di buona nomea, come l’adultera (Gv 8,1-11), la prostituta nella casa di Simone (Lc 7,37-47) o la samaritana (Gv 4,7 ss); sono presenti donne tra i suoi seguaci, cosa abbastanza insolita per un rabbì; ha tra le sue discepole donne come le due sorelle di Lazzaro: Marta e Maria; ai piedi della croce, solo Giovanni è rimasto dei  12 ed è in compagnia della Madre di Gesù, della «sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala» (Gv 19, 25), ma anche«molte donne che stavano ad osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo» (Mt 27, 55). Il giorno della Risurrezione sono ancora una volta le donne a udire: «Non è qui. E risorto, come aveva detto» (Mt 28, 6) e sempre una donna, Maria di Magdala, colei alla quale Gesù appare per primo e invita a portare agli altri il Suo annuncio di gioia e di speranza. Nella Lettera apostolica Mulieris dignitatem nei nn.12-16 è interessante notare il rapporto che Gesù aveva instaurato con le donne.

    Ben consapevole della strada tracciata da Cristo e per il grande amore verso Maria, la“Donna per eccellenza”, la Chiesa continua a farsi sostenitrice del riconoscimento del ruolo femminile. Bellissime le parole di Giovanni Paolo IIin cui esprime l’importanza e la ricchezza di ciascuna donna: «Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell’essere umano nella gioia e nel travaglio di un’esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita. Grazie a tedonna-sposa, che unisci irrevocabilmente il tuo destino a quello di un uomo, in un rapporto di reciproco dono, a servizio della comunione e della vita. Grazie a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel nucleo familiare e poi nel complesso della vita sociale le ricchezze della tua sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità e della tua costanza. Grazie a te,donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l’indispensabile contributo che dai all’elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del “mistero”, alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità. Grazie a tedonna-consacrata, che sull’esempio della più grande delle donne, la Madre di Cristo, Verbo incarnato, ti apri con docilità e fedeltà all’amore di Dio, aiutando la Chiesa e l’intera umanità a vivere nei confronti di Dio una risposta “sponsale”, che esprime meravigliosamente la comunione che Egli vuole stabilire con la sua creatura. Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani» (Lettera alle famiglie, 2).

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    00 24/12/2012 18:21
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    Credente
    00 19/01/2013 00:02

    La “culla del delitto” è il divorzio
    e l’assenza di matrimonio

    Matrimonio Un nuovo studio di crimini violenti da parte del Dipartimento di Giustizia americano ha scoperto che gli adolescenti che vivono in famiglie non sposate erano quasi quattro volte più probabilità di essere vittima di un grave crimine violento di loro coetanei che hanno vissuto con genitori sposati.

    Lo studio,  “Violent Crime Against Youth, 1994-2010” ha infatti mostrato che nel 2010, il 27,8% di 1000 giovani con un capofamiglia celibe, sono state vittime di un grave crimine violento. Allo stesso tempo, solo il 7,4% ogni 1000 giovani che vive con entrambi i genitori è stato una vittima. Tali risultati sono solo l’ultimo di una serie di studi che dimostrano un forte impatto negativo sui bambini allevati con genitori non sposati.   

     

    Un altro studio, segnalato dal sociologo Giuliano Guzzo, ha il pregio di confutare la retorica anti-famiglia secondo cui la grandissima parte delle violenze sui bambini avviene in contesti familiari. La famiglia sarebbe “la culla del delitto”, ma questo è vero in una tipologia particolare di famiglie: quelle nelle quali si verifica un divorzio.

     

    Secondo tale ricerca, basata sulla popolazione canadese ed effettuata confrontando dati raccolti nel 2005 con quelli rilevati dieci anni prima, nel 1995, il divorzio comporta, per i figli di genitori decisi a lasciarsi, una percentuale di abusi pari al 10,7%. Questo significa che il divorzio, a suo tempo introdotto e salutato quale istituto moderno e filantropico, oltre che determinare per i figli maggiori tentazioni suicidarie, triplica per questi la possibilità di rimanere vittime di violenze.

     

    Violenze che, in caso di rottura coniugale, non riguardano i soli figli: una ricerca su un campione di 46.096 casi di divorzi, separazioni e cessazioni di convivenza hanno messo in luce come ben 39.919 (l’86,6%) abbiano avuto implicazioni penali come calunnia, minacce, sottrazione di minore, percosse, maltrattamenti, lesioni, sequestro di persona, violenza privata, violenza sessuale (Dati Associazione Ex cit. in. Lodovici G.S. «IL TIMONE» – N. 55 – ANNO VIII – Luglio/Agosto 2006, pp. 32 – 33).

    La vera “culla del delitto”, lo dicono gli studi, si chiama divorzio e relazione non matrimoniale .

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    00 01/02/2013 15:48

    Qual'è il senso del matrimonio?
    Famiglia L’argomento più ripetuto in favore del matrimonio fra persone dello stesso sesso è da sempre quello basato sull’uguaglianza,  lo ha ripetuto anche  Barak Obama per il suo secondo e ultimo discorso inaugurale alla Casa Bianca.

    Secondo i teorici di tale tesi, il matrimonio è un’istituzione pubblica dalla quale le coppie dello stesso sesso sono ingiustamente escluse, tanto che si sprecano imbarazzanti paragoni con il razzismo subito in passati dai neri o dagli ebrei (avversione ai matrimoni interrazziali, ecc.). Creare un diritto al matrimonio fra persone dello stesso sesso, si sostiene, non altera per nulla l’istituzione stessa ma fornisce semplicemente eguale accesso a una classe di persone precedentemente escluse. La tesi scorre liscia e trova facilmente plausi tra i più impreparati e tra gli amanti di slogan di facile ascolto.

    In realtà è sufficientemente facile mettere in crisi tale modalità di pensiero ricordando -come abbiamo già fatto provocatoriamente- che anche riconoscendo il matrimonio omosessuale rimarrebbero dei limiti, lasciando ingiustificatamente al di fuori qualche tipo di relazione. Con quale criterio, ci siamo domandati più volte, equiparare al matrimonio naturale le relazioni omosessuali e non quelle incestuose o poligamiche (con quale criterio, si potrebbe ancora chiedere,  limitare il matrimonio a due persone?), o anche quelle basate su semplici sentimenti di amicizia e co-abitazione? Se la teoria dell’uguaglianza è efficace dovrebbe valere per tutti, è evidente che se si vuole seguirla con coerenza, qualsiasi relazione dovrebbe essere equiparata al matrimonio tra uomo e donna, pena un’insopportabile discriminazione. E’ evidente, dunque, che ci sia qualcosa che non va in tale tesi.

    A chiarire ulteriormente le cose arriva un saggio scritto a sei mani da Girgis Sherif, docente di filosofia presso la Princeton University, Robert George, del dipartimento di Scienze Politiche della stessa università, e daRyan T. Anderson, dell’University of Notre Dame, e intitolato: What Is Marriage?: Man and Woman: A Defense (Encounter Books 2012). Il merito del volume è quello di smontare la tesi dell’uguaglianzaattraverso la riflessione su cosa sia davvero il matrimonio, la strada più convincente ed efficace da percorrere, secondo noi. Il libro nasce in seguito ad uno studio pubblicato sull’Harvard Journal of Law & Public Policy, in cui viene dimostrato come i revisionisti del matrimonio sbagliano perché fondono l’essere sposati (il matrimonio) all’essere partner, che è una categoria ovviamente più ampia. Un errore che non è stato compito dai grandi pensatori antichi, non influenzati dal giudaismo o dalla cristianità, come Aristotele, Platone, Socrate, Musonio Rufo, Senofane e Plutarco, i quali distinguevano anch’essi il legame coniugale da ogni altro.

    Appellandosi alla legge naturale spiegano innanzitutto che la difesa del matrimonio non richiede l’appello all’autorità religiosa. In seguito a ragionamenti dettagliati viene dunque mostrato e confermato che il matrimonio è il tipo di unione che ha il suo senso nella procreazione e l’educazione dei figli«Solo questo», concludono, «può spiegare le sue caratteristiche essenziali, che lo rendono differente dalle altre relazioni».

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    00 28/02/2013 10:36

    I benefici sociali ed economici del matrimonio

    Lo riporta un articolo comparso su Heritagecitando una serie di studi recenti. Le famiglie sposate, ad esempio, tendono ad avere  una migliore salute finanziaria, maggiori risparmi e una maggiore mobilità sociale rispetto alle famiglie non sposate. Le coppie sposate tendono anche ad avere unreddito medio più elevato e una maggiore probabilità di possedere case di proprietàrispetto a famiglie con adulti non sposati.

    Sposarsi può altre sì avere un  effetto profondamente positivo  sul benessere psicologico, lo stess e l’abitudine al fumo. Il matrimonio è anche associato a  tassi di mortalità più bassi .

    I bambini che crescono in famiglie formate da una coppia di coniugi sposati hanno una maggiore probabilità di andare incontro a stabilità economica, elevato rendimento scolastico e maturità emotivaAdolescenti cresciuti in queste famiglie presentano meno probabilità di essere sessualmente attivi  e meno probabilità di abusare di droghe e/oalcool, mostrano inoltre comportamenti sociali migliori e partecipano meno a crimini violenti

    Purtroppo per la società i legami matrimoniali sono sempre meno, e sempre meno persone godono di questi vantaggi personali e sociali, preferendo le instabili e disimpegnate relazioni di convivenza

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    00 16/04/2013 21:18

    Il senso dell’amore non è quello della rivoluzione sessuale

     
    di Anna Paola Borrelli*
    *teologa moralista perfezionata in bioetica

     

    La famiglia, scuola di amore e prezioso fondamento della società, oggi vive un processo di “apoteosi” e “disgregazione” insieme. Importanti trasformazioni l’hanno attraversata. Si è partiti da un iniziale modello di famiglia patriarcale, specifico della società agricola della prima metà del ‘900, in cui vivevano sotto lo stesso tetto nonni, genitori, figli, zii e nipoti, seguito poi dal modello di famiglia nucleare, formato unicamente da genitori e figli e tipico dell’età industriale e del boom economico avutosi in Italia negli anni ’60, fino ad arrivare ai nostri giorni, dove coesistono nella società post-moderna, molteplici forme di famiglia.

    Dinanzi a questo scenario attuale Lucetta Scaraffia ribadisce che «la famiglia è l’istituzione preposta alla procreazione e alla generazione, che avviene solo tra due esseri umani di sesso opposto. La famiglia non può quindi essere moltiplicata attraverso situazioni che non prevedono la possibilità di generazione […]. E’ il luogo che serve a garantire una protezione e una possibilità di sopravvivenza ai bambini. E’ nata con questo scopo e non si può dire che sia un’altra cosa». Se prima il Matrimonio era considerato una solida istituzione, oltre che una vocazione, oggi sempre più persone decidono di andare a convivere a tempo indeterminato o per un periodo limitato che precede le nozze. Imponente è anche “il fenomeno dei cosiddetti single”: si tratta di persone che si ritrovano a vivere da sole per scelta personale, oppure come conseguenza di una separazione, un divorzio o per vedovanza, a volte con uno o più figli.

    Inoltre, trova sempre più spazio la realtà della famiglia allargata, dove convivono insieme più nuclei familiari. In forte crescita è pure il fenomeno delle coppie omosessuali. Ancora, rispetto al passato non troviamo più un equilibrio tra i Matrimoni religiosi e quelli civili. Come si evince dall’ultimo rapporto elaborato dall’Osservatorio Laico i Matrimoni religiosi nel 1991 erano: 273.574, mentre nel 2010: 168.960, con un calo pari al 38%; nel 2011, poi, nel nord Italia le nozze civili hanno finanche superato quelle celebrate in Chiesa (51,7 contro il 48,3), i divorzi nel 1991 sono stati: 23.015, rispetto ai 254.160 del 2010, con un aumento del 135%; e infine le convivenze nel 1991: 207.000, nel 2010: 972.000, con un aumento del 369%.

    Lucetta Scaraffia vede un nesso inscindibile tra la rivoluzione sessuale e le ripercussioni di queste sulla famiglia: “l’idea che si possa restare insieme finchè ci si ama e poi ci si lascia non è  una ricetta della felicità, in quanto i rapporti devono essere costruiti con pazienza, devono sopravvivere ai momenti di crisi, devono avere alle spalle un progetto stabile e serio. Se non hanno un progetto stabile e serio sono sempre fonte di dolore. La rivoluzione sessuale che ha promesso la felicità non ha quindi migliorato per nulla la condizione umana, anzi ha creato una maggiore fonte di infelicità”. In sostanza, se l’amore non costa niente non vale niente“Ciò che non abbiamo con fatica costruito non sentiamo il bisogno che vada, con fatica, difeso e mantenuto” (E.Belotti).

    «L’amore equivale a superare ininterrottamente l’egoismo individuale. O amo per sempre e totalmente o non amo, perché esso ha un’estensione nel tempo e nel vissuto esistenziale. Così come non posso dare all’altro solo gli avanzi del mio tempo o le briciole della mia quotidianità. Non ho altro che me stesso/a e voglio donare tutto me stesso/a. Dare il giusto valore ai sentimenti rimanda a non agire con superficialità e leggerezza – verso se stessi e il proprio partner – … La riuscita di un matrimonio non dipende unicamente dal fatto di aver trovato la persona “giusta”; è principalmente il risultato di un cammino fatto di molto impegno, di una volontà decisa di amare (non basta dire “io amo”, ma “io voglio amare”), di una capacità di donazione e di un grande spirito di sacrificio. E poi ci vuole coraggio, il coraggio di scalare le montagne, se necessario, e tanta determinazione. Sono tutte componenti che ci mettono costantemente in discussione. Se infatti ci si sposa non considerando minimamente la possibilità di compiere dei sacrifici, alla prima occasione in cui questi diverranno obbligatori, la prima reazione sarà di delusione, la seconda… di fuga. Quindi, la cosa basilare è tenere ben chiaro l’obiettivo che ci ha condotti un giorno a prometterci amore eterno. L’atleta che non si prefigge il traguardo non vincerà mai la corsa. Solo se abbiamo un fine, una meta condivisa e non ci arrendiamo dinanzi alle difficoltà, allora potremmo raggiungerla, salendo sul gradino più alto del podio. Gli sposi, disegnando insieme il loro presente e futuro, sono uniti da uguali progetti, perché quando c’è un ideale comune, interloquisce Antoine De Saint Exupery: “Amare non è guardarsi negli occhi, ma guardare insieme nella stessa direzione”. Per i fidanzati e gli sposi non esistono manuali o ricette precostituite, vi sono però alcuni suggerimenti che non si palesano mai vani. “Ricordate: giudicare l’altro e polemizzare con lui per farlo cambiare porta inevitabilmente, a lungo andare, a rancori e frustrazioni reciproche. Guardare solo le cose negative è facile e … banale. Potete pensare di cambiare partner, potete fermarvi ad analizzare sempre il comportamento dell’altro, potete continuamente lamentarvi, ma il vostro rapporto non farà un passo, non uno, verso lo stare bene. Dunque, un consiglio: accettate i vostri punti deboli, accettate quelli del vostro coniuge e il vostro rapporto comincerà ad andare bene. Aiutate l’altro, valorizzatelo, fate emergere la sua parte migliore e il vostro rapporto andrà sempre meglio. Non ho mai concordato con quanti si sentono liberi da tensioni e identificano in ciò la prova del loro amore. Le prove dell’amore si vedono nei momenti difficili, quando l’altro è in crisi, non si piace, ha perso la stima di sé, oppure quando tutto ciò capita a voi stessi”». (V. Albisetti, psicologo). [dal mio libro “L’amore e le differenze psicologiche e comportamentali tra uomo e donna"].

    In effetti, «l’amore non è un vestito già confezionato, ma stoffa da tagliare, preparare e cucire. Non è un appartamento “chiavi in mano”, ma una casa da concepire, costruire, conservare e, spesso, riparare» (M.Quosit). Karol Wojtyla nel libro La Bottega dell’Orefice ci regala una bellissima riflessione quando disquisisce: «L’orefice guardò la vera, la soppesò a lungo sul palmo e mi fissò negli occhi. E poi decifrò la data scritta dentro la fede. Mi guardò nuovamente negli occhi e la pose sulla bilancia… poi disse: “Questa fede non ha peso, la lancetta sta sempre sullo zero e non posso ricavarne nemmeno un milligrammo d’oro. Suo marito dev’essere vivo – in tal caso nessuna delle due fedi ha peso da sola – pesano solo tutte e due insieme. La mia bilancia d’orefice ha questa particolarità che non pesa il metallo in sé, ma tutto l’essere umano e il suo destino”. L’amore non è un’avventura. Prende sapore da un uomo intero. Ha il suo peso specifico. E’ il peso di tutto il suo destino. Non può durare un solo momento. L’eternità dell’uomo passa attraverso l’amore. Ecco perché si ritrova nella dimensione di Dio – solo Lui è l’Eternità!»

     

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    00 11/10/2013 19:37

    L’amore puro tra fidanzati,
    una rivoluzione possibile

    Giovani fidanzati 
     
    di Carlo Principe
     
    da Notizie Pro Vita, settembre 2013
     
     

    I freddi numeri delle statistiche in Italia rivelano unmondo giovanile allo sbando: i giovanissimi acquistano metà delle 400 mila confezioni di pillole  Norlevo vendute ogni anno, aumentano gli aborti delle adolescenti (+ 112% dal ‘95 al 2010) e le baby-mamme (+0,5% e quasi 10 mila l’anno). Una realtà confermata anche da un’indagine condotta dal Centro di Aiuto alla Vita (CAV) di Benevento nei licei sanniti, in cui si è rilevato che oltre la metà dei ragazzi e circa un terzo delle ragazze “fa sesso” prima dei 17 anni.

    Una tale emergenza sociale richiederebbe azioni educative decise, ma spesso la famiglia è assente o incapace, mentre la cultura libertaria dominante propone solo l’introduzione di corsi di “educazione sessuale” nelle scuole che, di fatto sono corsi di contraccezione, con l’implicito messaggio “divertiti, ma stai attento alle conseguenze…”, e perciò fallisconomiseramente (come accade anche in Francia o Inghilterra).

    In realtà occorre “offrire soprattutto agli adolescenti e ai giovani l’autentica educazione alla sessualità e all’amore, un’educazione implicante la formazione alla castità, quale virtù che favorisce la maturità della persona e la rende capace di rispettare il significato «sponsale» del corpo”, come ha scritto Giovanni Paolo II nell’Evangelium Vitae. Da qui trae spunto il lavoro del CAV che promuove nelle scuole incontri con gli studenti sul tema della sessualità e dell’affettività. Le conferenze sono state precedute da un’indagine statistica dalla quale, oltre alle non poche ombre, emergono anche luci e  segni di speranza.

    Se è vero, infatti, che i giovani tendono a porre al centro della relazione affettiva la dimensione genitale, è altrettanto vero che essi fanno trapelare una profonda aspirazione a un amore autentico e fedele. Solo il 30% di essi, infatti, ritiene che il problema delle gravidanze e degli aborti tra le giovanissime si risolva con la contraccezione, mentre molto più alta, il 78%, è la percentuale dei maschi convinta che sia un problema di autocontrollo (per il 60% di loro le ragazze si concedono troppo facilmente) e di rispetto del proprio corpo (il 18% vede nella purezza la condizione del vero amore). Le ragazze hanno rapporti sessuali nel 37% (circa il 10% tra le cattoliche praticanti) dei casi rispetto al 51% dei ragazzi, ma esse dichiarano che lo fanno per amore (il 41% rispetto al 15% dei ragazzi) e solo col fidanzato (il 98% rispetto al 59% dei ragazzi ), ossia con la persona con cui intessono un rapporto stabile.

    Motivo di speranza è inoltre il fatto che la maggioranza dei giovani, anche qui con netta prevalenza femminile - il 76,3% rispetto al 53,8% degli uomini – è convinta che un amore autentico tra fidanzati possa fare a meno del sesso. Insomma, se da un lato i maschi sono convinti che le ragazze si “concedono” troppo facilmente, dall’altro l’indagine rivela una donna più propensa alla castità. Se “cede” lo fa per amore e solo con la persona che  ama. Le ragazze, dunque, possono essere protagoniste di un cambiamento culturale, di una vera rivoluzione. Saranno esse a chiedere al proprio fidanzato la “prova di amore” – quella vera - dell’attesa che, se da un lato esige un sacrificio, dall’altro è premessa  per un rapporto d’amore felice e stabile. E preferiscono perdere chi cerca solo il loro corpo e non il loro cuore.

    Possiamo, dunque, riporre nei giovani una grande fiducia. A patto però che le famiglie, parrocchie e scuole, raccolgano la sfida e promuovano questo percorso educativo.

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    00 24/10/2013 22:35

    I devoti cattolici hanno
    una vita sessuale più soddisfacente

    passione«Il pensiero cattolico è sovente equivocato, come se la Chiesa sostenesse un’ideologia della fecondità ad oltranza, spingendo i coniugi a procreare senza alcun discernimento e alcuna progettualità. Ma basta un’attenta lettura dei pronunciamenti del Magistero per constatare che non è così». Queste la parole diGiovanni Paolo II del luglio 1994.

    Egli ha proseguito: «Nel prendere la decisione di generare o di non generare essi devono lasciarsi ispirare non dall’egoismo né dalla leggerezza, ma da una generosità prudente e consapevole, che valuta le possibilità e le circostanze [...]. Quando dunque si ha motivo per non procreare, questa scelta è lecita, e potrebbe persino essere doverosa. Resta però anche il dovere di realizzarla con criteri e metodi che rispettino la verità totale dell’incontro coniugale nella sua dimensione unitiva e procreativa, quale è sapientemente regolata dalla natura stessa nei suoi ritmi biologici. Essi possono essere assecondati e valorizzati, ma non “violentati” con artificiali interventi».

    Interessante il recente l’articolo del dott. Gregory K. Popcak, direttore dell’ente cattolico“Pastoral Solutions Institute”: catechizzati da amici, familiari e dai media, ha scritto, tutti pensano che la Chiesa cattolica odi il sesso, utilizzato solo per mantenere la donna in un costante stato di gravidanza, molte coppie credono che la Chiesa non abbia nulla di interessante e utile da dire sul sesso. Se siete una di queste coppie sposate, ha proseguito Popcak, benvenuti. Vorrei condividere qualcosa con voi che i vostri amici, la famiglia e i media non sanno. La Chiesa cattolica, anzi Dio, vuole che voi abbiate una vita sessuale incredibile, sempre più appassionata e che duri il più lungo possibile.

    Nel luglio scorso su “US News & World Report” è stato pubblicato un articolo con questo titolo:“I devoti cattolici hanno una sessualità migliore, dice lo studio”. L’articolo riprende le affermazioni del “Family Research Council”, basate su decenni di ricerca, in particolare uno studio dell’Università di Chicago che ha rilevato una sessualità più piacevole e più frequente tra le persone sposate che frequentano la chiesa almeno una volta a settimana (nell’articolo vengono poi citati come precedenti altri studi che nulla c’entrano). Popcak, autore di numerosi libri sulla sessualità nella dottrina cattolica (come “Holy Sex! A Catholic Guide to Toe-Curling, Mind-Blowing, Infallible Loving”), ha spiegato i motivi di tali risultati: per avere un rapporto sessuale soddisfacente, è necessario coinvolgere tutto noi stessi: fisicitàdimensione relazionale e spiritualità. Se i tralascia una qualsiasi di queste tre dimensioni, si rende il sesso meno interessante e piacevole. I devoti cattolici, coloro che usano i metodi di pianificazione naturale (NFP), sono pronti a coinvolgere tutte e tre queste dimensioni per la loro sessualità coniugale. I metodi naturali, infatti, rendono la coppia intimamente consapevole del corpo, questi metodi chiamano la coppia a comunicare ad un livello più profondo rispetto alle altre sulla natura del loro desiderio sessuale per l’altro. Infine, i cattolici che fanno uso dei metodi naturali si rendono conto che il sesso non è solo un atto fisico, ma spirituale (pensiamo al Cantico dei Cantici.

    Per tutto questo, ha spiegato, i devoti cattolici sono gli amanti migliori perché capiscono che il sesso non è solo sesso. Esso è in ultima analisi, anche uno strumento per diventare migliori, più passionali, più autenticamente amorevoli e la gioia che sperimentano in camera da letto è un segno di quello sforzo che facciamo per diventare ciò che Dio ci chiama ad essere. Essere grandi amanti ovviamente non si riferisce solo a ciò che accade in camera da letto, ma a come ci si relaziona tutto il giorno, l’uno con l’altra e viceversa.

    La sessualità è un dono di Dio e per questo va preso seriamente, ma non certo osteggiato. La Chiesa non l’ha mai fatto, nonostante tanti pensino così, l’astinenza completa è una vocazione scelta solo da alcuni (sacerdoti, suore ecc.) ma non è richiesta ad ogni cattolico. Allo stesso tempo il sesso non va concepito solo a fini procreativi: l’attività procreativa deve essere un’attività responsabile soggetta alla virtù della prudenza e se la virtù della prudenza esige la sospensione dell’attività procreativa, i coniugi possono usufruire dei naturali periodi di infecondità della donna. Questo perché la sessualità ha anche una finalità unitiva. La Chiesa insegna che quando si hanno motivi seri per non procreare (motivi medici, economici o sociali, ha spiegato Pio XII), questa scelta è lecita, e potrebbe persino essere doverosa. E’ utile approfondire tutto questo leggendo la riflessione del compianto dott. Bruto Maria Bruti.

    Resta però anche il dovere di realizzare questa sessualità non a scopo procreativo, con criteri e metodi che rispettino la verità totale dell’incontro coniugale, quale è sapientamente regolata dalla natura stessa nei suoi ritmi biologici. Lo sanno bene tutte le coppie che frequentano i corsi prematrimoniali organizzati dalle Diocesi, a cui viene loro insegnato l’uso dei cosiddettimetodi naturali per la regolazione della fertilità. «La Chiesa è favorevole alla regolamentazione naturale della fertilità, a quei metodi cioè fondati sull’ascolto delle indicazioni e dei messaggi forniti dal corpo»è stato spiegato su “l’Osservatore Romano”.  Ha concluso Popcak: «la Chiesa non ti dice questo perché vuole intrometterti nella tua vita. La Chiesa davvero vuole farti vivere tutta la passione e l’amore che Dio vuole darvi, essa ha veramente qualcosa da dire che i tuoi amici, familiari e la maggior parte dei media vuole dirti».

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    00 25/10/2013 20:48

    Chi colma il cuore della donna




     di Costanza Miriano*


    *scrittrice e giornalista


     da Il blog di Costanza Miriano
     

    Quando lessi la prima volta la Mulieris Dignitatem credo proprio che non ne capii praticamente nulla, nella sostanza: avevo diciassette anni, e idee tutte strampalate su come dovessero essere maschi e femmine, sul matrimonio, su una malintesa parità tra i sessi. Mi sembravano belle parole, ma destinate a rimanere su carta.

    Dieci anni dopo l’enciclica mi sono sposata, e i successivi quindici li ho passati praticamente a cercare di comprenderla. Piano piano, con il tempo, le parole del Santo Padre si stanno traducendo in carne, si sono incarnate nella storia della nostra coppia, hanno dato un nome a ciò che vivevo e anche in parte soffrivo. Credo che in amore si soffra quando si dimentica che“C’è un paradosso nell’esperienza dell’amore: due bisogni infiniti di essere amati si incontranocon due fragili e limitate capacità di amare”. (R.M. Rilke) “Solo nell’orizzonte di un amore più grande è possibile non consumarsi nella pretesa reciproca e non rassegnarsi, ma camminare insieme verso un Destino di cui l’altro è segno”. (C.S. Lewis)

    Uomo e donna sono due povertà che si incontrano e si donano. Quella che Lewis chiama pretesa reciproca è destinata a rimanere delusa a causa del nostro peccato, e a causa delle differenze tra l’uomo e la donna. Avere un’identità adulta a mio parere significa proprio accogliere questa verità: cioè che l’altro non potrà mai colmare tutte le attese, anche involontarie, o le pretese che noi riversiamo sulla persona che ci è a fianco. Avere un orizzonte più grande significa invece che le piccole mancanze e delusioni reciproche le possiamo vivere non come crepacci nei quali cercare di non cadere, né tanto meno come rivendicazioni, ma come “giogo soave”, un peso leggero che serve alla propria conversione, che è poi il fine della vita qui sulla terra.

    Ogni attesa disattesa – perché l’amore non è quell’unione simbiotica spontanea, gratuita, facile, che prende il nome di amore, almeno nella cultura occidentale dal romanticismo in poi – ogni attesa disattesa, dicevo, dunque non è che lo scartavetramento della vita sul nostro ego, su quella parte di noi che è ferita dal peccato originale e che quindi non funziona, non ci permette di entrare in un rapporto vero e personale con Dio. Ogni uomo e ogni donna sono chiamati a essere sposi prima di tutto del Signore, sia che siano consacrati, e allora è direttamente lui lo sposo, sia che siano invece sposati, e quindi l’altro diventa la via privilegiata per amare e ricevere amore da Dio, che rimane sempre però il nostro sposo. Quello che guarisce i rapporti è ricordare che se il fine oggettivo del matrimonio è quello di generare figli, quello soggettivo è generare se stessi, quindi, poiché esattamente come per le persone consacrate, è il rapporto con Dio che ci definisce, lo sposo è la via per realizzare questa unione con Dio. Amando lo sposo, la sposa, si ama Dio, e questo ci permette innanzitutto di uscire dalla logica “del ragioniere” che sembra prevalere in tante coppie. E poi, ad un livello molto più profondo, l’uomo maschio e  femmina è a immagine di Dio, quindi necessariamente il rapporto con l’altro ci dice qualcosa di decisivo su noi stessi.

    L’altro dunque, così diverso, che così spesso ci fa arrabbiare, venire i nervi, ci delude, ci ferisce, non è sbagliato, ma è semplicemente il “segnaposto del totalmente Altro”, come lo definisce il cardinal Angelo Scola, e ci costringe a una domanda sul senso, ci costringe alla conversione. Ci porta a una forma di amore preterintenzionale direi, che parte cioè dalla rinuncia a tutto o a molto di quanto si era atteso o proiettato sull’altro. Si abbraccia quasi la morte dell’amore come lo si era immaginato, e si accetta di perdere. Si ama non più con lo slancio dell’emozione ma con l’amore di un monaco che scolpisce una minuscola scultura sotto la volta di una cattedrale, qualcosa di piccolo e prezioso che non vedrà quasi nessuno, solo coloro che avranno la pazienza di alzare lo sguardo. Preparare un pasto o accogliere le critiche, accettare cambi di programma, silenzi quando si vorrebbe parlare e parole quando si vorrebbe dormire, allegria quando si vorrebbe piangere e riposo quando si vorrebbe proporre. Nellafedeltà al matrimonio partecipiamo dunque anche noi come parte della Chiesa a un’opera che ci trascende, il regno dei cieli, anche se a noi è stata affidata solo quella piccola scultura là in alto, che nessuno guarderà.

    Quando manca questa dimensione c’è un amore solo emotivo e si soffre. E sono soprattutto le donne, per la mia esperienza e per quella di coloro con cui sono entrata in contatto dopo aver scritto i miei libri, in scambi anche profondi, a soffrire. Soffrono perché hanno perso il contatto con la loro identità profonda. Gli ultimi decenni per la donna sono stati davvero di grande cambiamento, e non è il tema del mio intervento quindi non mi attardo su questo. Mi limito solo a dire che se la donna ritrova il suo posto tutto si rimette in ordine. La donna soffre perché in lei c’è quella nostalgia del primo sguardo che si è posato su di lei. L’eccomi dell’uomo che risponde all’eccomi di Dio è essenzialmente femminino. Più interiorizzata – scrivePavel Evdokimov ne La donna e la salvezza del mondo – più vicina alla radice, la donna si sente a proprio agio nei limiti del proprio essere e con la sua presenza riempie il mondo dall’interno. La donna possiede una complicità con il tempo, perché sa che il tempo è gestazione, è attesa per qualcosa, per qualcuno. È predisposta al dono di sé, e infatti si realizza quando può donarsi, che sia a dei figli di carne o no. Ha nostalgia dello sguardo che si è posato su di lei al momento della creazione, infatti desidera intimamente che qualcuno le dica che è bella, mentre l’uomo desidera sentirsi capace di portare a termine progetti, di risolvere problemi, di proiettarsi fuori di sé.

    Per mezzo della donna l’umanità è invitata a trovare la sua vocazione sponsale con il Signore. È sempre una vocazione in cui la Sposa risponde con il suo amore a quello dello Sposo, dice la Mulieris Dignitatem, lo sposo con la S maiuscola, il Signore. Per questo, scrive il catechismo della Chiesa cattolica, la dimensione mariana, la vocazione prima di tutto sponsale dell’umanità, precede quella petrina. San Paolo nella lettera agli Efesini parla del matrimonio tra un uomo e una donna come di un mistero grande. Accostarsi al mistero del maschile e del femminile ci introduce al mistero di Dio, che ci ha creati maschio e femmina, a sua immagine. La tensione tra maschile e femminile rimanda alla tensione amorosa fra le tre persone della Trinità, solo che noi uomini siamo feriti dal peccato originale. In Efesini 5 sono individuati i punti cruciali, i nodi di peccato dell’uomo e della donna. La donna è invitata a essere sottomessa allo sposo, l’uomo a dare la vita per la sposa, in modo che replichino nel matrimonio la dinamica tra Cristo e la Chiesa, quindi senza dominio o sopraffazione, ma in un dono reciproco.

    La donna è invitata a essere sottomessa perché al contrario la sua costante tentazione è quella del controllo, di cercare di plasmare, di formattare coloro che le sono affidati. I figli ma anche lo sposo, spesso. In realtà queste sono qualità di cui l’ha dotata la Provvidenza perché la donna è chiamata a formare, a educare, come diceva anche Benedetto XVI: la donna conserva la consapevolezza che il meglio della sua vocazione è nell’aiutare la vita nel suo formarsi. Che sia sposa o che sia nubile la donna è chiamata a preservare e a fecondare la vita, a orientarla verso la luce. È chiamata a essere promemoria per l’umanità tutta. Come dice ancora Evdokimov c’è una particolare connivenza tra la donna, essere naturalmente religioso, messa di fronte ai misteri più gravi della vita, e lo Spirito datore di vita e consolatore. Lotta per l’uomo, per la sua salvezza. In questa vocazione lavora come sempre il peccato, e così la capacità di orientare al bene rischia continuamente di trasformarsi in tentazione di volere che le cose nel mondo vadano come vogliamo noi. Prendiamo un uomo che mediamente ci può andare, e lo vogliamo migliorare, così rischiamo di non permettere all’altro di essere. Finiamo per correggere, riprendere, per non lasciar emergere gli altri con le loro vere qualità.

    La donna invece  è chiamata proprio a questo, a fare da specchio all’uomo, a rimandargli un’immagine positiva di sé, a mettere il lievito dell’amore nel rapporto. Serve una donna chesappia fare spazio, che non abbia paura di perdere posizioni, che parta da un pregiudizio positivo sull’uomo, che prenda l’impegno di fidarsi di lui e del suo sguardo sul mondo, lealmente decisa a  riconoscere di non essere l’unica depositaria del bene e del male – Eva! –   non perché debole ma proprio perché solida, resistente, accogliente. Questo atteggiamento, quando è onesto, limpido, non manipolatorio è un lievito potentissimo perché l’uomo non resiste a una sposa che gli sta lealmente accanto, sottomessa nel senso che rinuncia a imporre sempre il suo punto di vista e comincia a fidarsi, a valorizzare ciò che vede di bello nell’uomo. E così l’uomo comincia a sentire il desiderio di dare la vita come Cristo per la Chiesa. Non una semplice cooperazione di sforzi, ma la creazione di una realtà assolutamente nuova del maschile e del femminile che vanno a formare il corpo del sacerdozio regale. Gloria dell’uomo, come dice san Paolo, la donna è come uno specchio che riflette il volto dell’uomo, glielo rivela e così lo corregge. E così l’uomo si sente spinto a uscire fuori e dominare la terra, e a farlo non per sé ma per coloro che gli sono affidati, per i quali diventa pronto a prendere su di se i colpi della vita.

    Il nodo di peccato dell’uomo, infatti, quello per cui san Paolo lo invita a essere pronto a morire per la sposa, è l’egoismo. Il desiderio di tenere qualcosa per sé. Di coinvolgersi ma risparmiando qualcosa, di mettere da parte, di rifugiarsi ogni tanto nel suo spazio privato, senza interferenze. Per l’uomo è faticoso tenere lo sguardo sempre rivolto alla donna, al rapporto, alla casa. L’uomo infatti ha una diversa accentuazione esistenziale: va al di là del proprio essere, ha un carisma di espansione, aspira alla crescita di tutte le sue energie che lo prolungano del mondo, ha un diverso rapporto con il potere. Sto facendo, è appena il caso di puntualizzarlo, un discorso non sociologico, ma spirituale: non sto dicendo che sia solo l’uomo chiamato a uscire fuori di casa e a dare il suo contributo per migliorare il mondo. Non stiamo parlando del mondo del lavoro né del potere. Non è un discorso su chi abbia più o meno dignità, è ovvio che siamo su un altro piano, e che diamo per assodato che l’unica dignità che conti nella Chiesa non può essere altro che l’acquisizione dello Spirito, e in questo la donna è privilegiata.

    Sul piano dunque spirituale l’uomo esce la donna accoglie, l’uomo si tende verso l’esterno la donna verso l’interno, l’uomo è il muro, il senso della realtà, la donna l’accoglienza, e questo lo si vede sul piano educativo, nel rapporto con i figli, la donna ha il genio della relazione, tesse trame, spesso l’uomo è più bravo nel potare i rami secchi. Per concludere vorrei ricordare quello che Karol Wojtyla, da vescovo, diceva alle coppie di fidanzati: non dire “ti amo” ma “partecipo con te dell’amore di Dio”. Questo, credo, sia avere un’identità davvero matura

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    00 11/11/2013 18:37

    La nullità del matrimonio
    non è il “divorzio cattolico”

    Osservando le indagini nazionali è emerso infatti che i cattolici si distinguono per avere il 28% dei divorziati rispetto a oltre il 40%di quelli senza affiliazione religiosa, il 39% dei protestanti e il 35% di quelli di un’altra fede religiosa. Inoltre, i cattolici che sposano altri cattolici hanno ancor meno probabilità di divorziare rispetto ai cattolici sposati con persone di altre fedi.

    Approfittiamo di questa notizia per chiarire l’equivoco che il riconoscimento di nullità del matrimonio religioso da parte della Chiesa cattolica sia la “via cattolica al divorzio”come soventemente viene affermato. Essendo il matrimonio religioso un sacramento nessuna autorità umana può sciogliere tale unione secondo l’ammonimento di Gesù Cristo: “l’uomo non separi ciò che Dio ha unito”. Può invece verificarsi ex post la sussistenza di una causa di nullità, tale da viziare la validità del matrimonio contratto e la Sacra Rota, l’organo ecclesiastico adibito a tale verifica, ha il compito di certificare che il matrimonio non è mai stato valido dalla sua origine.

    In questi casi alcuni parlano di “annullamento del matrimonio”, generando giustamente confusione. Tuttavia non esiste alcun annullamento poiché non c’è mai stato alcun matrimonio. Quello che comunemente si dice “annullamento del matrimonio”, in realtà, è una dichiarazione di nullità del matrimonio: la Chiesa dichiara che un matrimonio non è valido constatando che il consenso espresso da uno dei due nubendi (o da entrambi), per motivi fondati e provati, non è valido. E’ dunque assolutamente compatibile e coerente la presenza nella dottrina della Chiesa della possibilità di dichiarare nullo il presunto matrimonio contratto e la non accettazione del divorzio, come spiegato benissimo anche nell’utile sito web “Aleteia”.

    L’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione matrimonialisti civili, ha spiegatoche «i costi per un annullamento risultano più ridotti e persino il tempo di attesa. I processi italiani sono lunghissimi, uno ecclesiastico può durare solo un paio d’anni». La Conferenza Episcopale Italiana ha previsto il patrocinio gratuito per i meno abbienti e nel 2012 alla Rota Romana il 53% delle cause finali sono state gratuite. Massimo del Pozzo, professore stabile di Diritto canonico e coordinatore della stessa facoltà alla Pontifica università della Santa Croce,ha confermato«Una cosa dev’essere chiara: la nullità del vincolo matrimoniale non è la via cattolica al divorzio. Non bisogna strumentalizzare le cause di nullità. Alla base c’è forse una malintesa concezione pastoralista. Anche nell’insegnamento qui all’Università ripetiamo che un matrimonio fallito non è, e non può essere, automaticamente nullo. Bisogna vedere se esistono le condizioni oggettive della nullità».

    Nei giorni scorsi Papa Francesco ha proprio chiamato una divorziata che ha appena ottenuto l’annullamento del suo matrimonio, Anna Rosa. Sposata con rito religioso con un uomo non credente, che non ha frequentato il corsi prematrimoniale e senza la volontà, comunicata dopo le nozze, di non volere figli. Il divorzio e l’allontanamento dalla Chiesa anche per lei, fino a quando una psicoterapeuta le consiglia di rivolgersi alla Sacra Rota.

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    00 06/10/2014 20:44






     Perché sposarsi?

    Si tratta di una domanda sempre più frequente in una società in cui sono caduti tabù come la convivenza o le nascite fuori dal vincolo coniugale, e in cui quindi il matrimonio non è più una sorta di passo obbligato dal quale in passato erano esclusi solo soggetti emarginati.

    Giulia Paola Di Nicola e Attilio Danese cercano di rispondere a questa delicata domanda in “Perché sposarsi? Viaggio tra obblighi, convenienze e scelte liberanti” (San Paolo), che mira a “riuscire a motivare l’importanza del matrimonio” “in senso sincronico e diacronico” “per dare spessore storico-antropologico, dal punto di vista umano, sociale e politico, a questa istituzione altrimenti recepita come imposizione”.

    Le nuove generazioni, constatano gli autori, sono più demotivate nei confronti del matrimonio e “non tollerano una difesa dell’istituzione basata soltanto o prevalentemente sulla tradizione o sulla religione. Non sono disposte a sposarsi ad occhi chiusi come un tempo”. “Valutano la convenienza di una simile scelta di vita in relazione al miglioramento della qualità della loro esistenza e cercano di proteggersi dal rischio di peggiorarla o renderla insopportabile con paventati divorzi, separazioni e conflitti, di cui fanno esperienza quotidiana nella produzione letteraria, cinematografica, televisiva e all’interno delle famiglie allargate”.

    Troppo spesso si riscontra “una prudente circospezione, che si trasforma in diffidenza e rinuncia al matrimonio sull’onda di una diffusa cultura del sospetto”. Appare “un’impresa” trovare la persona giusta, e si ritiene azzardato contare sulla tenuta della promessa d’amore nel tempo.

    Non è facile per i giovani trovare chi li aiuti a “vederci più chiaro”, e del resto “non sarebbe possibile rispondere per procura, caricare sulle spalle degli altri la responsabilità. Ciascuno deve trovare dentro di sé la soluzione confacente e decidersi: sposarsi è giocare la propria vita, suppone una scelta personale, libera e responsabile, di cui ciascuno, in coscienza, si assume oneri e onori”.

    In questo contesto, Di Nicola e Danese hanno scelto di trattare il tema declinando dieci ragioni fondamentali che fanno del matrimonio una risorsa indispensabile alla vita umana, anche indipendentemente dalla sua dimensione religiosa e sacramentale.

    Non è escluso, osservano, che la crisi contemporanea del matrimonio possa “preparare in futuro coppie di coniugi più mature e motivate rispetto agli sposi 'tradizionali', regolarmente sposati in Comune e in Chiesa, che hanno conservato stabile il matrimonio, ma non di rado a prezzo di micro-violenze e sofferenze soffocate tra le mura domestiche”, così come al contrario non è raro constatare che convivenze giudicate “precarie e immorali” hanno “qualcosa da insegnare sul modo di impostare le relazioni interpersonali, per complicità e rispetto reciproco”.

    Tra gli ostacoli che i giovani vedono oggi al matrimonio figurano il lavoro, spesso precario quando non inesistente, la casa, le spese per la festa, il costo di eventuali separazioni, divorzi e annullamenti, le difficoltà soggettive e culturali, la paura dell'altro.

    Quanto all'ultimo aspetto, il tasso di incertezza implicito in ogni matrimonio viene moltiplicato da “una cultura individualistica, che esalta la libertà dell’io, facendo credere che è impossibile realizzarsi in due, senza la frustrazione di almeno una delle parti”.

    La diffusione di modelli coniugali negativi, di dati sull’aumento di divorzi, separazioni, femminicidi e crisi matrimoniali ormai all’ordine del giorno, anche all’interno delle famiglie più tradizionalmente stabili e cattoliche, non fa che rincarare la dose.

    “I mass media, strizzando l’occhio a femministe e maschilisti, esaltano la 'realizzazione dell’io' presentando donne lascive e infedeli, capricciose e dominanti, uomini che credono di poter fare ciò che vogliono con un essere umano, tanto più se è psicologicamente fragile o si prostituisce, aggiudicandosi per giunta il diritto di condannare e punire”.

    Di fronte a tutto ciò, scrivono gli autori, “occorrono testimonianze positive, genitori fedeli e mondi vitali in cui ritrovare, vissuti e condivisi, i valori della famiglia per riattivare l’investimento fiduciario”.

    “Un cambiamento di vita totale esige la vittoria della speranza nella riuscita del progetto di vita a due, il coraggio di entrambi gli sposi e una matura capacità di decidere sull’impegno da assumere, di prendersi serenamente la responsabilità di spendere la propria vita per qualcuno che si ritiene che meriti. Una forte carica di fiducia e di fede sono premesse fondamentali per poter trasformare la propria identità da single a consorte, ovvero coniuge nel suo senso etimologico (da cum= insieme e dalla radice jug ossia unire, da cui jungo, unisco e jugum, giogo, dunque, in senso figurato, un vincolo matrimoniale). Si tratta di una disposizione esigente a vivere nell’unità con un tu e camminare a due con lo stesso passo, come – figurativamente – nell’immagine di due buoi sotto un unico giogo”.

    [Modificato da Credente 06/10/2014 20:47]
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    Credente
    00 11/04/2016 15:14

    Sessualità,
    chi frequenta la Chiesa è più soddisfatto della sua vita amorosa

    FidanzatiSecondo una recente indagine scientifica, chi frequenta regolarmente la Chiesa è più soddisfatto della sua vita amorosa e sessuale, rispetto a chi non lo fa. Il beneficio dell’attivo coinvolgimento religioso con la positività della personale vita affettiva e sessuale, hanno scritto i ricercatori, «è in linea con precedenti studi che associano l’impegno religioso ad una migliore salute mentale, una maggiore soddisfazione di vita e migliori relazioni sessuali in generale». Abbiamo raccolto la maggior parte di queste ricerche in uno specifico dossier.

    Il nuovo studio è stato pubblicato sulla rivista Applied Research in Quality of Life, ed è stata realizzata da due psicologi dell’Università di Porto, in Portogallo, Félix Neto e Maria da Conceição Pinto. Nell’ottobre 2013 avevamo informato di un’altra ricerca, questa volta americana, in cui si rilevava un tasso di sessualità più piacevole e più frequente tra le persone sposate che frequentano la chiesa almeno una volta a settimana, perché per avere un rapporto sessuale soddisfacente è necessario coinvolgere tutto noi stessi: fisicità, dimensione relazionale e spiritualità.

    Riteniamo siano dati importanti, sopratutto perché riguardano una tematica di cui la modernità è ossessionata, cioè la sessualità. Queste indagini mostrano che non è affatto lo spirito libertino, come molti erroneamente credono, a portare una vera soddisfazione sessuale, anzi forse contribuisce ad esasperare gli istinti. Secondo uno studio pubblicato negli atti della “National Academy of Sciences”, di cui abbiamo parlato nel 2014, il benessere psico-fisico è infatti posto all’opposto dell’immediato piacere egoistico ed edonistico, il quale invece deriva dal «condividere attivamente i valori legati alla famiglia, alla cultura, e alla moralità». Chi beneficia davvero della sessualità è chi concepisce che il sesso non è soltanto sesso, ma è un dono, uno dei tanti strumenti dell’espressione amorosa della coppia.

    I migliori amanti, ci dicono le ricerche, sono coloro che prendono sul serio la sessualità, che non giocano con il proprio corpo e con quello altrui, non usano i corpi e i genitali come meri oggetti di piacere. La Chiesa insegna che il sesso tra coniugi è un dono di Dio ed ha una finalità unitiva, non necessariamente legata a quella procreativa. Ovvero, è falsa la leggenda anticlericale che i cattolici facciano sesso solo per riprodursi. A tutti i fidanzati che frequentano i corsi prematrimoniali nelle parrocchie, viene infatti insegnato l’utilizzo dei metodi naturali per la regolamentazione della fertilità, che non vanno affatto definiti metodi contraccettivi (qui le differenze). Nel 1968, Paolo VI scriveva nell’enciclica Humanae Vitae«La Chiesa è coerente con se stessa sia quando ritiene lecito il ricorso ai periodi infecondi, sia quando condanna come sempre illecito l’uso dei mezzi direttamente contrari alla fecondazione». Dietro la denigrazione mediatica di tali metodi, ci sono anche le multinazionali della contraccezione, come è stato suggerito. In realtà sono metodi, oltre che leciti per la morale cattolica, anche assolutamente efficaci come abbiamo già dimostrato, altri studi sono stati citati dalla dott.ssa Paola Pellicanò. Addirittura nel 2012 la Georgetown University ha inventato il Standard Days Method, dimostratosiefficace al 95%.

    Nella relazione finale del Sinodo sulla Famiglia del 2015, si legge«Per amore alla dignità della persona, la Chiesa rigetta con tutte le sue forze gli interventi coercitivi dello Stato a favore di contraccezione, sterilizzazione o addirittura aborto. Il ricorso ai metodi fondati sui ritmi naturali di fecondità andrà incoraggiato. Si metterà in luce che questi metodi rispettano il corpo degli sposi, incoraggiano la tenerezza fra di loro e favoriscono l’educazione di una libertà autentica».


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    00 22/07/2016 08:55

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    COME DIMOSTRARE A TUA MOGLIE CHE L'AMI

    All’università ho conosciuto una coppia di persone di una certa età che provavano un grande affetto per me e spesso mi invitavano a cena. Anche se erano gentilissimi con me, erano incredibilmente ostili l’uno con l’altra. Tutte le loro conversazioni terminavano in litigi, e spesso si rivolgevano l’uno all’altra con parole dure e aspre critiche.

    Non ho mai conosciuto la storia di questa coppia né le ragioni dell’acrimonia, ma posso affermare che al giorno d’oggi questo tipo di comportamento non riguarda solo quelle due persone.

    Il matrimonio è in crisi, e il tasso di divorzio è ormai arrivato a quasi il 50% delle unioni. Anche se la Chiesa ha sempre difeso l’indissolubilità del matrimonio, i cattolici divorziano tanto quanto gli altri. È questa la triste realtà.

    Le cause della crisi del matrimonio sono numerose, ma le soluzioni, i modi per porvi rimedio, sono semplici. Noi che siamo chiamati alla vocazione matrimoniale dobbiamo amare le nostre mogli.

    Non possiamo cambiare il matrimonio altrui, ma possiamo cambiare il nostro. Di fronte alle innumerevoli rotture coniugali, i nostri matrimoni cattolici devono diventare una testimonianza profetica di una vita felice, di amore e fedeltà.

    Ci sono centinaia di modi per dire a vostra moglie che la amate, ma per iniziare ne enumereremo solo 25:

    1. Ascoltatela e prestare sempre attenzione a ciò che vi vuole dire.
    2. Mostratevi affettuosi a livello fisico, ma non con un affetto puramente sessuale.
    3. Sorprendetela con dei fiori.
    4. Portatela a cena fuori (senza i bambini).
    5. Compratele un libro che sapete che vuole leggere (o almeno pensate a cosa le piacerebbe leggere).
    6. Scrivetele piccole parole d’amore (almeno una volta al giorno).
    7. Anticipatela, non datele la possibilità di lavare i piatti.
    8. Fate qualcosa della lista di compiti che vi ha affidato.
    9. Se avete un bambino, cambiategli i pannolini.
    10. Permettete che esca con gi amici e le amiche mentre voi vi prendete cura dei bambini.
    11. Tenetele aperta la porta per farla passare.
    12. Pregate con lei e per lei.
    13. Chiedetele scusa quando l’avete offesa.
    14. Perdonatela sempre e non serbate rancore.
    15. Chiedetele consiglio.
    16. Conoscete i temi che la irritano, quindi evitateli.
    17. Accompagnatela a fare la spesa, a correre, ovunque voglia.
    18. Digiunate per lei.
    19. Comprendetela e confortatela, dissipate le sue paure.
    20. Parlatele del vostro modo di vedere la vita.
    21. Fatele dei complimenti.
    22. Baciatela in pubblico e davanti ai bambini.
    23. Prendetela per mano.
    24. Rinunciate a qualcosa che vorreste fare a favore di qualcosa che vorrebbe fare lei.
    25. Non la criticate… elogiatela!

    Riassumendo, amatela come il primo giorno.

    In un’altra epoca, la vostra preoccupazione principale è stata quella di conquistare il cuore di vostra moglie e di darle delle prove del vostro affetto, ricordate? Dopo lo scambio del consenso molti uomini smettono di sforzarsi, ma una cosa del genere non può durare molto.

    La vostra missione come mariti cattolici è studiare vostra moglie per tutta la durata della vostra vita insieme. Studiarla per conoscere meglio i suoi sogni e le sue speranze, le sue paure e le sue preoccupazioni.

    Quali sono i suoi gusti? Quali cose detesta? Cos’è più probabile che la renda felice? Qual è il suo linguaggio d’amore? Imparate cosa affascina il suo cuore e poi agite!

    Signori, il matrimonio è un sacramento, come la confessione e l’Eucaristia.

    Un buon matrimonio può farci crescere nella nostra vita spirituale e nelle nostre grazie. Non è meraviglioso? E tuttavia molti di noi trascurano le proprie mogli, mantengono un atteggiamento irrispettoso nei loro confronti e le considerano un fastidio, qualcosa di negativo, o peggio un nemico. È molto triste.

    I santi ci dicono che possiamo ottenere di più dai sacramenti se li riceviamo con buona disposizione. Più sono preparati i nostri cuori, più grazie riceveremo.

    Perché noi che siamo chiamati a vivere il sacramento del matrimonio trascuriamo tanto spesso il nostro matrimonio e ignoriamo le nostre mogli?

    Vostra moglie è un segno sacramentale per voi. Trattatela come tale.





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    00 09/08/2016 20:07
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    13 verità sul matrimonio che nessuno racconta


    La maggior parte delle persone crea una famiglia con uno zaino pieno di false speranze, convinzioni irrazionali e miti non corrispondenti alla realtà



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    Viviamo in un’epoca in cui la preparazione accademica e per il mercato del lavoro avanza a lunghi passi mentre l’orientamento sui rapporti, sull’organizzazione della famiglia e sull’educazione dei figli resta senza tante spiegazioni. Il fatto è che la maggior parte delle persone crea una famiglia portandosi dietro uno zaino pieno di false speranze, convinzioni irrazionali, miti e idee che non corrispondono alla realtà.


    Secondo un articolo pubblicato sul portale La Familia, se le coppie ricevessero un orientamento adeguato i tassi di divorzio, e di conseguenza la sofferenza umana che questo comporta per la coppia e i figli, sarebbero considerevolmente ridotti.


    Ecco alcune verità che nessuno racconta sulla vita di coppia, una sorta di piccolo manuale che può aiutare a capire cosa è normale e perfino necessario perché una relazione possa durare:


    1. Amore e convivenza si imparano


    “Nessuno nasce imparato”. Dobbiamo imparare a pensare a rendere l’altro felice anziché misurare quello che l’altro fa per noi, per rinnovare la speranza, per comunicare, senza ferire i suoi sentimenti, per discutere, negoziare, gestire le nostre emozioni in modo costruttivo. Pur essendo estremamente importante, non lo impariamo. Al contrario, riceviamo informazioni dalla televisione e dai media con una buona dose di sesso senza impegno, infedeltà e tutti i tipi di miti e menzogne su quello che è l’amore autentico e generoso.




     


    2. Non confondete l’amore vero con la passione e la follia temporanea iniziale


    Essere innamorati è una fase della relazione e non dura per sempre. Questi “incendi” possono durare tra i due e i quattro anni. Le persone che vogliono vivere solo questo tipo di rapporto sono costrette a cambiare costantemente partner, sperimentando il dolore e la solitudine a ogni rottura finché non appare all’orizzonte un nuovo partner.


    3. L’amore cresce con il tempo e lo sforzo


    Imparate a costruire e a mantenere un amore. Condividiamo l’idea errata per cui se le cose vanno bene è perché siamo innamorati, e se ci sono delle difficoltà è perché non lo siamo. Un altro equivoco è pensare che l’amore sia misurabile e che bisogna avere sempre la misura massima perché duri. La realtà è che il vero amore cresce con il tempo e con lo sforzo. Il vostro rapporto è come un giardino, che ha bisogno di attenzione e cure, e se lo concimate, lo irrigate e strappate le erbacce fiorirà nel corso della vita. Quando smetterete di coltivare il vostro rapporto, questo inizierà a marcire.


    4. Non aspettatevi che il vostro partner risponda a tutte le vostre necessità


    L’unica persona che può farvi felici e può riempire la vostra vita siete voi stessi. Non fingete che l’altro lo faccia per voi. Solo se sarete capaci di far fronte alle sue necessità e di vivere una vita piena riuscirete a rendere felice l’altra persona.


    5. Non vi sentirete attratti dal vostro partner in ogni momento


    Anche se sappiamo che la mancanza di attrazione nel matrimonio può apparire in un momento o nell’altro, non significa che tutto sia finito. I media ci bombardano costantemente con miti e menzogne su ciò che è l’amore, e la maggior parte delle persone non ha altra fonte di informazioni. Una delle menzogne più comuni che ci vengono dette è che se non ci si sente tremendamente attratti dal proprio partner vuol dire che si sta con la persona sbagliata. Vivere insieme ci fa vedere il nostro partner in molte situazioni diverse.


    6. I periodi di indifferenza fanno parte del vero amore


    Un mito molto comune è pensare: “Ci conosciamo, ci innamoriamo e per questo vivremo felici per sempre”. Questo modello ci nasconde una parte essenziale: l’assenza di piacere. E se sperimentate questi momenti in una fase di passione, ciò non vuol dire che sia tutto finito. Significa che potete dedicare tempo ed energia a migliorare il vostro rapporto: coltivando interessi comuni, facendo cose che amate insieme. Anche se non avete una passione, non vuol dire che il vostro rapporto sia morto o condannato.


    Alcune persone sperimentano queste condizioni più frequentemente di altre, e non c’è assolutamente alcuna correlazione tra lo sperimentare una fase di passione e il successo di un rapporto.




    7. Tenete a mente che passerete per una crisi, ma questa può aiutarvi a crescere e a rafforzarvi come coppia


    Sapendo che è il modo migliore per prepararsi a questo, non alzate la guardia. Fa parte della vita. Non pensate che sia tutto finito. È il momento di testare l’amore e i punti forti.

    8. Non aspettate di “sentire”. Prima viene il comportamento, poi l’emozione

    Ciò che non viene usato è perduto, ma non aspettate di provare affetto o desiderio per coinvolgervi in rapporti intimi con il vostro partner o esprimere il vostro amore. Iniziate a praticare entrambi, e il vostro amore e la nostalgia per l’altro si moltiplicheranno. Ci sono momenti in cui lo stress del lavoro e della vita quotidiana, la cura dei bambini o le sofferenze emotive che derivano dall’educazione degli adolescenti affogano entrambi i sentimenti, ma non lasciate morire il rapporto. Cercate del tempo per stare insieme e dei modi per rivivere i bei momenti.

    9. Il sesso è un atto sacro da dare e ricevere

    La mancanza di educazione sessuale ed emotiva adeguata è un’altra mancanza nel nostro curriculum. Impariamo dai media, dai coetanei e ora, sempre più, dalla pornografia che il sesso è qualcosa di usato per l’autosoddisfazione, l’approvazione o la sicurezza. La sessualità salutare non è niente di tutto questo. Il sesso è un’espressione d’amore, un atto di connessione, in cui è praticata l’arte e l’abilità di dare e ricevere.


    LEGGI ANCHE: La sessualità nel matrimonio cristiano è meravigliosa


    10. Il matrimonio è progettato per aiutare a crescere

    Il matrimonio non è “felici per sempre”, il luogo del riposo, della felicità eterna. Il matrimonio è uno dei modi più impegnativi e gratificanti che possiamo realizzare come esseri umani. È l’opportunità quotidiana per sviluppare la versione migliore di noi stessi, l’amore, la generosità, il senso dell’umorismo, l’intelligenza emotiva, la compassione, la perdita e molte altre virtù con le quali nasciamo. Purtroppo non ci viene insegnato, ma la grande notizia è che possiamo imparare! È il modo migliore di vivere.

    11. I modelli che abbiamo avuto influiscono sul nostro modo di relazionarci con l’altro

    Se avete avuto la fortuna di crescere in un matrimonio sano, è molto più probabile che abbiate imparato naturalmente i principi e le azioni necessari a un matrimonio di successo, ma se siete stati testimoni di un matrimonio caratterizzato da critiche, litigi, rabbia, risentimenti o maltrattamenti fisici o verbali dovrete lottare per lasciarvi alle spalle questo modello. Non è un compito facile, ma solo perché richiede sforzo non significa che stiate con la persona sbagliata.

    12. Vivere con dei bambini piccoli è stancante e stressante

    Avere figli è una delle cose più meravigliose che potete fare. È un investimento per il futuro. Dovete sapere, però, che è una fonte di stress e discordia, anche nel migliore dei matrimoni. È importante trovare il tempo per curare il rapporto di coppia. Appartenere a un gruppo di sostegno alle coppie o frequentare una scuola per genitori può essere splendido per imparare come gli altri affrontino gli stessi problemi e vedere che non si è soli.

    13. In qualche momento della vostra vita da sposati apparirà un’altra persona dalla quale vi sentirete attratti

    Il fatto che vi sentiate semplicemente attratti da un’altra persona significa che siete vivi e siete un essere umano. Quando percepite che sta accadendo, non lasciatevi trascinare dalla nuova persona, non aprite una finestra per lasciarla entrare (e non raccontatele i vostri problemi). Non ingannatevi pensando che controllerete la cosa pensando che se avete un buon rapporto non accadrà nulla. Capita anche se avete un buon matrimonio. Se continuerete a coltivare un rapporto con quella persona, questa diventerà il fulcro del vostro interesse e il vostro partner perderà sempre punti.

    da aleteia.org




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    00 07/10/2016 11:03
    La frase che ha salvato un matrimonio e potrebbe savarne tanti altri

    Sulla carta Richard Paul Evans sembrava essere uno degli uomini più felici sulla faccia della terra. Padre di cinque figli, scrittore di grande successo (il suo nome è spesso in cima alla lista dei bestseller del New York Times), sembrava avere tutto. Ma nonostante gli affezionati lettori, i figli amorevoli e la bella casa nello Utah, Evans si sentiva miserabile. Perché – come scritto sul suo sito – il suo matrimonio era infelice.

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    “Mia figlia Jenna, la maggiore, mi ha detto recentemente: ‘La mia più grande paura da bambina era che tu e mamma avreste divorziato. A dodici anni pensai che forse sarebbe stato meglio così, visto che litigavate tantissimo’. Poi ha aggiunto, sorridendo: ‘Sono contenta che abbiate risolto le cose tra di voi’ “.

    Non fu semplice. Evans e sua moglie Keri sembrarono incompatibili sin dai primi giorni, destinati a combattersi, continuamente, quasi dall’inizio del matrimonio.

    “Mia moglie Keri ed io abbiamo lottato per anni. Guardando indietro, non ricordo esattamente cosa ci fece avvicinare all’inizio, ma le nostre personalità erano del tutto inconciliabili. Man mano che il matrimonio andava avanti le differenze apparvero ancora più estreme. Aver trovato ‘notorietà e fortuna’ non rese più facile la convivenza. Anzi, esacerbò i nostri problemi”.

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    La coppia litigava così tanto che Evans iniziò ad organizzare molte presentazioni del suo libro, pur di allontanarsi da casa. Ma le discussioni proseguivano al telefono, ed entrambi assunsero un atteggiamento “perennemente difensivo”. In una lite a distanza particolarmente accesa, Keri sbatté il telefono in faccia a Evans.

    “Allora mi rivolsi a Dio, o meglio me la presi con Lui! Non so se urlare a Dio possa considerarsi una preghiera o meno ma, qualsiasi cosa fosse, non la dimenticherò mai. Ero nella doccia dell’hotel Ritz-Carlton di Atlanta e urlavo contro Dio… Dentro di me sapevo che Keri era una brava persona e che io lo ero a mia volta. Allora perché non riuscivamo ad andare d’accordo? Perché avevo sposato una persona così diversa me? Perché lei non cambiava?”

    Alla fine, a pezzi, scoppiai a piangere. Anche in quel buio riuscii a vedere una luce. Non puoi cambiarla, Rick, puoi solo cambiare te stesso. In quel momento iniziai a pregare. “Dio, se lei non può cambiare, allora cambia me”. Pregai fino a tarda notte e il giorno dopo mentre tornavo a casa. Pregai mentre varcavo la soglia, tornando da una moglie fredda che a stento si era accorta del mio rientro. Quella notte a letto, mentre eravamo a pochi centimetri di distanza eppure lontanissimi, arrivò l’ispirazione. Sapevo cosa fare.


    Il giorno dopo mi avvicinai e le chiesi: “Come posso rendere migliore la tua giornata?”

    Keri mi guardò arrabbiata: “Cosa?”

    “Come posso rendere migliore la tua giornata?”

    “Non puoi, perché lo chiedi?” disse.

    “Perché dico sul serio, voglio sapere cosa posso fare per migliorare la tua giornata”

    Il suo sguardo si fece cinico.

    “Vuoi fare qualcosa? Pulisci la cucina”.

    Si aspettava che mi arrabbiassi. Invece annuii: “Ok”.

    Mi alzai e andai in cucina.

    Il giorno dopo posi la stessa domanda: “Cosa posso fare oggi?”

    Con gli occhi socchiusi, mi disse “C’è da pulire il garage”.

    Feci un respiro profondo. Avevo già avuto una giornata pesante e sapevo che la sua richiesta era provocatoria. Stavo quasi per perdere le staffe.

    Invece le dissi ok e per le due ore seguenti mi dedicai al garage. Keri non sapeva cosa pensare.

    “Cosa posso fare per te oggi?

    “Niente”, urlò, “Non puoi fare niente. Smettila di chiederlo”

    Io dissi: “Mi dispiace, non posso. Ho preso un impegno con me stesso. Cosa posso fare per te oggi?”

    “Perché fai tutto questo?”

    “Perché tengo a te e al nostro matrimonio”.

    Per due settimane ho insistito, chiedendole cortesemente di farmi sapere come poterla rendere felice. Keri scoppiò a piangere. “Ti prego smettila di chiedermelo. Non sei tu il problema, sono io. Vivere con me è difficile, non so perché resti insieme a me”.

    Le sollevai dolcemente il mento per guardarla negli occhi e dissi: “Perché ti amo. Cosa posso fare per rendere migliore la tua giornata?”

    “Dovrei chiedertelo io”.

    “Dovresti”, risposi, “Ma non adesso, adesso ho bisogno di essere io a cambiare. E tu devi sapere quanto conti per me”.

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    Fu un momento di connessione pura. Così pieno di quell’autentica intimità che nasce quando vengono chieste (e accettate) delle scuse. Con le parole, con le azioni, con la semplice presenza. Quando Evans chiese a Keri cosa avrebbe potuto fare per renderle la giornata migliore, lei disse: “Possiamo semplicemente passare un po’ di tempo insieme?”

    “Mi piacerebbe molto”, rispose lui.

    È stata la svolta di cui avevano bisogno. Evans e Keri decisero di non voler essere più lontani l’uno dall’altra, ma di desiderare la reciproca compagnia.

    Evans continuò a chiedere quella domanda per più di un mese. Non litigavano più, e presto fu Keri ad iniziare a chiedere: “Cosa hai bisogno che io faccia?”

    “I muri che ci separavano crollarono”, scrive Evans. “Iniziammo ad avere discussioni significative su ciò che volevamo dalla vita, e su cosa avremmo potuto fare per rendere felice l’altra persona. No, non abbiamo risolto tutti i nostri problemi e non posso ovviamente dire di non aver litigato mai più. Ma era la natura dei nostri scontri ad essere cambiata. Si erano fatti più rari e non erano più cosi violenti come un tempo. Li avevamo privati dell’ossigeno. Non avevamo più voglia di ferirci a vicenda”.

    Il matrimonio è difficile. Sono rare le coppie per cui non lo è. Evans lo sa molto bene, ma conclude così: “Avere un compagno per sempre è un dono eccezionale. Ho imparato che il matrimonio può aiutarci a smussare anche i nostri lati più odiosi. E tutti ne abbiamo”.

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    Quest’ultima frase di Evans è giusta. Spesso le coppie si impantanano nei loro doveri verso la famiglia, nella carriera e negli impegni di chiesa. Al punto da perdere facilmente di vista gli altri (persino se vivono attorno a loro) e i propri bisogni. “Cosa posso fare per rendere la tua giornata migliore?”, posta con serietà e convinzione), è – o dovrebbe essere – la principale domanda d’amore, che spazza via (attivamente e intenzionalmente) gli interessi personali, aprendoci agli altri.

    “Il vero amore non consiste nel desiderare una persona, ma nel desiderare la sua felicità, anche a spese della propria… Sono immensamente grato dell’ispirazione che ho avuto quel giorno, tanto tempo fa”.

    Ispirazione è la parola corretta. Il concetto rivelato ad Evans – che il vero amore desidera la felicità dell’altro, anche a spese della propria – fu la risposta a una preghiera. E parla proprio di Cristo, del suo amore. Semplicemente un altro modo per spiegare ad un uomo, e a tutti noi, che l’amore ha sempre una connessione con la Croce.


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    00 25/10/2016 14:57
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    12 segreti per un rapporto felice


    Da leggere e condividere con la persona che amate



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    Incrível.club vuole rivelare i segreti delle coppie felici. È un elenco di abitudini salutari che portano armonia in qualsiasi rapporto. Eccole:


    1. Siate voi stessi. Siate sinceri



    Vogliamo sempre sembrare migliori di quello che siamo in realtà, nascondendo storie sgradevoli ed errori che abbiamo commesso. Non cercate di essere perfetti. La cosa migliore è essere se stessi. Molti vivono indossando delle maschere, temendo di mostrarsi agli altri. Questo è innanzitutto molto stancante, e in secondo luogo ostacola un rapporto onesto e semplice.


    Essere sinceri è molto importante. Non abbiate paura di rivelare i vostri sentimenti al partner, perché è la persona che vi è più vicina. Se qualcosa vi preoccupa o vi manca, parlatene. Nessuno sa leggere il pensiero, e il primo passo per risolvere un problema è parlarne.


    2. Siate positivi



    Le persone allegre emanano felicità ed energia positiva. Viene voglia di stare continuamente accanto a persone di questo tipo. Dall’altro lato, lamentele e reclami costanti danno luogo a emozioni negative e peggiorano l’umore e i rapporti.


    Stimolate l’atteggiamento positivo nei confronti della vita, e non permettete che il vostro partner si scoraggi. Siate ottimisti, perché indipendentemente da ciò che avviene avete l’un l’altro. Potete sempre scherzare sui problemi con il vostro partner, trarre le conclusioni e andare avanti!


    3. Siate attenti, sostenete il vostro partner



    Tutti viviamo dei fallimenti che influiscono sul nostro stato d’animo e sulla nostra autostima. Fate sì che il vostro partner senta il vostro sostegno e la vostra comprensione. In questo modo è tutto più facile, e il vostro partner si sentirà molto meglio.


    Fate anche attenzione ai desideri e alle necessità di chi vi circonda. Dovete accettare che l’altro non sia un vostro riflesso o una vostra proprietà. Trattate i sui desideri con comprensione, anche se sono diversi dai vostri.


    4. Dimostrate i vostri sentimenti



    È molto importante ricordare al vostro partner che ammirate tutto ciò che fa per voi. Ringraziatelo anche per i minimi gesti. Non considerate quello che avviene di positivo tra di voi come una cosa naturale e automatica, dite alla vostra anima gemella quanto la valorizzate.


    Dimostrate i vostri sentimenti. Non vergognatevi di dare amore e affetto, perché è fondamentale per creare un legame forte tra voi due. Fate sì che il vostro partner senta quanto è speciale per voi.

    5. Rispettate lo spazio personale del vostro partner

     

    Due persone non possono e non devono stare insieme 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Non opponetevi agli interessi della persona amata, e non rinunciate ai vostri hobby. Vi siete innamorati l’uno dell’altro per come siete, con tutti gli interessi e le abitudini. Non bisogna sacrificare la vostra volontà in nome di un rapporto forte. Nessuno valorizza cose di questo tipo.

    Il vostro partner non vuole essere la causa dei vostri sacrifici né sentire frasi come “A causa tua, io…”. Siate felici e basta. Il vostro rapporto deve dare qualcosa di nuovo a entrambi, non togliere ciò che già possedete.

    6. L’importanza del rispetto reciproco

    Bisogna rispettare le opinioni e le decisioni dell’altro, anche se non si concorda con loro. Rispettate la sua famiglia e i suoi amici.

    Il rispetto crea un legame forte e di fiducia nella coppia.

    Non dimenticate l’importanza del rispetto reciproco anche durante le discussioni, che in genere portano a rimproveri reciproci. Fate attenzione alle parole. L’irritazione passa, ma è difficile dimenticare le offese. Non importa quante volte chiediate perdono dopo una discussione, le parole dure lasciano cicatrici profonde nell’anima della persona amata.

    7. Non permettete che la gelosia entri nel vostro cuore

    Cercate di non essere gelosi. In questo modo, affrontate la vostra paura di essere abbandonati, i vostri complessi e la mancanza di fiducia in voi stessi. Non accusate e non tormentate l’altro con scenate di gelosia. La sfiducia rovina il vostro amore e finisce per provocare proprio i pensieri che volete evitare.

    Cosa fare se il vostro partner è geloso? Cercate di calmarlo, dimostrategli quanto lo amate e fategli vedere quanto siano assurdi i suoi timori.

    Non permettete che la gelosia distrugga il vostro rapporto.

    8. Accettate il vostro partner com’è

    Non cercate di cambiare il vostro partner. Accettate le sue peculiarità e le sue abitudini, perché sono queste che lo rendono una persona unica. Non litigate con il partner per le abitudini che ha, e nel caso in cui vediate che ne ha una negativa e che un cambiamento sarebbe un bene, è sempre possibile parlare tranquillamente e correggere piccole cose.

    Perdonate i difetti. Non rimproverate la persona che amate. È sempre meglio concentrarsi sugli aspetti positivi. Non vergognatevi di fargli dei complimenti.

    9. Create dei ricordi che siano solo vostri

    Non c’è nulla capace di unirvi di più al partner delle esperienze e dei ricordi comuni. I viaggi, le lezioni di musica o di immersione, la partecipazione a un concorso… fate insieme tutto ciò che trovate interessante e divertente.

    Arricchite la vostra vita. È poco probabile che guardare la televisione insieme lasci un segno speciale nella memoria.

    10. Trasformate la vostra vita in una favola

    Sorprendete la vostra metà con dettagli piacevoli. Cercate di aggiungere più spesso cose nuove al rapporto.

    Qualche sorpresa, biglietti affettuosi, oggettini, piccole feste senza un motivo particolare… tutto questo rallegra il vostro partner, crea momenti romantici e aggiunge amore alla vita quotidiana.

    11. Trascorrete più tempo con il vostro partner

    Non distraetevi quando vi state godendo un momento accanto al vostro partner. Il lavoro e le preoccupazioni quotidiane prendono molto tempo. Quando state con la persona amata, spegnete la televisione, mettete da parte il cellulare e godete della sua compagnia.

    Nel corso della giornata, se possibile, dimostrategli attenzione e affetto, anche se a distanza. Neanche un lavoro che prende molto dev’essere un ostacolo a farlo, anche perché scrivere un messaggio affettuoso in un intervallo non costa niente.

    12. Sognate con il vostro partner

    Pensate ad alcuni obiettivi che voi e la persona che amate avete in comune. Cosa vorreste conquistare tra 5, 10 o 20 anni?

    Non stabilite mete partendo da nozioni comuni relative a felicità e successo. Concentratevi su ciò che rende voi e il vostro partner davvero felici.


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    00 22/08/2017 22:03

    La seduzione è in crisi, perché l’uomo dev’essere indebolito




     





    "L'opposto concorde e dai discordi bellissima armonia".
    [Eraclito di Efeso, frammento n. 8 Diels-Kranz]

    Quando ho letto l’articolo di Vanni Codeluppi “La seduzione è in crisi” (doppiozero.com 12 luglio 2017) ho pensato subito che mi sarebbe piaciuto commentarlo insieme ad Alessandro Benigni, docente di Filosofia e scrittore, molto attivo sui Social anche attraverso il suo seguitissimo blog Ontologismi. Avevo letto da poco un suo scritto dal titolo “Dall’uguaglianza non nasce niente. Ovvero per un elogio della differenza”. L’ho contattato e si è dimostrato immediatamente entusiasta e disponibile, per questo lo ringrazio del tempo che mi ha dedicato e della sua interessante riflessione.

    Caro Alessandro, ci aiuti a commentare l’articolo di doppiozero.com dal titolo “La seduzione è in crisi”?

    Ha ragioni da vendere l’autore Vanni Codeluppi quando parla di “crisi della seduzione”. La sua analisi e le sue intuizioni sembrano fin dall’inizio molto sensate:

    “[…] la seduzione è entrata attualmente in una situazione di crisi perché gli uomini tendono sempre più a spostare il loro sguardo dalle donne verso se stessi. Sono tesi cioè a curare soprattutto l’aspetto del loro corpo, che ritengono non all’altezza degli affascinanti modelli di bellezza continuamente proposti da parte dei media. E così succede alle donne, anch’esse sempre più orientate a dirigere il loro sguardo verso di sé anziché verso l’altro sesso. La seduzione, inoltre, ha bisogno di differenze. Che scatti cioè l’attrazione per qualcosa che è profondamente diverso da sé. Ma i sessi si stanno inesorabilmente avvicinando e mescolando tra di loro. L’uomo si “femminilizza”, mentre la donna, quando guarda l’altro sesso, lo fa attraverso un occhio sempre più “maschile”” (doppiozero.com).

    Quello che viene così efficacemente descritto è un fenomeno inarrestabile che sfocia – oggi – in un collasso sempre più evidente, dalle dimensioni sempre più globali e dagli effetti sempre più profondie soprattutto determinanti per gli anni che verranno. Il femminismo, le lotte per l’emancipazione e la “liberazione sessuale” fino alle attuali battaglie per i “diritti LGBT”, che promettevano una liberazione planetaria si sono invece concretizzare in un multiforme stato di stordimento antropologico che garantisce solo omologazione e solitudine, atrofizzazione dei rapporti e anestesia dei sentimenti. E, più in generale, una dis-educazione all’evidenza e, nell’evidenza, alla forza dirompente della Bellezza.

    Che cosa intendi per evidenza?

    Oggi più che mai è diventato essenziale riflettere sulla struttura del reale, sulla datità dell’esperienza umana, sulla necessità di ripartire ogni volta dalla sicurezza incontrovertibile dell’evidenza. E l’evidenza che ci dice? Scriveva da qualche parte Fabrice Hadjadj che occorre riflettere a partire dal proprio ombelico, per ritrovare il segno della trascendenza, fin dentro le nostre mutande. Quanto ha ragione, questo filosofo ateo, convertito sotto la statua della Vergine, nella sua brillante ironia: è proprio il sesso ad indicarci la teleologia insita in ogni uomo e in ogni donna. Noi siamo Relazione. Ce lo dice l’ombelico, ce lo dice quello che teniamo giustamente nascosto, come dono prezioso, sotto le mutande. E sono evidenze, queste, che oggi paiono per lo più offuscate, se non dissolte di proposito, quali la complementarietà psico-fisica dei sessi, la strutturante dialettica degli opposti, la necessità della differenza per la vita, il valore della disuguaglianza, e così via.

    Che cosa pensi quindi dell’imperante ideologia unisex?

    E’ il culmine del paradosso. Segno della infallibile capacità di alterazione della realtà: presentare qualsiasi veleno come il suo contrario. Così viene presentata come lotta per la liberazione del corpo e della sessualità ciò che è invece la tomba sia del corpo che dell’anima. E del sesso stesso. Del sesso: quello vero, quello che genera – daccapo – la Bellezza. Per cogliere appieno questo livello d’interpretazione occorre uno sguardo metafisico minimo. Ecco allora un altro paradosso: un indiscutibile merito di questa devastante antropologia nichilista sta proprio nell’aver portato a nuova ed urgente consapevolezza la necessità di un approccio metafisico nella discussione sull’uomo e sulla vita, soprattutto là dove ci sono intenzioni di rinnovamento (o stravolgimento, in questo caso) sul piano assiologico. Così, di colpo è tornato chiaro quanto sia importante riflettere sulla struttura del reale, sulla datità dell’esperienza umana, sulla necessità di ripartire ogni volta dalla sicurezza incontrovertibile dell’evidenza.

    Vedi quindi già la presenza di qualche reazione all’ideologia dell’unisex?

    Filosofi di spessore come Hadjadj, ma anche l’ateo Michel Onfray (per restare alla discussione in ambito francese), hanno puntualmente ripreso la condanna della filosofia dell’unisex. Filosofia che darà i suoi frutti avvelenati, c’è da scommetterci, e li darà nel brevissimo periodo. Tutti i più svegli, sia pure da versanti opposti, hanno lanciato l’allarme sul diffondersi (indotto) di questa anti-patia tra uomo e donna, a partire dall’insegnamento dell’ideologia gender nelle scuole, ribadendo giustamente che l’essere umano non è solo cultura, ma anche natura. Natura evidente: ombelico e mutande, per riprendere la fenomenologia concreta di Hadjadj.

    Oggi viene esaltata a tutti i livelli la bandiera dell’uguaglianza, ma quali inganni vi si celano?

    Il principium-individuationis, in passato dato quasi per scontato, deve oggi essere difeso da una moltitudine di attacchi. Perfino sul piano legale. Un principio, quello d’individuazione, che è il principio, del reale e dell’umano, insieme a quello della differenza e della dialettica tra opposti, ad esso correlato. L’evidenza – che precede qualsiasi interpretazione e dunque si sottrae, in quanto datità che ci precede ad ogni forma di manipolazione e di dominio – ci dice che nessuno nasce dal medesimo e per essere, per venire all’esistenza, per ex-sistere, occorre individuarsi, ovvero contrapporsi e distinguersi dal circostante. In una dialettica strutturante con l’alterità. Sempre l’evidenza di dice che la realtà dell’uomo è fatta di tensione verso la donna. E viceversa. Lo vediamo nel corpo, chiarissimamente, e lo vediamo nello spirito, ogni qual volta abbiamo la grazia di trovarci di fronte ad un adolescente innamorato. Che meraviglia assoluta: il donarsi dell’essere, il progetto di Dio, chiamatelo come volete. E’ sempre uno spettacolo di impareggiabile bellezza. Ma per la bellezza occorrono gli opposti. Dall’identico, dall’òmoios, per dirla alla greca, non nasce nulla.

    Secondo te qual è la vera battaglia in corso e la posta in gioco?

    In ogni dialettica, in ogni tensione, c’è prima un tendere, ovvero un’intenzione. Ed è questo il punto che vorrei mettere a fuoco: chi domina le intenzioni domina le azioni. Ne prevede i risultati. E le intenzioni hanno sempre a loro volta le loro precise anche se nascoste leve nei desideri: ed è da qui, da quell’ente desiderante che è l’umano, che mi sembra si debba cominciare per capire in che modo siamo arrivati ad una tale distorsione dei desideri, socialmente condivisi, da spegnere il desiderio dell’uomo per la donna, per la generatività, per la vita. In fondo, per sé stesso. E vengo alla tesi che vorrei esibire: l’odierna disaffezione dei maschi per le femmine, che consegue ad una fitta serie di ostacoli reali che sono stati posti per rendere più difficile l’incontro tra maschile e femminile, dirottando il processo verso il reciproco consumo, ed in particolare l’immane processo di femminilizzazione dell’uomo, ebbene: tutto ciò è il frutto di una colossale operazione di ingegneria sociale. Niente di casuale, quindi. Ci sono i mandanti, ci sono i metodi e i mezzi, c’è un fine.

    Coglie infatti perfettamente nel segno Vanni Codeluppi quando sottolinea:

    “[…] la sovrabbondante circolazione odierna di segni relativi al sesso, l’incontrollata proliferazione d’immagini sessuali nelle strade e sugli schermi, il dilagare dei codici del porno al di fuori dei rigidi confini in cui erano stati tradizionalmente rinchiusi. Tutti fenomeniche rendono disponibile un’offerta di erotismo in numerosi canali di comunicazione, ma nel contempo indeboliscono il desiderio” (doppiozero.com).

    erché la strategia è quella di indebolire il desiderio?

    L’indebolimento del desiderio ha un fine, ha uno scopo, come cercavo di spiegare in alcune raccolte di dati sul mercato del porno e sugli effetti della pornografia sul cervello, in particolare su quello del maschio: indebolire. La mia impressione è, in sintesi, che si tratti di una distorsione globale largamente indotta che ha come fine il dominio sulla società intera. Come? Isolando gli individui. Divide et impera: fare dell’individuo un dividuo indefinito. E’ questo il metodo e sarà questo il supremo atto di controllo su un’umanità definitivamente impoverita, ridotta ad uno stato animalesco, del tutto incapace di relazione e quindi di libera reazione, di qualsiasi critica, e perciò costretta ad uno stato perennemente nomade: se incerta sulla propria identità, anche sessuale, sarà di conseguenza incapace di stabilire relazioni profonde e soprattutto incapace di generare (proprio perché la generazione richiede l’incontro con l’altro-da-sé, complementare nella sua irriducibile diversità). Non a caso la generazione si sta spostando sul piano della tecnica (in laboratorio) sta diventando sempre più un appunto processo tecnicamente controllato. Stiamo passando così dalla generazione naturale alla fabbricazione e quindi alla riduzione dell’uomo ad ente prodotto, tra gli enti. Misurabile, certificabile, soggetto a garanzia e fissato nel mercato dello scambio delle merci, in base a rigorosi contratti commerciali tra donatori ed acquirenti.

    Il pensiero filosofico ci può aiutare a demistificare l’inganno dell’uguaglianza e della fluidità sessuale?

    Forse nessuno poteva immaginare che anche l’evidenza della complementarietà umana tra maschio e femmina e l’eterna polemica tra i contrari – quella che produce una bellissima armonia, per usare i versi di Eraclito – avesse bisogno di un supporto filosofico e di una puntuale riscoperta di tipo fenomenologico. Eppure la deriva antropologica – ripetiamolo: una deriva teleguidata dall’alto, che ha come scopo la creazione di un uomo nuovo, più duttile e malleabile, appunto incerto sulla sua identità e quindi sessualmente confuso o indefinito, ed in quanto tale incapace di individualizzarsi e perciò di difendersi – questa deriva, dicevamo, ha reso necessaria perfino un’analisi e una riproposizione valoriale in ambito filosofico e forse ancor prima psicologico visto che è proprio la Psicologia lo strumento che viene utilizzato per imporre questa nuova visione. Una visione distorta, che sottende e prepara un’imposizione di nuovi “valori”, spacciati come forme di liberazione quando invece nascondono esattamente il loro contrario. Si tratta di una deriva antropologica che annuncia una schiavitù planetaria. Una schiavitù che si annuncia terribile, nella misura in cui viene spacciata e percepita come progresso e liberazione.

    E a quali riflessioni ultime arrivi come filosofo cristiano?

    Dimenticare l’ecologia dell’uomo, come aveva annunciato Benedetto XVI, nega anziché realizzare la libertà umana. È così che si può spiegare l’esaltazione dell’unisex – il modello universale più facilmente manipolabile – e la contemporanea intensificazione degli ostacoli che vengono istituiti nell’incontro naturale tra uomo e donna e nella generatività che ne consegue. Ora, se tutto sembra oggettivamente predisposto per rendere inautentico il rapporto alla reciproca ricerca tra uomo e donna, fino al crollo dell’identità e quindi del desiderio, un motivo c’è, uno scopo, pure. Chiediamoci a chi giova allontanare gli uomini dalle donne e spingere verso l’unisex un’umanità intera, ed avremo chiara l’immagine ed il fine dell’Impero.


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    00 19/09/2017 17:20

    Tentazioni tipiche del diavolo per distruggere i matrimoni





     


    Il demonio sa bene che se lavora per distruggere il matrimonio può rovinare il tessuto sociale


    Molti di noi vanno in vacanza, ma c’è qualcuno che non ci va e non ci andrà mai. Riuscite a indovinare chi sia? Il diavolo! Proprio lui! Lavora 25 ore al giorno, otto giorni a settimana, 366 giorni all’anno.


    Di fatto, è uno dei lavoratori più impegnati al mondo! Padre della Menzogna e Assassino fin dal Principio, il Principe di questo Mondo, l’Antico Serpente, Lucifero, Satana, demonio, diavolo… sono tutti nomi per il diavolo che si trovano nei testi sacri della Scrittura.


    I santi hanno coniato altri nomi che sottolineano aspetti diversi delle sue cattive intenzioni. Eccone alcuni.


    San Tommaso d’Aquino chiama il diavolo il Tentatore.


    Sant’Agostino lo definisce un cane legato alla catena, meglio mantenere le distanze!


    Sant’Ignazio, che ci ha donato gli Esercizi Spirituali e le Regole per il Discernimento degli Spiriti (in parte spiegando l’opera del diavolo nella nostra vita), chiama il diavolo il Nemico della Natura Umana.


    San Pietro, infine, in una delle sue lettere definisce il diavolo un Leone Ruggente che cerca di divorare chiunque può. Siamo chiamati a resistergli!


    Uno dei principali attacchi del diavolo alla società moderna è lanciare i suoi missili contro l’istituzione più antica istituita da Dio, la famiglia. Il matrimonio è l’unione tra uomo e donna, sposo e sposa, uniti in un sacramento che chiamiamo Santo Matrimonio, aperto all’arrivo dei figli e alla loro educazione nell’amore e nel timore del Signore.


    Il diavolo sa bene che distruggendo l’istituzione familiare può aiutare a distruggere tutto il tessuto sociale. Gli storici ci dicono che una volta che la famiglia viene distrutta la società si decompone rapidamente.


    Se è così, quali sono alcune delle tentazioni tipiche che il diavolo lancia contro le coppie per indebolire e distruggere la famiglia? In questo articolo presenteremo cinque delle tentazioni più comuni e insidiose che il Padre della Menzogna lancia contro la famiglia.

    1. Vivere insieme. Unione libera. Convivenza. Matrimonio di prova.

    Abbiamo enumerato vari titoli per i numerosi accordi delle coppie che militano contro il sacramento del Santo Matrimonio.

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    Due generazioni fa, una coppia cattolica che avesse scelto una delle eventualità elencate in precedenza sarebbe stata considerata radicale, rinnegata, paria e scandalosa, mentre al giorno dìoggi se una coppia inizia a convivere è considerata una cosa quasi normale.

    Molti giovani dicono: “Dobbiamo prima provare, verificare se c’è chimica”, “Dobbiamo vedere se funziona, se siamo compatibili”.

    Nel frattempo, sono disposti a vivere fuori dallo stato di grazia, mettendo così in pericolo la loro salvezza eterna, per non parlare del cattivo esempio che danno ai bambini nati in queste circostanze.

    Le coppie che vivono in questo modo stanno diventando una vera epidemia. Cosa peggiore, la società si desensibilizza credendo che sia una cosa normale. Dietro le quinte di questo scenario non c’è altri che il diavolo, il bugiardo!

    2. Unioni dello stesso sesso

    Anche se le unioni omosessuali sono state legalizzate, non significa che siano corrette. Come nel caso dell’aborto, legalizzato nel 1973 negli Stati Uniti, non vuol dire che le unioni tra persone dello stesso sesso legalizzate siano morali.

    Ciò che è legale non è sempre morale.

    La Sacra Scrittura, nel libro della Genesi, ci insegna che Dio ha creato l’uomo e la donna, Adamo ed Eva, e ha detto che un uomo avrebbe lasciato il padre e la madre per unirsi alla sua sposa. Dietro la menzogna delle unioni omosessuali c’è il diavolo.

    3. Adulterio.

    Nel discorso della Montagna, Gesù ha elevato l’amore, la fedeltà e la purezza a un livello molto più alto: “Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore” (Matteo 5, 27-28).

    Una delle interpretazioni moderne di questo fatto, in relazione al sacramento del Santo Matrimonio, è che anche quando un uomo sposato non commette l’atto di adulterio fisico con un’altra donna può comunque commetterlo in altri modi – attraverso gli occhi, nella mente e nelle profondità del suo cuore.

    Ovviamente una delle forme più comuni di adulterio moderno è quella degli uomini sposati (e a volte delle donne) che consumano materiale pornografico. È una situazione che sta diventando sempre più comune, distruggendo le famiglie.

    Ancora una volta, dietro gran parte dell’industria del porno non c’è semplicemente un diavolo, ma un’enorme moltitudine di demoni! Una delle frasi più comuni che cerca di minimizzare la gravità del consumo di materiale pornografico, soprattutto tra gli uomini, è questa: “I bambini sono bambini, gli uomini sono uomini”.

    Le famiglie vengono distrutte, e i bambini vengono gravemente feriti e segnati da questo fatto per tutta la vita.

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    4. Non essere aperti alla vita

    Anni fa le coppie si sposavano e desideravano avere dei figli il prima possibile. Le coppie con 6, 8, 10 o 12 figli erano quasi la norma, anche se non si trattava di una coppia ricca.

    Al giorno d’oggi è tutto il contrario. Le coppie si sposano e iniziano a pensare a come evitare di avere figli.

    Per molti la filosofia è questa: dobbiamo comprare casa, la macchina nuova, la televisione con il maxischermo e la barca, e dopo esserci procurati tutti questi beni materiali può essere il momento di avere un figlio, al massimo due.

    In una società satura di materialismo, edonismo, egocentrismo e utilitarismo, le cose prevalgono sul fatto di mettere al mondo un nuovo essere con un’anima e un’esistenza immortale che chiamiamo persona umana.

    Questa atmosfera anticoncezionale e anti-vita è promossa e coltivata dal diavolo. Il nostro Dio è un Dio di vita. Il diavolo è un bugiardo e un Assassino fin dal Principio.

    5. Mancanza di comunicazione

    A livello sociale, va detto che molte coppie, fin dall’inizio del loro matrimonio, non hanno mai imparato davvero a dialogare. Non hanno mai appreso l’importante arte della comunicazione.

    La comunicazione è un’arte con cui nessuno nasce. Va imparata. Per questo, prima che arrivi il giorno in cui si promettono fedeltà nei momenti buoni e in quelli cattivi, nella salute e nella malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non le separi, le coppie devono essere consapevoli dell’estrema necessità di comunicare, dell’arte della comunicazione, e fare tutto ciò che è in loro potere per non rinunciare mai a sforzarsi per migliorare nella loro capacità di comunicazione.

    Il diavolo può agire come un verme nel cammino della vita delle coppie per bloccare la comunicazione in questi modi:

    . Il diavolo può convincere una coppia del fatto che è meglio non parlare per evitare conflitti.
    . Il diavolo può tentare una coppia a pronunciare parole taglienti che sono come punture di api.
    . Il diavolo può lavorare in modo tale che uno può voler parlare di tutto e l’altro può non voler dire niente.
    . Il diavolo può convincere una coppia a evitare di parlare di Dio. Dio aiuta le coppie a comunicare bene.
    . Il diavolo può infine spingere una coppia a parlare più con un’altra persona (ex o anche nuovi “amici” del sesso opposto) che con il proprio coniuge, con grave detrimento del matrimonio.

    In conclusione, tutti i cristiani devono essere ben consapevoli dell’opera del diavolo, che è impegnato a distruggere l’umanità. Uno dei suoi primi attacchi è contro l’istituzione della famiglia, la culla del bambino, la Chiesa domestica e il futuro dell’umanità.

    Torniamo alla Sacra Famiglia: San Giuseppe, Maria e Gesù, imploriamo la vostra intercessione. Aiutateci ad essere consapevoli degli attacchi pieni di astuzia del diavolo, a respingere le sue tentazioni e a promuovere tutto ciò che è puro, nobile e degno di lode.


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