00 26/02/2010 21:27
Dalle "Regole ampie" di san Basilio.

Qst. 2. PG 31,908-912.



L'amore di Dio non si insegna. Non abbiamo irnparato da nessuno a
gioire della luce né ad essere attaccati alla vita più che ad ogni
altra cosa. Nessuno ci ha neppure insegnato ad amare coloro che ci
hanno messo al mondo o ci hanno allevato.

Allo stesso modo, o meglio, a più forte ragione, non è un insegnamento
datoci dall'esterno quel che ci fa amare Dio. Nella natura stessa
dell'essere vivente - voglio dire dell'uomo - si trova un germe che
contiene in sé il principio di questa inclinazione ad amare. E solo
alla scuola dei comandamenti di Dio è possibile raccogliere questo
seme, coltivarlo con diligenza, nutrirlo con cura e portarlo a pieno
sviluppo mediante la grazia divina.

Abbiamo ricevuto il precetto di amare Dio, sicché possediamo una
forza, immessa in noi fin dalla prima strutturazione del nostro
essere, che ci spinge ad amare. Siamo portati per natura a desiderare
le cose belle, anche se il bello appare diverso all'uno e all'altro.
Ora, che cosa c'è da ammirare più della divina bellezza? Quale
desiderio spirituale è così ardente e quasi inarrestabile come quello
che Dio fa nascere nell'anima purificata da tutti i vizi, la quale
esclami con cuore sincero: Sono malata d'amore? (Ct 2,5). Del tutto
ineffabile e inesprimibile è lo splendore della bellezza divina. Però,
propriamente parlando è bello e amabile ciò che è buono. Ora Dio è
buono. E se anche non abbiamo conosciuto dalla sua bontà quel che egli
sia, dobbiamo grandemente amarlo e averlo caro per il solo fatto di
essere stati da lui generati; restiamo continuamente sospesi alla
memoria di lui, come bimbi aggrappati alla mamma.

Dalle "Regole ampie" di san Basilio.
Qst. 2. PG 31,908-912.