00 30/09/2010 11:07
Riflessione

Contesto. Il cap.10 di LUCA di cui il nostro brano è l’inizio, presenta un carattere di rivelazione. In 9,51 si dice che Gesù «prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme». Questo cammino, espressione del suo essere filiale, è caratterizzato da una duplice azione: è unito strettamente all’«essere tolto» di Gesù (v.51), la sua «venuta» mediante l’invio dei suoi discepoli (v.52): c’è un legame nel duplice movimento: «essere tolto dal mondo» per andare verso il Padre, ed essere inviato agli uomini. Difatti accade che l’inviato qualche volta non venga accolto (9,52 e quindi deve apprendere come essere «consegnato», senza per questo lasciarsi modificare dal rifiuto degli uomini (9,54-55). Tre brevi scene fanno comprendere al lettore il significato di seguire Gesù che va a Gerusalemme per essere tolto dal mondo. Nella prima viene presentato un uomo che desidera seguire Gesù dovunque egli vada; Gesù lo invita ad abbandonare tutto ciò che gli procura benessere e sicurezza. Coloro che vogliono seguirlo devono condividere il suo destino di nomade. Nella seconda è Gesù che prende l’iniziativa e chiama un uomo a cui è appena morto il padre. L’uomo chiede una dilazione della chiamata per ottemperare al suo dovere di seppellire il genitore. L’urgenza di annunciare il regno supera questo dovere: la preoccupazione di seppellire i morti è inutile perché Gesù và oltre le porte della morte e lo compie anche per coloro che lo seguono. Nella terza scena, infine, viene presentato un uomo che si offre spontaneamente a seguire Gesù ma pone una condizione: salutare prima i suoi genitori. Entrare nel regno non ammette ritardi. Dopo questa triplice rinuncia l’espressione di Lc 9,62, «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio», introduce il tema del cap.10.
La dinamica del racconto. Il brano che è oggetto della nostra meditazione inizia con delle espressioni alquanto dense. La prima, «Dopo questi fatti, rimanda alla preghiera di Gesù e alla sua decisione ferma di andare a Gerusalemme. La seconda riguarda il verbo «designare»: «designò altri settantadue e li inviò…» (10,1), dove si precisa che li inviò davanti al suo volto, è lo stesso volto risoluto con cui s’incammina verso Gerusalemme. Le raccomandazioni che Gesù rivolge loro prima dell’invio sono un invito a essere consapevoli della realtà a cui sono mandati: messe abbondante in contrasto con il numero esiguo degli operai. Il Signore della messe arriva con tutta la sua forza ma la gioia di tale arrivo è ostacolata dal numero ridotto di operai. Di qui l’invito categorico alla preghiera: «Pregate il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe» (v.2). L’iniziativa di inviare in missione è di competenza del Padre ma Gesù trasmette l’ordine: «Andate!» e poi indica le modalità da seguire (vv.4-11). Si inizia con l’equipaggiamento: né borsa, né sacco, né sandali. Elementi questi che connotano la fragilità di chi è inviato e la sua dipendenza dall’aiuto che riceve dal Signore e dagli abitanti della città. Le prescrizioni positive sono sintetizzate prima nell’accesso alla casa (vv.5-7) e poi nel successo in città (vv.8-11). In ambo i casi non è escluso il rifiuto. La casa è il primo luogo dove i missionari intrattengono i primi scambi, le prime relazioni, valorizzando i gesti umani del mangiare e del bere e del riposarsi come mediazioni semplici e ordinarie per comunicare il vangelo. La «pace» è il dono che precede la loro missione, vale a dire, pienezza di vita, e di relazioni; la gioia vera e reale è il segno che contraddistingue l’arrivo del Regno. Non bisogna cercare le comodità, è indispensabile essere accolti. La città diventa, invece, il campo più esteso della missione: in esso si svolge la vita, l’attività politica, le possibilità della conversione, dell’accoglienza o del rifiuto. A quest’ultimo aspetto è legato il gesto di togliere via la polvere (vv10-11), è come se i discepoli abbandonando la città che li ha rifiutati dicano agli abitanti di non essersi impossessati di nulla o potrebbe esprimere la cessazione delle relazioni. Infine, Gesù ricorda la colpevolezza di quella città che si sarà chiusa alla proclamazione del vangelo (v.12).