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Proemio

l. Quale sazietà può mai generare la (celebrazione annuale della) memoria dei martiri in chi sia devoto di essi, dal momento che l'onore verso i buoni "con-servi" è dimostrazione di amore al comune Signore? Ci si aspetta infatti che colui che manifestamente approva gli uomini valorosi non mancherà di imitarli in circostanze similari. Anche tu proclama con convinzione beato colui che ha affrontato il martirio, affinché tu pure divenga martire della volontà e ti renda degno delle medesime ricompense pur senza (essere sottoposto alla) persecuzione, al fuoco, ai flagelli.

Non uno solo è proposto alla nostra ammirazione devota, neppure due e nemmeno fino a dieci soltanto giunge il numero di coloro che proclamiamo beati, ma addirittura quaranta uomini sono coloro che dimostrarono di avere quasi un’anima sola in corpi diversi, di respirare all'unisono e in perfetta concordia di fede, unica anche la forza di sopportazione nei tormenti e la costanza a difesa della verità. Reciprocamente si somigliavano tutti: uguali nell'intendimento, uguali nella lotta; per questo furono ritenuti degni anche di uguali corone di gloria. Or dunque quale discorso potrebbe mai giungere a lodarli degnamente? Neppure quaranta lingue basterebbero a decantarne il valore. Tuttavia se anche uno solo fosse l'oggetto della nostra ammirata celebrazione, sarebbe sufficiente a soverchiare la forza delle nostre parole; figuriamoci una tale moltitudine, una falange di soldati, una guarnigione inespugnabile, invincibile in battaglia così come inarrivabile nella lode!