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7. - L'abiezione esterna accresce il pregio di quella interna.

Le colpe non solo ci svelano la nostra abiezione e ce la fanno amare nell'intimo della coscienza; ma spesso all'abiezione interna aggiungono quella esterna, perché il nostro prossimo, essendo stato testimone delle cadute, vede e scopre la nostra debolezza e miseria. Ebbene, noi dobbiamo accettare tanto l'una che l'altra, a fine di raddoppiare i nostri guadagni e tesori spirituali.
Così faceva il nobile e pio autore che abbiamo citato più volte “Voi conoscete la mia ultima impetuosità, scriveva a un amico, e ne siete stato testimone... Quel che mi dà motivo di consolazione è che ho commesso tale mancanza in presenza di amici, i quali conosceranno da essa quel che realmente io sia. Mi dispiace di aver disgustato Dio con un'infedeltà alla sua grazia; ma son contento dell'umiliazione avutane e volentieri l'accetto. L'essere avviliti di fronte agli altri è una grande fortuna e cosa ben dolce per chi vuole riparare l'ingiuria fatta a Dio. Il profitto che bisogna trarre dalle imperfezioni è appunto quello d'uscirne profondamente convinti che siamo dei nulla, debolissimi. Quanto mi è utile che la mia miseria resti svelata agli altri, dal momento che ciò mi serve a scoprire questa verità! la verità che sono nulla, infermità e corruzione, più di quanto io stesso
possa giungere a capire. E per amore di questa verità, mi tengo nel mio nulla e volentieri amo e adoro la Provvidenza che lo svela. Riconosco e dichiaro di essere un miserabile e sono contento che tutti mi riconoscano e mi trattino come tale” (14).