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6. - L'umiltà si nutre delle sofferenze che ci procurano le imperfezioni.

E’ vero che Dio ha guariti certuni tutto d'un tratto senza lasciar traccia delle malattie precedenti, come ad esempio la Maddalena che in un istante fu mutata da sentina d'acqua putrida in sorgente d'acqua pura, che più non s'intorbidì. Ma nella maggioranza dei suoi più cari discepoli, il Signore lasciò, anche dopo la loro conversione, molti segni delle vecchie inclinazioni cattive; e tutto per ]l loro maggior bene. Ne è testimone S. Pietro il quale, dopo la prima conversione, cadde più volte in mancanze e infine precipitò miseramente col rinnegare Gesù.
“Salomone dice che se una cameriera diventa improvvisamente padrona, sarà come un insolentissimo animale (28); così, se un anima che è sempre stata serva delle proprie passioni, divenisse perfetta padrona di se stessa tutto d'un tratto, potrebbe diventar presuntuosa e superba. Bisogna che anche noi ci contentiamo di acquistare, a poco a poco e un passo alla volta quella padronanza, per la quale i Santi e le Sante impiegarono diverse decine d'anni” (29).
“State quindi tranquilli e sopportate con dolcezza le vostre piccole miserie: vi siete data a Dio senza riserva, ed egli vi condurrà sicuramente bene. Che se poi egli non vi libera tanto presto dalle imperfezioni, lo fa perché ne siate liberata in seguito, con più utilità, e per esercitarvi più a lungo nell'umiltà, finché vi siate bene radicata” (30).
“Sovente vi ho ripetuto che dovete tanto amar la pratica della fedeltà verso Dio come la pratica dell'umiltà; la fedeltà, per rinnovare il proposito di servire la divina bontà tutte le volte che lo trasgredite, stando all'erta per non più mancarvi; l'umiltà, per riconoscere la vostra miseria e abiezione quando vi accadrà di violarlo di nuovo” (31).
“Chi aspira al puro amor di Dio deve avere più pazienza con se stesso che con gli altri, e per acquistare la perfezione, bisogna prima di tutto sopportare la propria imperfezione. Dico però di sopportarla con rassegnazione, non già di amarla o accarezzarla. L'umiltà si nutre di questa sofferenza” (32).