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CAP 16



1. Il martedì dopo l’Ascensione, trattenendomi un po’ a pregare dopo la comunione, fatta con difficoltà, perché ero così distratta da non poter fissare l’attenzione su nulla, mi lamentavo con il Signore della nostra misera natura. Man mano la mia anima cominciò a infiammarsi, sembrandomi di percepire chiaramente la totale presenza in me della santissima Trinità, per visione intellettuale. In essa, mediante una certa forma di rappresentazione, che era come un’immagine della verità, perché potessi comprendere nonostante l’ottusità del mio intelletto, la mia anima capì come Dio sia uno e trino. Mi sembrava, pertanto, che mi parlassero tutt’e tre queste Persone da me viste distintamente all’interno della mia anima, dicendomi che, a partire da quel giorno, avrei costatato in me un miglioramento nei riguardi di tre virtù di cui ciascuna di esse mi avrebbe favorito: la carità, la gioia nella sofferenza e l’ardore interno della carità stessa. Capii allora le parole del Signore, quando dice che le tre divine Persone abiteranno nell’anima in grazia, perché le vedevo dentro di me nel modo anzidetto.

2. Mentre, in seguito, ringraziavo il Signore di un dono così eccelso, riconoscendomene indegna, domandai a Sua Maestà con profondo dolore perché, se mi doveva fare tante grazie, aveva lasciato di sostenermi con la sua mano, permettendomi di essere così colpevole che il giorno prima, al ricordo dei miei peccati, mi ero sentita in una grande afflizione. Vedevo chiaramente quanto, da parte sua, il Signore aveva fatto, dalla mia prima infanzia, per attirarmi a sé con mezzi assai efficaci e come di nessuno di essi avessi saputo approfittare. Ciò fu per me l’evidente dimostrazione dello smisurato amore che Dio ci attesta nel perdonarci tutto, quando noi vogliamo ritornare a lui; amore che si manifesta più verso di me che verso chiunque altro, per molte ragioni. La vista di quelle tre Persone, che pur erano un solo Dio, rimase così impressa, mi sembra, nella mia anima che, se continuasse, mi sarebbe impossibile con una tale divina compagnia, non stare sempre raccolta. Non c’è ragione di aggiungere qui altre cose accadute in questa circostanza né altre parole che mi furono dette.