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La povertà nel senso di Gesù – nel senso dei profeti – presuppone soprattutto la libertà interiore dall'avidità di possesso e dalla smania di potere. Si tratta di una realtà più grande di una semplice ripartizione diversa dei beni, che resterebbe però nel campo materiale, rendendo anzi i cuori più duri. Si tratta innanzitutto della purificazione del cuore, grazie alla quale si riconosce il possesso come responsabilità, come compito verso gli altri, mettendosi sotto gli occhi di Dio e lasciandosi guidare da Cristo che, essendo ricco, si è fatto povero per noi (cfr 2 Cor 8, 9). La libertà interiore è il presupposto per il superamento della corruzione e dell'avidità che ormai devastano il mondo; tale libertà può essere trovata soltanto se Dio diventa la nostra ricchezza; può essere trovata soltanto nella pazienza delle rinunce quotidiane, nelle quali essa si sviluppa come libertà vera. Al re che ci indica la via verso questa meta – Gesù – a Lui acclamiamo nella Domenica delle Palme; a Lui chiediamo di prenderci con sé sulla sua via.

Omelia, Piazza San Pietro, 9 aprile 2006