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86. I TERTULLIANISTI hanno origine da Tertulliano, del quale si leggono molti libri, scritti con straordinaria eloquenza. Costoro divennero a poco a poco fino al nostro tempo sempre meno numerosi, e poterono sopravvivere nelle loro ultime rimanenze nella città di Cartagine. Mentre io mi trovavo lì, alcuni anni fa, avvenimento che, come penso, anche tu ricordi, [costoro] si sono dissolti del tutto. Infatti quei pochissimi che erano rimasti, sono passati alla Cattolica ed hanno consegnato alla Cattolica la loro basilica, la quale è, tuttora, ben nota. Tertulliano, dunque, come lo attestano i suoi scritti, dice senza dubbio che l'anima è immortale, però sostiene che essa sia un corpo, e non solo lo sia essa, ma anche Dio stesso. Tuttavia, è risaputo che egli non è stato dichiarato eretico per questo suo modo di parlare. Si potrebbe, infatti, opinare che egli chiami, in qualche modo, corpo la natura e la sostanza divina per se stessa, senza ritenerla però un corpo fatto di parti, alcune maggiori, altre minori secondo una possibile o necessaria valutazione, come lo sono tutte quelle sostanze che in senso proprio chiamiamo corpi, nonostante che egli riguardo all'anima abbia avuto una concezione del genere. Ma, come ho detto, sarebbe stato possibile ritenere a suo riguardo che egli asserisca la corporeità di Dio per poter affermare che Dio non è un nulla, non una vacuità, non una qualità del corpo o dell'anima, ma che Egli è dovunque per intero e non è frazionato da nessuno spazio locale, e, tuttavia, perdura nella sua natura e sostanza senza alcuna alterazione. Dunque non per questo suo modo di parlare Tertulliano è diventato eretico, ma perché, quando passò ai Catafrigi, che in un periodo precedente aveva completamente confutato, incominciò a condannare anche le seconde nozze dichiarandole uno stupro, in contrasto con l'insegnamento dato dagli apostoli 18; e in seguito si separò anche da questi eretici e si mise a diffondere le sue congreghe. Questo stesso personaggio dice chiaramente che le anime degli uomini [che furono] molto malvagie si trasformerebbero in dèmoni.

87. Nelle nostre campagne, cioè nel territorio di Ippona c'è una certa eresia [tra la gente] contadina, o, più esattamente, ci fu: infatti, essa, venuta meno a poco a poco, era rimasta in una sola piccola borgata, nella quale gli abitanti erano, senza dubbio, assai pochi, ma tutti erano dell'idea detta. Tutti costoro adesso sono stati ricondotti all'ortodossia e sono diventati cattolici, né vi è rimasto alcuno di quella setta. Erano chiamati ABELOÎM, secondo la riflessione del nome in lingua Punica. Alcuni dicono che codesti eretici abbiano avuto la loro denominazione dal figlio di Adamo, il cui nome era Abele; noi, pertanto, li potremmo chiamare ABELIANI oppure ABELOÌTI. Non si univano alle loro mogli, però non era loro permesso dalla dottrina della loro setta di vivere senza moglie. Maschi e femmine quindi coabitavano, facendo la professione di continenza, e adottavano un fanciullo e una fanciulla, i quali poi sarebbero stati i loro successori nel seguire il medesimo patto di convivenza matrimoniale. Alla morte dei singoli membri, se ne sostituivano altri, solo badando che ai due morti di sesso differente succedessero in quella convivenza familiare altre due. Quando poi fosse morto uno degli adottanti, gli adottivi servivano a quell'unico sopravvissuto fino alla sua morte. Però alla morte di codesto anche essi adottavano allo stesso modo un fanciullo e una fanciulla. Né a codesti eretici mancò mai l'ambiente, donde potessero prendere le loro adozioni, poiché i loro vicini, in ogni parte, mettevano al mondo bambini e davano volentieri i loro figli poveri, per la speranza che essi avessero l'eredità altrui.

88. 1. In questo nostro tempo c'è l'eresia dei PELAGIANI, l'ultima fra tutte, proveniente dal monaco Pelagio. Celestio ha seguito tanto codesto suo maestro, che i loro seguaci sono designati anche come Celestiani.

88. 2. Costoro sono ostili alla grazia di Dio: per mezzo di essa noi, infatti, siamo stati predestinati all'adozione di figli di Lui per mezzo di Gesù Cristo 19; e per mezzo di essa veniamo strappati dal potere delle tenebre, affinché crediamo in Lui e siamo trasferiti nel suo regno 20, e riguardo a ciò Gesù ha detto: Nessuno viene a me, se non gli viene dato dal Padre mio 21; e per mezzo di essa la carità viene riversata dentro i nostri cuori 22, così che la fede agisce sotto l'impulso dell'amore 23. Costoro sono tanto ostili alla grazia, che credono che l'uomo può mettere in pratica tutti i precetti di Dio senza il suo aiuto. Se una tale affermazione fosse vera, il Signore avrebbe detto evidentemente invano: Senza di me non potete far nulla 24. Infine Pelagio, rimbrottato dai suoi confratelli di non assegnare parte alcuna all'aiuto dato dalla grazia di Dio per l'adempimento dei suoi precetti, cedette alle loro rimostranze, ma solo fino a questo punto, che non antepose la grazia al libero arbitrio, ma, con l'astuzia da miscredente la subordinò ad esso: disse, infatti che essa è data agli uomini unicamente al fine che essi, mediante la grazia, possano più facilmente adempiere i precetti; precetti che essi sono tenuti ad osservare, mediante il libero arbitrio: dono che la nostra natura ha ricevuto da Dio, senza alcun merito precedente da parte di essa; ed, invero, costoro sono d'avviso che essa lo ha ricevuto soltanto a questo fine, cioè che noi, con l'aiuto di Dio datoci attraverso la sua Legge e il suo insegnamento, apprendiamo quel che dobbiamo fare e quel che dobbiamo sperare, ma non perché noi, in virtù del dono dello Spirito Santo, siamo messi in grado di fare quanto abbiamo appreso essere nostro dovere fare.

88. 3. E con ciò costoro vengono ad ammettere che da Dio ci è data la scienza, per opera della quale viene cacciata l'ignoranza; ma rifiutano di ammettere che ci sia data la carità, in virtù della quale si vive piamente: e, pertanto evidentemente si ha, che mentre la scienza, la quale senza la carità fa insuperbire, sarebbe dono di Dio, non sarebbe dono di Dio proprio la carità, la quale edifica, facendo in modo che la scienza non porti alla superbia 25.

88. 4. Costoro giungono, di fatto, a distruggere anche le preghiere che fa la Chiesa, sia quelle per gli infedeli e per quanti sono renitenti alla dottrina di Dio, fatte per la loro conversione, sia quelle per i fedeli, fatte affinché si accresca la loro fede e rimangono perseveranti in Lui. Codesti eretici, invero, sostengono che gli uomini non ricevano queste mozioni da Dio direttamente, ma le abbiano da se stessi, in quanto che, secondo le loro affermazioni, la grazia di Dio, ad opera della quale siamo liberati dall'empietà, ci viene data proporzionalmente ai nostri meriti. Pelagio, però, nel processo fattogli dai vescovi della Palestina, per timore di esservi condannato, fu costretto a condannare codesta sua proposizione. Tuttavia, egli nei suoi scritti posteriori la professa apertamente.

88. 5. Giungono perfino alla bestemmia di dire che la vita dei giusti su questo mondo non ha assolutamente alcun peccato, e che la Chiesa di Cristo, in questa sua condizione mortale, risulta formata da costoro, così da essere completamente senza macchia e ruga 26, come se non fosse la Chiesa di Cristo colei che in tutto il mondo grida a Dio: Rimetti a noi i nostri debiti 27.

88. 6. Affermano ancora che i bambini, discendenti per via di generazione da Adamo, non contraggono, in conseguenza di questo loro primo modo di nascere, l'infezione prodotta dall'antica colpa mortifera. Asseriscono, infatti, con tanta risolutezza che i bambini nascono senza un qualsiasi legame con il peccato commesso all'origine, che non c'è assolutamente nulla che debba venir loro rimesso, mediante una loro seconda nascita; ma dicono che sono battezzati solo al fine di essere adottati mediante la rigenerazione e, così, venire ammessi al regno di Dio, cioè essi sono trasferiti da una buona condizione ad un'altra migliore, senza però che vengano, mediante il sopraddetto rinnovamento, liberati da un qualche male dovuto ad un debito antico. Ed infatti promettono anche a quei bambini, che non sono battezzati, una propria sorta di vita, la quale sebbene vissuta fuori del regno di Dio è, pur tuttavia, eterna e beata.

88. 7. Costoro dicono che lo stesso Adamo, anche se non avesse peccato, sarebbe morto fisicamente, e, pertanto, non è morto per effetto della colpa, ma a causa della qualità della sua natura. Ci sono ancora altre affermazioni di costoro contro la dottrina della Chiesa, che però sono comprese, tutte o quasi tutte, in queste che abbiamo esposte.