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6. I pronunciamenti magisteriali e le reazioni negli ambienti teologici

6.1 I pronunciamenti magisteriali

Non sono molti i pronunciamenti magisteriali che vertono specificamente sul tema della New Age. Viene in particolare considerato il fenomeno delle sette in generale: all’interno di questi troviamo poi alcune parti dedicate alla New Age:

1. Il fenomeno delle sette o nuovi movimenti religiosi: sfida pastorale. Rapporto del Segretariato per l’Unione dei Cristiani, del Segretariato per i non Cristiani, del Segretariato per i non creden­ti e del Pontificio Consiglio per la Cultura;

2. Cristo o l’Acquario. L’Anticristo è già tra noi? Lettera pastorale del Natale 1990 del Cardinal Godfried Danneels, Arcivescovo di Malines - Bruxelles;

3. L’impegno pastorale della chiesa di fronte ai nuovi movimenti religiosi e alle sette. Nota pastorale del Segretariato per l’ecumenismo e il dialogo della CEI.

Per quanto riguarda altri documenti, vorrei qui ricordare: Alcuni aspetti della meditazione cristiana, lettera ai vescovi della chiesa cattolica della Congregazione per la dottrina della fede; La sfida delle sette o nuovi movimenti religiosi: un approccio pastorale, relazione generale al Concistoro Straordinario del 1991 del Cardinal Francis Arinze, Presidente del pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso; Negare la dimensione soprannaturale della vita cristiana significa svuotare il mistero di Cristo e della Chiesa. Nella confusione spirituale creata dai movimenti pseudo-religiosi, i Pastori devono esser in grado di cogliere l’autentica “sete di Dio”, discorso di Giovanni Paolo II ai Vescovi statunitensi provenienti dall’Iowa, dal Kansas, dal Missouri e dal Nebraska in visita “ad limina”.

All’interno di questi si dà uno sguardo complessivo alla riflessione pastorale della Chiesa: il fe­nomeno dell’espansione dei nuovi movimenti religiosi è visto come un “segno dei tempi”, come qualcosa che lo Spirito sta dicendo oggi alle Chiese, per far sì che la Chiesa si rinnovi in confor­mità con il suo disegno e la sua missione. I documenti delle Chiese locali, nello loro sottolineature pastorali, dedicano particolare attenzione all’aspetto comunitario, alla catechesi biblica, al contributo dei laici e dei movimenti laicali nella pastorale, alla costruzione di una Chiesa aperta.

Riguardo all’aspetto comunitario, è stato importante l’apporto dato da molte Chiese africane, nei riguardi di piccole comunità cristiane o comunità ecclesiali, create nell’ambito delle parrocchie. Questa esperienza vissuta anche dalle comunità di base lati­no-americane, è stata raccolta dal Sinodo sui Laici e proposta alla Chiesa universale dall’Esortazione Christifideles Laici che le descrive come “piccole comunità ecclesiali di base, dette an­che comunità vive, dove i fedeli possono comunicarsi a vicenda la Parola di Dio ed esprimersi nel servizio e nell’amore; queste comunità sono vere espressioni della comunità ecclesiale e centri di evangelizzazione, in comunione con i loro pastori”.

6.2 Le reazioni in ambito teologico

6.2.1 I “fiancheggiatori”: il caso Matthew Fox

Esistono certamente fedeli che vanno a Messa la domenica e che nello stesso tempo si considerano newager. Più serio però è il caso in cui alcuni sacerdoti, religiosi e teologi facciano parte della scena della New Age. Essi vengono considerati new ager dalla stampa, dal pubblico in generale, dagli avversari e dagli stessi portavoce del New Age anche se, in genere, non amano questa etichetta.

L’esempio più eclatante l’abbiamo con la figura dell’ex domenicano Matthew Fox: egli è considerato, per esempio, uno degli autori, anzi qualcuno dice l’autore, più letto nel mondo della New Age, ma, da parte sua, ha molte riserve sull’etichetta di newager. Matthew Fox entra in conflitto con la gerarchia ecclesiastica cattolica non solo per i suoi attacchi contro il pontificato di Papa Giovanni Paolo II e la Curia romana, ma anche per il centro stesso della sua teologia e delle sue attività. Come è anche affermato nella lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede, le idee di Matthew Fox emergono in modo particolare nella sua opera Original Blessing (La benedizione originale). Matthew Fox è convinto che con la caduta della fisica newtoniana, la stessa nozione di una salvezza individuale ha perso valore: invece la nuova fisica ammetterebbe il “Cristo Cosmico” e quindi l’interdipendenza di tutti gli esseri. Al modello fondato sul peccato e sulla redenzione la teologia deve quindi sostituire un modello di salvezza incentrato sulla creazione. Cade così la dottrina del peccato originale: ad essa viene sostituita quella della benedizione originale. L’unico peccato è la stessa dottrina sul peccato, in quanto crea un certo dualismo fra l’uomo e la natura, un antropocentrismo falso, come sarebbe dimostrato dalla moderna ecologia profonda. Possiamo facilmente notare come la dottrina di Matthew Fox non ha di fatto più alcun rapporto con la nozione cattolica del peccato originale e del peccato in genere. Ma, in un simile contesto, qual è l’identità di Dio? Il sospetto di panteismo non sembra ingiustificato.

6.2.2 Gli “influenzati”

Vi sono diversi livelli in cui la New Age influisce su autori cattolici. Si può così individuare una categoria di “influenzati”, che si ispirano semplicemente a qual­che tema, mantenendo eventualmente riserve nei confronti di altri.

La recovery religiosa: cioè gruppi che usano i “dodici passi” per superare forme di comportamento negativo, le cui caratteristiche di dipendenza sono meno evidenti, fra cui anche la “dipendenza dalla religione”. Esistono gruppi che si presentano come gruppi cristiani di recovery. Tuttavia l’influenza degli autori più estremi dell’ideologia della recovery rimane evidente in quasi tutti i gruppi, soprattutto per quanto riguarda la riduzione di comportamenti che il cristianesimo tradizionalmente non si vergogna di chiamare pec­cati, a semplici disfunzioni o a malattie. Il fatto stesso che si parli di dipendenza religiosa anche in molti ambienti cattolici deve moltissimo, come si è visto, alla mentalità anti-dogmatica e anti-gerarchica della New Age.

Tra i teorici dell’“enneagramma cattolico” si può individuare un secondo gruppo di “influenzati”. Il loro intento è quello di riscoprire dopo la psicoanalisi e i suoi riduzionismi, una psicologia basata sul riconoscimento dei “tipi”, secondo uno schema classico negli autori che si sono occupati di psicologia della vita spirituale. Se però dall’identificazione dei tipi si passa ad individuare le loro relazioni, lo strumento dell’enneagramma non sembra più tanto neutrale, e implica, insieme a conclusioni e a regole arbitrarie, anche una serie di principi e di motivi il cui carattere occulto non è poi così difficile da riconoscere.

6.2.3 Gli scettici

Tra coloro che si ritengono oppositori delle sette, e dei culti si possono distinguere due tipologie: un movimento anti-sette (anti-cult movement), e un movimento contro le sette (counter-cult movement). La distinzione, oggi utiliz­zata da molti studiosi di nuovi movimenti religiosi, è stata proposta da J. Gordon Melton e da Introvigne.

I movimenti anti-sette hanno un punto di vista assolutamente laico e secolare. Essi non si interessano affatto delle creden­ze delle sette (creed), ma soltanto ai loro comportamenti (deed). Partendo dal presupposto che nell’esperienza umana sia possibile tracciare una linea netta di demarcazione fra pensiero e azione, e quindi appunto fra credenza e comportamento, affermano di rispettare tutte le credenze. Ciò che loro interessa è che l’adepto abbandoni la setta, in quanto nociva al suo benessere psichico nonché fisico, a volte.

Al contrario il movimento contro le sette muove da una prospettiva religiosa. Pur mettendo in luce anche i comporta­menti riprovevoli delle sette, parte piuttosto da una critica dottrinale. Secondo questa linea, le credenze del singolo movimento sono la radice dei comportamenti sgradevoli o nocivi. Vanno quindi denunciate le credenze eterodosse, anche quando non siano immediatamente collegabili a comporta­menti riprovevoli. Lo scopo del movimento contro le sette è quello di portare o di riportare alla religione ortodossa chi lascia una posizione religiosa considerata eterodossa, settaria.

6.2.4 I preoccupati

Il movimento contro le sette, nel nostro caso contro la New Age, è certamente diverso dai movimenti anti-sette e anti-New Age: questo non vuol dire però che sia un fenomeno unitario. In particolare i movimenti contro la New Age si differenziano a seconda di quale religione ritengono “ortodossa”.

Infatti, per citare solo un esempio, molti testi del protestantesimo evangelico e fondamentalista, considerano la New Age una cospirazione diabolica o il risultato di un intervento pressoché diretto del Diavolo nella storia di questi ultimi decenni del secolo XX. Per questo anche la critica muove da una serie di premesse teologiche ben precise in ordine all’azione demoniaca nel mondo non sempre compatibili con la fede cattolica.

Queste osservazioni non implicano che tutta quanta la letteratura evangelica contro la New Age sia necessariamente inadeguata o falsa; necessitano, tuttavia, di un accostamento con spirito critico, da parte dei cattolici, preoccupandosi anche di sviluppare una critica del New Age specificamente fondata sulla fede cattolica.


7. La New Age e il cristianesimo a confronto

7.1 L’aspetto critico

Il presupposto epistemologico su cui la New Age si basa, come abbiamo già visto, è certamente il relativismo nei confronti della verità: ciascuno, secondo la New Age, è chiamato a costruirsi una propria verità! Tuttavia, già qui sorgono alcuni problemi: un relativismo, portato alle estreme conseguenze, è autodistruttivo, perché nega se stesso, come ben sappiamo. Infatti non esiste relativo se non rapportato ad una verità. A ciò i figli dell’Acquario potrebbero obiettare che la New Age non afferma l’inesistenza della verità, ma proclama che ciascuno ha una sua verità. Questo però equivale ad affermare l’inesistenza di una verità assoluta, nonché di un criterio veritativo. Il fatto stesso che la New Age presupponga comunque, all’interno del suo discorso, alcuni aspetti “dogmatici”, ci fa capire che il relativismo annunciato non è poi, in realtà, quello praticato. Inoltre, se la New Age fosse coerente, non potrebbe neppure negare ad alcuno la capacità veritativa, e neppure all’impostazione cattolica.

Per quanto riguarda l’insopprimibile domanda su Dio, abbiamo visto che, sotteso alla cosmologia-antropologia new age, vi è un desiderio olistico-panteista che vuole superare la differenza-rapporto tra io e tu. È inesistente, quindi, per la New Age il circolo ermeneutico perché ogni realtà è ricondotta nel tutto del Sé Universale. Cade così il concetto di persona, di individualità, sia per Dio che per l’uomo, per lasciare spazio ad una totalità indefinita ed ondivaga. Di conseguenza l’uomo non è più uomo e Dio non è più Dio. La perdita della differenza implica la perdita della propria identità.

Abbiamo già notato l’implicazione che da ciò deriva: l’inesistenza di un Dio personale. Resta certo insoluta una domanda: cadendo l’identità di Dio e dell’uomo, e la loro differenza, è ancora possibile una qualche relazione tra i due?

L’ultimo interrogativo che vogliamo porre alla New Age è quello relativo al Bene, alla lettura etica del vivere. Esiste un bene da cui l’uomo si sente interpellato e a cui liberamente può rispondere? Capiamo subito che ponendo una categoria simile siamo già fuori dall’ottica della New Age. Non esiste un bene a cui il figlio dell’Acquario è chiamato, e a cui liberamente può rispondere, proprio perché bene, libertà e uomo sono in ultima analisi categorie al di fuori dell’ottica della New Age. Persa la differenza e l’identità non c’è più posto per un radicale appello alla libertà dell’uomo. Anche la libertà è così riassorbita nell’unico e quasi necessario ricostituirsi dell’armonia del Tutto. Da ciò ne deriva, di conseguenza, l’inesistenza del peccato per il newager. Esso non ha più ragion d’essere se ciascuno, creandosi la propria verità, non ha più bisogno di cercarla, relazionandosi con un bene che implica la sua risposta libera. Escludendo la libertà, perde significato anche il peccato. Resta allora la domanda implicata alla negazione vivere etico: dove va a finire la morale nella New Age, se si elimina la libertà? Se è vero che la New Age propone ai suoi “adepti” un orizzonte valoriale da tenere in debita considerazione, questo sembra quasi raggiunto per una sorta di necessità intrinseca del divenire. Bisogna ammettere che alcuni appelli ad una maggiore rettitudine di vita ci sono, tuttavia questo ci lascia molto perplessi in altri campi.

Gli aspetti appena indicati (in particolare l’epistemologia e la teologia acquariana) rivelano la mancanza dell’aspetto salvifico all’interno della dinamica, se così si può definire, del rapporto uomo-Dio. Si cade in una prospettiva autosalvifica. Anzi, si potrebbe addirittura parlare di prospettiva a-salvifica: l’uomo non solo si salva da sé, ma in ultima analisi non ha bisogno di un orizzonte salvifico. L’uomo, incapace di peccare, non deve far altro che immergersi in se stesso per raggiungere il Sé universale. Più che di una prospettiva salvifica, si deve parlare di una realizzazione attraverso la conoscenza e l’esperienza.

È difficile comprendere una prospettiva di questo tipo, partendo da un’ottica cristiana. Tuttavia non ci stupiamo di fronte all’adesione di molti individui, talvolta anche di tradizione cattolica, a queste dottrine.

Il discorso non può certo essere esaustivo. Ho voluto solo porre alcuni dubbi sorti dalla lettura di questo fenomeno, auspicando anche che il confronto con la New Age possa svilupparsi anche su questo piano.

7.1.1 Per una prospettiva dialogica

Se vi sono alcune domande, a mio parere, insolute, da parte della New Age, tuttavia anch’essa pone degli interrogativi alla cultura e al dibattito teologico odierno. Anche se le prospettive dei figli dell’Acquario non sono certo accettabili, segnano tuttavia la necessità di una rifondazione del discorso teologico in alcuni punti particolari.

Due aspetti fondamentali del network newageiano sono l’ecologia e il discorso escatologico.

Il richiamo attento alla dimensione ecologico-creaturale necessita oggi più che mai una tematizzazione a livello teologico. Moltmann con il suo Dio nella creazione. Dottrina ecologica della creazione, ha richiamato nuovamente la necessità di aprire un dibattito sulla tematica ecologica, pur presentando alcuni aspetti difettosi, quale ad esempio la mancata concezione storica della creazione, quasi che essa possedesse una sua consistenza a prescindere dalla decisione dell’uomo.

Non è certo questo l’unico apporto da parte della teologia odierna a questo discorso.

Se si deve riconoscere il valore di questi contributi, e di altri, non ci si può tuttavia esimere dal necessario compito di una nuova tematizzazione dell’argomento ecologico-creaturale, a partire anche dalla Scrittura.

La New Age richiama anche la teologia cattolica ad una seria riflessone sull’aspetto escatologico. Esso, da parte sua, oggi, è sulla bocca di molti. Il recupero, però, di questa dimensione non è sufficiente nel richiamarsi alla necessità di riavviare il dibattito teologico a questo livello. Bisogna intraprendere una seria riflessione, a partire anche dalla tradizione della chiesa, anche a livello fondativo, per poi essere in grado di rispondere agli interrogativi che ogni uomo, e non da ultimo il cristiano, si pone. Il recupero della dimensione escatologica ed ecologica vanno comunque preceduti da una continua riflessione sulla teologia cattolica. Se il dogma trinitario oggi si ritraduce nella teologia in una profonda attenzione alla cristologia, e alla singolarità cristologica, merita una tematizzazione il discorso sulla terza persona, lo Spirito Santo.