00 24/11/2015 19:36

Se il cristianesimo diventa la salvezza
per marxisti e borghesi secolarizzati

Negli ultimi anni il filosofo marxista ha teorizzato la necessità di una teologia politica come forma di congiunzione fra gli insegnamenti del cattolicesimo romano e la teoria politica classica. Ha respinto il progressismo e la società borghese che lo vive, ma non sappiamo se a questo cambiamento è seguita una reale conversione: «Cari amici, care amiche, compagne e compagni»ha scritto a Natale 2013 ai membri della Fondazione Crs (Centro per la Riforma dello Stato) di cui è presidente,«come avrete notato anche negli anni precedenti, vi dico solo buon Natale, non anche buone feste, tanto meno felice anno nuovo. Considero queste due ultime espressioni, auguri borghesi. Il Natale, invece, il mistero del Dio incarnato, che rovesciò il mondo degli uomini, dal sotto al sopra e una volta per sempre, ci appartiene. Non è necessario credere, per appartenere all’Avvento». Il suo nome è stato citato durante il pontificato di Benedetto XVI tra i marxisti-ratzingeriani (Giuseppe Vacca e Pietro Barcellona gli altri due), autori di una denuncia dell’“emergenza antropologica” che rischia di affondare la nostra civiltà, individuando nelmagistero della Chiesa il punto di resistenza più forte e profondo all’attuale “dittatura del relativismo” e della tecnocrazia, riconoscendo da un punto di vista laico che la Chiesa è depositaria di un sapere sull’uomo che salva la sua libertà, la sua dignità e la sua integralità dalla pretesa della tecnologia e della scienza su ciò che è umano.

Il suo ultimo libro, citato all’inizio, è stato recensito da Ernesto Galli della Loggia, storico italiano ed editorialista del Corriere della Sera,dalle posizioni politiche diametralmente differenti da quella di Tronti. Ed infatti ha mostrato di non concordare affatto con parecchie ricostruzione e tesi contenute nel libro, tuttavia ha scritto: «a parte le perduranti ingenuità della mitografia leninista, a parte tutte le ormai francamente insopportabili supponenze “rivoluzionarie” che le costellano, le pagine di Tronti esprimono al fondo qualcosa di profondamente vero: un disagio, un malessere, che ormai appaiono i tratti di un’intera fase storica. Quella che stiamo vivendo. Sopra le nostre società, infatti, la democrazia sembra avere steso una cappa di grigio buon senso, sembra ormai identificarsi con l’assenza di speranze, di ideali e di progetti forti, con una sorta di narcosi della mente e dello spirito che troppo spesso ci impedisce di vedere il male e l’ingiustizia che sono tra noi, e di chiamarli con il loro nome. Ma una fase storica che, proprio per questo, forse prepara un’inaspettata ripresa del pensiero antagonista, della divisione e dell’opposizione politiche oggi spente. E insieme prepara, forse, un ruolo nuovamente attivo del Cristianesimo sul piano sociale, una sua rinnovata capacità di richiamo. La storia non è finita, ogni partita può essere sempre riaperta».

Sia Tronti (marxista) che Galli della Loggia (anti-marxista) condividono la percezione di una «insofferenza che sta crescendo nelle società secolarizzate dell’Occidente per un modello di vita che, enfatizzando all’estremo tutti gli aspetti materiali dell’esistenza, facendo dell’economia e delle sue compatibilità un metro pressoché assoluto, relegando nell’insignificanza le grandi domande di senso, infligge quotidianamente ferite profonde a quella sostanza umana che ancora è la nostra. Ferite tanto più profonde in quanto non sembrano aver diritto ad alcuna adeguata rappresentazione pubblica. Certamente ha il forte valore di un sintomo la direzione verso cui Tronti spinge la sua ricerca di una possibile alternativa: […] verso una politica che si dimostri capace di accettare come sua parte essenziale la spiritualità. La spiritualità oggi, infatti, si presenterebbe come l’unico argine possibile alla “crescente volgarizzazione della vita”; di più: essa costituirebbe la sostanza per eccellenza di un vero e proprio “linguaggio della crisi”. Dove alla fine spiritualità significa null’altro che la religione, e per essere più chiari il Cristianesimo».

Secondo Tronti, infine, la contrapposizione tra cristianesimo e comunismo «”è stata una sciagura per la modernità: una differenza è stata trasformata in una incompatibilità”; e la colpa è stata del comunismo stesso, il quale invece di scegliere Feuerbach — come esso ha fatto seguendo Marx (il cui vero e massimo errore fu secondo Tronti quello di prevedere per l’appunto la fine della religione) — avrebbe piuttosto dovuto scegliereKierkegaard. Sta di fatto che la libertà dal potere promessa dai liberali, leggiamo, non porterà mai alla libertà dello spirito, e dunque non sarà mai “vera libertà umana”. Solo la libertà del cristiano è, sì, “libertà dei moderni rispetto a quella degli antichi, ma, nel Moderno, è libertà radicale, dirompente degli equilibri dati, sovversiva dell’ordine costituito, libertà liberante l’umanità fin qui oppressa”».