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Ireneo di Lione

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Sant'Ireneo di Lione
Sant'Ireneo di Lione
 

Vescovo e martire

 
Nascita 130
Morte 202

 

 

 

Ireneo (greco, Εἰρηναῖος, Eirēnáios, «pacifico»; latino: Irenaeus; Smirne, 130Lione, 202) è stato un vescovo e teologo greco. La Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa lo venerano come santo e lo considerano uno dei padri della Chiesa. È ricordato il 28 giugno.


Vita e opere

Nato a Smirne in Asia Minore, cresciuto in una famiglia già cristiana, ricevette alla scuola di Policarpo vescovo di Smirne (discepolo dell'apostolo Giovanni), di Papia, di Melitone di Sardi ed altri, una buona formazione, religiosa, filosofica e teologica. Fu vescovo della città di Lugdunum (attuale Lione) dal 177, in seguito alla morte, per martirio sotto Marco Aurelio, del primo vescovo della città san Potino, insieme ad altri 47 martiri. Fu anche inviato a Roma presso papa Eleuterio per dirimere questioni di ordine dottrinale. Secondo la tradizione della Chiesa fu martire a sua volta, anche se scarse sono le notizie storiche sulla sua vita e morte. Venne sepolto nella chiesa di San Giovanni, che più tardi venne chiamata di Sant'Ireneo. La sua tomba e i suoi resti vennero distrutti nel 1562 dagli Ugonotti durante le guerre di religione.

Il suo pensiero e le sue opere furono direttamente influenzati da Policarpo, che fu a suo tempo discepolo diretto di Giovanni Evangelista. Essi sono una testimonianza della tradizione apostolica, a quei tempi impegnata contro il proliferare di varie eresie, in particolare lo gnosticismo di cui Ireneo fu un forte oppositore. Delle sue opere ci sono pervenute per intero:
- Adversus haereses (in 5 libri, Contro le eresie): testo in latino che tenta di confutare le principali espressioni dello gnosticismo. In sintesi, l'interesse del Vescovo era quello di confutare l'esistenza di due Cristi, uno di natura divina e l'altro di natura umana originati da due diversi eoni, idea questa molto cara alla gnosi. Di conseguenza, Ireneo di Lione insisterà sull'unicità ed unità della figura del Cristo.
- e Demonstratio apostolicae praedicationis (Dimostrazione della predicazione apostolica), sintetica e precisa esposizione in armeno della dottrina cattolica. oltre a diversi frammenti, nelle edizioni moderne in genere pubblicati in appendice alle stesse. I curatori italiani delle sue opere sono Vittorino Dellagiacoma, Ubaldo Faldati, Ermanno M. Toniolo, Enzo Bellini, Elio Peretto, Giorgio Maschio o Augusto Cosentino.

Uno dei suoi discepoli più noti è Ippolito di Roma.

Pensiero

Ireneo fu il primo teologo cristiano a tentare di elaborare una sintesi globale del cristianesimo.

All'interno di un periodo storico marcato da due eventi culturali di grande spessore:

  • l'insorgere dello gnosticismo in ambito cristiano, la prima eresia in possesso di un buon impianto dottrinale che affascinava molti cristiani colti;
  • il diffondersi nel mondo pagano del neoplatonismo, filosofia di vasto respiro, che presentava molte affinità con il cristianesimo.

Ireneo con la sua opera tentò di dare una risposta volta ad evidenziare i presunti errori contenuti nello gnosticismo, mentre nei confronti del neoplatonismo si aprì a un dialogo e fu disposto ad accogliere alcuni principi generali di questa filosofia.

Fu il primo teologo cristiano ad utilizzare il principio della successione apostolica, per confutare i suoi oppositori. Proprio nell'Adversus Ireneo scrive:

  • La tradizione degli apostoli, manifesta in tutto quanto il mondo, si mostra in ogni Chiesa a tutti coloro che vogliono vedere la verità e noi possiamo enumerare i vescovi stabiliti dagli Apostoli nelle Chiese e i loro successori fino a noi… (Gli Apostoli) vollero infatti che fossero assolutamente perfetti e irreprensibili in tutto coloro che lasciavano come successori, trasmettendo loro la propria missione di insegnamento. Se essi avessero capito correttamente, ne avrebbero ricavato grande profitto; se invece fossero falliti, ne avrebbero ricavato un danno grandissimo (Adversus haereses, III, 3,1: PG 7,848).

Ireneo indica pertanto la rete della successione apostolica come garanzia del perseverare nella parola del Signore e si concentra poi su quella Chiesa “somma ed antichissima ed a tutti nota” che è stata “fondata e costituita in Roma dai gloriosissimi Apostoli Pietro e Paolo”, dando rilievo alla Tradizione della fede, che in essa giunge fino a noi dagli Apostoli mediante le successioni dei vescovi. Ed è proprio la Tradizione apostolica il punto imprescindibile per Ireneo: sono i vescovi, in comunione con il vescovo di Roma, eredi, continuatori e custodi della Tradizione che è "pubblica", "unica", "pneumatica", cioè guidata dallo Spirito Santo. L'unità della storia della salvezza aiuta a comprendere anche l'unità dell'uomo: "Infatti la gloria di Dio è l'uomo vivente e la vita dell'uomo è la manifestazione di Dio" (Contro le eresie, IV, 20,7). In tal modo, per Ireneo e per la Chiesa universale, la successione episcopale della Chiesa di Roma diviene il segno, il criterio e la garanzia della trasmissione ininterrotta della fede apostolica:

  • “A questa Chiesa, per la sua peculiare principalità (propter potiorem principalitatem), è necessario che convenga ogni Chiesa, cioè i fedeli dovunque sparsi, poiché in essa la tradizione degli Apostoli è stata sempre conservata...” (Adversus haereses, III, 3, 2: PG 7,848).

La successione apostolica - verificata sulla base della comunione con quella della Chiesa di Roma - è dunque il criterio della permanenza delle singole Chiese nella Tradizione della comune fede apostolica, che attraverso questo canale è potuta giungere fino a noi dalle origini:

  • “Con questo ordine e con questa successione è giunta fino a noi la tradizione che è nella Chiesa a partire dagli Apostoli e la predicazione della verità. E questa è la prova più completa che una e medesima è la fede vivificante degli Apostoli, che è stata conservata e trasmessa nella verità” (ib., III, 3, 3: PG 7,851).

Ireneo e i Codici di Nag Hammadi

Ireneo fornisce la prova storica dell'effettiva antichità di alcuni vangeli apocrifi, in particolare del Vangelo di Tommaso. Infatti fino al 1945, anno della scoperta dei codici di Nag Hammadi, l'unico riferimento all'esistenza di questo e di altri testi apocrifi erano le citazioni di Ireneo nelle sue polemiche contro i valentiniani.