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PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE

SECONDA CONTROVERSIA ORIGENISTA


Dopo questi brevi riferimenti all’origenismo in generale ed alla prima controversia, possiamo addentrarci specificatamente nel nostro argomento.


La seconda controversia comprende due momenti, entrambi caratterizzati dai documenti di condanna dell’imperatore Giustiniano: un primo momento nel 543 e un secondo nel 553 alla vigilia e dopo il V Concilio ecumenico, il Costantinopolitano II.


Bisogna innanzitutto rilevare l’importanza storica di questa controversia che va ad inserirsi nel vivo della politica religiosa di Giustiniano e nelle controversie cristologiche del tempo.


Bisogna evidenziare infatti, come: “lungi dall’essere un’appendice marginale, la vicenda origenista del VI secolo vada ad inserirsi nel pieno della polemica cristologica contemporanea, quasi fondendosi con quella che indiscutibilmente continua a rimanere la nota dominante del discorso teologico. Anzi, ci sembra che sia proprio questo saldo legame, che viene ad instaurarsi tra di loro, la ragione per cui nell’età di Giustiniano il dibattito su Origene, pur rimasto sempre vivo negli ambienti monastici sin dai tempi della ‘prima controversia’, valica nuovamente i confini del mondo ascetico, per attirare l’attenzione prima di tutta la Chiesa di Palestina e poi dell’intera cristianità1.


L’origenismo, anche dopo la condanna nella prima controversia, non era morto. Esso trovò un nuovo impulso nei monaci palestinesi della prima metà del VI secolo. Esso però, più che origenismo in senso proprio, era un evagrianismo, ossia un Origene letto e interpretato attraverso l’opera di sistematizzazione di Evagrio Pontico.


Questo evagrianismo fu diffuso principalmente dal monaco Stefano Bar Sudaili, che nell’opera Libro di san Hieroteo giunge a una teoria panteista.


I monaci origenisti-evagrianisti si trovavano in centri di grande importanza, come la Nuova Laura e, dopo la morte di Saba nel 532, perfino nella Grande Laura. Avevano inoltre degli appoggi a Costantinopoli in due monaci: Domiziano che divenne vescovo di Ancira e Teodoro Askida che divenne vescovo di Cesarea di Cappadocia, entrambi nel concilio costantinopolitano del 536.


Giustiniano, che già da tempo cercava di ricondurre i monofisiti all’ortodossia e così arrivare ad una unità religiosa e quindi politica (egli promulgò una dura legislazione per quanti non si assoggettavano all’ortodossia di Stato)2, vide nell’origenismo una possibilità di mediazione: egli infatti pensava di trovare nella cristologia origenista un punto d’incontro fra calcedonianesimo e monofisismo.


L’imperatore, insomma, non si servì di una produzione teologica già consolidata, che ben si adattava ai suoi disegni politici, ma furono viceversa le sue esigenze politiche ad indurlo a premere la creazione di un determinato sistema cristologico presso quei teologi, che, essendo al tempo stesso devoti di Origene e del IV Concilio Ecumenico, presentavano le migliori credenziali per soddisfarlo”3.


L’intuizione era buona ma non si riuscì ad accordare pienamente origenismo e calcedonianismo: “tuttavia la proposta in sé aveva tutte le carte in regola per far sperare il rientro dei monofisiti nella cattolicità, contando sul fatto che nell’affermazione di Origene, il padre della tradizione teologica alessandrina, quelli avrebbero potuto scorgere un riscatto indiretto della loro cristologia, che dal cuore di quella tradizione nasceva e si sviluppava4.


Nel frattempo alla Grande Laura s’insediò Gelasio – successore di Saba – che espulse quaranta monaci origenisti; la lotta s’intensificava. Gli antiorigenisti trovarono appoggio in Pelagio, che, futuro Papa, era in quel momento apocrisario della sede apostolica. Le controversie fra queste due fazioni continuarono e coinvolsero successivamente: a favore degli origenisti Eusebio (econo­mo di S. Sofia) e a favore degli antiorigenisti Efrem di Antiochia. Coinvolto anche il Patriarca Pietro di Gerusalemme, egli si rivolse a Giustiniano e così “quella che era stata finora una diatriba periferica e provinciale assorbiva adesso tutta l’attenzione dell’Impero5.


Giustiniano intanto si rese conto come il partito origenista non poteva più giocare un ruolo importante nel riportare l’unità religiosa; inoltre la situazione politica internazionale invitava ad un atteggiamento favorevole alla Chiesa di Roma e quindi ad appoggiare Pelagio e le sue posizioni.


Giustiniano pubblicò così – all’inizio del 543 – un editto, la Lettera a Mena o Liber adversus Origenem , in cui condannava Origene e i suoi insegnamenti.


L’origenismo veniva assimilato al paganesimo, al manicheismo e all’arianesimo. Il trattato terminava anche con dieci anatematismi e fu approvato dal Sinodo permanente, dai patriarchi a da Papa Vigilio. Ora nessuno poteva più essere eletto vescovo o archimandrita senza aver sottoscritto gli anatematismi6.


Il testo, infatti, dopo l’‘adscriptio’ iniziale del destinatario, esordiva con un breve ‘proemio’, in cui l’imperatore inveiva violentemente contro gli origenisti, assimilandoli ai pagani, ai manichei e agli ariani. Quindi, seguiva un’elaborata ‘expositio’ delle principali bestemmie di Origene, le quali, dopo una rapida ‘narratio’ delle condanne già inflitte in passato all’Alessandrino, venivano confutate sulla base di testi scritturistici e patristici ivi allegati. Sulla ‘confutatio’ s’innestava poi la ‘dispositio’, cioè una serie di provvedimenti destinati a distruggere l’origenismo: tra essi si stabiliva che in futuro nessuno avrebbe potuto più ricevere la consacrazione episcopale o la benedizione abbaziale senza aver anatemizzato Origene, cui venivano affiancati quali nemici dell’ortodossia Sabellio, Ario, Apollinare, Nestorio, Dioscoro, Eutiche, Timoteo Eluro, Pietro Mongo, Pietro Fullone, Antimo di Trebisonda poi patriarca di Costantinopoli, Teodosio di Alessandria, Pietro di Apamea e Severo di Antiochia. Terminata la serie delle disposizioni, a testimonianza della fondatezza delle accuse rivolte ad Origene scorreva subito la ‘confirmatio’ comprendente ventiquattro passi tratti dal ‘Perì archòn’.


Infine, chiudevano la lettera dieci anatematismi contro le dottrine e la persona stessa di Origene”7.


Con questo editto imperiale dunque si conclude la fase iniziale della “seconda controversia origenista”.


Si apre così una nuova fase, in cui ancora una volta, convivono teologia e politica, e che ha come personaggio centrale – oltre ovviamente a Giustiniano – il consigliere stesso dell’imperatore, Teodoro Askida.


Teodoro Askida, arcivescovo di Cesarea, ma rimasto a Costantinopoli, cercò di stabilire un legame tra la questione origenista e quella dei Tre Capitoli. Obbligato, per conservare il suo credito presso Giustiniano, a sottoscrivere suo malgrado l’editto contro Origene, volle sfogare il suo rancore contro Pelagio e contro Gelasio, abate di Mar Saba, che aveva scacciato i monaci origenisti, sollevando la questione dei Tre Capitoli. (...) Essendo stato richiamato a Roma Pelagio nel 543, Askida rimase il consigliere più ascoltato di Giustiniano. Incoraggiato da Teodora, profittò dei colloqui che ogni sera aveva con l’imperatore nella biblioteca del palazzo per indurlo a condannare le opere nestoriane, i cui autori erano stati assolti dal concilio di Calcedonia: solo ostacolo, secondo lui, all’unione dei monofisiti”8.


È ancora una volta la situazione politica internazionale a far muovere Giustiniano.


Nel momento in cui il pericolo persiano si riaffacciava con tutto il peso della sua drammaticità, occorreva, dunque, abbandonare l’integra­lismo calcedoniano sostenuto fino ad allora e ripercorrere la strada dell’intesa con i monofisiti, per garantire la tranquillità interna dell’Impero in procinto di vacillare”9.


Giustiniano sa quello che vuole ed è un “valente opportunista pronto a seguire la politica religiosa più conveniente per le necessità del momento10.


Il Carcione sottolinea – a differenza di altri studiosi – l’iniziativa personale di Giustiniano in queste manovre: “era agli stesso, che a seconda delle circostanze, si sceglieva i vari collaboratori, le cui tendenze confessionali potevano meglio favorire l’attuazione dei suoi programmi: il altri termini, non fu Giustiniano ad essere manipolato dai suoi teologi, bensì furono costoro ad essere strumentalizzati dall’imperatore11.


Sorvoliamo sulla questione dei Tre Capitoli (ne parleremo solo in riferimento all’origenismo) e concentriamoci sullo sviluppo della controversia origenista.


Diciamo subito che gli origenisti non furono colpiti granché dalll’editto del 543 tanto che nacque – nel decennio che portava alla condanna del 553 – una diatriba all’interno dello stesso movimento origenista. Da una parte c’erano gli isocristi (i più estremisti) i quali affermavano che dopo la risurrezione finale tutti gli uomini sarebbero diventati uguali al Cristo e dall’altra la frangia più moderata dei protoctisti che affermavano la superiorità dell’intelletto del Cristo rispetto a tutte le creature e che nell’apocatastasi sarebbe stato l’unico a conservare la piena unità col Logos.


Questa distinzione – come vedremo – ci sarà utile nelle conclusioni.


Gli origenisti dunque si schierano con Giustiniano nella condanna dei Tre Capitoli: continua la perenne diatriba tra alessandrini ed antiocheni.


Assistiamo così, tra gli anni 543 – 546, a delle dispute che mostrano come origenismo, questione dei Tre Capitoli e politica religiosa di Giustiniano, formano una inscindibile e intricata unità.


Afferma Carcione:


Sicché, dal 543 al 546 in Palestina assistiamo ad una recrudescenza delle tensioni tra origenisti ed avversari polarizzata intorno alla controversia sui Tre Capitoli, che i primi combattono in accordo e con la protezione di Giustiniano, mentre gli altri vi si schierano a difesa, scorgendo nell’imposizione del loro rigetto la rivincita non solo del monofisismo ma dell’origenismo stesso”12.


La disputa continua e intervengono Pietro di Gerusalemme e Gelasio, igumeno della Grande Laura, i quali chiedono a Giustiniano – attraverso la mediazione di monaci antiorigenisti – di non condannare i Tre Capitoli.


Ma l’iniziativa fallisce, “poiché in questo momento Giustiniano non poteva certamente lasciarsi persuadere ad applicare le norme dell’editto del 543, essendo diventati gli origenisti nello scacchiere politico dell’imperatore le pedine fondamentali della mediazione tra calcedonianesimo e monofisismo, che egli intendeva concludere sulle testa dei Tre Capitoli13.


Lo sviluppo origenista fu però troncato dalla morte di Nonno che per trent’anni era stato la guida e il maestro del movimento.


S’intensifica intanto la battaglia tra isocristi e protoctisti tanto che gli isocristi cominciarono a perseguitare i protoctisti alla stregua degli ortodossi; i protoctisti allora – dopo aver rinunciato alla tesi della preesistenza delle anime (era questo il prezzo da pagare) – si unirono agli stessi ortodossi, in una integrazione dottrinale14.


I rappresentanti di questa fazione (Conone per gli ortodossi e Isidoro per i protoctisti) andarono a Costantinopoli per chiedere a Giustiniano la condanna degli isocristi, che nel frattempo, guidati da Teodoro Askida avevano fatto eleggere al patriarcato di Gerusalemme – era appena morto Pietro (552) – Macario.


A questo punto la politica religiosa di Giustiniano subisce una nuova svolta. Egli, deposto Macario, si schierò nuovamente a favore degli antiorigenisti, poiché “alla vigilia di sferrare il colpo mortale agli ambienti legati al ‘calcedonianismo integralista’, l’imperatore s’illuse di trovare, rinnovando l’antiorigenismo di Stato, l’espediente ideale per lenire l’esasperazione, che la politica religiosa da lui condotta dal 544 in poi andava alimentando in quanti rigettavano qualsiasi tentativo di leggere il IV Concilio Ecumenico con le lenti ‘alessandrine’ ed erano stati a questo scopo i fautori dell’editto del 54315.


Alla vigilia del Costantinopolitano III, iniziato il 5 maggio 553, egli formulò 15 anatematismi contro gli origenisti (isocristi) che furono accettati dai vescovi che parteciparono al Concilio.


Negli Atti del Concilio, che conferma la condanna dei Tre Capitoli, all’anatematismo 11 viene citato Origene come eretico.


Così si può dire conclusa la seconda controversia origenista, anche se l’origenismo palestinese continuerà a sopravvivere, al punto che, lo stesso Giustiniano, riconobbe – nel 565 – la legittimità di Macario, che dopo tredici anni, tornò sulla cattedra di Gerusalemme.


 



1 F. CARCIONE, La politica religiosa di Giustiniano nella fase iniziale della “seconda controversia origenista” (536-543). Un nuovo fallimentare tentativo d’integrazione tra monofisismo e calcedonianesimo alla vigilia della controversia sui Tre Capitoli, in “Studi e ricerche sull’oriente cristiano”, 8 (1985) p. 3-4.




2 Cf F.CARCIONE, Le Eresie. Trinità e incarnazione nella Chiesa antica, Paoline, Milano 1992, p. 188, n. 18.




3 F. CARCIONE, La politica religiosa di Giustiniano nella fase iniziale..., p. 7-8.




4 F. CARCIONE, La politica religiosa di Giustiniano nella fase iniziale..., p. 8.




5 F. CARCIONE, La politica religiosa di Giustiniano nella fase iniziale..., p. 15.




6 Cf P. DE LABRIOLLE, G. BARDY, L. BRÉHIER, G. DE PLINVAL, Dalla morte di Teodosio all’avvento di S. Gregorio Magno (395-590), in “Storia della chiesa. Dalle origini ai giorni nostri”, cominciata sotto la direzione di A. FLICHE e V. MARTIN, vol. IV, Editrice S.A.I.E., Torino 1972, p. 581.




7 F. CARCIONE, La politica religiosa di Giustiniano nella fase iniziale..., p. 16-17




8 P. DE LABRIOLLE, G. BARDY, L. BRÉHIER, G. DE PLINVAL, Dalla morte di Teodosio all’avvento... p. 582-583.




9 F. CARCIONE, La politica religiosa di Giustiniano nella fase conclusiva della “seconda controversia origenista” (543-553). Gli intrecci con la controversia sui tre Capitoli, in “Studi e ricerche sull’oriente cristiano”, 9 (1986), p. 132.




10 F. CARCIONE, La politica religiosa di Giustiniano nella fase conclusiva... p. 132.




11 F. CARCIONE, La politica religiosa di Giustiniano nella fase conclusiva... p. 133.




12 F. CARCIONE, La politica religiosa di Giustiniano nella fase conclusiva... p. 138.




13 F. CARCIONE, La politica religiosa di Giustiniano nella fase conclusiva... p. 140.




14 Cf F. CARCIONE, La politica religiosa di Giustiniano nella fase conclusiva... p. 143.




15 F. CARCIONE, La politica religiosa di Giustiniano nella fase conclusiva... p. 144.