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10. Ma forse obietteranno che certo Dio avrebbe potuto far sì che una vergine concepisse e anche partorisse: ma sembra indegno che quella così grande maestà sia passata attraverso gli organi genitali di una donna: dove, anche se non ci fosse stata contaminazione derivante da unione con un uomo, tuttavia ci sarebbe stata l’offesa del vergognoso contatto prodotto dal puerperio. A costoro rispondiamo brevemente secondo il loro modo di vedere. Se uno vede un bambino che viene ucciso in mezzo al fango profondo e, pur essendo uomo importante e potente, entra nel fango, per così dire, in punta di piedi per liberare il bambino che sta morendo, tu accuserai quest’uomo di essersi contaminato per aver calpestato un po’ di fango ovvero lo loderai per la sua pietà, dato che ha salvato la vita a uno che stava per morire? E questa considerazione può esser fatta anche a proposito di un uomo comune. Torniamo invece ora alla natura di colui ch’è nato. Quanto pensi che gli sia inferiore la natura del sole? Certamente quanto la creatura è inferiore al creatore. Ora osserva: se un raggio di sole giunge al fondo di una fossa fangosa, forse ne risulta di qui per qualche parte contaminato? o riterremo offesa per il sole anche solo l’aver illuminato quella sozzura? Di quanto la natura del sole è inferiore alle realtà di cui stiamo parlando? Eppure non crederemo che una qualche materia sozza e turpe messa sul fuoco possa contaminarlo.

Dato che evidentemente così è riguardo alle cose materiali, pensi tu forse che quella trascendente e incorporea natura, che è al di sopra di ogni fuoco e di ogni luce, possa in qualche modo essere insozzata e contaminata? Osserva infine anche questo. Noi diciamo che Dio ha creato l’uomo dal fango della terra (Gen 2, 6). Che se consideriamo vergognoso per Dio riscattare la sua opera, molto più vergognoso riterremo averla creata così dall’inizio. Ed è superfluo chiedere perché mai egli sarebbe passato attraverso membra vergognose, dato che potresti chiedere perché mai avrebbe creato tali membra. Del resto non la natura ma la consuetudine ci ha insegnato che tali parti del corpo sono vergognose. Infatti tutte le parti del corpo sono state fatte da un solo e stesso fango e si distinguono soltanto per gli usi e le funzioni naturali.

11. Ma per risolvere completamente questa difficoltà non tralascerò neppure di rilevare che la sostanza di Dio, ch’è del tutto incorporea, non può inserirsi nei corpi né essere accolta da questi in modo primario, se non tramite la mediazione di una sostanza spirituale che possa essere capace di accogliere lo spirito divino. Per fare un esempio, la luce può illuminare tutte le membra del corpo, ma non può essere percepita da nessuna tranne che dal solo occhio: infatti soltanto l’occhio è capace di percepire la luce. Così nasce il Figlio di Dio dalla Vergine non unito in modo primario soltanto con la carne, ma generato essendo l’anima mediatrice fra la carne e Dio. Pertanto, dato che l’anima è un’entità intermedia ed è capace di accogliere il Verbo divino nell’intimo recesso dello spirito razionale, Dio è nato dalla Vergine senza contrarre quell’offesa che tu pensi. E così non dobbiamo immaginare niente di vergognoso là dove era presente la santificazione dello Spirito Santo, e l’anima, che era capace di accogliere Dio, diventava capace anche di accogliere la carne. Nulla devi ritenere impossibile là dove era presente la potenza dell’Altissimo; nulla devi pensare di umana fragilità là dove era presente la pienezza della divinità.

12. Crocifisso sotto Ponzio Pilato e sepolto, discese nell’inferno. L’apostolo Paolo insegna che gli occhi del nostro cuore debbono essere illuminati per comprendere quale sia l’altezza e la larghezza e la profondità (Ef 1, 18; 3, 18). Altezza larghezza profondità sono descrizione della croce. Infatti Paolo ha chiamato profondità quella parte ch’è conficcata in terra; altezza quella parte che protesa nell’aria si erge in alto; larghezza infine quella parte che distesa si allarga a destra e a sinistra. Poiché dunque ci sono tante specie di morte, con le quali gli uomini sono soliti uscire da questa vita, l’Apostolo vuole che noi con cuore illuminato conosciamo il motivo per cui di tutte queste specie è stata scelta proprio quella della croce per la morte del Salvatore.

A tale proposito bisogna sapere che la croce era segno di trionfo: infatti il trofeo è il segno del trionfo, in quanto è segno della vittoria sul nemico. Poiché dunque Cristo col suo avvento ha sottomesso parimenti a sé i tre regni (questo infatti indica Paolo là dove dice: "In nome di Gesù si piegherà ogni ginocchio, delle creature celesti e terrestri e infernali" [Fil 2, 10]) e tutti e tre li ha vinti con la sua morte, è stata prescelta una specie di morte che fosse adatta ad indicare il mistero: infatti sollevato in alto e sottomettendo le potenze dell’aria, riportava vittoria su queste potenze eccelse e celesti; teneva poi le mani distese tutto il giorno, come dice il profeta (Is 65, 2), rivolto al popolo ch’è in terra, per accusare gl’increduli e invitare i credenti; con quella parte poi della croce che è immersa sotto terra sottometteva a sé i regni infernali.

13. Infatti – per dire in breve qualcosa anche sugli argomenti più segreti – quando Dio all’inizio fece il mondo vi mise a capo alcune gerarchie di potenze celesti da cui fosse retto e amministrato il genere umano. Che così sia stato fatto indica Mosè nel cantico del Deuteronomio, dove dice: "Quando l’Eccelso divideva i popoli, stabilì i confini delle genti secondo il numero degli angeli di Dio" (Deut 32, 8). Ma alcuni di costoro, come anche colui ch’è chiamato principe del mondo (Gv 12, 31), usarono del potere ch’era stato dato loro da Dio non secondo le norme con le quali l’avevano ricevuto; e così insegnarono agli uomini a ubbidire non ai precetti divini bensì alle loro prevaricazioni: perciò è stata scritta a nostro danno l’obbligazione derivante dai peccati, perché, come dice il profeta, siamo stati venduti a causa dei nostri peccati (Is 50, 1). Infatti ognuno riceve un prezzo per la propria anima quando abbia soddisfatto i suoi cattivi desideri.

Ma questa obbligazione di noi tutti, ch’era in mano di quei pessimi reggitori, Cristo col suo avvento l’ha strappata via ed ha privato quelli di tale potere. Proprio a questo allude Paolo con parole piene di mistero, là dove dice di Cristo: "Distruggendo l’obbligazione che era contro di noi e inchiodandola sulla croce, espose alla pubblica derisione i principati e le potenze, trionfando su di loro in se stesso" (Col 2, 14-15). Perciò quei reggitori, che Dio aveva messo a capo del genere umano, voltisi alla tirannia con spirito di ribellione, intrapresero ad aggredire gli uomini ch’erano stati loro affidati e a debellarli con l’arma del peccato, secondo quanto accenna con parole coperte il profeta Ezechiele dicendo: "In quel giorno avanzeranno gli angeli affrettandosi a distruggere l’Etiopia, e ci sarà tra quelli gran turbamento nel giorno dell’Egitto, perché quel giorno verrà" (Ez 30, 9). Perciò a ragione è scritto che Cristo, dopo averli privati di tutto il loro potere, ha trionfato su di loro e ha trasferito il potere da loro agli uomini come egli stesso dice nel Vangelo ai suoi discepoli: "Ecco, vi ho dato il potere di calpestare i serpenti e gli scorpioni, e tutta la forza del nemico" (Lc 10, 19). Così la croce di Cristo ha assoggettato costoro, che male avevano usato del potere loro concesso, a quelli che una volta erano stati loro soggetti.

A noi poi, cioè al genere umano, insegna per prima cosa a resistere fino alla morte contro il peccato ed ad accettare volentieri la morte per la fede. Infine con questa sua croce propone a noi anche esempio di ubbidienza, come a quelli, che una volta erano stati nostri reggitori, ha stabilito pene per la loro protervia. Senti infatti come l’apostolo vuole insegnarci l’ubbidienza per mezzo della croce di Cristo: "Abbiate in voi gli stessi sentimenti ch’erano in Cristo Gesù: egli, essendo nella natura di Dio, non tenne gelosamente per sé l’essere uguale a Dio, ma annientò se stesso assumendo la forma di schiavo; fatto a somiglianza degli uomini e reso nell’aspetto come un uomo, fu ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce" (Fil 2, 5-8). Poiché infatti è grande maestro colui che opera in conformità del suo insegnamento, egli ha insegnato che le persone pie debbono osservare l’ubbidienza anche a costo della morte, morendo egli stesso il primo per essa.

14. Ma forse qualcuno si potrebbe spaventare ad ascoltare una tale dottrina: infatti trattiamo ora della morte di colui che poco fa abbiamo detto essere sempiterno insieme con Dio Padre e generato dalla sua sostanza, e che abbiamo insegnato essere una cosa sola col Padre per regno eternità maestà. Ma non voglio che ti spaventi, o fedele ascoltatore: colui che ora senti dire morto, fra poco di nuovo lo vedrai immortale. Infatti egli accoglie la morte per depredare la morte.

Infatti il mistero dell’incarnazione, che or ora abbiamo esposto, è stato determinato da questo motivo: che il Figlio di Dio nella sua divina potenza, come un amo, rivestito di aspetto umano e, secondo quanto ha detto or ora l’apostolo, reso nell’aspetto come un uomo (Fil 2, 7), potesse invitare alla lotta il principe del mondo. Consegnando a questo la sua carne come esca, egli lo ha afferrato grazie all’amo della divinità che gli si era profondamente conficcato dentro, e con l’effusione del sangue immacolato – infatti solo lui non conosce macchia di peccato – ha distrutto i peccati di tutti: di quelli almeno che avevano segnato col suo sangue la porta della loro fede (Es 12, 7). Se un pesce afferra l’amo ch’è nascosto dall’esca, non soltanto porta via l’esca insieme con l’amo ma egli stesso è strappato via dall’acqua, per essere poi esca per gli altri pesci: così anche colui che esercitava l’impero della morte ha portato via il corpo di Gesù per darlo alla morte, senza accorgersi che dentro quel corpo era nascosto l’amo della divinità; così quando l’ha divorata, egli stesso subito è rimasto attaccato e, rotti i cancelli dell’inferno, è tirato via quasi che fosse tratto fuori dal profondo del mare, al fine di essere esca per altri.

Che così sarebbe stato già lo aveva prefigurato il profeta Ezechiele con la stessa immagine dicendo: "Ti tirerò fuori con il mio amo e ti distenderò sulla terra. I campi saranno ripieni di te e radunerò su di te tutti gli uccelli del cielo e sazierò di te tutte le bestie della terra" (Ez 32, 3-4). Anche David dice: "Lo ha dato come esca ai popoli d’Etiopia" (Sal 73, 14). E Giobbe parla in modo analogo sullo stesso mistero: afferma infatti in persona di Dio che gli parla: "O condurrai il dragone con un amo o porrai una cavezza intorno alle sue narici" (Giob 40, 20).

15. Perciò Cristo ha patito nella carne senza danno o offesa per la sua divinità ma al fine di operare la salvezza per mezzo della debolezza della carne, la natura divina è discesa nella morte, non per essere trattenuta dalla morte secondo la legge delle creature mortali, ma per aprire le porte della morte a quelli che grazie a lui sarebbero risorti. È come se un re si rechi ad una prigione ed entrato dentro apra le porte, sciolga catene e ceppi, infranga cancelli e chiavistelli, conduca fuori alla libertà quelli che erano incatenati e restituisca alla luce e alla vita quelli che sedevano nell’oscurità e all’ombra della morte (Sal 106, 10). Diremo allora che il re, certo, è stato in prigione, ma tuttavia non nella condizione che era stata di quelli che venivano tenuti in prigione: ma quelli vi erano tenuti per scontare le pene, egli invece c’è venuto per rimettere le pene.

16. Quelli che hanno tramandato il Simbolo hanno anche indicato nel modo più preciso il tempo in cui tutto ciò è avvenuto: sotto Ponzio Pilato, per evitare che la tradizione dei fatti, incerta e generica in qualche parte, riuscisse meno probante. Bisogna poi sapere che nel Simbolo della Chiesa di Roma non è aggiunta l’espressione discese nell’inferno, ed essa non è in uso neppure nelle Chiese d’Oriente: ma lo stesso concetto di queste parole è espresso là dove è detto che egli è stato sepolto.

Ma poiché tu sei molto attaccato e interessato alle Sacre Scritture, certamente mi dirai che tutte queste verità debbono essere confortate da più perentorie testimonianze tratte appunto di lì. Quanto più infatti è importante ciò che si deve credere, tanto più necessita di testimonianze idonee e al di sopra di ogni dubbio. Ciò che tu chiedi è giusto e ragionevole: ma noi, in quanto ci rivolgiamo a chi conosce la Legge, per esigenza di brevità tralasciamo una gran massa di testimonianze. Presenteremo tuttavia poche cose fra le tante, se ci si accontenta anche di queste, sapendo che a quanti si dedicano allo studio delle Sacre Scritture si spalanca a tal proposito un immenso mare di testimonianze.