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Le persecuzioni prima del 250 d.C.

Sotto Domiziano 

Durante il regno di Domiziano (81-96) furono accusati di ateismo e "adozione di usanze ebraiche" alcuni senatori e i consoli Acilio Gabrione e Flavio Clemente con la moglie Flavia Domitilla. Furono tutti giustiziati tranne Flavia Domitilla che fu esiliata e della quale Eusebio dice fosse cristiana. È molto probabile tuttavia che la presunta affiliazione di Clemente al Cristianesimo fosse una notizia creata ad arte per infangare l'immagine pubblica dell'uomo e smorzare la reazione del popolo romano, che stava appoggiando una sua congiura con l'aiuto di alcuni generali per spodestare Domiziano. In effetti alcuni testi contemporanei parlano di una recrudescenza delle persecuzioni sotto il suo regno, ma l’argomento è ancora dibattuto.[21] [22] [23]

Sotto Traiano 

Delle persecuzioni all'epoca di Traiano ci restano alcuni documenti molto importanti.

Il primo è una lettera inviata all'imperatore da Plinio il Giovane quando questi (intorno al 110) era legato nella provincia di Bitinia. Plinio descrive la linea seguita fino ad allora con i cristiani e le accuse loro rivolte, ma chiede ulteriori chiarimenti in quanto in quella provincia sono molto numerosi. Inoltre vi troviamo il giudizio negativo contro la religione cristiana largamente diffuso nella cerchia imperiale ed intellettuale dell'epoca: Plinio il giovane la considera nihil aliud quam superstitionem ("null'altro che superstizione").

Il secondo documento è il rescritto, cioè la risposta ufficiale, in cui l'imperatore detta modalità per trattare la questione cristiana che sarebbero rimaste valide per quasi 140 anni: nessuna ricerca attiva dei cristiani, ma, in caso di denuncia, essi dovevano essere condannati se avessero rifiutato di sacrificare agli dèi; le denunce anonime andavano respinte. [24] [25]

Sempre C. Lepelley [26] considera di indubbia autenticità le sette lettere scritte in quegli anni da Ignazio di Antiochia mentre veniva trasferito a Roma per essere dato in pasto alle belve. Nella Lettera ai Romani esprime gioia in quanto “macinato dai denti delle fiere” diventerà “pane puro di Cristo”. Si tratta di un documento sulla spiritualità del martirio e sul fatto che i cristiani erano puniti come i criminali pericolosi. [27]

Da Adriano a Commodo 

Un'altra lettera inviata da Adriano al proconsole della provincia d'Asia confermerà il rescritto di Traiano (come secondo Eusebio farà in seguito anche Marco Aurelio) ma stabilirà regole ancora più restrittive sulle delazioni, fonti di disordini. [28] [29]

Intorno al 155, sotto Antonino Pio, morì martire il vescovo di Smirne Policarpo, come narrato in atti ritenuti attendibili [30] [31].

Molti disordini si verificarono anche sotto il regno di Marco Aurelio, segnato da epidemie, carestie e invasioni. Più volte le folle diedero la caccia ai cristiani, ritenuti responsabili della collera degli dèi, e i martiri furono numerosi (Eusebio ricorda tra gli altri l’apologeta Giustino). [32]

Nel V libro della sua "Storia Ecclesiastica" Eusebio di Cesarea riporta i brani principali della "Lettera delle chiese di Vienne e di Lione alle chiese dell'Asia e della Frigia": in essa sono documentate le vessazioni nei confronti di una cinquantina di cristiani, per lo più stranieri, e le loro esecuzioni capitali avvenute a Lione nell'anno 177. Di questi cristiani, torturati e gettati in carcere, molti morirono per soffocamento. La folla, già pervasa di xenofobia [33] ed aizzata da false accuse (di cannibalismo e rapporti incestuosi) diffuse sul conto dei cristiani, infierì su di loro senza più alcun riguardo per l'età o per il sesso dei condannati: il vescovo ultranovantenne Potino, linciato dalla folla, spirò in carcere; il quindicenne Pontico e la schiava Blandina, dopo essere stati costretti per giorni ad assistere all'esecuzione degli altri, furono essi stessi torturati e uccisi.

Intorno al 178-180 il filosofo platonico Celso scrisse contro la religione cristiana e in difesa di quella tradizionale il Logos arethes ("Discorso della verità"), che conosciamo solo dalla confutazione apologetica polemica che ne fece il teologo cristiano Origene, con la sua opera del 248, intitolata, appunto, Contra Celsum ("Contro Celso").

Marcia, liberta imperiale e amante dell'imperatore Commodo fu invece di simpatie cristiane (viene citata in merito alla liberazione di papa Callisto I dalla condanna alle miniere (Damnatio ad metalla) in Sardegna.

Risale al 180, sotto il regno di Commodo, l’episodio dei dodici martiri scillitani, ricordato nel più antico degli Atti dei Martiri [34].

W.H.C. Frend sostiene che nei primi due secoli le autorità agissero come “passivi destinatari delle richieste del popolo per la distruzione dei cristiani” [35]. Conformemente al rescritto di Traiano i cristiani non erano infatti ricercati e le loro comunità, pur costantemente minacciate, ebbero modo di continuare a crescere. Come già in precedenza, l’eroismo dei martiri indusse molti all’ammirazione ed alla conversione, tra i quali Tertulliano, che diventerà apologeta e scriverà “il sangue dei martiri fu la semente dei cristiani” [36]. In seguito Tertulliano si avvicinò ai montanisti, un gruppo estremista disapprovato dall’ortodossia che esaltava il martirio spingendo all’autodenuncia ed alla provocazione delle autorità [37].