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John Cuthbert Hedley

Il vescovo John Cuthbert Hedley[28] (1838 - 1915) non si occupò mai direttamente di evoluzionismo (non era uno scienziato), tuttavia entrò nel dibattito quando nel 1898 pubblicò sul Dublin Review un articolo sul libro di John Augustine Zahm, Evolution and Dogma. Sostanzialmente Hedley accoglieva le tesi di Zahm, ma riteneva tuttavia necessarie alcune cautele. Ad esempio Hedley riteneva che Zahm fosse troppo ottimista quando sosteneva che dall'evoluzione si potesse con sicurezza dedurre la creazione e l'azione divina nel mondo. Hedley sosteneva che la teoria dell'evoluzione dovesse limitarsi ai fatti e che non avesse niente da dire su Dio. Anche sull'interpretazione della Sacra Scrittura, Hedley dichiarava che non fosse immediatamente concepibile il modo di riconciliarle con l'evoluzionismo.

La recensione di Hedley fu criticata su La Civiltà Cattolica con un articolo a firma di Salvatore Brandi del gennaio 1899. Brandi affermava che al momento la teoria dell'evoluzione non fosse ancora scientificamente soddisfacente e che essa mancasse di prove; in queste condizioni egli riteneva assurdo che si tentasse di conciliare con la dottrina cattolica una teoria così incerta e contrastante con la millenaria tradizione della Chiesa.

Venuto a conoscenza di questa critica, Hedley decise immediatamente di chiudere il dibattito e, con una lettera alla rivista cattolica The Tablet in data 14 gennaio 1899, dichiarò che non avrebbe difeso ulteriormente le tesi di Zahm. Come nel caso di Bonomelli, anche Hedley tornò sui propri passi spontaneamente; verso di lui non ci fu alcun intervento da parte della Santa Sede.

[modifica] Importanti scienziati cattolici italiani

[modifica] Angelo Secchi

Padre Angelo Secchi (1818 - 1878), che fu uno dei più importanti scienziati dell'epoca, non si occupò mai direttamente di evoluzionismo, tuttavia nell'edizione del 1874 della sua nota ed influente opera L'unità delle forze fisiche[29], aggiunse un capitolo in cui discuteva brevemente le teorie darwiniane ed il loro rapporto con il teismo.

Fondamentalmente Secchi non respingeva l'ipotesi evoluzionistica, ma non accettava la spiegazione che ne dava Darwin, il quale escludeva qualunque processo teleologico; per Secchi l'idea di un'evoluzione puramente spontanea doveva essere rifiutata e sostituita con un concezione finalistica, l'unica che sarebbe stata veramente in grado di spiegare l'armonia e la complessità degli organismi viventi. Un passo tratto da L'unità delle forze fisiche riassume perfettamente la concezione evoluzionistica di Secchi:

  « Confessiamo dunque che le invadenti teoriche darwiniane sono semplicemente insostenibili e parto della immaginazione, non appoggiate da nessuna prova seria che richiede la vera scienza. Esiste è vero in natura una mirabile serie di esseri e uno sviluppo meraviglioso di forme dalle più semplici alle più complesse, organismi dai più rudimentari ai più sublimi, ma la causa che le determinò non può trovarsi nelle pure leggi della materia, ed è necessario ricorrere ad un principio libero che nella scelta e coordinazione delle forme, tra le infinite possibili, fissò quelle che erano in armonia con le leggi primordiali delle forze fisiche liberamente da lui stabilite e di cui ab origine vide e conobbe tutte le conseguenze e mise gli organi in correlazione coll'uso e colla necessità della creatura. E se anche si dica che queste forme si svilupparono per circostanze speciali come le curve di una stessa equazione col variare dei parametri, noi diremo che lo stabilire quella prima formola da cui derivano le altre esige intelligenza e azione fuori della materia in cui si compiono: e ciò basti per tranquillare quelli che temono cattive conseguenze dalle idee darwiniane, ove si venissero a dimostrare, il che non crediamo. »
   

[modifica] Giovanni Giuseppe Bianconi e Filippo De Filippi

Giovanni Giuseppe Bianconi (1809 - 1878) e Filippo De Filippi (1814 -1867) furono due importanti naturalisti cattolici italiani[30]. Sul darwinismo essi avevano idee contrastanti, ma il loro scontro si mantenne sempre sul piano scientifico e non sfociò in questioni personali o ideologiche[31].

Bianconi, che non accettava la teoria di Charles Darwin, ha un suo valore scientifico proprio perché si propone il vaglio critico, attraverso una serie di indagini anatomiche e fisiologiche, di un problema teorico circostanziato. Questo lavoro resta una rara occasione in cui il dibattito sul darwinismo ebbe in Italia un certo spessore scientifico, e non soltanto motivazioni ideologiche e filosofiche estranee all'aspetto propriamente biologico della teoria dell'evoluzione[32]. Per Bianconi l'uomo non sarebbe potuto derivare da scimmie antropomorfe, ed avrebbe invece dovuto essere il risultato di una creazione indipendente, essendo distinto da tutti gli altri animali dall'intelligenza e dalla morale. Fondamentalmente Bianconi assumeva una teoria detta, appunto, delle creazioni indipendenti che gli permetteva di negare la necessità di un rapporto filogenetico per spiegare l'esistenza di strutture morfologiche simili tra specie differenti; in questa teoria si assumeva che ogni organismo fosse stato creato indipendentemente dagli altri, il che permetteva poi di poter attribuire direttamente a Dio ciò che per i darwinisti era invece l'effetto di un'evoluzione spontanea. Bianconi pertanto non negava il succedersi delle specie come fatto, ma respingeva completamente la spiegazione che ne dava Darwin.

Filippo De Filippi da parte sua accettava pienamente la teoria di Darwin, ma era convinto che questa non costituisse affatto una minaccia per la fede. Alla fine del suo breve saggio L'uomo e le scimie del 1864 scrive:

  « ... mi sia lecito il ripetere che l'autore delle forme organiche è pure l'autore delle leggi che le governano e singolarmente e nel complesso, e che in queste, più che nelle prime, si manifesta la Sapienza infinita; che si può essere profondamente atei ammettendo la formazione di getto delle specie organiche, mentre un vero sentimento religioso è conciliabile colla dottrina della figliazione genealogica della specie da un tipo primitivo, come l'esclamazione ascetica "non casca foglia che Dio non voglia" è conciliabile col pieno riconoscimento delle leggi della gravità. »
   

[modifica] Antonio Stoppani, l'esegesi biblica e l'apologetica

L'abate Antonio Stoppani (1824 - 1891) fu uno dei più importanti geologi e paleontologi italiani dell'epoca. Egli fu anche uno dei più importanti intellettuali del tempo a trattare del rapporto tra scienza e religione, esponendo le sue idee in due importanti opere: Il Dogma e le Scienze Positive del 1884 e Sulla Cosmogonia Mosaica del 1887. Che egli fu un intellettuale molto influente è testimoniato anche dal fatto che, come lo stesso Stoppani racconta nella prefazione de Il Dogma e le Scienze Positive, egli fu ricevuto nel marzo del 1879 da Papa Leone XIII proprio per esporre le sue idee su come organizzare, sviluppare e diffondere lo studio delle scienze moderne nel mondo cattolico. L'enciclica Providentissimus Deus del 1893, nella parte in cui tratta i criteri esegetici in rapporto alle questioni scientifiche, sarà poi in perfetta sintonia con i metodi esposti dallo Stoppani[33].

Ne Il Dogma e le Scienze Positive, Stoppani, richiamando soprattutto i testi di San Tommaso d'Aquino, afferma che nessun reale conflitto possa mai esserci tra la ragione e la fede. Scrive Stoppani[34]:

  « Dateci dunque, dicevo, un vero propriamente dimostrato, come quello, per esempio, che il mondo non s'è fatto in sei giorni[35], ma in milioni di anni e di secoli, e, per quanto possa sembrare contrario alla fede, lo ammetteremo senza esitazione, senza rimorsi, anche non intendendo come si concili colla fede; per questa ragione semplicissima, e certissima a priori, che, ciò che si credeva o si crede di contrario al vero dimostrato, non si credeva nè si crede per fede appoggiata alla Rivelazione, ma per falsa interpretazione della Rivelazione stessa. È questa per noi dottrina cattolica. »
   

E continua:

  « È questa, ripeto, dottrina cattolica, proclamata dai Padri e dai Concili, dai primi tempi fino ai nostri, che non ci può essere contraddizione tra il vero razionale e il rivelato; per cui basta che una cosa sia vera da una parte, perché sia vera dall'altra, e perché sia falsa, da una parte e dall'altra, la proposizione contraria. Dove c'è contraddizione c'è difetto di ragione (ex defectu rationis, dice S. Tommaso) ossia di ragionamento. »
   

E più avanti aggiunge[36]:

  « La ragione immediata per cui una cosa è falsa, non è già quella dell'essere la medesima contraria alla fede; mentre si dirà piuttosto contraria alla fede perché è falsa. Quando fosse dimostrato (faccio un'ipotesi impossibile) che una cosa è falsa razionalmente, non potrebbe cessare d'essere tale, perché la Rivelazione, e tutti insieme i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento, la dicessero vera. Nemmeno Dio non può cambiar la natura delle cose e far sì che sia vero il falso e falso il vero. Una cosa è falsa per l'unica ragione che è falsa; vera per l'unica ragione che è vera. »
   

A questo punto Stoppani si domanda come comportarsi nei casi in cui si presenti una nuova proposizione rigorosamente cavata dalla scienza, contro un punto che si ritiene doversi prendere alla lettera e come tale ritenersi di fede[34]. Negare per fede ciò che si ritiene rigorosamente dimostrato con la ragione non avrebbe alcun senso. Stoppani abbozza allora le seguenti regole esegetiche (che poi svilupperà compiutamente nella prima parte del saggio Sulla Cosmogonia Mosaica)[34]:

  « 1) Cominciare dall'accertare la verità di quanto dice la scienza e una volta che sia certa, ritenerla, cavandone necessariamente la conclusione a priori che il senso letterale del testo biblico non corre. 2) Ritenuto che il senso letterale non va (non mettiamo nemmeno in questione se la Bibbia sia in errore), ritenere che trattasi di senso figurativo, o semplicemente di un modo volgare di esprimersi. 3) Fare le opportune indagini per riconoscere una cosa o l'altra coll'applicazione dei canoni esegetici, nella certezza a priori che si arriverà per questa via a stabilire la concordanza tra la scienza e il testo biblico. »
   

Su queste basi Stoppani critica duramente due categorie di apologisti cattolici che lui stesso definisce[37]. I letteralisti o tradizionalisti, che pretendono di negare le proposizioni scientifiche opponendogli per fede un'interpretazione letterale dei passi biblici; per Stoppani questo atteggiamento è semplicemente ridicolo, e per di più contrario alla stessa dottrina cattolica, che tradizionalmente ha sempre tenuto in gran conto l'utilizzo della ragione (e a sostegno di ciò Stoppani richiama sempre la filosofia di San Tommaso d'Aquino). I concordisti, che invece si adoperano per stiracchiare il senso delle Scritture fino a pretendere che esse espongano, in nuce, le teorie scientifiche che vengono man mano proposte sull'origine del mondo, della vita e dell'uomo[38]; anche questo approccio per lo Stoppani è da respingere integralmente; primo perché la Bibbia non è affatto un trattato che ha lo scopo di insegnarci verità scientifiche (seppure espresse per sommi capi); secondo perché questo tipo di esegesi sottomette la Rivelazione divina alla mutabilità e alla precarietà delle conoscenze scientifiche, che sono un prodotto umano e raramente si possono considerare come stabili e definitive.

Stoppani raccomanda poi ai cattolici di studiare con impegno le discipline scientifiche così da poter "rispondere alla scienza con la scienza"[39], ovvero rispondere con la ragione e non col catechismo a chi volesse utilizzare argomenti tratti dalle scienze per criticare la religione. Una massima che egli enuncia ad uso degli apologisti è: «Non negare i fatti ma precisarne le conseguenze»[40]; e continua spiegando:

  « Quando adunque sentiamo asserirsi un fatto, benché ci sembri evidentemente contrario al dogma più definito e più certo, benché chi l'asserisce sia un materialista, un ateo, un nemico professo della Religione; la prudenza c'insegna, non a negare il fatto di primo acchitto, ma ad accertarne l'esistenza, a depurarlo, per rifiutarlo se falso, pronti al contrario ad ammetterlo se vero ed in quanto è vero, ed a procedere quindi allo stesso esame riguardo alle conseguenze che sono o sembrano contrarie al dogma. Non occorre ripetere che, se il fatto è vero e le conseguenze logiche, né l'uno né l'altre si potranno trovare in opposizione col dogma. »
   

Ed ecco allora nello specifico, sulle basi enunciate, come lo Stoppani prescrive di trattare le questioni che emergono dalle teorie di Darwin[40]. I fautori delle teorie di Darwin mettono di solito in evidenza tutte le somiglianze tra l'organismo umano e quello delle scimmie per sostenere che il primo derivi dalle seconde; gli apologisti al contrario spesso si sforzano di controbattere elencandone le differenze, attaccandosi ad un muscolo, un osso, un tendine e a tanti altri dettagli. A questi apologisti Stoppani risponde:

  « Via; si può negare che l'uomo è un animale? Mai più. Si può egli negare che la somiglianza tra l'organismo umano e quello delle bestie si verifica al massimo grado tra quello dell'uomo e quello delle scimmie? Mai più. [...] Perché contendere con ansia affannosa all'anatomia comparata le sue scoperte [...]? »
   

Secondo Stoppani questo modo di difendere la fede costringerebbe in realtà a darla vinta ai suoi nemici, infatti

  « se venisse giorno, per un'ipotesi, che si trovi una scimmia, o vivente o fossile, affatto simile all'uomo, quanto all'organismo corporeo, tanto che uomo e scimmia non possano più distinguersi zoologicamente che come si distinguono il cane dal lupo, il cavallo dall'asino, il gorilla dal chimpanzè, la dareste vinta ai materialisti? Mai più. »
   

Stoppani invece non ha problemi ad ammettere che l'uomo, per quanto riguarda il suo corpo, derivi da un animale[41], ma in realtà sono proprio le somiglianze fisiche con l'animale che testimoniano la superiorità dell'uomo rispetto a tutte le altre creature. L'uomo fisicamente di certo somiglia alla scimmia, ma contrariamente a questa egli è dotato di raziocinio, coscienza morale e libera volontà; l'uomo è nel contempo l'artista, il poeta, il letterato, lo storico, il filosofo, il matematico, il naturalista, il teologo, il legislatore, il condottiero d'armate, il reggitore di popoli, lo scopritore di mondi, lo scrutatore del tempo e dello spazio. Stoppani afferma che l'anatomia e la fisiologia non possono assolutamente spiegare come tutto ciò emerga dalla sola materia, e questo non fa altro che confermare la veracità delle parole di Dio riportate nella Genesi: Facciamo l'uomo ad immagine e somiglianza Nostra, ed egli imperi ai pesci del mare, ai volatili del cielo, alle bestie della terra.

E continuando a parlare delle varie teorie sull'evoluzione biologica, nel trattato Sulla Cosmogonia Mosaica, Stoppani spiega che non ha senso cercare di accordare i dettagli del racconto biblico della creazione con le moderne conoscenze scientifiche; la Genesi non ha questo significato, bensì essa si limita ad affermare una grande verità[42]:

  « La Creazione - Tutte le cose cavate dal nulla per volere di Dio e Dio creatore di tutte le cose per un atto eterno della sua volontà. Ecco ciò che costituisce, pel primo capitolo della Genesi, il vero e principale obietto del divino insegnamento. È questa la verità semplicissima. »
   

E conclude il discorso con una sentenza definitiva:

  « Siate eterogenisti, siate darwinisti, appigliatevi a qualunque delle teorie naturali o positive, ed inventatene quante ne volete per descriver fondo a tutto l'universo[43]; osate tutto, pretendete tutto nel vostro campo, e siate inesorabili nello scrutare, nel tormentar la natura per strapparle fino all'ultimo segreto. Ma arrestatevi, di buon grado volenti, davanti al problema dell'Essere, dove vi tocca per forza d'arrestarvi anche non volenti. »
   

[modifica] Giuseppe Augusto Tuccimei, cattolico antievoluzionista

Geologo e paleontologo come lo Stoppani, il Tuccimei fu un acceso esponente di quella parte del mondo cattolico che avversava in tutto la teoria darwiniana dell'evoluzionismo.

Fu dottore in Medicina, Scienze Naturali e in Diritto Canonico poi professore in diversi atenei (nella facoltà di Filosofia della Pontificia Università Lateranense) e licei romani, membro della Pontifica Accademia de' Nuovi Lincei e di quella d'Arcadia, e decorato della commenda dell'Ordine di San Gregorio Magno su proposta del cardinale vicario.

Contro l'evoluzione si espresse in numerosi scritti, tra cui "Teoria dell'evoluzione e il problema dell'origine umana" (1897), "La decadenza di una teoria" 1908" e "Storia dell'Evoluzione dal Darwin sino al presente" (1915). Tuccimei pur affermando di riconoscere la semplicità della teoria e la sua possibile estensione all'intero universo, non riuscirebbe a spiegare i fatti su cui si basa e cadrebbe in contraddizioni interne [44]

[modifica] La graduale accettazione dell'evoluzionismo nel pensiero cattolico: 1900 - 1950

Alle fine del XIX secolo e nella prima parte del XX la generale ostilità del mondo cattolico all'evoluzionismo cominciò ad allentarsi[45]. Non che ci fosse un consenso generalizzato, tutt'altro; molti rimanevano i teologi che si opponevano a queste nuove teorie, né ci furono pronunciamenti ufficiali da parte della Santa Sede, per i quali si dovrà attendere il 1950 con l'enciclica Humani generis di Papa Pio XII. Molari[46] riporta la testimonianza di Carlo Colombo, che affermava ci fossero state forti pressioni su Pio XI affinché questi condannasse l'evoluzionismo; tuttavia egli avrebbe rifiutato dicendo che «di casi Galileo nella storia della chiesa ne basta uno solo.»

Ma comunque il clima iniziò a cambiare; finirono le censure ed i cattolici cominciarono a discutere di evoluzionismo con maggiore libertà, ed ovviamente il numero di coloro che lo accettavano cresceva pian piano. Questa nuova situazione è ben testimoniata da Antonio Fogazzaro; nel 1898 egli raccolse nell'opera Ascensioni umane diversi suoi testi nei quali illustrava le teoria evoluzionista, e manifestava la convinzione che essa fosse in perfetta armonia con la religione cattolica; Fogazzaro non era uno scienziato né un teologo ed i suoi testi erano pieni di allusioni letteriare e poetiche, pertanto la sua opera non è molto interessante né sotto il profilo scientifico né teologico; tuttavia, nel proemio l'autore ben sintetizza il nuovo clima illustrato. Scrive nel proemio:

  « Dal giorno in cui difesi per la prima volta la ipotesi evoluzionista contri i suoi avversari religiosi, essi indietreggarono, abbandonarono trincee di obbiezioni che parevano formidabili. Fuori d'Italia il vessillo dell'evoluzionismo cristiano venne inalberato in adunanze cattoliche solenni. In Italia, libri di ecclesiastici stranieri schiettamente evoluzionisti si tradussero e si pubblicarono con licenze delle Curie vescovili. [...] Se la ipotesi dell'evoluzione viene ancora combattuta fra di noi dal punto di vista religioso e pare odiosa a molti credenti, si è però dimostrata col fatto la libertà nostra di giudicare che, rettamente intesa, essa torna a maggior gloria del Creatore; e fra coloro che le gridano anatema non vi ha più, forse, un solo intelletto alto. »
   

Nei manuali di teologia comunque le posizioni più diffuse sono ben rappresentate[47] dalla sintesi che Orazio Mazzella (1860 - 1939) fornisce della sua analisi dell'evoluzionismo, nel secondo volume delle Praelectiones scholastico-dogmaticae[48]:

  « Se il trasformismo viene inteso in senso rigido e materialistico, è evidente che esso è un errore contrario sia ai principi della fede che al dettato della ragione. Se invece lo si intende in senso più tenue e spiritualistico, in quanto spiega l'origine delle specie inferiori, è un'ipotesi non dimostrata anzi infirmata da gravi ragioni contrarie, ma non si oppone alla fede, come tutti convengono. In quanto poi spiega l'origine dell'uomo non solo è un'ipotesi indimostrata scientificamente, ma anche, secondo l'opinione dei più, non sembra si possa conciliare con i documenti della fede. »
   

La discussione intorno all'evoluzionismo proseguì quindi senza particolari intoppi nel corso della prima metà del XX secolo, e fu caratterizzata da quattro momenti fondamentali: due pronunciamenti della Pontificia Commissione Biblica sull'interpretazione della Bibbia ed in particolare della Genesi; i lavori dei teologi Henri de Dorlodot ed Ernest C. Messenger; l'originalissima concezione dell'evoluzione sviluppata dal paleontologo gesuita Pierre Teilhard de Chardin.

[modifica] Direttive dalla Pontificia Commissione Biblica

La Pontificia Commissione Biblica si pronunciò due volte, nel 1905 e nel 1909, su questioni pertinenti all'interpretazione della Bibbia in relazione alla questione evoluzionista. Il primo intervento è molto breve e conviene riportarlo integralmente:

  « Dubbio. Si può ammettere come principio di retta esegesi la sentenza che sostiene che i libri della sacra Scrittura considerati storici, nella loro totalità o in qualche loro parte, talvolta non riferiscano la storia propriamente detta e oggettivamente vera, ma presentano solamente l'apparenza della storia per significare qualcosa di differente rispetto al senso propriamente letterale o storico delle parole? »
   
  « Risposta. No, eccetto il caso, che non si deve ammettere facilmente o con leggerezza, nel quale, senza opporsi al senso della chiesa e salvo sempre il suo giudizio, si provi con solidi argomenti che l'agiografo non intese riferire una storia vera e propriamente detta, ma sotto il genere e la forma di storia, intese proporre una parabola o una allegoria o qualche altro significato diverso dal senso propriamente letterale o storico delle parole. »
   

In poche parole si ammette che, in casi particolari, quella che sembra una narrazione storica potrebbe essere interpretata allegoricamente o come una parabola.

Il secondo intervento invece è più complesso, riguarda specificamente la Genesi e stabilisce alcuni importanti limiti entro i quali essa possa essere reinterpretata. Nei primi due paragrafi viene chiaramente affermato che non si possa escludere il senso letterale dei primi tre capitoli, e che non sia lecito affermare che essi contengano non la narrazione di fatti realmente accaduti, ma favole derivanti da miti antichi oppure allegorie e simboli, utilizzati, in forma di storia, per insegnare verità religiose e filosofiche.

Nel terzo paragrafo si nega la possibilità di mettere in dubbio i seguenti insegnamenti fondamentali:

  « la creazione di tutte le cose operata da Dio all'inizio del tempo; la particolare creazione dell'uomo; la formazione della prima donna dal primo uomo; l'unità del genere umano; la felicità originale dei progenitori nello stato di giustizia, integrità e immortalità; l'ordine dato da Dio all'uomo per mettere alla prova la sua obbedienza; la trasgressione dell'ordine divino per istigazione del diavolo sotto l'apparenza di un serpente; la perdita dei progenitori di quel primitivo stato d'innocenza; e la promessa di un Redentore futuro. »
   

Questa rigidezza iniziale viene però molto mitigata nei successivi paragrafi. Nel paragrafo 4 si stabilisce che nelle parti in cui l'interpretazione sia stata lasciata indefinita dai Padri e dai Dottori della Chiesa, sia lecito proporre nuove opinioni purché prudenti e sempre rimettendosi al giudizio della Chiesa. Nel paragrafo 5 si ammette la possibilità di allontanarsi dal senso proprio delle parole e delle frasi che alla ragione appaiano chiaramente inaccetabili, improprie od utilizzate in senso metaforico. Nel paragrafo 6 si ammette che alcuni passi, pur presupponendo il fondamentale carattere storico, possano essere interpretati allegoricamente secondo l'esempio dei Padri e della Chiesa. Nel paragrafo 7 viene affermato che non sia necessario ricercare l'esattezza scientifica nel racconto della creazione. Infine, nel paragrafo 8, relativamente al racconto della creazione in sei giorni, si ammette che la parola ebraica Yom (giorno) possa essere interpretata come un periodo di tempo indefinito.

[modifica] Henri de Dorlodot

Nel 1909 alla Cambridge University venne celebrato il centenario della nascita di Charles Darwin ed il cinquantenario della pubblicazione de L'origine delle specie[49]. In quell'occasione anche l'Università Cattolica di Lovanio fu invitata a mandare un suo rappresentante.

Venne scelto il canonico Henri de Dorlodot (1855 - 1929), paleontologo, teologo e direttore del dipartimento di geologia. Nel discorso iniziale che egli inviò a Cambridge, e che fu preventivamente letto ed approvato sia dal preside di facoltà a Lovanio sia dal professore di teologia dogmatica, scriveva che, senza alcuna esagerazione, si potesse affermare che Darwin fosse stato per la biologia ciò che Isaac Newton fu per la fisica[50]. Nel periodo in cui restò in Inghilterra, Dorlodot tenne diverse lezioni su Darwin, e queste lezioni costituirono poi la base del suo libro Le Darwinisme au point de vue de l'orthodoxie catholique (Il Darwinismo dal punto di vista dell'ortodossia cattolica), pubblicato nel 1921.

In questo libro Dorlodot ricordava prima di tutto che, per quanto riguardava l'applicazione della teoria dell'evoluzione alla specie umana, Darwin non era mai stato giudicato eretico dalla Chiesa. Proseguiva poi dicendo che i dettagli scientifici ed i meccanismi fisici dell'evoluzione non erano di interesse per la teologia; la teoria di Darwin, considerata dal punto di vista strettamente scientifico e libera da interpretazioni filosofiche, riguardava il ruolo delle cause seconde nell'evoluzione, e non rigettava il ruolo della Causa Prima.

Egli faceva particolare riferimento al De Genesi ad litteram di Sant'Agostino, per mostrare come i cattolici avessero piena libertà di accettare la trasformazione delle specie proposta da Darwin, basata su cause seconde e senza richiedere alcun speciale intervento di Dio nel corso del processo evolutivo; e continuava poi criticando gli autori cattolici che avevano sostenuto l'incompatibilità tra il darwinismo e l'ortodossia. Nella sua esposizione, Dorlodot utilizzava a sostegno della possibilità di accettare l'evoluzionismo anche i sopra citati pronunciamenti della Pontificia Commissione Biblica. Il lavoro di Dorlodot fu molto influente e rafforzò la tendenza che era già emersa alla fine del XIX secolo; da allora divenne sempre più difficile per i cattolici sostenere la totale opposizione tra evoluzionismo e dottrina cattolica[51], anche se ovviamente le resistenze continuavano a manifestarsi, come ad esempio nei libri Anthropology and the Fall di Humphrey Johnson e Attitude of Catholics towards Darwinism and Evolution del gesuita Hermann Muckermann[52]