CREDENTI

IPPOLITO ROMANO (170-235 d.C.)

  • Messaggi
  • OFFLINE
    Credente
    00 05/04/2011 22:16

    Ippolito di Roma

    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
    Se hai problemi nella visualizzazione dei caratteri, clicca qui.
    Sant'Ippolito di Roma
    Raffigurazione di Sant' Ippolito martire
    Raffigurazione di Sant' Ippolito martire
    Presbitero e martire
    Nascita 170 ca.
    Morte 235
    Venerato da Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa
    Ricorrenza 13 agosto
    Attributi Palma
    Patrono di cavalli

    Ippolito di Roma (Asia, 170 circa – Sardegna, 235) fu un teologo e scrittore cristiano: è stato il primo antipapa della storia della Chiesa ma prima della morte si riconciliò con il papa legittimo, Ponziano, insieme al quale subì il martirio ed è venerato come santo dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa.

    Indice

    [nascondi]

    [modifica] Testimonianze su Ippolito

    Martirio di sant'Ippolito, opera di Dieric Bouts, 1470-1475 ca, Brugge, Museum der Erlöserkathedrale.

    Fino alla pubblicazione, avvenuta nel 1851 dei Philosophumena, di Ippolito si avevano poche e frammentarie notizie, come si può evincere dalle fonti sotto riportate:

    • Eusebio di Cesarea riporta che era il vescovo di una non meglio specificata diocesi e ne enumera una serie di scritti (Historia ecclesiae, VI, xx, 22).
    • Sofronio Eusebio Girolamo fornisce le stesse informazioni di Eusebio (forse perché la sua fonte principale fu Eusebio stesso), aggiunge altre opere al suo elenco e racconta di una delle sue omelie recitate alla presenza di Origene, (De viris illustribus, cap. I xi).
    • La Cronografia del 354 menziona, nella lista dei papi, il vescovo Ponziano e il presbitero Ippolito, esiliati in Sardegna nel 235; inoltre, il calendario romano assegna al 13 agosto la festa di Ippolito sulla via Tiburtina e di quella di Ponziano nelle catacombe di Callisto (ed. Mommsen in Mon. Germ. Hist.: auctores antiquissimi, IX, 72, 74).
    • L'iscrizione fatta apporre da papa Damaso I sulla sua tomba narra che Ippolito seguì lo scisma Novaziano (anche se prima della morte esortò i suoi seguaci a riconciliarsi con la Chiesa cattolica (Ihm, Damasi epigrammata, Leipzig, 1895, 42, n.37).
    • L'inno di Prudenzio sul martirio di Ippolito (Peristephanon, hymn XI, in P.L., LX, 530 sqq.) ricorda il suo martirio (non si capisce bene se a Ostia o Porto): Ippolito fu dilaniato da due cavalli selvaggi (un'evidente reminiscenza del mitico Ippolito figlio di Teseo).
    • Alcuni autori greci più tardi (ad esempio Georgius Syncellus., ed. Bonn, 1829, 674 sqq.; Niceforo Callisto, Hist. eccl., IV, xxxi) non aggiungono altre informazioni rispetto a quelle riportate da Eusebio e Girolamo; alcuni si riferiscono ad Ippolito come al vescovo di Roma, altri come al vescovo di Porto. Secondo Fozio (Bibliotheca, codex 121), Ippolito fu un discepolo di Sant'Ireneo di Lione. Secondo altri scrittori orientali, così come per papa Gelasio, la sede di Ippolito era la capitale araba Bostra.
    • Numerose leggende di martiri raccontano di Ippolito in diverse vicende. Secondo quella di San Lorenzo, Ippolito era un ufficiale incaricato di sorvegliare il diacono ferito, ma venne da questi convertito assieme a tutto il corpo di guardia e martirizzato con dei cavalli selvaggi (Acta SS., agosto, III, 13-14; Surius, De probatis Sanctorum historiis, IV, Colonia, 1573, 581 sqq.). Secondo una leggenda di Porto, che identifica Ippolito nel martire Nonnus, egli fu martirizzato assieme ad altri della città stessa (Acta SS., August, IV, 506; P.G., X, 545-48).
    • Altra opera di grande importanza per la sua conoscenza è la statua marmorea del santo conservata presso il museo Laterano. La statua, scoperta nel 1551 e risalente al III secolo, rappresenta Ippolito assiso ed enumera le sue opere sulla sedia sulla quale è seduto (Kraus, Realencyklopädie der christlichen Altertumer, 661 sqq.).
    • La topografia delle tombe dei martiri romani ne indica la tomba sulla via Tiburtina e menziona una basilica ivi eretta; racconta, inoltre, alcuni dettagli leggendari che lo riguardano (De Rossi, Roma sotterranea, I, 178-79). La tomba del santo fu scoperta dal De Rossi (Bollettino di archeologia cristiana, 1882, 9-76).

    Grazie alla scoperta del Philosophumena è stato possible sia chiarire i dettagli più importanti della vita del santo, sia mettere ordine tra i dati contrastanti riportati dagli antichi autori. La trattazione della sua agiografia proseguirà partendo dal presupposto che Ippolito sia realmente l'autore di tale opera.

    Biografia

    Dalla documentazione archeologica e documentaria si evince l'esistenza di un Ippolito vescovo e scrittore (Ippolito Romano) e di un Ippolito martire romano, la cui statua tombale venne rinvenuta mutilata nel 1551 lungo la via Tiburtina, nei pressi di Roma, dove la tradizione poneva la tomba del martire. Presumibilmente si tratta della stessa persona.

    Sulla sua persona ci sono pervenute scarse informazioni, spesso in contrasto tra loro. Dalle notizie tramandate da Eusebio di Cesarea, San Girolamo, papa Damaso I e Prudenzio, si desume che nacque probabilmente in Asia Minore, dove dovette studiare teologia, esegetica e retorica (secondo alcune fonti, fu discepolo di Sant'Ireneo di Lione); divenuto un esponente importante della Chiesa, giunse come prete a Roma sotto il pontificato di papa Zefirino (199 - 217).

    Secondo Döllinger, Harnack e altri studiosi tedeschi, Ippolito sarebbe stato un vescovo, mentre secondo Puech era un semplice presbitero romano del III secolo, avverso all'eresia monarchiana, a papa Zefirino e al futuro pontefice Callisto (217-222).

    Il durissimo confronto tra Callisto ed Ippolito raggiunse l'apice trasformandosi in scisma quando il primo divenne papa (217). Immediatamente Ippolito lasciò la comunione della Chiesa di Roma e fu eletto antipapa da una ristretta schiera di seguaci da lui chiamati "Chiesa", in contrasto con la maggioranza dei romani da lui chiamati "Scuola di Callisto". Il santo accusava Callisto di essere caduto nell'eresia di Teodato prima e di Sabellio poi. Inoltre lo accusava di lassismo morale nei confronti di peccati gravi quali l'adulterio e l'omicidio. Inoltre, Ippolito riferisce che Callisto lo accusava, ingiustamente, di Diteismo (forma di teismo che crede in due grandi dèi al posto del solo Dio). Ippolito continuò la sua opposizione alla Chiesa di Roma come antipapa anche durante i pontificati dei due successori di Callisto: Urbano I e Ponziano. Probabilmente, proprio sotto il pontificato di Ponziano, il santo scrisse il "Philosophumena".

    In seguito, i capi delle due Chiese vennero esiliati da Massimino il Trace in Sardegna (ad metalla). Secondo la tradizione cattolica lo scisma rientrò nel momento in cui Ippolito incontrò Ponziano (secondo successore di Callisto) sull'isola. Essi, riconciliatisi, invitarono i rispettivi seguaci a fare altrettanto. Intorno al 235, la morte li colse entrambi nell'isola e nel 236 o 237 le salme dei due martiri raggiunsero Roma.

    Il corpo di Ippolito fu poi sepolto nel Campo Verano, sulla Via Tiburtina (secondo testimonianze dell'epoca, sembra che Ippolito venne sepolto il 13 agosto del 236 o di un anno successivo) e, sul luogo della sua sepoltura, sarebbe stata eretta la statua ritrovata solo nel 1551 e conservata nel Museo Lateranense.

    Cesare Baronio, nell'edizione del Martirologio Romano del 1586, fissa per Sant'Ippolito di Roma la data del 13 agosto.

    Cristologia

    Sotto papa Zefirino (198-217) entrò in contrasto con il pontefice su alcune sue opinioni cristologiche: Ippolito avversava la posizione di Teodoto di Bisanzio e degli Alogi; similmente si oppose a Noeto di Smirne, Epigono, Cleomene e Sabellio, i quali insistevano sull'unità di Dio (Monarchiani) e che ritenevano il Padre e il Figlio mere manifestazioni (modi) della Natura Divina (Modalismo, Sabellianesimo).

    Per il santo, al contrario, Padre e Figlio erano due persone distinte e separate ed il Figlio era subordinato al Padre. Dato che l'eresia modalista non era apparsa inizialmente chiara, Zefirino non prese posizione contro di essa ed Ippolito lo censurò fortemente, rappresentandolo come un uomo debole, indegno di guidare la Chiesa e strumento nelle mani dell'ambizioso ed intrigante diacono Callisto (Philosophumena, IX, xi-xii).

    [modifica] Indistinzione tra il Padre e il Figlio

    Secondo l'interpretazione di S. Mouraviev (che, rispetto al Wendland, legge diversamente il frammento sostituendo al posto di lógos il termine dógma, e, al posto di eînai, eidénai):

      « Heraclite dit donc: “Que Dieu est entièrement divisible indivisible, nascible non nascible, mortel immortel” - Verbe Éternité, Père Fils, - “il est juste en écoutant non pas moi, mais le Dogma, de le reconnaître.” “Il est sage de savoir que Toutes choses (i.e. toutes les qualités contraires) sont Un (Dieu)”, dit Héraclite »
     
    ( Heraclitea (2000, II. A. 2, 535))

    Ossia nell'unità si compongono i contrari (mere manifestazioni del tutto), nell'unità si realizza l'armonia dei diversi.

    Quindi, nell'opinione di Ippolito, l'eresia dell'indistinzione o identificazione di Padre e Figlio, Dio e Logos, Creatore e creatura si trova già negli scritti di Eraclito.

    Ippolito e la filosofia greca

    Ippolito fu uno dei maggiori conservatori e tramandatori dei frammenti di Eraclito, che ci sono giunti proprio grazie ai suoi scritti. L'intento di Ippolito era quello di dimostrare come le eresie derivassero dal pensiero filosofico classico.

    Opere

    Ippolito fu il più importante teologo ed il più prolifico scrittore cristiano dell'era precostantiniana. Nonostante ciò il destino della sua copiosa produzione è stato sfortunato. La maggior parte dei suoi scritti sono andati perduti o ci sono giunti solo attraverso dei frammenti, mentre altri sono arrivati fino a noi solo nelle traduzioni in lingue orientali e slave. Ciò fu dovuto al fatto che il santo scriveva in greco e quando il greco non venne più compreso a Roma, i romani persero interesse in questo autore, mentre ad oriente la gente ancora lo comprendeva e divenne un autore molto famoso.

    I suoi trattati esegetici furono numerosi: scrisse commentari su molti libri dell'antico e del nuovo testamento, molti dei quali esistono solo in frammento. Tuttavia, il trattato sul Cantico dei Cantici ci è probabilmente giunto nella sua interezza ("Werke des Hippolytus", edizione Bonwetsch, 1897, pagina 343 e seguenti), parimenti a quello sul Libro di Daniele in quattro volumi (ibidem, pagina 2 e seguenti). Di altre otto delle sue opere, che trattano soggetti dogmatici ed apologetici, si conosce solo il titolo, mentre un'altra ci è giunta per intero in lingua greca: si tratta del “De Anticristo”.

    Delle sue polemiche contro gli eretici, l'opera più importante è il "Philosophumena", il cui titolo originale è Κατὰ πασῶν αἱρέσεως ἔλεγχος (in latino, Refutatio omnium haeresium). Dell'opera, pubblicata nel 1851, sono noti il primo libro e dal quarto al decimo, mentre mancano i primi capitoli del quarto e completamente il secondo ed il terzo. I primi quattro libri trattano dei filosofi ellenici, mentre i libri dal quinto al nono espongono e confutano le eresie cristiane. L'ultimo libro ricapitola quanto esposto nei precedenti. L'opera è una delle più importanti fonti per la storia delle eresie che si diffusero nei primi secoli del Cristianesimo. Ippolito avversava il pensiero filosofico greco, accusava gli eretici ed i pagani di essere legati alla speculazione filosofica della classicità e perciò di essere legati ad una speculazione che ignora il messaggio di Cristo (anche se in alcuni casi, ingannevoli, pare anticiparlo).

    Un trattato più breve contro le eresie (“Syntagma”), scritto da Ippolito in una data anteriore, può essere ricavato da adattamenti successivi (Libellus adversus omnes haereses; Epiphanius, "Panarion"; Philastrius, "De haeresibus"). Scrisse anche un terzo trattato antieretico intitolato il "Piccolo Labirinto". Accanto a queste opere, il santo scrisse anche delle monografie contro Marcione, i Montanisti, gli Alogi e Caio. Di questi scritti esistono solo pochi frammenti. San Girolamo, inoltre, cita un suo lavoro sulle leggi della Chiesa.

    A lui sono attribuiti anche tre trattati sul diritto canonico: le "Constitutiones per Hippolytum", la Costituzione della Chiesa egiziana, in copto, ed i "Canones Hippolyti". Di queste opere le prime due sono senza dubbio apocrife e la terza probabilmente risale al V o al VI secolo.

    Le edizioni critiche delle opere di Ippolito si possono trovare in:

    • S. Hippolyti episcopi et mart. opera, 2 vols., a cura di Fabricius, Hamburg, 1716-18
    • Bibliotheca veterum patrum, II, 1766 a cura di Gallandi
    • Hippolytus I, pts. I and II (Leipzig, 1897) a cura di Bonwetsch e Achelis
    • Die gr. chr. Schriftsteller, lavori a cura dell'Accademia Berlinese
    • Philosophumena, a cura di Miller, Oxford, 1851
    • Canones Hippolyti, a cura di Haneberg, Munich, 1870
    • Die altesten Quellen des orientalischen Kirchenrechts, I, in Texte und Untersuchungen, VI, a cura di Achelis, Leipzig, 1891, 4

    Contro Callisto

      « L'eresia di costoro la rafforzava Callisto, la cui vita abbiamo esposto dettagliatamente. Costui inventò un’eresia: prendendo le mosse da questi [i Noeziani] anche lui riconosce che esiste un solo Padre e Dio, il Creatore dell’universo; egli è in realtà colui che è nominato e designato col nome di Figlio, ma nella sostanza uno solo è lo Spirito indivisibile. In quanto Spirito, disse, Dio non è altro dal Verbo e il Verbo non è altro da Dio. Si tratta dunque di un'unica persona divisa nel nome, ma non nella sostanza. Ed è dunque in questo Verbo, ch'egli chiama Dio Uno, ch'egli dice che si è incarnato. E vuole che il visibile e impotente in carne ed ossa sia il Figlio, e lo Spirito che l'abita, il Padre, inciampando ora nella dottrina di Noeto, ora in quella di Teodoto, ma senza essere convinto sostenitore di nessuna». »
     
    (Hippolytus (1977, 283-284))
      « e così come aveva abbandonato la sua prima fede, inventò quest'altra eresia, affermando che il Verbo è lui stesso Figlio e anche Padre, chiamato appunto anche con un tale nome, ma in realtà Uno: lo Spirito indivisibile; poiché il Padre non è una cosa, il Figlio un'altra, ma sono uno e lo stesso, e tutte le cose sono compiute dallo Spirito divino, sia quelle inferiori che quelle superiori, e lo Spirito che si è incarnato nella Vergine non differisce dal Padre, ma sono uno e il medesimo. Ed è questo che è stato detto [dalle Scritture]: «Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Ciò che si vede, cioè l'uomo, questo è il Figlio, ma lo Spirito contenuto nel Figlio, questo è il Padre. Non riconoscerò infatti due dei – disse – ma uno solo». Il Padre, infatti, nato da sé stesso, essendosi incarnato, ha divinizzato la carne unendola a sé stesso e ha costituito con essa una cosa sola, di modo che è un solo Dio che si chiama Padre e Figlio e questa persona, essendo una, non può essere due, e così il Padre ha sofferto la passione con il Figlio »
     
    (Hippolytus (1977, 248-249))
    [Modificato da Coordin. 06/05/2011 12:36]
  • OFFLINE
    Credente
    00 05/04/2011 22:17

    "La tradizione apostolica" scritta da Ippolito Romano intorno al 180 d.C.,  comprende un prologo, tré parti e una conclusione. Nel prologo Ippolito dice " di avere parlato sufficientemente dei carismi ". Egli dice: "Ora passerò all'essenziale della tradizione. affinchè coloro che sono bene istruiti, seguendo l'esposizione che noi ne facciamo, custodiscano la tradizione conservata sinora, e prendendone conoscenza, rimangano saldi, anche dinanzi alla caduta o all'errore, che si è prodotto recentemente per ignoranza e a causa di ignoranti. E lo Spirito ffanfo concederà, a coloro che hanno una fede retta, la grazia perfetta di conoscere in che modo coloro che sono a capo della Chiesa devono insegnare e custodire ogni cosa (Prologo).

    Ippolito riferirà la tradizione conservata sino al suo tempo, ossia quella praticata nel secondo secolo. Fonte quindi antichissima e preziosissima: egli riferisce ciò che ha quotidianamente dinanzi agli occhi.1

    parte I.

    Il Clero: 1. Prologo. 2. Il vescovo. 3. Preghiere per ['ordina' zione del vescovo. 4. L'Eucaristia. 5. Benedizione dell'olio. 6. Benedizione del formaggio e delle olive. 7. Preghiere della Comunione. 8. I preti. 9.1 diaconi. 10. I confessori. 11. Le vedove. 12. Il lettore. 13. Le vergini. 14. I suddiaconi. 15. Il dono della guarigione.

    parte II.

    I laici: 16. I nuovi convertiti. 17. Il tempo durante ii quale si ascolterà la parola. 18. La preghiera dei catecumeni e il bacio di pace. 19. L'imposizione delle mani sui catecumeni. 20. Intorno a coloro che vogliono ricevere il Battesimo. 21. L'amministrazione dei Battesimo. 22. La confermazione. 23. L'oblazione.

    parte III.

    Le osservanze della Chiesa: 24. La frazione del pane. 25. Il digiuno. 26. L'agape. 27. Il pasto delle vedove. 28. I frutti da offrire al vescovo. 29 Il digiuno pasquale. 30. I diaconi stiano premurosi  vicino al vescovo. 31. Il tempo della preghiera. 32. L'Eucaristia. 33. I diaconi e i preti. 34. II cimitero. 35. Le ore che convengono alla preghiera. 36. Il segno della croce. 37. Conclusione.

    [Modificato da Credente 05/04/2011 22:22]
  • OFFLINE
    Credente
    00 05/04/2011 22:22

    PARTE I. il clero

    L'ordinazione del vescovo (c. 2)

    Si ordini vescovo colui che è stato eletto da tutto il popolo.2 Quando sarà stato detto il suo nome, ed egli sarà stato gradito a tutti, il popolo si riunirà, assieme al collegio dei preti (presbyterium) e ai vescovi che sono presenti, in giorno di domenica. Col consenso di tutti, (i vescovi) gli impongano le mani, e il collegio dei preti assista in silenzio. Tutti conservino il silenzio e preghino nel loro cuore per la discesa dello Spirito Santo. Uno dei vescovi presenti, a richiesta di tutti, imponga le mani a colui che viene ordinato vescovo, e preghi con queste parole:

    1. Il testo è quello di Dom B. botte. Ippotyle de Rome, La Iradition aposlolittue, Paris, 1946.

    2. Cfr. Didache, XV, 1.

    3. 11 Cor., I, 3.

    Preghiere per l'ordinazione del vescovo (e. 3)

    " Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre delle misericordie e Dio di ogni consolazione,3 che abiti nei cieli e guardi ciò che è umile,4 che conosci le cose prima del loro nascere; tu che hai fissato i termini della tua Chiesa con la parola della tua grazia, che hai predestinato da tutta Feternità la schiatta dei giusti, discendenti da Abramo, che stabilisci i capi e i preti e non lasci senza servizio il tuo santuario, che ti sei compiaciuto, dalla fondazione del mondo, di essere glorificato per mezzo di coloro che hai scelto, effondi ora la potenza (mr-tutem) che viene da Tè, e lo Spirito sovrano 5 che hai dato al tuo Figlio diletto Gesù Cristo e che egli ha donato ai santi apostoli, che fondarono la tua Chiesa in luogo del tuo santuario,6 per la lode e la gloria incessante del tuo nome. Tu, o Padre, che conosci il cuore, concedi al tuo servo, che hai scelto per l'episcopato, di pascere il tuo santo gregge, e di esercitare il tuo supremo sacerdozio senza riprensione, servendoti giorno e notte. Renda sempre propizio il tuo volto e offra i doni della tua santa Chiesa,7 abbia il potere di rimettere i peccati in virtù dello Spirito del sommo sacerdozio, secondo il tuo comando; sciolga ogni legame, secondo il potere che Tu hai dato agli Apostoli; ti sia gradito per la sua mansuetudine e purezza di cuore, offrendoti un profumo soave, per mezzo del tuo servo (puerum) Gesù Cristo, per mezzo del quale a Te viene la gloria e la potenza e l'onore, al Padre e al Figlio, con lo Spirito Santo, e ora e nei secoli dei secoli. Così sia "

  • OFFLINE
    Credente
    00 05/04/2011 22:23

    Ordinazione dei preti (c. 8)

    Quando si ordina un prete, il vescovo imponga la mano sulla sua testa, mentre la toccano anche i preti, e dica parole simili a quelle indicate più sopra, come abbiamo detto per il vescovo. Ecciti questa preghiera: " Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, volgi lo sguardo su questo tuo servo (servum) qui presente e concedigli lo spirito di grazia e di consiglio, affinchè egli aiuti i preti e governi il tuo popolo con un cuore puro, come tu hai guardato al tuo popolo che ti sei scelto e hai ordinato a Mosè di scegliere gli anziani (presbiteri), che tu avevi riempito del tuo spirito che avevi dato al tuo servo. Ed ora, o Signore, concedi di conservare sempre in noi lo spirito della tua grazia e rendici degni di servirti con fede, nella semplicità del nostro cuore, lodandoti per mezzo del tuo servo (puerum) Cristo Gesù, per mezzo del quale al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo viene la gloria e la potenza nella santa Chiesa, ora e nei secoli dei secoli.. Amen ".

    Ordinazione dei diaconi (c. 9)

    Quando si ordina un diacono, lo si scelga come è stato detto più sopra e il vescovo solo gli imponga le mani allo stesso modo. Poi comandiamo che nell’ordinazione del diacono il solo vescovo imponga le mani, perché egli non è ordinato al sacerdozio, ma al servizio del vescovo, per fare ciò che questi gli ordina. Infatti egli non prende parte al consiglio del clero, ma amministra e indica al vescovo ciò che è necessario. Egli non riceve lo Spirito comune al collegio dei preti, del quale i preti partecipano, ma egli fa ciò che gli è affidato sotto il potere del vescovo. Perciò soltanto il vescovo faccia il diacono. Sul prete invece, anche i preti debbono imporre le mani, a causa dello Spirito comune alla loro carica. Il prete infatti, ha il potere di riceverlo, non già di darlo. Quindi egli non ordina il clero; im alFordinazione del prete egli esprime la sua approvazione, mentre il vescovo ordina. Sul diacono (il vescovo) dica:

    " Dio, che per mezzo del Verbo ogni cosa creasti e ordinasti, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che tu mandasti per servire alla tua volontà e per manifestarci il tuo desiderio, concedi lo spirito di grazia, di zelo, di diligenza al tuo servo qui presente, che tu hai scelto per servire alla tua Chiesa, e per portare nel santo dei santi ciò che ti è offerto per mezzo dei grandi sacerdoti da te stabiliti per la gloria del tuo nome, affinchè, servendo senza rimprovero e con purità in quest’ordine, egli sia trovato degno, per tua bontà, d’un grado più elevato, lodandoti per mezzo del tuo Figlio Gesù Cristo nostro Signore, per mezzo del quale tu bai con lui gloria, potere, potenza e onore con lo Spirito Santo, ora e sempre e per sempre. Amen ".

  • OFFLINE
    Credente
    00 05/04/2011 22:25

    II vescovo renda grazie come abbiamo detto più sopra. Tuttavia non è necessario che pronunci le stesse parole che noi abbiamo detto, e che quindi si sforzi di dirle a memoria nella sua azione di grazie a Dio; ciascuno preghi secondo le sue capacità. Se uno può fare convenientemente una preghiera grande ed elevata, va bene ma se egli prega e recita una preghiera più modesta, non lo si impedisca, purché la sua preghiera sia corretta e conforme all'ortodossia.

    Il Lettore (c. 12)

    II Lettore è stabilito per questo, perché il vescovo gli consegna il libro; ma non è ordinato.

    Il Suddiacono (c. 14)

    Non si impongano le mani al Suddiacono, ma lo si nomini per il servizio del Diacono.

     

    PARTE II. I laici

    Gli aspiranti al battesimo (e. 20;

    Quando sono stati scelti e messi a parte coloro che devono ricevere il battesimo, si esamini la loro vita: hanno vissuto piamente durante il loro catecumenato, hanno onorato le vedove, visitato i malati, praticato le opere buone? Se coloro che li hanno condotti rendono testimonianza che si sono diportati in questa maniera, ascoltino il Vangelo. A partire dal giorno in cui sono stati scelti, s'imponga loro le mani ogni giorno e si esorcizzino. All'avvicinarsi del giorno in cui saranno battezzati, il vescovo esorcizzi ciascuno di loro, per provare se sono puri. Se ce n'è qualcuno non puro, lo scarti; egli non ha ascoltato con fede la parola, perché lo Straniero (diavolo) è ancor sempre nascosto in lui. Si avvertano quelli che devono essere battezzati che prendano un bagno e si lavino il quinto giorno della settimana. Se una donna è nel suo periodo regolare (menstruo), la si scarti e la si battezzi in altro giorno. Coloro che devono ricevere il battesimo digiunino il venerdì e il sabato. II sabato il vescovo li riunisca tutti nello stesso luogo e li inviti a pregare e a piegare le ginocchia. Imponendo loro le mani scongiuri ogni spirito straniero di allontanarsi da essi e di non ritornare mai più presso di loro. Quando ha terminato l'esorcismo, soffi sul loro viso, e, dopo d'aver segnato la loro fronte, le loro orecchie e il loro naso, li faccia alzare. Si passerà tutta la notte in veglia, facendo loro delle letture e delle istruzioni. Coloro che devono ricevere il battesimo non portino con sé altro vaso che quello che ciascuno deve portare per l'Eucaristia, poiché è conveniente che colui che è diventato degno offra allora l'oblazione.

    Amministrazione del battesimo (c. 21)

    Al canto del gallo, (i battezzandi) si avvicinino alle acque, che devono essere correnti e pure. Si svestano e siano battezzati prima i bambini. Si possono rispondere essi stessi rispondano. Se non possono, rispondano i loro genitori o qualcuno della loro famiglia. Si battezzino poi gli uomini adulti e infine le donne; queste debbono prima sciogliere i loro capelli e deporre i gioielli d'oro. Che nessuno discenda nell'acqua con qualche cosa d'estraneo (profano, diabolico). All'ora fissata per il battesimo, il vescovo renda le grazie sull'olio e lo metta in un vaso: è quello che si chiama l'olio dell'azione di grazie. Prenda dell'altro olio e pronunci su di esso un esorcismo: lo si chiama l'olio dell'esorcismo. Un diacono prenda l'olio dell'esorcismo e si metta a sinistra del prete e un altro diacono prenda l'olio dell'azione di grazie e si metta a destra del prete. Il prete, prendendo a parte ciascuno di quelli che devono ricevere il battesimo, ordini loro di abiurare, dicendo, rivolti verso occidente: " Io rinuncio a tè, o Satana, e a tutte le tue pompe e a tutte le tue opere ". Dopo questa dichiarazione, lo si unga con l'olio dell'esorcismo dicendo: " Ogni spirito cattivo si allontani da tè ". In seguito egli lo consegna al vescovo o ad un altro prete che sta presso l'acqua. Intanto un diacono discende nell'acqua, assieme a colui che deve essere battezzato. Questi discenda nell'acqua e colui che lo battezza gli metta la mano sulla testa dicendo: Credi in Dio Padre onnipotente? 26 E colui che viene battezzato risponda: " Credo ". Egli lo battezzi allora una volta, tenendogli la mano posata sulla testa. Et postea dicat: " Credis in Christum lesum filium Dei, qui natus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine et crucifixus sub Pontio Piloto et mortuus est et sepultus et resurrexit die tertia vivu" a mortuis et ascendit in caelis et sedit ad dexterat Patris, ventufus indicare vivos et mortuosf ". Et cum ille dixerit: " Credo ", iterum baptizetur. Et iterum dicat: " Credis in Spiritu Sancto et sanctam Ecclesiam et carnis resurrectionem? ". Dicat ergo qui baptizatur: " Credo ". Et sic tertia vice baptizetur. Et postea cum ascenderit ungeatur a presbytero de ilio oleo quod sanctifìcatum est dicente: "Ungeo tè oleo .sancto in nomine Jesu Christi". Et ita gingilli detergentes se iam induantur et postea in ecclesia ingrediantur.

     

  • OFFLINE
    Credente
    00 05/04/2011 22:25

    La prima Comunione dei battezzati (e. 23)

    A questo punto sia presentata dai diaconi al vescovo l’oblazione ed egli renda le grazie sul pane, per rappresentare il corpo di Cristo (quod dicit graecus antitypum corporis Christi),  e sul calice ove è mescolato il vino, per rappresentare il sangue che è stato sparso per tutti coloro che hanno creduto in Lui, e sul latte e miele mescolati insieme, per rappresentare il compimento dei beni promessi ai padri nostri, beni che Egli chiamò terra scorrente latte e miele, e che poi Cristo diede nella sua carne, di cui si nutrono i credenti, come bambini, e che cambia in dolcezza l'amarezza del cuore con la soavità della parola; e dall'altra parto sull'acqua per l'oblazione in segno di purificazione, affinchè l'uomo intcriore, che è animale, riceva lo stesso effetto che il corpo.29 II vescovo spieghi tutte queste cose a coloro che le ricevono e dopo d'aver spezzato il pane, dica dandone un pezzo a ciascuno: " II pane del cielo nel Cristo Gesù". E colui che lo riceve risponda: " Amen ". Se i preti non saranno sufficienti, anche i diaconi tengano le coppe. Stiano in buon ordine e con modestia, il primo con l'acqua, il secondo con il latte, il terzo col vino. Coloro che ne ricevono gustino di ciascuno, mentre colui che ne offre dice: " In Dio Padre onnipotente ", colui che ne riceve dica: " Amen ". " E nel Signore Gesù Cristo e nello Spirito Santo e nella santa Chiesa ". Ed egli dica: " Amen ".

    E quando tutto questo sarà finito, ciascuno si prenda cura di fare delle buone opere, di piacere a Dio e di vivere bene, stando attaccato alla Chiesa e mettendo in pratica ciò che gli è stato insegnato e progredendo nel servizio del Signore.

    Abbiamo qui riferito brevemente intorno al santo battesimo e alla santa oblazione, perché voi siete già stati istruiti completamente sulla risurrezione della carne e su tutto il resto, secondo ciò che è stato scritto. Tuttavia, se conviene dire qualche cosa d'altro, il vescovo lo dica sotto il sigillo del segreto [ a coloro che hanno fatto la Comunione. Non istruitene un infedele, fintanto che non sia stato ammesso alla Comunione.

  • OFFLINE
    Credente
    00 05/04/2011 22:26
    Spiegazione del termine "antitipum" usato da Ippolito (vedi messaggio precedente)


    Antitypum: è l'espressione usata anche nelle Contusioni apostoliche (V, 14, 7: VI 30, 2; VII. 25, 4) che vuol dire: segno, figura del Corpo di Cristo. Presso gli antichi indicava la condizione sacramentale, la specie, la forma, che vela la realtà del Corpo e del Sangue di Cristo. Anche Tertulliano dice: Hoc est corpus meum, id est figura corporis mei: cioè il sacramentum del mio corpo, il segno sensibile della realtà invisibile.
  • OFFLINE
    Credente
    00 05/04/2011 22:27

    PARTE III.

    le OSSERVANZE DELLA CHIESA

    La Comunione domenicale (e. 24)

    La domenica, il vescovo distribuisca lui stesso il pane a tutto il popolo, se è possibile, mentre i diaconi lo spezzano. I preti spezzeranno anch'essi il pane che si distribuisce. Quando il diacono s'avvicina al prete, alzerà la patena e il prete stesso prenderà e distribuirà di sua mano al popolo. Gli altri giorni si distribuirà secondo le istruzioni del vescovo.

    La Comunione in casa (e. 32)

    Ogni fedele abbia cura di ricevere l'Eucaristia, prima di gustare qualsiasi altra cosa. Se la riceve con fede, anche se gli è data qualsiasi cosa mortifera, non gli può nuocere dopo l'Eucaristia. Ma ciascuno stia attento che non abbia a gustare dell'Eucaristia un infedele o un topo o un altro animale, o che qualche frammento non abbia a cadere e perdersi, perché è il corpo di Cristo, che deve essere mangiato dai fedeli e che non bisogna disprezzare. Benedicendo in nome di Dio il calice, lo ricevesti come figura (antitypum) del sangue di Cristo. Perciò sta attento a non versarne, affinchè uno spirito maligno  non lo lecchi, come se tu lo disprezzassi: tu sarai responsabile del sangue, come colui che disprezza il prezzo col quale è stato comprato.

    I diaconi stiano  vicino al vescovo (c. 30),

    Ogni diacono, assieme ai suddiaconi, stia premuroso vicino al vescovo. Gli siano indicati i malati, affinchè, se lo ritiene opportuno, egli possa fare loro visita. Fa gran piacere infatti al malato, quando il sommo sacerdote si ricorda di lui.

    La preghiera e l'istruzione (c. 31). La lettura spirituale (c. 35)

    I fedeli, appena svegliatisi e alzatisi, prima di occuparsi del loro lavoro, preghino Dio, e poi s'affrettino a andare al loro lavoro. Ma se c'è qualche istruzione per mezzo della parola, le si dia la preferenza: si vada ad ascoltare la parola di Dio, per conforto alla propria anima. Si sia zelanti nell'andare all'assemblea dove lo Spirito produce frutto (c.31),., Nel giorno in cui non c'è l'istruzione, ciascuno a casa sua prenda un buon libro e faccia una lettura sufficiente per il suo profitto (c. 35).

     

  • OFFLINE
    Credente
    00 05/04/2011 22:28

    Il segno della croce (c. 36)

    Procura in ogni tempo di segnarti dignitosamente la fronte. poiché questo è il segno della Passione, noto e sperimentato contro il diavolo, se tu lo farai con fede, non per farti vedere dagli uomini, ma opponendolo saggiamente come uno scudo. L'avversario infatti, vedendo la forza che viene dal cuore, quando l'uorno mostra espressa esteriormente la somiglianzà con il Verbo, fugge, non già perché lo spaventi tu, ma lo Spirito che spira in tè. Questo raffigurando nell'agnello immolato, Mosè asperse la soglia e spalmò i due stipiti della porta. Egli indicava la fede, che noi abbiamo, nell'agnello perfetto. E noi, segnandoci la fronte e gli occhi con la mano, allontaniamo colui che tenta di sterminarci.

    Conclusione (e. 37)

    Se queste cose sono accolte con la grazia e con fede retta, esse procurano l'edificazione alla Chiesa e la vita eterna ai credenti. A coloro che sono saggi io dò il consiglio di custodirle. Poiché se tutti ascoltano la tradizione apostolica e l'osservano. nessun eretico potrà indurli in errore.

    Sono i malvagi che si sono sviati ed hanno corrotto l' insegnamento degli Apostoli. E quando altri uomini vengono a loro, li istruiscono in questa maniera. In questo modo infatti le eresie sono cresciute, perché i capi non vogliono istruirsi sull'insegnamento degli Apostoli, ma fanno ciò che vogliono, seguendo il loro beneplacito e non ciò che conviene.

    Carissimi, se abbiamo omesso qualche cosa, Dio la rivelerà a coloro che sono degni, poiché egli governa la Chiesa, affinchè essa approdi al porto della pace.