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L'opera nociva di Marcione

 LVIII. - 1. Come abbiamo detto, i cattivi demoni esibirono anche Marcione del Ponto, il quale ancora oggi insegna a negare Dio creatore di tutte le cose del cielo e della terra e Cristo Suo figlio, preannunziato dai Profeti; egli annunzia una sorta di altro dio accanto al Creatore dell'universo, e parimenti un altro figlio.

2. Molti, prestandogli fede, come se fosse il solo a sapere la verità, si burlano di noi pur non avendo alcuna prova delle loro affermazioni; irragionevolmente, come agnelli afferrati dal lupo, diventano preda delle dottrine atee e di demoni.

3. Infatti questi demoni non aspirano ad altro che ad allontanare gli uomini dal Dio che li ha creati e dal Suo primogenito, Cristo. Quanti non riescono ad innalzarsi dalla terra, essi li inchiodarono e li inchiodano alle cose terrene e costruite dalle mani dell'uomo, mentre subdolamente sviano e gettano nell'empietà quanti intendono volgersi alla contemplazione delle cose di Dio se non sono dotati di salde capacità di ragionamento e non conducono una vita pura e libera da passioni.

Come Platone ha attinto dai Profeti

 LIX. - 1. Affinché sappiate anche che Platone ha attinto dai nostri maestri - intendiamo dire dalle parole dei Profeti - l'affermazione secondo cui Dio, trattando la materia amorfa, fece il mondo, ascoltate le precise parole di Mosè, che già abbiamo mostrato essere il primo Profeta e più antico degli scrittori greci:

2. per mezzo di lui lo Spirito Profetico, rivelando in quale modo, al principio, e da quali elementi Dio abbia creato il mondo, disse così: "In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era invisibile ed informe, e tenebra sull'abisso; e lo Spirito di Dio si librava sulle acque. E Dio disse - Sia la luce - e così fu".

3. È così che Platone, con quanti la pensano come lui, ed anche noi stessi, abbiamo appreso che tutto il cosmo è opera del Logos di Dio con gli elementi prima indicati da Mosè: e voi potete persuadervene.

4. Sappiamo che anche quello che i poeti chiamano Erebo è già stato nominato prima da Mosè.

LX. - 1. L'affermazione contenuta nel Timeo di Platone a proposito della natura del Figlio di Dio, quando dice: "Lo dispose nell'universo a forma di X", è stata anch'essa attinta da Mosè.

2. Infatti nei libri di Mosè sta scritto che in quel tempo, quando gli Israeliti uscirono dall'Egitto e si trovarono nel deserto, si fecero loro incontro animali velenosi, vipere, aspidi ed ogni sorta di serpenti che uccidevano il popolo; e che, per ispirazione e per opera di Dio, Mosè prese del bronzo, gli diede forma di croce, lo pose sul santo tabernacolo e disse al popolo: "Se guardate a questa figura ed avete fede in essa sarete salvati".

3. Scrisse che, fatto ciò, i serpenti morirono e tramandò che il popolo sfuggì così alla morte.

4. Platone, letto questo, non capendo esattamente e non comprendendo che il segno era quello della croce, ma pensando a una X, affermò che la Virtù, che viene seconda dopo il Dio principio primo, è disposta a forma di X nell'universo.

5. Quanto al fatto che parli di un terzo principio, si spiega così: egli - come abbiamo detto prima - lesse scritto in Mosè che lo Spirito di Dio si librava sopra le acque. I1 secondo posto lo assegna al Logos di Dio, che dice essere disposto a forma di X nell'universo, ed il terzo allo Spirito di cui è detto che si muoveva sopra le acque. Infatti dice: "Le terze cose intorno al terzo".

6. Ascoltate ora come lo Spirito Profetico abbia preannunziato attraverso Mosè la conflagrazione. Ecco le sue parole: "Scenderà un fuoco eterno e divorerà fino al fondo dell'abisso".

7. Non siamo noi pertanto a professare dottrine eguali ad altri, ma tutti gli altri ad imitare e ripetere le nostre.

8. Presso di noi si possono ascoltare ed apprendere da chi neppure conosce il carattere dell'alfabeto, ignoranti e barbari di linguaggio, ma sapienti e fedeli di mente, alcuni persino infermi e privi della vista: dal che si può capire che questo avviene non per sapienza umana, ma per potenza di Dio.

Il battesimo

 LXI. - 1. Esporremo in quale modo ci siamo consacrati a Dio, rinnovati da Cristo, affinché non sembri che, tralasciando questa parte, viziamo in qualche modo la nostra esposizione.

2. A quanti siano persuasi e credano che sono veri gli insegnamenti da noi esposti, e promettano di saper vivere coerentemente con questi, si insegna a pregare ed a chiedere a Dio, digiunando, la remissione dei peccati, mentre noi preghiamo e digiuniamo insieme con loro.

3. Poi vengono condotti da noi dove c'è l'acqua, e vengono rigenerati nello stesso modo in cui fummo rigenerati anche noi: allora infatti fanno il lavacro nell'acqua, nel nome di Dio, Padre e Signore dell'universo, di Gesù Cristo nostro salvatore e dello Spirito Santo.

4. Poiché Cristo disse: "Se non sarete rigenerati, mai entrerete nel regno dei cieli": è chiaro a tutti che è impossibile, una volta che si sia nati, rientrare nel ventre della madre.

5. E dal profeta Isaia - come prima scrivemmo - è stato detto in che modo sfuggiranno ai peccati coloro che hanno peccato e si pentono. Ecco le sue parole: "Lavatevi, divenite puri, allontanate il male dalle vostre anime, imparate a fare il bene, difendete l'orfano, rendete giustizia alla vedova; allora venite e ragioniamo - dice il Signore. - E se anche i vostri peccati sono come porpora, li renderò bianchi come lana; e se anche sono come cremisi, li renderò bianchi come neve; ma se non mi ascolterete, una spada vi divorerà. Così infatti parlò la bocca del Signore".

6. E in proposito ecco la ragione che apprendemmo dagli apostoli. Poiché, nulla sapendo della nostra prima generazione, secondo necessità siamo stati generati da umido seme per l'unione dei genitori, e per natura abbiamo cattivi costumi e malvagie inclinazioni, per non rimanere figli di necessità e di ignoranza, bensì di libera scelta e di sapienza, e per ottenere la remissione dei peccati commessi prima, su colui che ha deciso di rigenerarsi e si è pentito dei peccati si invoca, nell'acqua, il

nome di Dio, Padre e Signore dell'universo: e questo solo nome pronuncia chi conduce al lavacro colui che deve sottoporvisi.

7. Nessuno infatti può dare un nome al Dio ineffabile; e se qualcuno osasse dire che ne esiste uno, sarebbe inguaribilmente pazzo.

8. Questo lavacro si chiama "illuminazione", poiché coloro che comprendono queste cose sono illuminati nella mente. E chi deve essere illuminato viene lavato nel nome di Gesù Cristo, crocifisso sotto Ponzio Pilato; e nel nome dello Spirito Santo, che ha preannunziato per mezzo dei Profeti tutti gli eventi riguardanti Gesù.

La controrisposta dei demoni

 LXII. - 1. Ebbene, sentito parlare di questo lavacro preannunziato dai Profeti, i demoni fecero in modo che chi entrava nei loro templi e intendeva avvicinarsi a loro per offrire libagioni e sacrifici, dovesse aspergersi; ordinano anzi un'abluzione completa prima dell'entrata nei templi dove essi sono collocati.

2. Infatti, anche questa regola secondo cui i sacerdoti comandano ai fedeli di entrare nei templi per celebrare i loro riti solo dopo essersi scalzati, i demoni hanno appresa ed imitata da quanto accadde a Mosè, il profeta già citato.

3. Infatti nel tempo in cui a Mosè fu ordinato di scendere in Egitto e di trarre fuori il popolo degli Israeliti che là si trovava, mentre egli nella terra d'Arabia pasceva le pecore dello zio materno, da un rovo, sotto forma di fuoco, gli parlò il nostro Cristo e gli disse: "Lèvati i calzari, avvicinati ed ascolta".

4. Ed egli, scalzatosi ed avvicinatosi, udì che doveva scendere in Egitto e condurre fuori il popolo degli Israeliti. Prese forza e vigore da Cristo, che gli aveva parlato sotto forma di fuoco, e, sceso, condusse fuori il popolo dopo aver compiuto gesta grandi e mirabili: se volete conoscerle, le potete apprendere nei particolari dai suoi libri.

Il Logos parlò a Mosè dal roveto

 LXIII. - 1. Tutti i Giudei anche ora insegnano che il Dio ineffabile ha parlato a Mosè. Per questo lo Spirito Profetico, rimproverandoli per bocca del già nominato profeta Isaia - come scrivemmo sopra - disse: "Il bue conosce il suo padrone e l'asino la mangiatoia del suo padrone, ma Israele non conobbe me ed il suo popolo non mi ascoltò".

2. E Gesù Cristo, egualmente li rimproverò e disse: "Nessuno conosce il Padre se non il Figlio, né il Figlio se non il Padre, e coloro a cui il Figlio l'abbia rivelato".

3. I1 Logos di Dio è Suo figlio, come abbiamo già detto. Questi è chiamato "inviato" e "nunzio", poiché è lui ad annunziare che cosa bisogna conoscere, ed è inviato per spiegare quanto viene annunziato, come disse anche il Signore nostro: "Chi ascolta me ascolta colui che mi ha inviato".

4. Questo apparirà chiaro anche negli scritti di Mosè. In essi è detto così: "E parlò a Mosè l'inviato di Dio nella vampa di fuoco dal rovo e disse: Io sono colui che è, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, il Dio dei tuoi padri. Scendi in Egitto e conduci fuori il mio popolo".

5. Se volete, potete apprendere il resto da quei libri, poiché non è possibile riportarne tutto il contenuto.

6. Ma queste parole stanno a dimostrare che Gesù Cristo è figlio ed inviato di Dio: egli che prima era Logos, apparso ora in forma di fuoco ora in immagine incorporea, al nostro tempo, per volere di Dio fattosi uomo per amore del genere umano, sopportò anche di patire quanto i demoni gli procurarono per opera degli stolti Giudei.

7. Costoro, pur trovando chiaramente scritto nei libri di Mosè "E l'inviato di Dio parlò a Mosè in vampa di fuoco dal rovo, e disse - Io sono colui che è, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe -", sostengono che queste parole furono pronunciate dal Padre e creatore dell'universo. Proprio per questo lo Spirito Profetico li rimproverò, dicendo: "Israele non mi conobbe ed il popolo non mi comprese".

8. A sua volta Gesù, come abbiamo mostrato, stando in mezzo a loro, disse: "Nessuno conosce il Padre se non il Figlio; nessuno il Figlio se non il Padre, e coloro ai quali il Figlio l'ha rivelato".

9. Poiché dunque i Giudei ritennero che fosse sempre il Padre dell'universo a parlare a Mosè - mentre invece colui che parlava era il Figlio di Dio, che è anche chiamato nunzio ed inviato - giustamente vengono rimproverati sia dallo Spirito Profetico sia dallo stesso Cristo, per non avere riconosciuto né il Padre né il Figlio.

10. Quanti infatti affermano che il Figlio è il Padre, sono rimproverati di non conoscere il Padre, e di non sapere che il Padre dell'universo ha un Figlio. Questi, essendo Logos e primogenito di Dio, è anche Dio. Ed Egli prima apparve a Mosè ed agli altri Profeti in forma di fuoco e di immagine incorporea.

11. Ora invece, al tempo del vostro impero - come abbiamo detto - fattosi uomo da una vergine, secondo il volere del Padre, per la salvezza di quanti credono in Lui, sopportò di essere ritenuto un nulla e di patire, per poter vincere la morte, morendo e risorgendo.

12. Le parole dette a Mosè dal rovo: "Io sono colui che è, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, e il Dio dei tuoi Padri" indicano che essi, anche dopo morti sopravvivono e sono uomini dello stesso Cristo. Infatti, primi fra tutti gli uomini, si diedero alla ricerca di Dio Abramo, padre di Isacco, ed Isacco, padre di Giacobbe, come scrisse anche Mosè.

Le favole di Kore e Atena

 LXIV. - 1. Da quanto è stato detto prima potete comprendere come l'innalzare la statua della cosiddetta Kore presso le sorgenti delle acque sia stata opera dei demoni, i quali dicono che essa è Figlia di Zeus, per imitazione delle parole di Mosè.

2. Mosè infatti disse, come abbiamo scritto sopra: "In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era invisibile ed informe, e lo Spirito di Dio si muoveva sopra le acque".

3. Ad imitazione dunque dello Spirito di Dio, di cui è detto che si muoveva sull'acqua, parlarono di Kore, figlia di Zeus.

4. Con analoga malizia, dissero che Atena è figlia di Zeus, nata senza accoppiamento; ma, non appena compresero che Dio, con un atto di pensiero, creò il mondo attraverso il Logos, sostennero che essa è il primo pensiero.

5. Noi riteniamo del tutto ridicolo trasferire una forma di donna a immagine del pensiero. Così pure gli altri cosiddetti figli di Zeus sono condannati dalle loro stesse azioni.

L'Eucaristia

 LXV. - 1. Noi allora, dopo aver così lavato chi è divenuto credente e ha aderito, lo conduciamo presso quelli che chiamiamo fratelli, dove essi si trovano radunati, per pregare insieme fervidamente, sia per noi stessi, sia per l'illuminato, sia per tutti gli altri, dovunque si trovino, affinché, appresa la verità, meritiamo di essere nei fatti buoni cittadini e fedeli custodi dei precetti, e di conseguire la salvezza eterna.

2. Finite le preghiere, ci salutiamo l'un l'altro con un bacio.

3. Poi al preposto dei fratelli vengono portati un pane e una coppa d'acqua e di vino temperato; egli li prende ed innalza lode e gloria al Padre dell'universo nel nome del Figlio e dello Spirito Santo, e fa un rendimento di grazie per essere stati fatti degni da Lui di questi doni.

4. Quando egli ha terminato le preghiere ed il rendimento di grazie, tutto il popolo presente acclama: "Amen". La parola "Amen" in lingua ebraica significa "sia".

5. Dopo che il preposto ha fatto il rendimento di grazie e tutto il popolo ha acclamato, quelli che noi chiamiamo diaconi distribuiscono a ciascuno dei presenti il pane, il vino e l'acqua consacrati e ne portano agli assenti.

E' carne e sangue di quel Gesù incarnato

 LXVI. - 1. Questo cibo è chiamato da noi Eucaristia, e a nessuno è lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri, si è purificato con il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e vive così come Cristo ha insegnato.

2. Infatti noi li prendiamo non come pane comune e bevanda comune; ma come Gesù Cristo, il nostro Salvatore incarnatosi, per la parola di Dio, prese carne e sangue per la nostra salvezza, così abbiamo appreso che anche quel nutrimento, consacrato con la preghiera che contiene la parola di Lui stesso e di cui si nutrono il nostro sangue e la nostra carne per trasformazione, è carne e sangue di quel Gesù incarnato.

3. Infatti gli Apostoli, nelle loro memorie chiamate vangeli, tramandarono che fu loro lasciato questo comando da Gesù, il quale prese il pane e rese grazie dicendo: "Fate questo in memoria di me, questo è il mio corpo". E parimenti, preso il calice e rese grazie disse: "Questo è il mio sangue"; e ne distribuì soltanto a loro.

4. I malvagi demoni per imitazione, dissero che tutto ciò avveniva anche nei misteri di Mitra. Infatti voi già sapete, o potete apprendere, come nei riti di iniziazione si introducano un pane ed una coppa d'acqua, mentre si pronunciano alcune formule.

Nel giorno chiamato "del Sole"

 LXVII. - 1. Da allora noi ci ricordiamo a vicenda questo fatto. E quelli che possiedono, aiutano tutti i bisognosi e siamo sempre uniti gli uni con gli altri.

2. Per tutti i beni che riceviamo ringraziamo il creatore dell'universo per il Suo Figlio e lo Spirito Santo.

3. E nel giorno chiamato "del Sole" ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne, e si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti, finché il tempo consente.

4. Poi, quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi.

5. Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere; e, come abbiamo detto, terminata la preghiera, vengono portati pane, vino ed acqua, ed il preposto, nello stesso modo, secondo le sue capacità, innalza preghiere e rendimenti di grazie, ed il popolo acclama dicendo: "Amen". Si fa quindi la spartizione e la distribuzione a ciascuno degli alimenti consacrati, ed attraverso i diaconi se ne manda agli assenti.

6. I facoltosi, e quelli che lo desiderano, danno liberamente ciascuno quello che vuole, e ciò che si raccoglie viene depositato presso il preposto. Questi soccorre gli orfani, le vedove, e chi è indigente per malattia o per qualche altra causa, e i carcerati e gli stranieri che si trovano presso di noi: insomma, si prende cura di chiunque sia nel bisogno.

7. Ci raccogliamo tutti insieme nel giorno del Sole, poiché questo è il primo giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, il nostro Salvatore, risuscitò dai morti. Infatti Lo crocifissero la vigilia del giorno di Saturno, ed il giorno dopo quello di Saturno, che è il giorno del Sole, apparve ai suoi Apostoli e discepoli, ed insegna proprio queste dottrine che abbiamo presentato anche a voi perché le esaminiate.

Petizione finale

 LXVIII. - 1. Se esse vi sembrano contenere ragione e verità, apprezzatele; se invece vi sembrano sciocchezze, disprezzatele come cose sciocche, ma non stabilite la pena di morte, come contro nemici, contro uomini in nulla colpevoli.

2. Vi prediciamo infatti che, se perseverate nell'ingiustizia, non sfuggirete al futuro giudizio di Dio. E noi grideremo: "Sia fatto ciò che piace a Dio".

3. In base alla lettera del grandissimo ed illustrissimo imperatore Adriano, vostro padre, noi potremmo chiedere che da voi si ordini di sottoporci a processo, come già ve ne abbiamo pregati: tuttavia non vi sottoponiamo tale richiesta in base al decreto di Adriano: abbiamo invece composto questo appello e questa esposizione perché sappiamo di chiedere cose giuste.

4. Abbiamo anche accluso la copia della lettera di Adriano, affinché riconosciate che diciamo la verità anche a questo proposito.

5. Ecco la copia.

 A Minucio Fundano

 Ho ricevuto una lettera scrittami da Sereno Graniano, uomo illustrissimo, a cui tu sei succeduto. Non mi sembra si debba lasciare questa cosa senza esame, affinché la gente non si agiti, né si offra ai calunniatori la possibilità di fare del male. Se dunque i provinciali possono apertamente sostenere questa istanza contro i cristiani, tanto da rispondere anche dinanzi al tribunale, a questo solo si rivolgano, ma non con petizioni o solo con schiamazzi. Se uno volesse sporgere denunzia, è molto meglio che tu la esamini. Se qualcuno dunque li denuncia e dimostra che hanno fatto qualcosa contro la legge, giudica secondo la gravità della colpa; ma, per Ercole, se si accampasse questa procedura per calunniare, prendi in esame tale malvagità e procura di farne giustizia.

FINE DELLA PRIMA APOLOGIA