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DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 10,34a.37-43
Colossesi 3,1-4
Giovanni 20,1-9

1. Chiesa e Sinagoga

La lettura del santo Vangelo che or ora avete ascoltato, fratelli, è molto chiara nel suo aspetto storico, ma noi dobbiamo scrutarne brevemente i misteri. "Maria Maddalena si recò al sepolcro quand`era ancor buio" (Gv 20,1). In relazione alla storia è indicata l`ora, mentre in relazione al senso mistico è sottolineata l`intenzione di colei che cercava. Maria infatti cercava il Creatore di tutti, che aveva visto morto nella carne; lo cercava nel sepolcro; e siccome non lo trovò, ritenne che lo avessero rubato. "Si recò al sepolcro quand`era ancora buio". Corse in tutta fretta, e portò la notizia ai discepoli. Ma tra quelli corsero coloro che avevano amato piú degli altri: Pietro e Giovanni. "Correvano insieme tutti e due, ma Giovanni corse piú veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro" (Gv 20,4); tuttavia non osò entrare per primo. Venne poi anche Pietro, "ed entrò" (Gv 20,6). Qual è, fratelli, il significato di questa corsa? Si può credere che una descrizione dell`evangelista così dettagliata sia priva di significati mistici? Niente affatto! Giovanni non avrebbe detto che era arrivato primo e non era entrato, se non avesse creduto che in quella sua trepidazione era contenuto un mistero. Cos`altro rappresenta Giovanni se non la Sinagoga, e cosa Pietro se non la Chiesa? Non sembri strano che il piú giovane raffiguri la Sinagoga, mentre il piú vecchio raffigura la Chiesa, perché se è vero che al culto di Dio venne prima la Sinagoga che non la Chiesa dei pagani, è vero anche che nella realtà della storia umana viene prima la moltitudine dei pagani che non la Sinagoga, come afferma Paolo, che dice: "Non è prima ciò che è spirituale, bensí ciò che è animale" (1Cor 15,46). Perciò il piú vecchio, Pietro, rappresenta la Chiesa dei pagani, mentre il piú giovane, Giovanni, rappresenta la Sinagoga dei Giudei. Corsero insieme tutti e due, perché dal loro inizio sino alla fine il paganesimo e la Sinagoga corsero con pari e comune via, se non con pari e comune sentimento.
La Sinagoga giunse per prima al sepolcro, ma non entrò, perché pur avendo ricevuto i comandamenti della legge e udito le profezie sulla Incarnazione e Passione del Signore, non volle credere in un morto. Giovanni, dunque, "vide le bende per terra, ma non entrò" (Gv 20,5); perché la Sinagoga, pur conoscendo gli obblighi della Sacra Scrittura, tuttavia indugiò, nel credere, a giungere alla fede nella Passione del Signore. Colui che da tanto tempo aveva profetato, lo vide presente, e pure negò [di credere in lui]; lo disprezzò in quanto uomo, non volle credere che Dio avesse assunto la carne mortale. Cosí facendo, corse piú veloce, e tuttavia rimase incredula davanti al sepolcro: "Giunse intanto Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro" (Gv 20,6): cioè la Chiesa dei pagani, pur venendo dopo, nel Mediatore tra Dio e gli uomini, l`uomo Gesú Cristo, riconobbe colui che era morto secondo la carne e lo adorò come Dio vivo.

(Gregorio Magno, Hom. 22, 2-3)


2. La Legge, i profeti, Cristo

Ecco ciò che vuole per noi la Legge, nostro pedagogo (cf. Gal 3,24); ecco ciò che vogliono i profeti, che si collocano tra la Legge e Cristo; ecco ciò che vuole Cristo, che compie la legge spirituale di cui è il termine (cf. Eb 12,2); ecco ciò che vuole questa divinità che si è annientata (cf. Fil 2,7); ecco ciò che vuole la carne assunta; ecco ciò che vuole questa nuova mescolanza di Dio e dell`uomo dove la dualità sfocia nell`unità e dove l`unità introduce la dualità. Ecco perché Dio si è fuso nella carne per l`intermediario dell`anima, e perché delle realtà separate sono state legate dalla parentela che questo intermediario aveva con ambedue. A causa di tutti, e in particolare a causa dell`unico antenato, tutto si è orientato verso l`unità: l`anima a causa di quella che aveva disobbedito, la carne a causa di quella che aveva collaborato e aveva condiviso la condanna - la prima a causa di un`anima e la seconda a causa di una carne -,e Cristo, piú forte e piú in alto del peccato, a causa di Adamo caduto in potere del peccato.
Ecco perché il nuovo è stato sostituito al vecchio e perché colui che aveva provato la passione è stato ristabilito dalla Passione nel suo stato primiero: per ogni cosa nostra è stata data in cambio ogni cosa di colui che è al di sopra di noi, e l`economia della bontà verso colui che la sua disobbedienza aveva fatto cadere si è trasformata in un nuovo mistero. Ecco l`origine della Natività e della Vergine, l`origine della greppia e di Betlemme. La creazione spiega la Natività, la donna spiega la Vergine. Il motivo di Betlemme è l`Eden; il motivo della greppia è il Paradiso. Ciò che è grande e nascosto rende conto di ciò che è piccolo e visibile. Ecco perché gli angeli proclamano la gloria dell`essere celeste e poi terrestre; perché i pastori vedono la gloria di colui che è agnello e pastore; perché la stella mostra la via; perché i Magi si prostrano recando doni per distruggere il culto degli idoli. Ecco perché Gesú è battezzato, riceve testimonianza dall`alto, giovane, è tentato e trionfa da trionfatore. Ecco perché i demoni sono cacciati, i malati guariti, il grande annuncio affidato ai piccoli e da essi portato felicemente a termine.
Ecco perché le nazioni fremono e i popoli meditano vani progetti (cf. Sal 2,1); ecco perché il legno si erge contro il legno e le mani contro la mano (cf. Gen 3,24): quelle che si sono tese generosamente si oppongono a quella che si è fatta avanti senza ritegno, quelle che sono state inchiodate a quella che si è aperta, quelle che uniscono le estremità della terra a quella che ha cacciato Adamo. Ecco perché l`elevazione si oppone alla caduta, il fiele al gusto, la corona di spine all`impero del male, la morte alla morte; ecco perché le tenebre si diffondono a causa della luce, la tomba si oppone al ritorno alla polvere e la risurrezione risponde all`insurrezione. Tutto ciò era per Dio un mezzo per educarci e guarire la nostra debolezza ristabilendo il vecchio Adamo nello stato da cui era caduto e conducendolo presso "l`albero della vita" (Gen 2,9) da cui l`albero della conoscenza, a causa del suo frutto preso intempestivamente e svantaggiosamente, ci aveva separati.

(Gregorio di Nazianzo, II orat. in S. Pascham, 23-25)


3. La festa degli uomini e la festa eterna

Ecco, noi stiamo celebrando le feste pasquali; ma dobbiamo vivere in modo tale da meritare di giungere alla festa eterna. Passano tutte le feste che si celebrano nel tempo. Cercate, voi che siete presenti a queste solennità, di non essere esclusi dalla solennità eterna. Cosa giova partecipare alle feste degli uomini, se poi si è costretti ad essere assenti dalle feste degli angeli? La presente solennità è solo un`ombra di quella futura. Noi celebriamo questa una volta l`anno per giungere a quella che non è d`una volta l`anno, ma perpetua. Quando, al tempo stabilito, noi celebriamo questa, la nostra memoria si risveglia al desiderio dell`altra. Con la partecipazione, dunque, alle gioie temporali, l`anima si scaldi e si accenda verso le gioie eterne, affinché goda in patria quella vera letizia che, nel cammino terreno, considera nell`ombra del gaudio. Perciò, fratelli, riordinate la vostra vita e i vostri costumi. Pensate come verrà severo, al giudizio, colui che mite risuscitò da morte. Certamente nel terribile giorno dell`esame finale egli apparirà con gli angeli, gli arcangeli, i troni, le dominazioni, i principati e le potestà, allorché i cieli e la terra andranno in fiamme e tutti gli elementi saranno sconvolti dal terrore in ossequio a lui. Abbiate davanti agli occhi questo giudice cosí tremendo; temete questo giudice che sta per venire, affinché, quando giungerà, lo possiate guardare non tremanti ma sicuri. Egli infatti dev`essere temuto per non suscitare paura. Il terrore che ispira ci eserciti nelle buone opere, il timore di lui freni la nostra vita dall`iniquità. Credetemi, fratelli: piú ci affannerà ora la vista delle nostre colpe, piú saremo sicuri un giorno alla sua presenza.
Certamente, se qualcuno di voi dovesse comparire in giudizio dinanzi a me domani insieme al suo avversario, passerebbe tutta la notte insonne, pensando con animo inquieto a cosa gli potrebbe essere detto, a come controbattere, verrebbe assalito da un forte timore di trovarmi severo, avrebbe paura di apparirmi colpevole. Ma chi sono io? o cosa sono io? Io, tra non molto, dopo essere stato un uomo, diventerò un verme, e dopo ancora, polvere. Se dunque con tanta ansia si teme il giudizio della polvere, con quale attenzione si dovrà pensare, e con quale timore si dovrà prevedere il giudizio di una cosí grande maestà?

(Gregorio Magno, Hom. 26, 10-11)