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II DOMENICA DI QUARESIMA

Letture: Genesi 12,1-4a
2 Timoteo 1,8b-10
Matteo 17,1-9

1. Lezione della Trasfigurazione per la Chiesa e i cristiani

La lettura del Vangelo, carissimi, che attraverso le orecchie del corpo ha colpito l`udito interiore della nostra anima, ci invita all`intelligenza di un grande mistero: noi arriveremo a intenderla più facilmente, con l`ispirazione della grazia di Dio, se riportiamo la nostra attenzione alle circostanze che sono state narrate un po` prima. Quando infatti il Salvatore del genere umano, Gesù Cristo, poneva le fondamenta di questa fede che richiama alla vita (cf.Rm 1,17) tanto gli empi quanto morti, quando ammaestrava i suoi discepoli sia con gli ammonimenti della dottrina sia con i miracoli delle opere, era appunto perché si credesse che lo stesso Cristo è contemporaneamente l`unigenito Figlio di Dio e Figlio dell`uomo. Poiché l`uno senza l`altro non poteva servire alla salvezza, ed era eguale il pericolo di credere il Signore Gesù Cristo o Dio solamente senza l`uomo, o uomo solamente senza Dio: bisogna, infatti, confessare parallelamente l`uno e l`altro, che la vera divinità è nell`uomo come la vera natura umana è in Dio. Volendo dunque confermare la conoscenza così salutare di questa fede, [il Signore] aveva chiesto ai suoi discepoli cosa, in mezzo a opinioni diverse di altri, essi stessi credessero a suo riguardo, o cosa pensassero: fu allora che l`apostolo Pietro, per effetto di una rivelazione del Padre che è nei cieli, oltrepassando le apparenze corporali e trascendendo l`aspetto umano, vide con gli occhi dell`anima il Figlio del Dio vivo e confessò la gloria della divinità, perch‚ non guardò alla sola sostanza della carne e del sangue. E fu così gradito [a Dio] per la sublimità di questa fede, che ricevette la gioia della beatitudine e fu dotato della santa fermezza propria di una pietra inamovibile - pietra sulla quale sarebbe stata fondata la Chiesa per prevalere sulle porte dell`inferno e sulle leggi della morte -, di modo che nient`altro venisse sancito in cielo per sciogliere o legare chicchessia, se non ciò che la decisione di Pietro avesse stabilito.
Ma questa intelligenza così sublime, oggetto di lode, carissimi, doveva essere istruita dal mistero della natura inferiore di Cristo, per timore che la fede dell`apostolo, elevata fino alla gloria di confessare la divinità, giudicasse sconveniente e indegna del Dio impassibile la nostra debolezza da lui assunta, e credesse la natura umana già glorificata in lui al punto di non poter essere né intaccata dal supplizio né distrutta dalla morte. E siccome il Signore diceva che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, degli scribi e dei principi dei sacerdoti, essere messo a morte e risuscitare il terzo giorno (cf.Mt 16,21; 20,17-19), fu per tal motivo che san Pietro, illuminato da una luce superiore e tutto infiammato dell`ardentissima confessione da lui fatta del Figlio di Dio, respinse con un disgusto spontaneo e, pensava lui, religioso la prospettiva degli insulti ignominiosi (cf.Lc 18,32) e di una morte disonorante e crudele; Gesù lo riprese allora con un dolce rimprovero e gli ispirò il desiderio di condividere la sua passione. L`esortazione successiva del Salvatore suggerì infatti e insegnò che quelli che volevano seguirlo dovevano rinnegare sé stessi e ritenere una cosa da nulla la perdita dei beni temporali in confronto alla speranza di quelli eterni; infine che avrebbe salvato la propria anima chi non avrebbe temuto di perderla per Cristo (cf.Mt 16,25).
Ma bisognava che gli apostoli concepissero veramente nel loro cuore questa forte e felice fermezza, e non tremassero davanti alla durezza della croce che dovevano prendere; bisognava che non arrossissero del supplizio di Cristo, e che non ritenessero vergognosa per lui quella pazienza con la quale egli doveva subire i rigori della passione senza perdere la gloria del dominio. "Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello" (Mt 17,1), e avendoli presi in disparte, salì con essi su un alto monte, e manifestò loro il fulgore della sua gloria: poiché, pur avendo essi compreso che la maestà di Dio era in lui, ignoravano ancora la potenza di quel corpo che nascondeva la divinità. Ecco perchè aveva promesso in termini appropriati e precisi che alcuni dei discepoli presenti non avrebbero gustato la morte prima di vedere il Figlio dell`uomo venire nel suo regno (cf.Mt 16,28), cioè nello splendore regale che conveniva specialmente alla natura umana che egli aveva assunto, e che volle rendere visibile a questi tre uomini. Perchè quanto alla visione ineffabile e inaccessibile della stessa divinità, visione riservata ai cuori puri nella vita eterna (cf.Mt 5,8), degli esseri ancora rivestiti di carne mortale non potevano in alcun modo né contemplarla né vederla.
Il Signore svela dunque la sua gloria in presenza di testimoni scelti e illumina di tale splendore questa forma corporale che lui ha comune con tutti, che il suo volto diviene simile al fulgore del sole, e le sue vesti sono paragonabili al candore delle nevi (cf.Mt 17,2). Certamente questa trasfigurazione aveva soprattutto lo scopo di eliminare dal cuore dei discepoli lo scandalo della croce, affinchè l`umiltà della passione volontariamente subita non turbasse la fede di coloro ai quali sarebbe stata rivelata la sublimità della dignità nascosta. Ma con eguale ptevidenza egli dava un fondamento alla speranza della santa Chiesa, di modo che tutto il corpo di Cristo venisse a conoscenza di quale trasformazione sarebbe stato gratificato, e le membra dessero a sé stesse la promessa di partecipare all`onore che era rifulso nel capo. A questo proposito il Signore stesso, parlando della maestà della sua venuta, aveva detto: "Allora i giusti risplenderanno come sole nel regno del Padre loro" (Mt 13,43); e il beato apostolo Paolo afferma la stessa cosa, in questi termini: "Ritengo infatti che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura, che dovrà essere rivelata in noi" (Rm 8,18); e ancora: "Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio. Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria" (Col 3,3-4).

(Leone Magno, Sermo 51, 1-3)


2. La rivelazione del Tabor

Oggi sul monte Tabor Cristo ha ridato alle sue sembianze umane la beltà celeste. Perciò è cosa buona e giusta che io dica: "Quanto è terribile questo luogo! E` davvero la casa di Dio, è la porta dei cieli" (Gen 28,17).... Oggi, infatti, il Signore è veramente apparso sul monte. Oggi, la natura umana, già creata a somiglianza di Dio, ma oscurata dalle deformi figure degli idoli, è stata trasfigurata nell`antica bellezza fatta a immagine e somiglianza di Dio (cf.Gen 1,26). Oggi, sul monte, la natura, fuorviata dall`idolatria, è stata trasformata, rimanendo tuttavia la stessa, e ha cominciato a risplendere nel fulgore della divinità. Oggi, sul monte colui che un tempo fu vestito di squallidi e tristi abiti di pelli, di cui parla il libro della Genesi (cf.Gen 3,21), ha indossato la veste divina avvolgendosi di luce come di un manto (cf.Sal 103,2). Oggi, sul monte Tabor, in modo del tutto misterioso, si è visto come sarà la vita futura nel regno del gaudio. Oggi, in modo mirabile si sono adunati sul monte, attorno a Dio, gli antichi precursori della Vecchia e della Nuova Alleanza, recando un mistero pieno di straordinari prodigi. Oggi, sul monte Tabor, si delinea il legno della Croce che con la morte dà la vita: come Cristo fu crocifisso tra due uomini sul monte Calvario, così è apparso pieno di maestà tra Mosè ed Elia.
E la festa odierna ci mostra ancora l`altro Sinai, monte quanto più prezioso del Sinai, grazie ai prodigi e agli eventi che vi si svolsero: lì l`apparizione della Divinità oltrepassa le visioni che per quanto divine erano ancora espresse in immagini ed oscure. E così, come sul Sinai le immagini furono abbozzate mostrando il futuro, così sul Tabor splende ormai la verità. Lì regna l`oscurità, qui il sole; lì le tenebre, qui una nube luminosa. Da una parte il Decalogo, dall`altra il Verbo, eterno su ogni altra parola... La montagna del Sinai non aprì a Mosè la Terra Promessa, ma il Tabor l`ha condotto nella terra che costituisce la Promessa.

(Anastasio Sinaita, Hom. de Transfigurat.)


3. La Trasfigurazione (Mt 17,1-8)

Tu che hai manifestato la tua Divinità
Ai discepoli tuoi sulla montagna,
E del Padre hai mostrato l`ineffabil gloria
Sfolgorante ai loro occhi,

Purifica così il mio oscuro spirito
E i sensi miei sì tenebrosi,
Perché chiaramente al luogo della Parusia
Saziarmi lo possa di tua divina Gloria!

(Nerses Snorhalì, Jesus, 492-493)