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III. Infelice colui che non ha fede!
In un dramma intitolato “Asilo notturno”, del poeta
russo Massimo Gorki, c’è una scena commovente,
quando i miserabili ospiti dell’Asilo, questi diseredati della
vita, si svegliano il mattino in un’atmosfera inquinata e
fetida, e ricominciano la loro esistenza senza scopo,
incerta ed infelice. Un uomo straziato, mussulmano, si
alza, e volto verso l’Oriente recita la sua preghiera del
mattino. Gli altri miseri lo guardano, gli uni con curiosità,
gli atri con aria di beffa, mentre egli si prosterna con
gesto solenne dinanzi ad Allah: e non possono
comprendere che nello spaventoso abbandono di
quell’asilo di miseria si possa ancora credere in Dio.
Tuttavia sul loro volto non è solo uno sguardo indifferente
o sprezzante che appare, ma ancora una dolorosa
nostalgia, un vago desiderio senza nome, il desiderio di
un regno da lungo tempo svanito, del quale la fede apre
la porta dinanzi agli uomini...
Fratelli miei, non e solo negli asili notturni che questa
singolare nostalgia, prende gli uomini alla gola. Nelle sale
più elegantemente mobiliate, nei ristoranti dei grandi
rapidi, splendidamente illuminati, nell’atmosfera febbrile
degli uffici, esala un’aspirazione ardente alla felicità di
quelli che possono credere. L’uomo d’oggi sente sempre
più quanto ha perduto perdendo la fede, e ciò che gli
manca quando gli manca Dio.
Ove Dio manca, tutto manca! Questo sarà il pensiero
dominante nel mio sermone d’oggi.
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Dunque, è vero? non mi basta avere un comodo
alloggio? Un buon conto in banca? Delle terre, una
fabbrica? Una sposa bella ed amabile che mi comprende,
dei bimbi sani e allegri? Posso essere infelice, possedendo
tanto bene? Si, fratelli mici. Avendo tutto ciò, voi potete
essere infelici, giacché sono infelici gli individui ed il
popolo che non hanno fede.
A. L’uomo che non ha la fede è infelice
1) L’uomo che non ha la fede si pone le stesse
domande del credente, ma non riceve risposta: o
piuttosto, la risposta che riceve lo accascia ed annienta.
Egli istintivamente si propone il quesito: “Cosa
dobbiamo pensare di questo mondo? E dell’uomo? Che
cos’è l’uomo? Quale valore ha la sua esistenza? Di dove
viene? Perché è in questo mondo? Che cosa l’attende
dopo la morte?”. Domande terribilmente gravi alle quali
nessuno potrebbe rinunciare di dare una risposta.
a) Che cos’è il mondo? Quale idea né avete voi?
Talvolta terribili epidemie si abbattono sull’umanità: il
colera, la peste, l’influenza... Del pari, nella vita
intellettuale, infieriscono delle epidemie che devastano
nazioni intere, paesi, secoli. Il disprezzo della religione, il
dubbio e l’ateismo hanno molte volte alzato la testa in
mezzo all’umanità, ma sempre l’uomo, in tali periodi di
crisi, si e trovato a disagio. Giacché l’uomo che riflette,
resta sempre inquieto dinanzi ad una domanda senza
risposta, e non può come lo struzzo dinanzi al pericolo,
nascondere la sua testa nella sabbia per non vederlo.
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Nella Chiesa di San Paolo a Londra ci sono le tombe
di molti inglesi eminenti. Sopra una pietra funeraria si
può leggere questa triste iscrizione: “Dubius vixi, incertus
morior, quo eam nescio”, “ho vissuto nel dubbio, muoio
nell’incertezza, non so dove vado”. Può esserci
condizione più tragica per un’anima che riflette e ha sete
di luce? A che cosa serve tutto sapere, e solo ignorare
questa suprema fra le cose? Invano so calcolare e scrutare
il corso degli astri, il numero dei cromosomi in una
cellula, invano o posso contare le vibrazioni dell’etere nei
raggi ultravioletti, se non so rispondere a queste
domande: Che cos’è il mondo? che cosa è l’uomo? che
cosa attende l’uomo dopo la morte?
Filosofia del mondo! Oh si, l’incredulo pure ha una
filosofia. Uno ha la “filosofia dello stomaco”, un altro la
“filosofia del denaro”, un terzo la “filosofia
dell’ambizione”, un quarto la “filosofia degli istinti”. Ma
la vita umana se ne accontenta?
Un giorno un tale chiese ad un cinese: Qual’è la tua
religione? La risposta fu: “La mia religione è ben
mangiare, bere bene, ben digerire e ben dormire”. Ah,
fratelli miei, voi manco sapete quanti ci sono nelle nostre
città che, come quel cinese, hanno provato a vivere
giorno per giorno, vegetando, e senza idee sul mondo!
Ho detto, di proposito “vegetando” giacché, così non si
può che vegetare e non già condurre un’esistenza degna
di un uomo.
Uno dei fenomeni più caratteristici della natura
umana è riflettere sopra i fenomeni della natura, e cercare
il fine ultimo degli avvenimenti del mondo. Il mondo non
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è per me un mucchio di cose senza legame, né un caos,
ma un cosmo, cioè una bellezza mirabilmente ordinata
ove, ciascun popolo, ciascun individuo, ogni foglia ed
ogni avvenimento hanno il loro posto e il loro fin, se... se
ho la fede. E il tutto non è che un caos, inconcepibile se...
se non ho la fede.
b) Ed ecco l’altra grande domanda alla quale
l’incredulo non può rispondere: Che cosa è l’uomo e
quale è il valore della vita?
Se ho la fede, ho altresì la risposta sul valore della
vita: il fine della mia vita terrena è di riprodurre Dio nella
mia anima, con una vi ta conforme ai suoi
comandamenti, onesta e laboriosa; Se ho fede credo
all’anima, un’anima chiamata alla vita eterna, ed allora la
vita umana vale più di tutti i tesori del mondo. Se non ho
la fede, non credo nell’anima, ed allora la vita umana non
vale neppure un dollaro.
Già... essa non vale un dollaro, ma soltanto 98
centesimi! È uno scienziato americano che ha calcolato
questo in dati precisi. Egli dice: Il corpo umano contiene
l’acqua bastante per lavare una tovaglia. Con il ferro dei
globuli rossi, si potrebbero fare sette chiodi di ferro da
cavallo. Con la sua calce si potrebbe imbiancare uno dei
quattro muri di una piccola stanza. Trasformata in grafite
darebbe 65 matite. Con il suo fosforo si potrebbe fare una
scatola di fiammiferi. Si potrebbe ancora cavare qualche
cucchiaio da caffè di sali. Tutto questo, dice il sapiente
americano, non vale più di un dollaro.
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Colui, che non ha la fede non ottiene risposta alle più
assillanti domande, o arriva ad una risposta di questo
genere. Povero orfano, povero incredulo abbandonato!
2) Ma ecco l’altra parte della nostra tesi: Colui, che
non ha la fede, manca d’ogni consolazione: a) nelle sue
sofferenze; b) all’ora della sua morte.
a) Ma davvero, voi siete, increduli, miei disgraziati
fratelli? Ditemi, ma sinceramente, non ci sono proprio
nella vostra vita dei momenti in cui, dalle profondità più
segrete della vostra anima, geme una voce, che piange la
fede smarrita della vostra infanzia?
Forse... se voi non viveste sulla terra... se voi non
viveste in una valle di lacrime, potreste, forse, resistere
senza la fede. Ma nella realtà della vita? Per quanto
grandi siano la vostra scienza, la vostra fortuna,
qualunque siano le vostre gioie, c’è un istante in cui
l’anelito dell’anima si rafferma. Istanti d’impotenza, di
sensazione di vuoto, di sofferenza.
Ed è di uno di questi istanti, che parla un filosofo
inglese.
Durante una corsa in un misero quartiere di
Dublino, egli trovò una donna morente, coricata per terra
su della paglia: ed al suo lato, era steso morto un
bambino. “Siete voi il medico?”; gli disse dolcemente la
donna. “No”, rispose il filosofo, “ma non tarderà a
venire”. “Pregate”, riprese la donna, “perché Dio non
prenda la mia anima in stato di peccato”. Il filosofo
s’inginocchiò e pregò a lato della donna, fino all’arrivo di
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un medico, e del prete. “Dio vi renda questa carità”,
balbettò la donna, “ora sono tranquilla!”. “Immaginate”
raccontava in seguito il filosofo, “che io avessi detto alla
morente tutto ciò che sapevo sui filosofi e gli scrittori
greci, e ciò che avevo scoperto nel labirinto della filosofia,
a che le avrebbe servito?”. “Senza dubbio, voi direte,
perché si trattava di una povera donna senza istruzione”.
Ma avesse anche appartenuto ad una classe superiore e
colta, forse ciò le avrebbe servito? La filosofia, l’istruzione
sono cose buone, ma unicamente come ornamento. Su
un sofà, in un salotto, con una tazza di tè accanto, ciò
può andare7.
Come diceva quella donna? “Pregate, perché Dio
non si prenda la mia anima quando è ancora in stato di
peccato”. Ah, qual sentimento terribile, fratelli miei!
Voi non avete la fede; voi non credete in Dio? Sia;
ma voi avete dei peccati, non potete dire di no, e che cosa
ne risulta? Voi non avete Cristo che riscatta le vostre
colpe, e allora il peccato pesa sopra di voi come una
pietra tombale. L’uomo cerca la felicità nella scienza, e
non la trova. Se voi siete scettico, siete felice? Se siete
stanco di tutto, avete la felicità? Se siete un indifferente,
ciò vi appaga? E vi dà della forza quando vi sentite
abbattuti? Del coraggio quando esitate? Della
consolazione quando siete ammalato? Una risposta nel
tempo del dolore?
No, nessuna risposta.
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7PROHASZKA, Meditazioni, Alba Reale, 1908, p. 2o6.
Povero orfano, incredulo disgraziato!
b) Colui, che non ha la fede non ha la consolazione
nell’ora della morte.
Voi non credete dunque a niente? E vi sentite bene
nel deserto ghiacciato? Le candele multicolori splendono
sull’albero di Natale, i vostri piccoli figli saltellano
intorno, gli occhi brillanti di gioia: voi solo vi tenete in
disparte, l’anima vuota, lo sguardo incerto. Come
resistete a questo? Le campane di Pasqua cantano
l’Alleluia, e ciò non ha significato per voi. Come potete
sopportarlo? Eccovi dinanzi alla tomba di un vostro
famigliare amato, ed un pensiero terribile attraversa il
vostro spirito: un giorno pur di me non rimarrà che un
pugno di cenere e polvere. Potete sopportare tale cosa?
Cenere e polvere. È tutto ciò che resta. Sì. Tutto.
Questo pensiero sorge in voi, e voi vorreste
sbarazzarvene, ma non potete. L’inquietudine vi prende.
Il mondo tutto intero è così bene organizzato, la
macchina ingegnosa che esso è, è così bene adatta al suo
fine, la vita tutta è così penetrata del desiderio
dell’eternità, che non è possibile che tutto finisca nel
nulla. Il mio cervello può ridursi in polvere, ma i miei
pensieri, la mia volontà, i miei sentimenti e le nobili
ambizioni del mio cuore, i miei voli verso l’ideale, che
non erano prodotti del mio corpo, non possono risolversi
in polvere. “La vita è mutata, non tolta, vita mutatur, non
tollitur” dice il prefazio della Messa dei defunti, per grande
consolazione di colui che ha la fede. Ma colui che non
l’ha?
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L’anima di colui che ha la fede è tranquilla e serena
pur dinanzi alla morte; essa diventa una delle bellezze più
impressionanti del mondo. Belle le cime delle montagne
coperte di neve, belle le praterie in fiore nel mese di
maggio, belli i quadri o le statue dei grandi maestri. Il
Creatore ci é largo donatore di bellezze! Ma l’anima del
credente che si dispone a partire per la sua celeste patria,
é assai più bella. Giacché la più bella statua di marmo di
Carrara può essere ridotta in frantumi, la più bella
pittura del Murillo sotto il dente degli anni può ridursi ad
una semplice tela polverosa, ma l’anima formata ad
immagine di Dio, come la fede insegna, vivrà
eternamente.
Quando verrà il momento più grave della mia vita, la
morte, e la mia testa stanca s’inclinerà nelle braccia dei
miei cari, ed io non sarò più io, la mia anima indecisa si
dirà: “Ed ora dove andrò?”. Oh, come sarà felice chi ha
la fede perché il Signore gli dirà: “Venite a me voi tutti
che siete stanchi!”.
Nella morte, solo è felice chi ha la fede. E chi non
l’ha? Vi descriverò ora la morte di un ateo.
Quando la morte venne per uno dei più famosi
personaggi della rivoluzione francese, Mirabeau, che il
dubbio torturava, che fece il disgraziato prima di rendere
l’anima? Sul suo letto di morte egli si lavò con dell’acqua
profumata: si mise sulla testa una corona di fiori, e fece
veni re dei mus i c i , per poter addormentar s i
tranquillamente e gioiosamente nell’eterno sonno. Ma a
nulla valse tutto ciò. Le sue sofferenze aumentarono di
minuto in minuto, e più ancora i dubbi che tormentavano
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la sua anima. Allora chiese al suo medico qualche
farmaco che gli avrebbe affrettato la morte, ma
rifiutandosi questi a ciò, morì in mezzo a sofferenze
grandissime.
Com’è abbandonato, all’ora della morte, l’uomo che
non ha fede! Come lo senti, agli ultimi istanti, Anatole
France, il “papa dell’incredulità” che al momento di
morire chiamava sua madre! “La morte è là... essa viene
piano, piano. Eccola. Mamma, mamma!”. Furono queste
le sue ultime parole. Com’è infelice l’uomo che non ha la
fede!
Guardate il fiore strappato dal vento al suo stelo. Che
cosa diventa esso?
Guardate il ruscello che lascia il suo letto. Che cosa
diventa esso?
Guardate l’uccello che è caduto dal nido. Che cosa
diventa esso?
Guardate il raggio che si separa dal sole. Che cosa
diventa esso?
Guardate l’uomo che è separato da Dio. Che cosa
diventa esso?
Povero incredulo, orfano, infelice e abbandonato!
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