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Un giorno, mentre il poeta tedesco Enrico Heine
stava, rapito, contemplando la magnifica cattedrale di
Colonia, gli sfuggì questa frase, che fu in seguito molto
ripetuta: “Gli antichi ben potevano costruire, giacché
avevano dei dogmi; ma noi, noi non abbiamo che delle
opinioni, con le quali costruire non si può... Non si
costruiscono delle Cattedrali con opinioni!”
Questa santa forza che scaturisce dal nostro Simbolo
è, ancora oggi, una realtà vivente. Oggi non c’è né
organizzazione, né fabbrica, né impresa, né società... non
c’è nulla al mondo che possa, sia pure alla lontana,
raggiungere il livello del cristianesimo, nella sua
benedetta opera di cultura spirituale. Come per il passato
fu per centinaia di popoli e miliardi d’individui una guida
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verso le altezze della cultura spirituale, così ancora oggi,
costruisce sulle rovine e le tombe delle nazioni, il loro
futuro avvenire e l’armoniosa vita degli individui.
Oh! Sii benedetta fede dei nostri padri. Noi non
vorremo mai staccarci da te, per non smarrirci nelle
tenebre dell’errore e del dubbio.
2) La nostra fede e bella
a) Sì, l’abbiamo provato noi stessi tante volte, direte
voi. Quando, la sera, lascio le vie animate e rumorose
della capitale per entrare fra le silenziose mura di una
delle nostre Chiese, dove pregano, la fronte reclinata fra
le mani, uomini che trascinano il peso della vita, e sento,
di quando in quando, un sospiro uscire da un cuore
stanco, o vedo una giovane ragazza entrare con un
mazzetto di fiori, che depone dinanzi al Santissimo
Sacramento, allora, in quegli istanti di pace, sono
penetrato da questo pensiero: come é bella la nostra santa
religione!
E quando il suono delle campane ci chiama alle
funzioni del mese di Maria, e le anime assetate nel
deserto cammino della vita, si affrettano alla Chiesa per
inginocchiarsi ai piedi della Benedetta fra le donne, la cui
soavità attira irresistibilmente ai suoi altari perfino uomini
stranieri alla nostra fede, oh, si pensa, com’è bella la
nostra santa religione! Bella, quando il sacerdote, nei suoi
paramenti dorati, alla Consacrazione eleva l’Ostia Santa
sopra i fedeli inginocchiati in pio raccoglimento. Bella
quando le candele colorate dell’albero di Natale si
accendono e, nella notte dicembrina si elevano il Gloria
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degli Angeli, il canto dei pastori, belare delle pecore
innocenti... Quale poesia, quale bellezza nella nostra
santa religione!
b) Ed ora, fratelli miei, voi mi guardate con occhi
spalancati: ma io vi dico che non é in questo che vedo la
vera beltà della nostra religione. La vedo più nel fatto che
essa apporta la soluzione di tutti i misteri della vita e la
forza di superare tutte le nostre più ardue difficoltà. Dirò
dunque che c'è un Dio sopra di noi, un Padrone
onnipotente, che è altresì per noi un Padre dal cuore
tenerissimo. Dirò che il peccato è una disgrazia
spaventosa, e Dio un giudice severo, ma dirò altresì, ed è
questa la vera beltà della nostra fede, che non c'è peccato,
pur spaventoso ch’esso possa essere, che Dio non perdoni
al peccatore pentito. Dirò che l’eterna dannazione è cosa
orribile a pensare, ma dirò altresì che nessuno vi cade
senza averlo, nella sua depravazione, voluto. Dirò: quale
meravigliosa pace, quale armoniosa felicità riempiono
l’anima di colui che regola la propria vita secondo le
prescrizioni della nostra santa religione, e rimette
all’ultima ora, la sua vita fra le mani misericordiose del
Padre celeste.
Ecco la vera bellezza della nostra fede, della fede dei
nostri padri.
B. Perché è necessario conoscere meglio la fede?
Si può domandare: non è pericoloso investigare la
nostra fede e discuterla?
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“Io sono cattolico come lo erano i miei vecchi. Mia
madre mi ha insegnato il Credo e da allora io lo
custodisco come la più preziosa eredità dei miei genitori.
Lo recito di quando in quando, non nego alcuno dei suoi
articoli, e tuttavia... sarebbe meglio che non entrassi nei
suoi particolari. Ho paura. Ho paura che esso crolli da
cima a fondo, se studio seriamente nei particolari e
nell’insieme, ciascuno dei suoi dogmi. Le vecchie sedie
ereditate dai nonni, sono fatte per essere allineate in un
angolo della stanza e conservate con venerazione, ma non
è prudente di sedersi sopra”.
Io credo che tale idea sia venuta a qualcuno dei miei
uditori, soprattutto se giovani, che, avrebbe preferito
trattare qualche altro argomento. Il loro timore non é da
sprezzare, ma, non stupitevi delle mie parole, nessuno ha
tanto bisogno di questi sermoni quanto proprio essi ne
hanno.
Perché è necessario che noi conosciamo meglio la
nostra religione?
1) Prima di tutto perché non dobbiamo affatto
considerare la nostra fede come un mobile venerabile
ereditato dai nostri antenati, un mobile senz’anima che
trasciniamo con noi. Disgraziatamente, per molti uomini,
la fede non è molto più di questo. Ma noi, quantunque
l’abbiamo ricevuta in eredità dai nostri vecchi, pur
dobbiamo, con il nostro stesso lavoro intellettuale, fare
della nostra fede un bene personale e cosciente. Non sono
cattolico solamente perché mio padre lo era, e perché da
secoli i miei antenati lo erano, ma lo sono anche perché
conosco i principi della mia religione, perché so che oggi
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ancora essi sono di una bellezza e di una verità
incrollabili, e sono fiero di poter essere, io pure, cattolico.
Possiamo noi, oggi ancora, professare il vecchio
Credo? Non appartiene esso a tempi sorpassati? Non ha
bisogno di essere riconsiderato a fondo? Non è
minacciato di rovina?
Tali pensieri possono nascere nella mente di qualsiasi
uomo istruito, che segue ad occhi aperti la strada
dell’umanità, e nessuno ha il diritto di lasciare affondare
di tali spine nella sua anima. Poniamoci dunque la
domanda: possiamo ancora essere cristiani? La risposta ci sarà
data dalla vita. Non solo si può essere ancora cristiani: ma
esserlo è necessario. O saremo dei cristiani, non solo a
parole ma a fatti, o cesseremo d’essere uomini.
Il cristianesimo o una lotta sanguinosa e bestiale. Il
cristianesimo o il triste asilo degli alienati. Il cristianesimo o
le donne si sbarazzeranno dei loro mariti... Il cristianesimo o
l’aperta immoralità. Il cristianesimo o i figli alzeranno le
mani violente sui loro genitori.
Non dobbiamo rinnegare, cambiare la fede dei nostri
padri. Essa è ancora oggi capace di soddisfare a tutti i
bisogni intellettuali dell’uomo. Le nostre maniere esteriori
di vivere sono cambiate, ma l’anima umana non è
cambiata. Un tempo, gli uomini facevano un segno di
croce partendo per un lungo viaggio, oggi ci sono
aviatori che fanno lo stesso segno prima di cominciare un
volo. Ci sono impresari che assistono alla santa Messa
così puntualmente come i loro nonni, salvo che questi
ultimi vi andavano a piedi, e loro ci vanno in auto. Ci
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sono artisti che vogliono essere sepolti con l’abito di san
Francesco. Ci sono degli operai che restano fedeli alla
chiesa pur in mezzo alle sommosse dei rossi.
La nostra epoca richiede dei cristiani animati di tali
convinzioni, come lo era il conte Stefano Széchenyi, che
al figlio Adalberto scriveva le seguenti righe: “Ho
osservato fedelmente tutte le pratiche della religione
cattolica, non già per dare il buon esempio ai contadini,
oh no, ciò sarebbe una specie d’ipocrisia, ma perché sono
cattolico”.
2) Se vi domandate, perché è necessario conoscere la
religione, ecco la risposta: Io devo studiare la mia fede da
vicino, in profondità; non deve sussistere in me alcun
dubbio, alcun “ma”, alcun “forse”; la mia fede deve
sfidare come una roccia tutte le critiche, perché essa esige
da me numerosi e immensi sacrifici. Esige che io inclini la
mia ragione dinanzi alle verità divine, esige che io curvi la
mia volontà dinanzi ai Comandamenti di Dio. Ora, di ciò
io non sono capace se non so che ogni frase, ogni parola
del Credo, è verità santa.
La nostra religione non si contenta di farci recitare i1
Credo in Dio, ma essa trae da questa formula gravi
conseguenze per noi. La nostra fede interviene nella
nostra vita di ogni giorno, interviene nel nostro diuturno
lavoro, e per mezzo dei suoi Comandamenti, talvolta
penosi e che tagliano sul vivo, regola tutta la nostra
esistenza. La mia fede non è solamente con me quando
prego in Chiesa, ma mi accompagna al mio tavolo di
lavoro, al magazzino, mi segue in cucina, nelle
conversazioni di salotto e nei miei divertimenti; penetra
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nel santuario più intimo della mia famiglia, dovunque
dice la sua parola e dovunque pone la sua regola.
E chi dunque potrebbe seguire i suoi severi
comandamenti, se prima non fosse persuaso della sua
assoluta verità? Se non vedesse che la sua fede ha
realmente il diritto di esigere tutto ciò che impone? Con
una fede timida, pervasa di dubbi, timorosa, non si può
rispondere alle severe esigenze della morale cristiana.
Noi abbiamo bisogno di una fede uguale a quella che
anima l’illustre scrittore francese Paolo Claudel. Durante
la sua giovinezza egli fu totalmente incredulo e condusse
facile vita: ma rispondendo all’invito della grazia divina,
si convertì ed ora ha scritto di sé stesso le seguenti parole:
“Io sono mille volte più sicuro delle verità della fede
cattolica che dell’esistenza del sole che brilla sopra di
me”5.
E con queste parole dell’illustre scrittore, io termino
il mio discorso. Possano esse incessantemente risuonare
alle nostre orecchie. È vero che c'è di che rattristarci
considerando il mondo attuale, ma non mancano
elementi anche per rallegrarci. Se per tutto l’ultimo
secolo, tanti e tanti hanno perduto il contatto con la fede
dei loro padri, in queste ultime decine d’anni, molti altri
hanno imparato invece a conoscerla e ad amarla. Si può
rattristarci guardando quei pagani moderni per i quali il
sole del cristianesimo è spento, ma ci rallegreremo, con
fierezza, che la fede cristiana con il suo valore
moralizzatore, educativo e civilizzatore oggi ancora resti
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5Les Témoins du renouveau catholique
senza rivali, e abbia salvato all’umanità dei tesori
inestimabili, che senza di essa sarebbero andati
irrimediabilmente perduti: il matrimonio, la famiglia, la
proprietà privata, il principio di autorità, l’onestà, la
disciplina.
Felice colui, che vive in questa santa fede cristiana!
Costui non può sorridere senza dirsi che un giorno egli
sorriderà eternamente; e non può piangere, senza pensare
che giorno verrà in cui le sue lacrime saranno asciugate
per sempre. Dunque, anche se il mondo attuale sia ben
diverso da quello dei miei antenati, persevero nella fede
dei miei padri.
L’aeroplano assorda con il suo rombo, l’auto fa
squillare il suo clacson, la radio lancia i suoi appelli. Ed io
alzo la testa e grido: Credo! Credo! Credo!
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II. Felice colui che ha fede!
Alla fine della mia ultima istruzione, parlando della
fede cristiana, ho insistito su questa affermazione: Felice
l’uomo che ha la fede, giacché egli non può sorridere
senza pensare che un giorno egli sorriderà eternamente, e
non può piangere senza dirsi che verrà giorno in cui non
piangerà mai più.
Questa idea sembra essere una formula vuota e
sonora: sento dunque la necessità di dimostrarne la verità.
Felice l’uomo che ha la fede e felice il popolo che ha
la fede. Intorno a queste due idee, raggrupperò i miei
argomenti oggi.