00 14/03/2011 09:07

XIV. C’è un Dio?
La risposta dell’umanità
Un periodico settimanale straniero, tempo fa,
riportava una notizia caratteristica dell’Unione Sovietica.
In sé la cosa sembra senza importanza, ma se la ricordo
qui, è perché comprende il concetto fondamentale che
intendo ora esporre.
E assai conosciuta l’opera diabolica che i sovietici
compirono, specie nella persecuzione religiosa in Russia.
Dopo che il disgraziato popolo russo perse tranquillità,
pane e beni, si tentò di rubare il suo ultimo tesoro: la fede.
La guerra contro Dio incalzò con furore infernale. Si
arrivò, addirittura, a editare un “Indice” speciale,
catalogo di libri proibiti. E sapete quali furono i tre libri
in testa a tutti gli altri, e considerati quindi come i più
pericolosi per l’umanità?: Il Vangelo, il Corano e il
Talmud.
Gruppi di propagandisti percorrevano il paese e
predicano l’ateismo più grossolano. Chi voleva vivere,
mangiare, chi aspirava ad un posto, doveva rinnegare
Dio. È uno di questi casi che il settimanale in questione
evocava. Un giovane comunista subisce un esame sulla
maturità politica:
- Cos’é Dio? Gli domanda il presidente.
- Dio non è altro che una storia, risponde il ragazzo.
- Bene. Cos’è la religione?
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- La religione e l’oppio dei popoli.
- Bene. A cosa serve la Chiesa?
- A sfruttare i poveri.
- Benissimo. Tu hai risposto bene.
- Grazie, mio Dio! Esclama con gioia il giovane,
facendo tre volte il segno della croce.
Tale è il racconto del giornale che racchiude, fratelli
miei, il tema che ora voglio trattare. Come deve essere
vera la fede in Dio, perché la tirannia più brutale non
possa strapparla dall’uomo! Per avere del pane, per poter
respirare, per avere il diritto di vivere, quel ragazzo è
obbligato a mentire: “Dio non c’è”; ma appena è lasciato
a sé stesso, rivolge istintivamente il pensiero al Signore ed
esclama: “Grazie, o mio Dio”.
Bisogna che ci sia un Dio, perché noi non potremmo
altrimenti spiegare come l’umanità senta la Sua assenza,
al punto da non poterla assolutamente sopportare.
Cerchiamo quindi di spiegare oggi queste due idee:
A. L’umanità sente l’assenza di Dio
Io credo che sulla terra non esiste un solo uomo che
sia soddisfatto dello stato attuale del mondo. Tutti
proclamano che bisogna aspettare tempi migliori visto
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che oggi, l’umanità è in preda ad un male fondamentale
ed essenziale.
Di cosa dunque noi soffriamo? Le opinioni divergono
fortemente già su questa prima constatazione. Qualcuno
attribuisce il malessere attuale al fatto che la ricchezza
non è più ripartita equamente fra gli uomini, altri al
disprezzo vicendevole che le classi sociali hanno fra loro,
chi alla negligenza degli Stati nei riguardi dei loro soggetti
a l t r i a n c o r a a l l a n e g l i g e n z a d e i c i t t a d i n i
nell’adempimento dei loro doveri. Gli operai si
lamentano dei capitalisti, i capitalisti degli operai. I vecchi
deplorano i giovani, i giovani, il loro educatore.
A tutte queste recriminazioni non si può rispondere
che una cosa sola: il male più grande non sta qui. Le
lamentele su esposte non sono altro che il segno, il
sintomo della vera malattia, non la malattia in sé stessa.
Questa, infatti, si trova nel fatto che il pensiero dell’uomo
e la sua vita si sono distolti da Dio; l’umanità strappata
dal suo suolo vitale, non trova più pace né riposo.
Mi pare che questa mia affermazione abbia un’aria,
come dire, troppo teologica. Cerchiamo quindi di
analizzarla più a fondo, per vedere se la cosa sta
veramente così come dico.
1) Affermo dunque che la nostra prima
insoddisfazione è data dal fatto che il nostro pensiero si è
allontanato da Dio.
a) Da quando l’uomo vive sulla terra, mai come
adesso, ha prodotto tanto lavoro intellettuale. Quanti libri
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si pubblicano, quante riviste, quante scuole si aprono e
fioriscono, quanti laboratori, musei, biblioteche! Le
scoperte si susseguono le une alle altre, un’ipotesi ne
scaccia un’altra, ed una teoria prende il primato sulle
precedenti; tuttavia, cosa vediamo continuamente? che
questo lavoro febbrile non produce alcun beneficio per
l’umanità. Oggi noi sappiamo cento volte più cose dei
nostri predecessori di cinquant’anni fa, ma siamo più
felici di loro? Più nervosi sì, questo è indubbio: più
inquieti, è altrettanto certo. Ma noi siamo più lieti, più
felici di vivere, più energici? Chi oserebbe rispondere
affermativamente?
b) Ma se la nostra scienza immensamente accresciuta
non ci rende più felici, dobbiamo arrivare alla
conclusione che la scienza in sé stessa non è alimento
sufficiente all’anima umana. Se l’uomo non avesse altro
che lo stomaco, lo soddisferebbe anche solo con un piatto
di cucina scelta, se fosse composto di solo cervello, gli
basterebbero studio e scienza. L’uomo però è più di uno
stomaco e più di un cervello, quindi anche se s’imbottisce
di scienza, a questo nutrimento manca una vitamina, la
cui mancanza produce disordini nel suo organismo. Con
la nostra scienza siamo arrivati a conoscere gli astri del
cielo, le forze segrete della natura, gli elettroni costitutivi
della materia, ma ci siamo disinteressati di due domande
essenziali: da dove viene tutto ciò? E dove va?
Un simile modo di concepire le cose inaridisce tutti
gli elementi di ogni manifestazione dell’anima umana, li
misura con esperienze da laboratorio, li classifica, li
analizza; soltanto dopo tante ricerche, analisi e
classificazioni, non osa confessare che rimane sempre
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qualcosa che non si può né afferrare, né misurare e che
noi cristiani definiamo “anima”.
Attenendosi alle prime fonti, un tale modo di
pensare, mostra la storia dei secoli passati, indicando lo
svolgersi degli avvenimenti considerando soltanto gli
elementi culturali ed economici che hanno formato la
storia stessa. E dopo tante spiegazioni non osa
riconoscere che resta ancora un fattore sconosciuto, il
quale ha diretto chiaramente e visibilmente lo sviluppo
dell’umanità, e che noi cristiani chiamiamo a giusto titolo
la “Divina Provvidenza”.
Pensare in questo modo, ispira volumi interi sullo
Stato, la società, il diritto, la morale, ma non arrischia a
riconoscere che il suo faticoso lavoro non dà l’avvio ad
alcun beneficio, perché non osa proiettare sui problemi
angosciosi di questa vita transitoria i raggi luminosi di
Dio eterno.
Per comprendere la vita Dio solo che dà la luce, è per
Lui che la storia del mondo diventa intelligibile, è solo su
Lui che la morale riposa come su una roccia, è Lui solo
che protegge il diritto contro la forza, e l’opera gigantesca
del pensiero umano contro l’insuccesso.
Bisogna dunque che ci sia un Dio, poiché l’umanità
sente tanto la sua assenza, e la sua assenza priva del
premio l’attività più vigorosa.
2) Non è solo il pensiero che si allontana da Dio, ma
piuttosto ne seguono un fallimento morale ed una
bancarotta totale.
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a) Osservate cosa l’uomo moderno che si è scostato
da Dio, pensa della vita. Qual’é il suo desiderio? Viverla
bene. Ma che cosa s’intende con questo? C’è chi crede
che vivere bene la vita vuol dire avere molto denaro, chi
divertirsi molto, chi avere un posto di comando, chi
mangiare bene: ed il risultato?
Il risultato però è avvilente. Gli uomini non possono
vivere in pace gli uni con gli altri. Spariscono le giuste
definizioni di carattere, fedeltà, onestà, moralità, purezza.
Dall’oggi al domani la parola data non ha più valore, non
è più cosa sacra, e non è più sacro il giuramento, ed il
focolare domestico non è più un santuario. Chi non tocca
il denaro di altri, pur avendo la possibilità di farlo, è
considerato un ingenuo, e chi conduce una vita morale e
casta, è visto come un masochista, che si tortura
volontariamente.
Lo Stato in ogni caso fa quel che può: quando mai ci
sono state tante scuole come adesso? Quando mai si sono
scritte tante opere pedagogiche come oggi? quando sono
state aperte tante tipografie, biblioteche, musei, università
“templi della scienza”? L’umanità però è sempre più
affaticata, scontenta e desolata. Che cosa abbiamo
dimenticato, cosa ci manca?
b) L’uomo moderno ha tutto... solamente non ha
Dio, e poiché non ha Dio, non ha nulla. Noi abbiamo
Dio, crediamo in Dio, vogliamo vivere onestamente
secondo le sue leggi... e tuttavia anche per noi la vita è
penosa ed esige una continua lotta.
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Possiamo attenderci allora, da una generazione che
non conosce Dio, che sia onesta e morale?
Oggi non si sente parlare che della decadenza della
civiltà europea, dell’annientamento prossimo delle
nazioni europee, tanto che non si può passare con una
scrollata di spalle davanti al pericolo che ci minaccia. I
popoli europei hanno avuto per mille e cinquecento anni
una funzione di comando nel mondo: ora, si sente dire
continuamente che camminano verso la rovina.
Quale può essere la causa di tutto questo? La causa
di questa crisi dell’Europa? Come mai i popoli hanno
perso il gusto della vita? Come mai in Europa, ogni
undici minuti, una persona muore suicida? Come mai la
vita famigliare è sul punto di essere definitivamente
distrutta? Non si può attribuire tutto questo a ragioni
economiche ed alla miseria materiale.
Non c’è altra spiegazione al di fuori di questa: il
nichilismo morale che in questo periodo impera ed
attacca le basi vitali dei popoli, è causato dal fatto che la
fede in Dio è scossa. Il bolscevismo morale si propaga
presso i popoli la cui fede sparisce. Si è verificata
pienamente l’affermazione di Platone “è più facile
costruire una città nelle nuvole, che governare un popolo
senza religione”. Così come quella di Chateaubriand
“Distruggete il culto del Vangelo, ed in ogni villaggio ci
vorranno prigioni e carnefici”. E quella di Napoleone
“Un popolo che non ha religione non può essere
governato che con i fucili”. Nonché l’affermazione di
Schiller: “se in uno Stato la religione tentenna, essa non
tentenna sola. Con essa pericolano tutte le colonne della
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società: autorità, rispetto delle leggi, disciplina, onestà e
moralità”. Bisogna che ci sia un Dio, perché se non vi
fosse, non si potrebbe veramente comprendere come
l’ateismo produca tali profonde devastazioni nella vita
dell’umanità.
B. L’umanità non può sopportare
la mancanza di Dio
1) L’anima umana si trova in presenza di un
problema che l’ha sempre preoccupata, e non la lascerà
mai in riposo finché vivrà una creatura sulla terra, e tale
problema è il mistero di Dio. Nessun uomo vide mai Dio,
e tuttavia non c’è uomo che non si sia un giorno
incontrato con il mistero di Dio, e non si è trovato
obbligato a prendere posizione su tale argomento.
Al mondo non c’è uomo che non cerchi Dio. C’è chi
Lo cerca dietro le stelle, chi nelle forze della natura, chi fa
di Lui l’anima incosciente dell’universo. C’è chi adora
Dio e chi Lo bestemmia. C’è chi s’inchina dinanzi a Lui e
chi Gli si gira... ma nessuno riesce a scartarlo con una
semplice negazione. L’ateo stesso, che odia Dio, non lo
può scartare, perché l’inutilità della propria vita ed il
vuoto glaciale della propria anima sono testimonianza
involontaria della Sua esistenza.
2) Spesso noi sentiamo questa recriminazione
“viviamo in un mondo d’increduli”, ma non è che una
faccia della medaglia. Sul rovescio si trova la ricerca
febbrile delle verità religiose da parte dell’anima umana.
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Viviamo davvero in un mondo d’increduli?
La molteplicità delle religioni non lo dimostra.
Questa ricerca inquieta ed incessante di Dio
dimostra che l’umanità non sopporta un universo senza
di Lui. Le numerose sedute spiritiche, la teosofia,
l’antroposofia, lo studio febbrile dei fenomeni mistici e
occulti dimostrano il contrario. Viviamo in un mondo
d’increduli. Le ridicole, aberrazioni della vita moderna
dicono di no.
Nel 1929, a Parigi, la città capostipite
dell’illuminismo incredulo fu pubblicata una curiosa
statistica: il numero di indovini, cartomanti, astrologhi,
chiromanti e specialisti di scienze occulte arrivavano a
34.000...
Viviamo in un mondo incredulo? L’annuario dei
telefoni di New York non lo dimostra.
Scorretelo, e guardate la lista delle professioni:
accanto ai macellai, ai tappezzieri, agli elettricisti,
troverete la rubrica “Indovini ed Indovine”.
Viviamo in un mondo incredulo? I vetri delle
automobili dicono il contrario. C’è un autista che arrischi
a mettersi in strada senza aver attaccato al vetro
posteriore dell’auto un talismano, feticcio o bambola
imbottita? Un’industria speciale vive confezionando
portafortuna. Era frequente fra i piloti, nei primi anni di
voli transatlantici, il portare una scimmia, un canarino,
un piccolo cane...
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Domando dunque ancora una volta: Viviamo noi in
un mondo incredulo? La vita moderna prova il contrario.
Prova piuttosto che non sopporta a lungo l’incredulità
dell’anima umana ed ha bisogno di una fede qualunque,
e chi non accetta il Simbolo degli Apostoli deve credere a
delle sciocchezze ridicole. Prova che chi perde la fede non
diventa incredulo, ma credulone. Prova che, quando
l’uomo non ha religione, la sola che può fornirgli un
ideale degno di lui, si crea, degli idoli indegni dell’uomo
stesso.
La vita umana prova quindi questa verità: Bisogna
che ci sia un Dio, altrimenti, non si potrebbe
comprendere come mai l’uomo non ne possa sopportare
l’assenza.
* * *
Fratelli miei, nel corso dei secoli molti hanno cercato
di cancellare il nome di Dio dal dizionario dell’umanità,
ma non ci sono mai riusciti.
Voltaire nel 1753 gridò al mondo: Dio é morto. Voi
ed io l’abbiamo ucciso.
Le crudeli follie della rivoluzione francese
soppressero il calendario cristiano, cambiarono il nome
dei mesi, e sotto l’ombra della ghigliottina nel 1793 si fece
votare su questa domanda “C’è un Dio?” e tra la folla
spaurita, stordita e cieca, si trovò soltanto una povera
vecchia che levò il suo braccio tremante in favore di Dio:
“Per Dio, per Dio!”. Una sola voce per Dio; tutte le altre,
contro. E la vita si svolse senza Dio. Si rubò, si assassinò,
si saccheggiò, si sgozzò, finché una mattina nelle strade di
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Parigi apparvero dei manifesti, i manifesti di Robespierre:
“Il popolo francese crede in Dio!”.
Lo stesso, dopo queste esperienze, arrivano i sovietici
a ricominciare da capo. Proibito esporre alle vetrine,
articoli statuette, oggetti richiamanti il Natale. In tutto il
paese, dileggiarono opuscoli, films, produzioni teatrali che
attaccarono le idee evocate dalla festa del Natale.
In un giorno di Natale una banda di giovani è
entrata nelle Chiese gettandosi contro i fedeli, e nelle
case, per strappare dai muri le Sacre immagini per poi
bruciarle solennemente nelle vie. Nei giorni di Natale,
nel 1931 in Russia, 579 chiese furono chiuse. Gli operai di
Mosca dovettero rispondere ad un questionario: “Siete
per Dio o contro Dio?”. Nella parte superiore del
questionario però era stampato “Chi è dalla parte di Dio
è traditore dei Soviet”. E per coronare la loro opera, si
sono dati come parola d’ordine che “nel 1932 non ci
saranno più chiese in Russia”. Ciò è avvenuto nella nostra
Europa.
I malvagi e gli impostori andranno sempre di male in peggio,
ingannando gli altri e ingannati essi stessi (2Tm 3, 13). Invano
avete fatto tanto spiegamento di forze. Avete lavorato
male.
C’è un solo modo per cancellare il nome di Dio:
creare un’altra umanità, fabbricare altri uomini. Altri
uomini senz’occhi per vedere, senz’anima e senza cuore;
perché, finché la stirpe degli uomini vivrà sulla terra (i cui
occhi brillano contemplando le bellezze dell’immenso
universo, la cui coscienza comprende senza imposizione
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la voce dell’ordine morale, il cui cuore soffre nell’oscurità
delle amarezze della vita, e sospira dietro la sorgente della
verità e della felicità perfetta), resterà vera la parola dei
Libri Santi nei riguardi di Dio: “Migliaia e migliaia lo
servono, decine di migliaia e decine di migliaia stanno
dinanzi a Lui “ (Dn 7, 10).
Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza
al nostro Dio nei secoli dei secoli (Ap 7, 12).
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XV. È necessario che io creda in Dio
Subito dopo la morte di uno dei più noti uomini
politici francesi, il vecchio Presidente del Consiglio,
Clemenceau che, a giusto titolo era stato soprannominato
“la tigre”, apparve una fiumana d’articoli e memorie sulla
sua vita e la sua opera; in questa valanga di ricordi, un
piccolo episodio m’impressionò particolarmente. Lessi
che un pittore aveva voluto ritrarre il Presidente, ma dopo
la terza seduta di posa rinunciò al compito.
“Ciò non poteva andare”, raccontò più tardi ad un
amico. “C’era un muro fra noi. Tutti i suoi lineamenti, in
casa, si contraevano.... Non saprei, sembrava di bronzo.
Un bel mattino piantai tutto in asso. Quell’uomo non
credeva in Dio... provatevi di conseguenza a fare il
ritratto di un uomo simile!”. Ed il tono della sua voce era
lamentoso.
Fratelli miei, l’artista lasciò la tela incompiuta: lui
non poteva ritrarre quell’uomo che rinnegava Dio;
perché ciò che ci fa veramente uomini, è la fede in Dio.
Chi non crede in Dio, non può essere un uomo creato ad
immagine Sua, manca l’armonia fra la sua fronte ed il
resto del viso, il suo profilo sarebbe quello di un uomo,
ma dietro la fronte, il cervello nega ciò che ci eleva al di
sopra del bruto: la rassomiglianza con Dio.
Da quando ho letto l’aneddoto, un pensiero non mi
dà pace. È dunque per questo che la nobiltà dei
lineamenti umani sparisce sempre di più dal viso degli
uomini d’oggi? L’impronta divina va svanendo. È
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necessario credere in Dio perché, non solo non si può
dipingere l’immagine dell’uomo che non crede in Dio,
ma chi non crede in Dio non può condurre vita
“pienamente” umana. Ed è questa la sintesi degli
argomenti esposti fin qui, e che obbligano l’uomo a
credere in Dio.
A. La ragione mi obbliga a credere in Dio
Chi nega l’esistenza di Dio, agisce: ingiustamente ed
irragionevolmente.
1) Agisce ingiustamente senza dubbio, ma chi vuole a
qualunque costo chiudere gli occhi, può farlo.
Intorno a lui ruotano nello spazio a velocità
vertiginosa milioni d’astri e, scrollando le spalle dinanzi a
quest’universale armonia lui può dire: “Si, è così, ma che
cosa me ne importa?”.
Intorno a lui il regno delle ammirabili leggi del
mondo organico ed inorganico può proclamare ad alta
voce la saggezza del Creatore e lui può dire con una
scrollata di spalle: “è così, così, ma che me ne importa?”.
Egli può guardare le meraviglie incomparabili del
corpo umano, ove ogni battito del cuore pubblica il
mistero di una saggezza sovrumana; e può dire scrollando
le spalle: “ Si, è così, ma che me ne importa?”.
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Tale indifferenza è il più grande dei pericoli per la
fede di molti.
Nei giorni dell’ebbrezza del successo, Napoleone
dimenticò Dio: ma quando nella solitudine nel carcere
dell’isola di Sant’Elena ebbe il tempo di riflettere, la sua
anima si aprì alla fede, ed amò intrattenersi su argomenti
religiosi.
Uno de suoi, il generale Bertrand, pensava altrimenti
e gli diceva: “Cos’è Dio? Ed infine, l’avete voi mai visto?”.
L’imperatore rispondeva: “Neanche il mio genio voi avete
veduto, e tuttavia, a seguito delle mie vittorie, voi credeste
in me e mi esaltaste; cosa sono le mie vittorie al confronto
delle opere dell’Onnipotente? Cosa sono i miei più
brillanti fatti d’arme al confronto del moto delle stelle? Se
voi, mirando le azioni di un uomo, concludete in favore
del suo genio che pur non vedete, perché non volete, dalle
opere grandiose del creato, concludere in favore di Dio
Creatore?”.
È così, fratelli miei. Io posso veder Dio benissimo
attraverso la mia ragione ed il mio cuore: attraverso la
mia ragione che dai molteplici fenomeni dell’universo,
giunge all’esistenza di Dio, ed attraverso il mio cuore che
dallo stretto quadro delle temporanee gioie terrene, sale
alla sorgente della felicità inestinguibile, Dio.
E se qualcuno allontana da Dio il suo cuore e la sua
ragione, le tenebre dell’ateismo lo avvolgono, perché lui
non ha più il mezzo di sentir Dio; può essere per le
scienze e le arti un uomo coltissimo ed abile, ma ha perso
il senso di Dio.
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Vorrei spiegare con un paragone ciò che ho detto. Il
sole, brillante e caldo irraggia luce e calore. Come so che
c’é un sole? Ma il mio occhio ben vede la luce, ed il mio
senso termico percepisce il calore. Supponiamo che questi
miei due sensi spariscano: nel medesimo istante
sparirebbe per me il sole, ed io negherei che esso esiste?
Ho le mie orecchie, ma esse nulla mi dicono del sole:
né nulla mi dicono i sensi del gusto, del tatto. Uno degli
scienziati americani più noti nelle scienze fisiche, nel suo
tempo, Roberto Andrea Millikan, insignito del premio
Nobel, aveva scritto nei riguardi della fede e della scienza:
“Non c’è alcuna ragione scientifica per rigettare la fede.
Colui che non sa far accordare la fede e la scienza, non
può prendersela che con sé stesso. Io posso affermare
categoricamente che la negazione della fede è sprovvista
di ogni base scientifica. A mio avviso, non c’è ragione di
divorzio fra le due”.
Queste parole significano dunque questo, che chi si
dice incredulo ed invoca in appoggio della sua incredulità
le ricerche scientifiche, è nel torto.
2) Ma noi abbiamo detto ancora che chi che nega
l’esistenza di Dio, non solo ha torto nel farlo, ma agisce
contro ragione.
Agisce irragionevolmente, perché l’uomo non può
vivere senza la fede. L’uomo d’oggi sviscera tutte le
questioni in nome della scienza, ma non va molto
lontano. Non sa, ignora, ciò che si cela aldilà dei limiti
conosciuti dell’universo, e ciò che si nasconde dentro di sé
stesso, nel fondo del suo “io”, il sentimento della
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responsabilità, ignora ciò che fa di uno un eroe e di un
altro un disgraziato, e ciò che avverrà dopo la nostra
morte. A tutte queste questioni egli può rispondere: e
tuttavia esse sono tutte di un’importanza capitale per la
nostra vita.
La fede sola ha la risposta: non già su tutto quello che
noi vorremmo sapere; ma ciò che essa dice, è chiaro ed
incoraggiante. I dogmi della fede si drizzano come una
roccia nella tempesta. Tenerci su una roccia in piena
tempesta è certamente un compito penoso, ma, chi é
sballottato sulle onde schiumanti, amerebbe certamente
di più trovarsi su una roccia solida.
“Io non ho bisogno di dogma. Mi bastano le mie idee
particolari sul mondo”. Ah, voi non sapete ciò che è un
dogma. Voi non conoscete lo sviamento penoso di quelli
che vivono senza dogma, senza fede. Voi non avete
bisogno di dogma! Preferite dunque la nebbia al sole.
Preferite vagare alla ventura che camminare con la
bussola.
Volete solo “sapere”, e non “credere”. Non avete
bisogno della fede. Tuttavia sappiate che anche
l’incredulo ha un simbolo: solamente che non comincia
con un “Credo in Dio... Credum in unum Deum...”, ma con
un “Credo omnia incredibilia... Credo a tutte le cose
incredibili”.
Sappiate che l’incredulo è obbligato a credere a cose
ben più difficili di quelle confermate nel Simbolo
Cristiano. Anche nell’incredulo c’è la fede: soltanto essa si
muta in aceto, mentre la fede del credente è vino puro.
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Ma, aceto e vino proclamano ugualmente che dev’esserci
in qualche parte una vite: e l’incredulo ed il credente
proclamano che bisogna che ci sia un Dio.
Si, per stupefacente che questo sembri, anche gli
increduli hanno il loro credo. E che dice il loro simbolo?
“Io credo che Dio non c’è, e che tutto questo
meraviglioso universo con le sue leggi sublimi, il suo
ordine, la sua bellezza è l’opera di un caso cieco. Una
rotella d’orologio, la punta di una matita non provengono
dal caso, ma io credo che questo magnifico universo si è
fatto da solo”.
“Io credo che Gesù Cristo non sia mai vissuto, e se è
vissuto, non era Dio ma uomo soltanto, e non mi stupisco
che tuttavia milioni e miliardi d’uomini si siano
inginocchiati e ancora s’inginocchiano dinanzi a Lui, e
non lo dimenticano”.
“Io credo che tutto finisca dopo questa vita terrena, e
che dopo la tomba non ci sia nulla, quantunque la mia
ragione, il mio cuore e la convinzione in tutti i tempi
dell’umanità intera insorgano contro questa idea”.
Ecco qualcuno degli articoli del credo degli increduli.
Per credere a tutte queste impossibilità non ci vuole più
fede che a credere nel Simbolo cristiano?
E proseguo più avanti ancora: La vita umana
migliora e diventa più facile praticando l’incredulità? È
alleviato il peso della sofferenza, le lacrime sono
rasciugate? Si diventa moralmente più forti?
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Ed ecco un’altra idea che ho svolta in una predica
speciale: non è solo la mia ragione, è anche la mia
coscienza morale che mi obbliga a credere in Dio.
B. Il senso morale mi obbliga a credere in Dio
1) L’Odissea è una dell’epopea dell’antico popolo
greco, e nello stesso tempo uno dei capolavori della
letteratura universale. Il suo eroe, Ulisse, è sballottato sui
flutti per anni e anni, ed ogni volta che egli invia i suoi
compagni in ricognizione all’approdo di una riva
sconosciuta, dà loro una curiosa indicazione: “Esaminate
bene se gli abitanti onorano o disprezzano gli dei. Se li
onorano sono uomini nobili e buoni, se li disprezzano
sono crudeli” (Odissea IX, 174).
Ciò che Ulisse sperimentò migliaia d’anni fa, è verità
ancora oggi. L’uomo ha sempre creduto e, d’altra parte,
la sua moralità, la sua gioia di vivere si sono sempre
nutrite della fede in Dio. Non solo non c’è mai stata
un’umanità senza Dio, ma, se essa di Dio volesse liberarsi,
la sua bancarotta morale sarebbe inevitabile.
Forza di resistenza nella tentazione e coscienza di
dignità umana, nel lavoro infaticabile, solo la fede in Dio
può darcele. Può avanzare a testa alta dinanzi agli uomini
solo chi la inchina dinanzi a Dio.
“Chi non ha Dio per Padrone, ha molti padroni”
dice un vecchio proverbio, e la vita intellettuale moderna
conferma quest’affermazione: quale incertezza segue
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sulle vie della vita la rovina della fede, quale debolezza sul
terreno morale! Io non sosterrò, fratelli miei, che un
individuo o un popolo che ha perduto la fede perderà
immediatamente del pari la moralità: ma affermo che,
con la perdita della fede, comincia la disgregazione che
conduce alla rovina. Quando il sole tramonta, la notte
non cade immediatamente, ma comincia il crepuscolo.
2) Ma sul terreno morale s'incontra un fenomeno
curioso che mostra come l’anima umana è penetrata
dalla fede in Dio.
In coloro stessi che si proclamano increduli, la vita e
le idee morali sono piene di cose che non trovano la loro
spiegazione altro che nella fede; cosa prova tale fatto?
Prova che la natura umana protesta con tutte le sue forze
contro l’incredulità, per un istinto profondo e sano.
Non citerò che un esempio. Il cannibalismo è
condannato con orrore da tutto il mondo. Tuttavia solo
l’uomo che ha la fede, ha il diritto d'indignarsene. Per
qual diritto se ne indignerebbe l’ateo? Poiché per lui
l’uomo non è che animale. E se qualcuno preferisce la
carne umana al pollo arrosto... ebbene, che c’è di male in
questo?
Si, se Dio non c’è, l’uomo é soltanto un animale: e se
è animale, non c’è nulla di rivoltante nel suo eventuale
cannibalismo. Quali impossibili idee deve ammettere chi
vuole essere un vero adepto dell’ateismo! La ragione
umana e la morale umana obbligano, ugualmente a
credere in Dio.
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Ma una terza forza ci obbliga del pari a questa
credenza: il dolore.