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B. La forza obbligatoria dell’ordine morale
Fin qui ci siamo occupati soltanto dell’esistenza di un
ordine morale indipendente da noi, esistenza che è
impossibile spiegare senza ammettere un Legislatore
supremo, Dio. Ora, procederemo più avanti. Tale ordine
morale ha in più una misteriosa forza obbligatoria.
L’ordine morale non dispone però di una forza così
obbligatoria come l’ordine fisico. L’uomo possiede la
triste facoltà di poter violare le leggi morali, ma le
conseguenze di questa violazione sono ancora una
testimonianza eloquente dell’esistenza di un Dio che
veglia sopra le sue leggi.
Arago, illustre astronomo, teneva un corso al collegio
di Francia sulle leggi dell’astronomia. Un giorno disse:
“La settimana prossima avremo un’eclissi ben visibile da
Parigi. In quel giorno nell’ora, nel minuto, nel secondo
che vi dico, tre grandi corpi celesti obbediranno, non ai
nostri pronostici, ma all’ordine di Dio. Solo gli uomini
hanno la consuetudine di resistere a Lui!”.
Sì, l’uomo può resistere alle leggi divine ma non
senza tristi conseguenze, poiché nell’intimo del nostro
cuore, noi sentiamo che esiste un ordine morale
obbiettivo e indipendente da noi, ed ancora che il suo
comandamento è per noi obbligatorio.
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Questo gran comandamento, il vero imperativo
categorico è: bisogna fare il bene e se tu non lo fai si alza
dentro di te la voce della coscienza, il rimorso.
La voce della coscienza é: una potenza che non
dipende da noi, che esiste in ciascuno di noi, che non si
lascia imporre silenzio.
1) La voce della coscienza e una potenza che non
dipende da noi. Dopo ogni nostra azione qualcosa parla
dentro di noi e, sia che lo vogliamo o no, pronunzia un
giudizio: “hai agito bene”, oppure “hai agito male”; se
abbiamo agito bene un dolce calore s’impadronisce della
nostra anima, è la buona coscienza, se abbiamo agito
male, la cattiva coscienza parla con il rimorso.
Lo abbiamo sentito in noi e sappiamo che gli altri lo
provano questo, che ogni violazione della legge divina
presto o tardi porta con se un castigo; contrariamente,
ogni volta che ascoltiamo le indicazioni della coscienza
ammonitrice e saggia, ecco che ci sentiamo più felici e più
forti. Chi ha fatto esperienza di questo per se o negli altri,
comprende chiaramente che è necessario un Legislatore
per vegliare sull’ordine morale.
2) Ed il sentimento morale è innato in ogni uomo: se
si attenua in una misura più o meno grande, la colpa é
ancora dell’uomo; il quale stima tutto ciò, cosa
naturalissima. Il nostro modo di pensare riposa su
quest’idea. Il talento artistico non si trova in tutti e,
nessuno si aspetta di trovarcelo. La scienza ugualmente
non è di tutti, e nessuno pretende che ogni uomo sia uno
scienziato, ma ci si aspetta da ogni uomo che non sia uno
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scellerato. E perché? Perché, ripeto, il senso morale è
innato in ogni uomo, se egli stesso non l’ha ucciso. Io
sento la responsabilità dei miei atti, e se faccio il bene,
qualche cosa in me mi rallegra: se faccio il male, qualche
cosa mi rode, mi tortura, m’inquieta. Questo accade a
tutti gli uomini: fanciulli, adulti, sapienti ed ignoranti. Il
fanciullo non ha ancora sentito parlare della coscienza, ed
essa parla già in lui, si nasconde ai suoi genitori quando
ha commesso un torto.
3) E ciò che è ancora più incomprensibile è che non
si può soffocare totalmente e per sempre la voce della
coscienza. Tuttavia, quanti ci hanno provato! Quando
essa parla più forte, cercano di farla tacere con il bere,
con il divertimento, con il piacere... Ma sempre invano.
Viene il momento in cui l’ebbrezza si dissipa, il piacere
cessa, e nel gran silenzio la coscienza inquieta eleva la
voce.
Ed allora si vedono realizzarsi le parole della Sacra
Scrittura: Il malvagio fugge anche se nessuno lo insegue (Prov 28,
1), ed ancora le parole di San Paolo: I pagani dimostrano
che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla
testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che
ora li accusano ora li difendono (Rom 2, 15). La vita è colma
di questi casi misteriosi. Lo scrittore greco Plutarco ce ne
riferisce uno.
Un certo Bessus aveva ucciso suo padre. Nessuno ne
seppe nulla ed il delitto non venne in luce, ma, cosa
curiosa, da quel giorno in poi il parricida non poté più
udire il canto delle rondini. Gli pareva che ognuno dei
loro stridi ripetesse: Assassino, assassino. Distrusse tutti i
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nidi di rondine nelle vicinanze della sua abitazione, ma
non valse a nulla: egli non ritrovò mai più la pace.
Finalmente si lasciò sfuggire con qualcuno, che quelle
maledette rondini non finivano di gridare che aveva
ucciso suo padre. Si ebbero dei sospetti... si fecero delle
indagini ed il delitto fu scoperto. Ciò accadeva circa
duemila anni fa.
In un piccolo paese della Moravia, nel 1859, accadde
una cosa analoga. Un giorno a Leibnitz scoppiò un
terribile incendio. Sulle prime nessuno sospettò che si
trattava di una vendetta. Fu notato solo che uno degli
abitanti, da quel giorno, evitava tutti e si tratteneva in
casa, con la porta chiusa a catenaccio. Era l’incendiario
che vedeva incessantemente gli spettri dei bruciati per
colpa sua, danzargli dinanzi agli occhi e dirgli, additando
un albero del suo cortile: “Impiccati là”. Il disgraziato
abbatté l’albero, ma invano. Fu visto da tutti levar sempre
le mani al cielo e pregare in ginocchio. Finalmente, si
presentò alle autorità confessando il suo delitto.
Adesso fratelli miei vi domando: Quale potenza
misteriosa dunque, impera nella nostra anima, e da dove
viene la sua forza terribile? Uno commette un peccato...
nessuno al mondo lo sa... e tuttavia non può più avere
pace, qualcosa gli parla, lo minaccia, lo rode, lo tortura.
Chi dà alla coscienza tanta forza, che, dopo essere
soffocata dal peso della voluta distrazione e dei piaceri,
ancora riesce a far salire dalle profondità dell’anima la
sua voce? Chi giudica i miei atti? Chi ci ha dato
quest’assoluta legge morale, di cui due cose io so con
certezza: la prima, che esiste, la seconda, che non dipende
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né da me, né dagli uomini? È necessario che ci sia un
Legislatore infinitamente santo, la cui volontà costituisce
questa legge morale, che obbliga le sue creature
ragionevoli ad osservarla, e se loro non la osservano (e ciò
è possibile) le punisce.
Si, la coscienza impone e loda, grida o minaccia: c’è
un Dio. La buona coscienza canta l’esistenza di Dio; la
cattiva coscienza usa la Sua esistenza come una minaccia.
La voce della buona coscienza è un inno di lode: “Tieni
fermo! Dio ti conosce. Egli vede la tua lotta per il bene.
Vede come le tue cattive inclinazioni ereditarie ti
trascinano al peccato, ma tu resterai vincitore nel duro
combattimento. Non temere: Dio saprà valutare e
premiare il tuo nobile coraggio”. Sii fedele fino alla morte e ti
darò la corona della vita (Ap 2, 10). Ecco ciò che canta la
buona coscienza.
Ma come la cattiva coscienza è inquieta e teme!
Ovunque tu sia, non potrai rimanere nascosto dinanzi a
Dio. Nessuno ha visto i tuoi misfatti, nessuno ha visto i
tuoi progetti e pensieri abominevoli, ma Dio tutto sa, e
non lascerà impunita la tua cattiveria. Tu puoi
commettere del male in segreto: la sua ombra ti si alzerà
davanti, e ti perseguiterà. Tu puoi fare il bene in segreto:
il suo fiore fiorirà, e ricadrà sul tuo capo sia pure dopo
molti anni.
Se il mondo delle stelle e l’immensa natura restassero
muti, e non parlassero di Dio, dentro di me, la mia
coscienza e l’ordine morale griderebbero: Bisogna che ci
sia un Dio. C’è un Dio.
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* * *
Che le cose sono come io vi dico, fratelli miei, che
l’esistenza dell’ordine morale e la voce della coscienza
rendono altamente testimonianza a favore di Dio, è
quanto esprime in modo commovente un racconto della
scrittrice tedesca Ida Schanz. Racconta le vicende di un
soldato caduto mortalmente ferito sul campo di battaglia.
Dopo una vita di crudeltà, di disordine e d’empietà, era
arrivato alle soglie della seconda vita. Ora che la vita gli
sfugge con il sangue che cola, il suo sguardo atterrito
guarda lontano... lontano... fino alla porta del cielo. Ma
ahimè! Tre figure gli sbarrano il passo. Un cane… i1 suo
vecchio cane che lui ha lasciato morire di fame, soltanto
per divertirsi delle sofferenze dell’animale morente. Un
bambino di due anni, che aveva trovato in una capanna
abbandonata sul campo di battaglia, ed aveva trafitto con
la sua spada. Una vecchia donna, che lo supplicava di
non far del male a suo figlio, pronta, se lui voleva, a
bruciarsi in cambio la mano... ed egli aveva potuto
guardare crudelmente l’infelice mettere la mano nel
fuoco... ora, le tre figure sbarravano la porta del cielo
davanti al morente crudele ed empio.
Fratelli miei, i miei atti saranno un giorno
ricompensati o puniti, ma non voglio dimenarmi sul mio
letto di morte nelle strette della disperazione; non voglio
che le azioni della mia vita ostruiscano dinanzi a me la
porta della vita eterna.
C’è un ordine morale nel mondo, che ha il suo
Legislatore: Dio. Osservando la legge morale, professo la
mia fede in Dio che è il Padrone sovrano.
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