00 09/03/2011 13:03
* * *
Fratelli miei, ho sollevato questa questione: che
pensate voi di Dio? Avete su di Lui delle idee esatte?
Ha delle idee esatte su Dio chi avanza fermamente
sulla strada dei suoi comandamenti. Il decalogo comincia
così: “Io sono il Signore Dio tuo. Non avrai altro Dio
all’infuori di me”. Non crediate che questo avvertimento
fosse diretto esclusivamente al popolo ebreo, che solo il
popolo eletto Egli volesse allontanare dagl’idoli e dagli dei
stranieri.
Applichiamo questo comando a noi stessi. Come
l’uomo moderno è esposto ai pericoli degli dei stranieri!
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Prima di tutto si vuole adorare, accanto al Dio vero, il
denaro, la sensualità, la gloria, l’orgoglio. A poco a poco
questi idoli guadagnano terreno, per soppiantare alla fine
il culto del vero Dio.
Vi ho già detto chi ha di Lui un’idea esatta. Chi
crede in Lui, non crede che in Lui, non prega che Lui,
non adora che Lui. Adora Colui per il quale tutto è stato
fatto, e tutto sussiste. È Lui che io metto al centro della
mia anima e di tutta la mia vita. Gli rendo omaggio non
solo dinanzi all’altare del Santo Sacrificio, ma altresì con
il sacrificio di tutti i miei desideri disordinati, di tutte le
mie passioni peccaminose. E più vedo che la vita di molti
uomini moderni non è che un’immensa idolatria, più
irresistibilmente arde in me la volontà d’essere, almeno da
parte mia, un figlio obbediente del solo vero Dio. Credo
in un solo Dio e voglio essere un figlio fedele del Padre
mio che è nei cieli.
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IX. C’è un Dio? La risposta del mondo
Il Simbolo degli Apostoli comincia con queste parole:
“Io credo in Dio”, e non c’è parola umana, frase umana,
per esprimere una verità più importante e decisiva.
Credo in Dio. Credo che al di sopra di questo mondo
esiste un Essere infinito da cui tutte le cose provengono, e
al quale tutto ritorna.
Ma credo e basta? E la ragione non mi dice nulla di
Lui? Non posso, con la mia ragione accostarmi a Lui? È
sufficiente credere che c’è un Dio, oppure posso
dimostrare con la mia ragione che Egli esiste?
Io sono cattolico di nascita, ma non mi contento di
questa fede posta come un dono sulla mia culla, dopo la
mia nascita. È vero che non potevo ricevere dono più
bello, più nobile e più atto a fare la mia felicità e sono
riconoscente ai miei genitori. Come un raggio di sole
questa fede ha illuminato tutta la mia infanzia. Ma ora...
ora che posso riflettere con la mia ragione, devo guardare
in faccia la grande domanda: La mia fede è vera? Da
anni il mio cuore fa questa preghiera: Io credo in Dio...
ma ora la mia ragione dice altresì la sua parola, e grida
contemplando il mondo: “Mio Dio, esistete Voi
veramente?” Interrogo le comete, le stelle brillanti, le
spighe che ondeggiano sotto il vento, gli uccelli che
cantano, tutto l’immenso universo.
C’è un Dio? Grido attraverso il mondo e attendo la
risposta...
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C’è veramente un Dio? Io pronuncerò questa grave
questione e attenderò la risposta dell’eco: vale a dire la
risposta dell’universo, del macrocosmo, del microcosmo, e
poi la risposta dell’uomo. Prima di disporci a cercare
nell’universo le tracce di Dio però, bisogna esaminare
rapidamente una questione preliminare: questa intrapresa
non è per caso ardita?
È pur vero che alcuni uomini sono dell’avviso di
lasciare i dogmi religiosi totalmente alla fede ed eliminare
la ragione da questo campo. “Credo quello che la mia
fede afferma, ma non riesco a sapere con la mia ragione
se le cose sono veramente come la stessa dice”,
sostengono alcuni. Questo ragionamento non mi piace.
Credo in Dio, ma non voglio credere ciecamente, perché
sono un uomo ragionevole, non voglio, nella mia fede,
rinunciare all’uso della ragione. E perché la fede in Dio è
la base di tutta la mia vita religiosa, io voglio studiare a
fondo la questione: Credo in Dio, ma su cosa si basa la
mia fede? Credo perché i miei genitori me lo hanno
insegnato? Anche per questo: ma per questo solo, non
sarebbe degno di me il credere. Credo perché la mia
ragione afferma, ed il mio cuore esige che Dio sia; Credo
perché l’umanità intera proclama unanimemente:
“Bisogna che ci sia un Dio”. Ecco dunque la mia
massima: non solo la fede ma altresì la ragione.
È vero, io non vedo Dio, non lo posso toccare. Non
posso quindi dire: “So che c’è Dio”. Che cos’è che io so?
So che 2 + 2 =4, lo so e non perché lo credo. So che una
mela intera e più grossa della sua metà, lo so e non
perché lo credo. Riguardo a Dio, non c’è dimostrazione
matematica. Ma c’è certezza morale: c’è la conclusione. È
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avvenuto un assassinio... arriva un poliziotto... nessuno ha
visto l’assassino... ma ci sono delle tracce: impronte
digitali. Basandosi su queste si trova il colpevole. Non vi
scandalizzate di questo bizzarro paragone: Dio non è
visibile, ma ha lasciato delle impronte digitali. Mettiamoci
dunque ora alla ricerca dell’autore di tutto: alla scoperta
del Creatore del mondo.
Riassumo in due frasi le mie idee d’oggi: l’una è una
constatazione, l’altra una domanda. Come il mondo è
immensamente grande! Chi ne è il Creatore?
A. Com’ è grande il mondo!
Non c'è uomo, salvo un cuore annoiato e un cervello
vuoto, la cui anima non è assalita da una profonda
emozione ed invasa dal senso del mistero, quando, in
qualche bella notte estiva, contempla il cielo stellato.
Cos’è questo senso del mistero? Alla vista del cielo
stellato, oggi ancora più che mai, l’uomo sente ciò che il
grande filosofo greco Aristotele sentiva. Aristotele scrisse:
“Come colui che dalla vetta del monte Ida, avendo visto
l’armata dei Greci avanzare con in testa i cavalieri sui
loro cavalli, i carri di guerra e poi i fanti è costretto a
pensare che necessariamente qualcuno doveva esserci per
dirigere quella massa guerriera e comandare la marcia
delle truppe; come il marinaio alla vista di una nave dalle
vele tese al vento favorevole pensa che certamente c’è un
pilota a bordo che la dirige al porto, così coloro che per
primi hanno alzato lo sguardo al cielo ed hanno visto il
sole seguire la sua corsa dall’oriente all’occidente e tutta
la flotta ben ordinata delle stelle, hanno cercato il
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padrone creatore di quest’ordine ammirabile. Sono stati
obbligati a pensare che non potesse trattarsi di un caso,
ma che il tutto provenisse da un Essere potente ed
Eterno”15.
Tuttavia Aristotele non aveva telescopio e non
guardava il cielo che ad occhio nudo. Cosa avrebbe detto
se avesse avuto uno dei moderni telescopi, ed avesse
saputo, come noi, quanto è grande il mondo?
a) Come sono grandi gli astri! Urano è 14 volte più
grande della Terra, Nettuno 17 volte, Saturno 93 e Giove
1279 volte. E questo è nulla in confronto al sole che è un
milione e trecento mila volte più grande della Terra, cioè
la conterrebbe in sé altrettante volte; senza dubbi, ora si
gioca con i milioni. Ma sapete quale altezza darebbe, per
esempio, un milione di carte da gioco messe l’una su
l’altra? più di un chilometro. Provate dunque e
rappresentatevi un milione di globi terrestri. Se terra e
luna si mettessero nel sole, lasciando la luna alla stessa
distanza dalla terra com’è attualmente, entrambe ci si
muoverebbero, e ci starebbero a loro agio. Ma Sirio è 12
volte più grande del sole. E vi son corpi celesti ancor più
grandi di Sirio... Gira la testa dinanzi a tali cifre.
b) Misuriamo ora le loro distanze. Una machina
viaggiando a cento chilometri l’ora, impiegherebbe, senza
soste, 170 anni per arrivare dalla terra al sole. È così
difficile misurare in chilometri le distanze che
intercorrono fra gli astri che, per non essere costretti a
contare con cifre gigantesche, si conta per anni luce. Ora
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15 ARISTOTELE, Sext. Empir. Dogm. III, 2
la luce percorre 300.000 km il secondo. Un anno luce è
dunque il cammino che essa percorre in un anno. Con
una macchina a 60 km l’ora, ci vorrebbe un mese a fare il
giro dell’equatore. E la luce fa lo stesso tragitto otto volte
in un secondo. In un anno la luce proveniente dal sole fa
63.000 volte il tragitto: un anno luce è dunque 63 volte la
distanza dal sole alla terra. Avete mai visto come la luce
di certe stelle tremola come se avessero freddo? sono le
così dette fisse. A quale distanza inimmaginabile deve
trovarsi da noi la più vicina di queste stelle fisse! La stella
Alfa del Centauro la cui luce ci arriva alla fine di 4 anni e 4
mesi, vale a dire la stella fissa più vicina a noi si trova
260.000 volte più lontana da noi che il sole. Sirio è
lontana da noi otto anni e mezzo di luce... distanza
fantastica. E tuttavia come splende ai nostri occhi! Che
gigantesca stella deve essere! Vega è a 36 anni luce, la
stella polare a 4o anni e 6 mesi. Sapete tutto ciò cosa
significa? Vuol dire che se la luce della stella polare
dovesse di colpo estinguersi, noi vedremmo ancora
brillare questa stella per 40 anni al suo stesso posto.
Perseo è a 170 anni luce da noi, e cosa c’è dietro ancora?
È l’estremo confine del mondo? Niente affatto. Con un
potente telescopio si scoprono sempre nuove stelle, ma
esse non brillano che nello strumento. E più in là... ecco
la via lattea... Milioni di stelle che turbinano in una
striscia bianca... E dove si trova? A 22.000 anni luce da
noi.
E non siamo mai a capo del mondo. Aldilà della via
lattea con strumenti ultrasensibili, si scoprono ancora
nuove costellazioni, delle nuvole di stelle... a distanze
inimmaginabili nuovi mondi sono in formazione. E
possiamo andare sempre più lontano... fin dove? Chi può
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dirlo? Seliger, con un potente telescopio, aveva misurato
la distanza di stelle ancora percepibili a 86.000 anni luce.
E dietro queste stelle ci sono ancora nuove nebulose. La
luce, che percorre 300.000 km in un secondo e fa in un
secondo quasi otto volte il giro della terra, impiega
milioni d’anni per arrivare da là fino a noi... Gli
astronomi parlano di corpi celesti che si trovano nelle
costellazioni di Andromeda e del Cane, che sono alla
distanza di sei milioni e mezzo di anni luce da noi. Se ciò
è vero, allora ci sono stelle la cui luce non è ancora
arrivata fino a noi dalla creazione del mondo.
E così di seguito... Che c’è, più in là, più in là,
sempre più in là? Nessuno lo sa, salvo uno Solo. L’uomo
sente che la sua anima è abbagliata dall’idea dell’infinita e
divina Maestà. Fratelli miei, che cosa può essere questo
Dio, di cui un solo pensiero ha creato questo mondo
fulgido di stelle, stabilendo le sue leggi e un’armonia
inaccessibile all’immaginazione umana? Chi può essere
Colui che ha posto le rotaie invisibili sulle quali corrono le
stelle, ed ha consolidato l’asse dell’Universo? Colui al
quale dà gloria il cielo tutto intero?
Ora sentiamo la verità di queste parole di Pasteur che
diceva alla sua ammissione all’Accademia francese: “Che
c’è dietro il cielo stellato? Un nuovo cielo. Bene. E dietro
ad esso? Una forza irresistibile impone allo spirito umano
questa questione, e chiede incessantemente: Che c’è
dietro? E non serve a nulla rispondere: Dietro c’è lo
spazio ed il tempo infinito, perché queste parole non
spiegano niente... Quando tale idea afferra l’uomo, non
gli resta che cadere in ginocchio”.
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B. Chi ha creato il mondo?
Ma ecco la domanda: Abbiamo noi diritto di
concludere che questo mondo gigantesco esige
necessariamente un Creatore?
1) Quando si conosce l’ordine ammirabile che regna
nell’ingranaggio dell’universo, non si può arrivare ad
altra conclusione.
a) C’è dell’ordine nel mondo. Gli antichi già
chiamavano il mondo “Cosmo”, armonia, ordine,
bellezza, e tuttavia sapevano così poco sulle leggi
stupefacenti che lo governano; cosa deve pensare l’uomo
moderno, quando con il telescopio s’immerge e sprofonda
nell’esame dei milioni d’astri, che obbediscono a leggi
minuziose? Come non ripetere le parole che la Sacra
Scrittura applica alla saggezza divina: La sapienza si estende
vigorosa da un'estremità all'altra e governa a meraviglia l'universo.
(Sap 8, 1).
Il mondo è un “cosmo”. Che significa questa parola?
Beltà e ordine. E qual’è il suo contrario? “Caos”,
confusone, disordine. L’universo non è un caos, ma un
kosmos, un reame organizzato sulle strade del quale c’è
una circolazione straordinaria. Ogni viaggiatore è un
mondo a parte; immensi corpi celesti circolano con una
rapidità severamente regolata, descrivendo un’orbita
determinata in una direzione anch’essa, pure
determinata. Dov’è l’attore invisibile, che mantiene
quest’ordine da migliaia d’anni, in modo così preciso che,
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decine d’anni prima, ti può dire di tutti gli astri a quale
minuto e in quale punto dello spazio si troveranno?
È appurato che in questo turbine di corpi celesti
regni un ordine stupefacente; è ciò che un avvenimento
straordinario ha dimostrato nel 1864. Da molto tempo gli
astronomi notavano una qualche irregolarità nel
cammino del pianeta Urano, e non potevano spiegarla, in
questo gran regno meraviglioso d’ordine senza eccezioni.
Finalmente uno di loro ebbe il dubbio “se per caso non ci
fosse stato dietro Urano un altro pianeta, causa di queste
agitazioni incomprensibili”. L’astronomo francese
Leverrier si abbandonò a questo compito difficile di
calcolare minuziosamente il punto dove avrebbe dovuto
trovarsi questo astro invisibile, basandosi sullo studio delle
forze che turbavano la corsa d’Urano. Il 23 settembre
1864, egli indicava all’Osservatorio di Berlino, dove
bisognava, secondo i suoi calcoli, cercare il perturbatore
circolante nelle tenebre. La sera dello stesso giorno,
l’astronomo berlinese Galle, scopriva esattamente al posto
indicatogli, il nuovo pianeta che ricevette il nome di
Nettuno. Il mondo scientifico celebrò il trionfo
dell’intelligenza umana, ed a noi viene spontanea
l’ammirazione per l’Ordinatore invisibile dei giganteschi
corpi celesti che circolano, con una rapidità vertiginosa,
nello spazio.
b) E noi dobbiamo aggiungere che l’universo non è
inattivo, ma che in lui regnano un’agitazione e un
movimento straordinari. Il mondo intero che ci circonda
non è altro che movimento: gli astri sono in moto nel
cielo, la vita e in moto sulla terra, dovunque é un fiorire
incessante d’energie. Il suono, la luce, il calore, il
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magnetismo, l’elettricità, la radioattività... tutto é
movimento, laboratorio di forze gigantesche: l’energia
prodotta dal calore produce, a sua volta, movimento, il
movimento produce l’elettricità, l’elettricità produce luce
e calore. Tutto si muove e precipita in una corsa continua.
2) Ed ora domando: Chi ha dato lo stimolo, l’impulso
a questo movimento? Qual’è il motore primo? Chi ha
chiamato il mondo all’esistenza?
Questa domanda, ognuno se la pone inevitabilmente.
C’è senza dubbio chi si accontenta di guardare il cielo,
troppo pigri per prendersi la briga di riflettere. Ci sono
altri che, alla scottante domanda rispondono
sbrigativamente: “Il mondo viene da sé stesso. Tutto
accade secondo leggi determinate”. Benissimo. Ma chi ha
stabilito queste leggi?
a) Il mondo s'è creato da solo. In altri termini: è
l’opera del caso.
Credere che il mondo si è fatto da solo mette la
ragione umana ad una prova più grande di quella che
ammette un Dio creatore. Osservate un orologio e
provate a pensare che s'è fatto da sé. Qualcuno chiedeva
un giorno al gran filosofo spagnolo Balmes, se si poteva
dimostrare l’esistenza di Dio. Il filosofo rispose in due
parole: “Io porto in tasca la prova dell’esistenza di Dio”, e
vi estrasse il suo orologio.
Il mondo è opera del caso? Mescolate dunque a caso
del rosso, del bianco, del verde, del giallo, dell’azzurro,
del nero, ne uscirà mai una tela del Murillo?
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Il mondo è opera del caso? Mescolate in una
tipografia le lettere dell’alfabeto e gettatele a terra, ne
uscirà una sola frase ragionevole?
La scienza umana penetra sempre più
profondamente nello studio dell’essenza della materia,
della costituzione del mondo. Materia primitiva... gas...
nebulosa... elettroni, ed altre spiegazioni. Ma chi è
l’Essere onnipotente e superiore che li ha chiamati
all’esistenza?
Per ammettere che Dio abbia creato il mondo, c’è
bisogno, incontestabilmente, della fede: ma per
ammettere che questo mondo così mirabilmente ordinato
si è fatto da solo, ci occorre una fede mille volte più
grande. Mostratemi un’auto, un aeroplano, una lampada
elettrica, una macchina fotografica che si siano fatti da
soli. Ora non c’è automobile che valga una cascata
d’acqua, non c’è aeroplano che valga un piccione
viaggiatore, non c’è lampada elettrica che valga una
lucciola, non c’è macchina fotografica che valga l’occhio
umano.
A conferma prendete in mano un grano di frumento
e ammiratelo. È un po’ d’albumina, nient’altro. Ma
seminatelo: ecco che comincia a germogliare. Tesse un
tale tessuto che non si può immaginare di produrne uno
uguale. Cresce. Lo stelo verso l’alto, la radice verso il
basso. Come fa questa piccola presa di farina a sapere che
lo stelo deve impregnarsi di luce, e la radice degli umori
della terra? E che per fare in modo che lo stelo sia forte,
esso dovrà formare dei nodi a tratti uguali? E le radici
come sanno la loro funzione? Questo piccolo grano di
141
frumento non ha cervello che pensa, né volontà, né
mano: ma come lavora superbamente!
Il mondo intero è d’altro canto una vita misteriosa;
miliardi di piante, animali e uomini. E da dove viene
questa vita sulla terra, quando sicuramente ci fu un
tempo in cui la vita non c’era e non avrebbe potuto
esserci? Fratelli miei, ditelo pure che la logica più rigorosa
parla a favore della seguente affermazione: Come il ferro
non si riunisce e si combina da se per fare una magnifica
Rolls Royce, o il più semplice orologio da tasca, ma ha
bisogno della cooperazione dell’intelligenza umana, così
la materia senza vita non potrebbe diventare un essere
vivente, se un’Intelligenza superiore non le avesse infuso
la vita.
b) Si, questa è la sola risposta plausibile alla
questione: Bisogna che ci sia qualcuno che abbia
chiamato il mondo alla vita.
E colui che lo nega, e nega l’esistenza di Dio, è in
contraddizione con le leggi della logica, radicate nel
profondo dello spirito umana. “Tutto ha una causa”.
Questa è una legge di valore generale. E dunque, quando
cerco la causa del mondo, ho il diritto di rispondere che
s'è fatto da se stesso? che è un effetto senza causa? Da
dove vengono questi milioni di mondi? da dove viene la
vita? da dove viene la meravigliosa cultura dello spirito
umano? dal caso? “È il risultato di un’evoluzione
naturale” si afferma. Ma questo è uno schivare la
questione, non risolverla. La domanda resta: chi è Colui
che dà l’impulso a questa evoluzione capace di simili
meraviglie?
142
Un aeroplano passa superbamente sopra di me. Con
qual minuzia è disposto ogni bullone, ogni vite, ogni
ingranaggio! Solo per tali condizioni di precisione si può
manovrare con sicurezza. Guardandolo noi pensiamo al
suo costruttore, che ha fissato con la massima esattezza
l’ubicazione di ciascuna vite e ciascun pezzo; al suo
inventore, che ha trascorso giorni e notti a concretizzare
le sue idee geniali e realizzare il suo ardito progetto.
Pensate al genio umano che ha concepito e costruito
l’apparecchio, e lo guida; ma pensate più (e con maggior
rispetto) Dio infinito che ha concepito e creato l’immensa
macchina dell’universo e la governa. Con lampante
chiarezza San Paolo ha detto su Dio: “Le sue perfezioni
invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate
e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui
compiute” (Romani 1, 20). Così come il salmista aveva
ragione di cantare:
I cieli narrano la gloria di Dio, l'opera delle sue mani annuncia il
firmamento. Il giorno al giorno ne affida il racconto e la notte alla
notte ne trasmette notizia.(Salmo 18, 2-3)
* * *
Fratelli miei, ci siamo chiesti: “C’è Dio?”. La
creazione: “C’è. Bisogna che ci sia”. E quando alla vista
di questo mondo grandioso, io esclamo: “Credo in Dio”,
cioè “bisogna che ci sia un Dio”, allora io non sono un
poeta, ma un filosofo. È vero, io non vedo Dio: ma non
vedo ugualmente una sola delle leggi della natura, e
tuttavia ammetto semplicemente la loro esistenza.
143
Chi ha mai visto la legge di gravitazione? Eppure noi
supponiamo e crediamo che esiste: non potremo spiegare
altrimenti perché la pietra cade verso il suolo.
Analogamente io domando: Avete mai visto Dio? No. Ma
credo che Egli esiste, altrimenti non potrei spiegare
l’esistenza di questo magnifico universo.
I Magi dicevano del bambino Gesù: “Abbiamo visto
spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo” (Mt 2, 2) Noi
diciamo altrettanto di Dio: “Abbiamo visto le stelle, le
opere della Sua potenza infinita, che ci hanno condotto a
adorarlo”.
Fratelli miei, meglio non impiegare parole umane,
accontentiamoci di curvare la testa e di ripetere con cuore
fervido le magnifiche parole di San Paolo: Al Re dei secoli,
incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei
secoli (1 Tim. 1, 17).
144
X. C’è un Dio? La risposta dell’uomo
Nella precedente capitolo abbiamo gridato al
mondo, al macrocosmo: “Stelle, corpi celesti, meteore e
nebulose, mondi che correte a vertiginosa rapidità,
ditemi, vi siete fatti da voi stessi?” Ed esso ha risposto:
“Non ci siamo fatti da noi stessi”. Bisogna che ci sia
Qualcuno al di sopra del mondo, un Creatore; bisogna
che ci sia un Dio.
Oggi rivolgiamo la stessa domanda, non più
all’Universo, ma all’uomo: Uomo, che dici tu? Che dice
la tua storia? Che dicono i tuoi migliori rappresentanti?
Che dice la vita di questa terra? C’è un Dio?
Noi ci mettiamo dunque dinanzi all’uomo, dinanzi
alla porta di quei miliardi d’anime umane chiamate alla
vita, ed ascoltiamo ciò che dicono con intensa attenzione.
E la risposta sarà sempre la stessa: c’è un Dio.
La fede religiosa dei popoli e un fatto storico attestato
dall’etnologia: e come il murmure delle acque profonde
cerca il mare, così sorge dalla storia dell’umanità una
perpetua e santa inquietudine che cerca Dio.
Darò tre risposte alla domanda: C’è un Dio? I) La
riposta dei popoli; II) La risposta dei grandi uomini; III)
La risposta della vita in sé stessa.
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A. La risposta dei popoli
1) Per lontano che si rimonti nella storia
dell’umanità, testimoni le scienze storiche ed
etnografiche, mai ed in nessun luogo s’incontra una sola
razza atea, che non abbia avuto idea di Dio e della
divinità, e che alla divinità non abbia reso un culto
qualunque. Senza dubbio, l’idea di Dio presso i popoli
selvaggi e pagani é talvolta spaventosamente deformata, il
culto della divinità rivela, qui e là, tristi eccessi e
aberrazioni; ma il fatto fondamentale resta incontestabile
non c’è mai stato, e non c’è neppure oggi, popolo ateo
sulla terra. Mi viene in mente un’idea curiosa: Che
avverrebbe se un ateo si mettesse un giorno in testa di
non voler più vivere fra i credenti, ma fra un popolo
avente le sue stesse idee e convinzioni?
Offriamoci noi come suoi compagni di strada: dove
lo condurremo? Prima di tutto egli sa che deve andare
lontano. Mettiamo in Africa. Egli arriva presso i
Boscimani, gli Ottentotti, i Cafri, gli Zulù... spera di
essere in buona compagnia. Constata però con spavento
che quelle popolazioni credono ad un Essere Supremo.
Lo Zulù afferma che Dio ha tratto l’uomo dalla polvere.
L’ateo cerca allora le tribù dello Zambesi. Inutilmente,
poiché gli indigeni, con rispetto levano gli occhi verso il
cielo, quando pronunciano il nome dell’Essere Supremo.
Nel Madagascar, i popoli primitivi riconoscono un Dio
che ricompensa e punisce. Nostro uomo s’imbarca per
l’Australia ove si trovano i popoli meno civili del mondo.
Presso i Politesi, trova ad ogni passo un tempio tenuto con
il massimo rispetto che guai a chi osa violarlo: è
146
considerato alla stregua di un criminale. Gli abitanti della
Malesia costruiscono ai loro dei templi imponenti: e
anche loro parlano di un Dio supremo. Il nostro ateo si
rivolge all’Asia. E qui cade bene! Nella regione del Tigri e
dell’Eufrate, dov’è uscita tutta l’umanità, dove abitavano
gli antichi Babilonesi ed il popolo è più antico dei Sumeri,
la terra è piena di rovine di santuari con mattoni coperti
da una scrittura misteriosa, ove si possono leggere delle
preghiere come questa: “Tu solo sei grande. Il cielo e la
terra pubblicano i tuoi comandamenti e gli angeli
baciano la terra dinanzi a te...”.
Non ci manca che questa al nostro uomo, che fugge
più lontano... Ma dove? In America! Ma qui pure non
trova un popolo che non riconosca un Dio. In Europa?
Prima dell’era cristiana? I Romani non cominciavano la
guerra e non concludevano la pace, non promulgavano
una legge, prima di aver offerto un sacrificio agli dei. In
Grecia i più grandi filosofi, Platone, Aristotele, Socrate,
non solo conoscevano gli dei del paganesimo, ma erano
vicini, per la forza e la luce della loro ragione, a conoscere
il vero Dio. Ad Atene alzarono un altare in onore del
“Dio ignoto”. E Plutarco scrive tanto bene: “Voi potrete
trovare delle città senza mura, senza re, senza case; delle
città senza teatri né ginnasi. Ma un popolo senza templi,
senza divinità, senza preghiere e sacrifici, nessuno lo ha
mai visto, né mai lo vedrà. Credo che si possa piuttosto
edificare una città senza fondamenta che vederne
sussistere una senza credenza negli dei”. Quali
meravigliose parole dalla penna di un pagano!
Così é, fratelli miei. Nel mondo intero, dovunque
respiri un essere umano, sotto la tenda del beduino, nel
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rifugio dell’indiano o sotto la capanna dell'eschimese, un
viso si volge verso il cielo, delle mani si giungono in atto
di preghiera, delle ginocchia si flettono al suolo. Oggi,
come ieri e come domani, da quando l’uomo è sulla
terra. In Egitto 2600 anni prima di Gesù Cristo, fu
costruita la celebre piramide di Cheophe. E quando si
scavarono le fondamenta si trovarono le rovine di un
antico tempio caduto in oblio e del quale non si sapeva
nulla. Le rovine di un antico tempio dimenticato 2600
anni prima di Cristo! Quando dunque gli uomini hanno
cominciato ad avere una religione? Quando e dove?
quando viveva il primo uomo e là dove egli viveva.
2) Ed ora, davanti a questo fatto generale, pongo la
domanda alla quale risponderete voi stessi: Se l’umanità
intera ha sempre e dovunque pensato così, se ha sempre
creduto unanimemente ad una potenza invisibile e
soprannaturale, ciò può essere un’illusione? Può esserci
illusione là dove l’umanità è unanimemente d’accordo?
Voi rispondete: “È possibile”. È possibile?... ma
come? Ebbene, dite voi, così come l’umanità ha creduto,
per secoli e secoli, che il sole girasse intorno alla terra.
Ciò è stato sempre e dovunque creduto fino a quando si è
scoperto l’errore. Del resto, tale obiezione ha il suo valore.
Ma solo in apparenza poiché se si guarda più da vicino, la
sua forza sparisce. Se l’umanità ha creduto che il sole
girasse intorno alla terra immobile, ciò è accaduto perché
tale era la constatazione dei sensi. Sono dunque i sensi
che hanno portato l’inganno. Ma l’umanità crede in Dio
contrariamente ai suoi sensi: noi non vediamo Dio, e
tuttavia crediamo in Lui. Come questa fede deve essere
profondamente radicata nell’anima umana, perché
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l’uomo abbia sempre creduto in Dio nonostante i suoi
sensi!
La folla delle divinità pagane, le migliaia e migliaia di
deformazioni sull’idea di Dio che la sviata ragione umana
si è fabbricato, tutto ciò, per tristi che siano queste
aberrazioni, è una prova chiarissima del desiderio che
sgorga dalle profondità dell’anima umana, desiderio che
San Paolo conferma nelle parole: perché cerchino Dio, se mai,
tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia
lontano da ciascuno di noi (At 17, 27). Noi gridiamo verso
Dio. Testimone l’etnografia, ogni popolo crede ad uno
Spirito che domina il mondo, e l’ateismo non è che il
frutto ed il segno di una civiltà in decadenza.
B. La riposta degli uomini grandi
Se ora noi passeremo alla testimonianza delle
personalità più spiccate dell’umanità, il risultato sarà lo
stesso. I rappresentanti più scelti del genio umano, i più
grandi filosofi, poeti, uomini di Stato, scienziati, artisti...
hanno creduto in Dio. Se cominciassi ad enumerarli, non
finirei più questo sermone. Sulla fede cristiana di
scienziati naturalisti, sono stati pubblicati dei volumi. Mi
basterà oggi ricordare che i greci più illustri, i filosofi,
come Plutarco, Solone, Talete, Pitagora, Platone,
Aristotele, i più grandi sapienti, pittori, scultori, poeti,
oratori, hanno reso umilmente omaggio alla Maestà
divina.
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Copernico, il fondatore della nostra cosmografia
moderna, fece incidere sulla sua tomba: “Signore, io non
vi domando la grazia che donaste a San Paolo, né il
perdono che concedeste a San Pietro, ma la misericordia
con cui trattaste il ladrone sulla croce”. Kepler, che ha
sapientemente misurato il corso degli astri, si scopriva il
capo ogni volta che pronunciava il nome di Dio. Devo
ricordarvi la fede di Pasteur? Uno scienziato ha
affermato, a proposito della sua opera, che essa
sorpassava in valore l’indennità di guerra di cinque
miliardi, imposta alla Francia, dopo la guerra del 1870.
Ebbene, dopo aver ricevuto gli ultimi Sacramenti,
tenendo in mano il crocifisso, egli disse: “È per mezzo dei
miei studi che sono giunto a credere così fermamente ciò
che la Chiesa insegna”. Ampère, il grande fisico, sapeva a
memoria l’Imitazione di Cristo di Tommaso da Kempis,
ed esclamava spesso: “Come Dio è grande, e come la
nostra scienza è un nulla!”. Linneo, il grande botanico,
esclamava osservando l’ordine della natura: “Ho visto
Dio passar dinanzi a me, e i miei occhi ne sono rimasti
abbagliati”. Liebig qualificava dilettanti, non scienziati,
coloro che fanno derivare l’ateismo dalle scienze naturali.
Ma, a che serve continuare? Guardate la storia
dell’architettura: i più grandi architetti credevano in Dio.
Che cosa sarebbe divenuto questo ramo delle belle arti se
non ci fosse stata in loro la fede in Dio che ha edificato i
templi! Vedete la storia della pittura: i più grandi pittori
hanno creduto in Dio; come sarebbero vuoti tutti i musei
del mondo se la fede non avesse animato gli artisti che
dipinsero tante immagini sacre!
Non continuo la mia enumerazione, perché devo
ancora esporre una terza risposta alla domanda.
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