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V. Le vie dell’incredulità: malintesi, vita, cuore
Il profeta Daniele descrive nel suo Libro l’orgoglio
immenso provato dal re di Babilonia un giorno in cui,
dall’alto del suo palazzo, spaziava il suo sguardo sulla sua
capitale. I grandiosi edifici, i templi, le torri, i giardini
pensili, tutta la beltà ed il fasto che la sua volontà aveva
fatto uscire dalle sabbie del deserto... alla vista di tanti
splendori, il suo cuore si gonfiò d’orgoglio, ed egli gridò
verso il cielo, pieno di fiducia in se stesso: Non è questa la
grande Babilonia che io ho costruito come reggia con la forza della
mia potenza e per la gloria della mia maestà? (Dn 4,27).
Ma subitamente una strana malattia colpì il sovrano
tanto fiero della sua potenza: egli si nascose agli uomini,
fuggendo in solitudine, e si diede a mangiare l’erba dei
campi come una bestia... La Santa Scrittura dice che il re,
altro tempo così orgoglioso, si trasformò talmente che i
capelli gli crebbero come le penne alle aquile e le unghie come agli
uccelli (Dn 4, 30). Ecco come si ridusse l’orgoglioso e
potente re di Babilonia.
Fratelli miei, forse che certi orgogliosi increduli
d’oggi non assomigliano a questo re di Babilonia? Questi
uomini che la scienza ed i magnifici progressi della stessa,
hanno abbagliato, e che rialzando la testa, proclamano: io
sono il re di Babilonia. La scienza è mia. Io, l’uomo, sono
i1 re dell’universo. Io costruisco le navi che solcano le
acque e gli aeroplani che fendono i cieli, e misuro il
cammino degli astri... Io sono la forza e non ho bisogno
né di Dio né di religione: la scienza basta.
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Nel capitolo precedente abbiamo sollevato questa
grande questione: è vero che la scienza è nemica della
fede? E abbiamo risposto: No! La mezza-scienza può
allontanare da Dio, ma la vera scienza a Lui riconduce.
Ci sono dagli uomini che, appena hanno un poco gustato
la scienza, restano subito abbagliati: ma colui che
discende nelle sue profondità, sente risuonare all’orecchio
le sublimi note di un Te Deum alla gloria del Creatore. La
nostra fede non ha nulla da temere dalla ragione che si dà
a ricerche serie. Lo conferma il gran numero di scienziati
credenti in Dio.
Vediamo purtroppo però che intorno a noi vivono
delle anime fredde che hanno naufragato. Che cosa le ha
condotte nei campi ghiacciati dell’incredulità?
Risponderò con tre parole: malintesi, vita e cuore.
A. Malintesi
a) In molti casi, quando qualcuno si dispiace di non
poter far accordare questo o quello dei nostri dogmi con
le affermazioni della scienza, ne viene fuori che il dogma
contestato era stato del tutto mal compreso.
Spesso vediamo qualcuno scuotere la testa a
proposito dell’infallibilità del Papa. “È inammissibile -
dicono - che il Papa non si possa sbagliare facendo un
calcolo, o non possa essere ingannato”. Ma quando mai si
è voluto insegnare una simile cosa?
Altri mettono in dubbio l’Immacolata Concezione di
Maria. Come la Chiesa può insegnare che la Vergine
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Maria non ha avuto padre?”. Ma quando mai la Chiesa
ha insegnato tale cosa? Giacché noi celebriamo una festa
speciale in onore di San Gioachino e un’altra in onore di
Sant’Anna, genitori della Beata Vergine.
Altri ancora non possono tollerare questo dogma:
Fuori della Chiesa non c’è salvezza. “Come? Tutti i
buddisti, i mussulmani, i pagani, qualunque sia la loro
buona volontà, sono dannati? Che dogma crudele!”, si
esclama con indignazione. E sono d’accordo con loro. Sì,
sarebbe un dogma crudele, se la Chiesa lo avesse
insegnato. Ma quando arriverò alla spiegazione di questo
dogma, vi dirò che esso deve essere inteso ben
diversamente.
Fratelli miei, una delle meraviglie delle Cattedrali del
Medio Evo, sono le vetrate delle loro finestre. Viste da
fuori esse sembrano un miscuglio di colori a caso, e chi
solo da fuori le guarda può criticare facilmente. Ma
bisogna entrare nella Cattedrale, bisogna contemplare da
dentro ed a fondo queste vetrate e finestre, e davanti alla
loro bellezza, ci si vergogna delle critiche avventate, così
come deve aver vergogna delle sue superficiali obiezioni
chi non conosce la sua fede più a fondo, più da vicino, dal
di dentro.
b) Ci sono altri la cui fede è oscurata dalle pagine
oscure della storia della Chiesa, ed è stata scossa dalle
imperfezioni umane che appaiono qua e là nella vita della
Chiesa stessa. Quanti malintesi sarebbero dissipati se non
si dimenticasse che la Chiesa ha non solo un lato divino,
ma, altresì un lato umano: che è Dio che ha fondato la
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Chiesa, ma ch’Egli l’ha confidata a uomini e tutti sanno
che il lavoro degli uomini non é mai un lavoro perfetto.
Quando un medico si ammala, posso dire che ho
perso la fiducia nella medicina? E se nel corso di duemila
anni la nostra Chiesa ha avuto qualche malattia, posso
dire che ho perduto la fede in Lei?
È vero che la storia della Chiesa ha delle pagine
cupe, ma che sono mai esse accanto a volumi interi di
pagine luminose? A chi parla con gioia maligna del Papa
Alessandro VI, io chiedo di mettere sull’altro piatto della
bilancia non importa quale, dei grandi Papi come Leone
I, Gregorio VII, Innocenzo III,... ed egli vedrà da quale
parte la bilancia pende. Solo può scandalizzarsi di
qualche pagina oscura della storia millenaria della
Chiesa, chi dimentica che in tutti gli altri domini
dell’esistenza, l’ideale resta ancora ben più lontano dalla
realtà e che è un compito sovrumano elevare, sia pure
d’un grado verso il bene morale, la natura umana infetta
del peccato originale.
c) E abbiamo finito con i malintesi?
No. C’è ancora un’altra sorgente, recente e
abbondante: la critica superficiale. Quando esce un
precetto, o una legge della nostra santa religione, come si
rivolta facilmente l’uomo moderno, come egli critica alla
leggera, indebolendo così la sua fede e la sua vita
religiosa! Quante volte pregiudizi e malintesi vengono a
turbare la fede della gente, la calma della loro vita
cristiana!
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B. La vita
E arriviamo così alla seconda sorgente di pericoli che
minacciano la nostra fede. La vita attuale, la vita
moderna distruttrice dell’ideale, con le sue lotte per il
pane quotidiano, fa curvare la testa verso la terra ed
insegna la ribellione. Noi arriviamo ora ad una delle
cause principali dell’incredulità, o piuttosto della perdita
della fede: la dura lotta per la vita d’ogni giorno.
Fratelli miei, vi farò una constatazione che voi
troverete esatta: una gran parte di quelli che si dicono
increduli, non lo sono nel senso di aver rinnegato la loro
religione, ma nel senso di non aver il tempo per la
religione, cioè d’avere delle aspirazioni spirituali elevate.
La loro professione, l’officina, l’ufficio, il magazzino, la
bottega, il laboratorio, le preoccupazioni per il pane
quotidiano, hanno soffocato in essi ogni slancio, ogni
sforzo verso una vita spirituale più alta.
Nostro Signore Gesù Cristo circola oggi ancora fra
noi, ma, disgraziatamente, molti uomini non hanno il
tempo di ascoltare la Sua voce. Il Signore parla nelle
famiglie ma l’uomo si scansa: “Vi prego, lasciatemi stare,
ho già tanti pensieri”. La donna dichiara da parte sua
“Non ho tempo: ho tanto da fare”. Il Signore parla alla
folla che invade piazze e strade ed é respinto: “Non
abbiamo tempo”. Il Cristo vuol parlare nei Parlamenti,
ma i deputati gli rifiutano la parola. Ch’Egli si presenti
nei palazzi o nei tuguri, nelle sale da ballo o nei quartieri
poveri, in nessuna parte lo si ascolta, gli uni a causa del
miserabile pane quotidiano, gli altri a causa della sete di
godimenti.
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E mentre l’anima langue più e più di fame in mezzo
alla vertigine del lavoro o del piacere, la fede sempre più
s’indebolisce. Dopo di ciò, non c'è da stupire se,
nell’uomo moderno, la fede vivente della sua infanzia
finisce facilmente con l’atrofizzarsi.
Rendetevi conto soltanto alle devastazioni che la
società attuale, dall’anima ghiaccia, infligge al giardino
fiorito di una giovane esistenza, quando essa entra nel
mondo delle persone adulte.
Qual passo vertiginoso deve fare un adolescente per
uscire dalle scuole superiori ed entrare all’Università! Gli
occhi del piccolo collegiale sono di frequente, volti verso il
cielo, quelli dell’Universitario sono scivolati verso la terra,
e più delle volte vi restano presi. Il primo sogna, il
secondo osserva. Il primo vive nell’ideale, il secondo nella
critica. Morde con tutti i denti nel frutto dell’albero della
scienza, ma in una sola direzione. Egli si specializza o
nella medicina, o nella fisica, o nella filologia, o nella
giurisprudenza, ma sul terreno religioso resta quello che
era nelle sue prime classi. E vi restasse almeno! Ma no:
egli indietreggia e comincia a deperire. Dietro i suoi
principi religiosi, e dietro le idee morali, dove, un tempo
dei seri punti esclamativi si drizzavano verso il cielo con
importante solidità, ora, sempre più spesso, degli
opportunisti punti d’interrogazione, curvano il dorso.
E, deluso nei riguardi degli uomini, delle istituzioni e
del mondo, il già candido adolescente diviene un freddo
opportunista. E nel suo intimo sorge questa domanda:
“Chi ha ragione? La fede che ho serbata fino adesso
integra, degna di rispetto, ma nei riguardi della quale,
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come vedo, gli adulti sono diventati increduli? O è mio
padre che ha ragione, lui che ancora oggi, dal mattino
alla sera, adempie il suo dovere con un lavoro ostinato? O
è mia madre che ha abbandonato le consuetudini
religiose, adesso che il mondo è mutato intorno a lei? O i
miei camerati, che non hanno preoccupazioni di
coscienza, e semplicemente si godono la vita? Ha ragione
la mia Chiesa, che osa oggi ancora predicare il vecchio
Vangelo? Hanno ragione gli idealisti che vorrebbero
annientare l’inferno? O i materialisti per i quali il mondo
intero non è che calorie, cavalli a vapore, ampere, volt,
record e istinto? Hanno base i dubbi che mi rodono? I
demoni che nel fondo del mio essere aprono le gole
affamate?”.
Ah, miei cari, fra quali turbini di tempesta é sbattuta
questa povera anima! Uno dei miei lettori mi scriveva
poco fa: “Lego i suoi libri con anima avida. Sono uno di
quelli che non dubitano delle verità della fede della nostra
santa madre, la Chiesa, uno di quelli che, esausti dalle
lotte della vita, s’affaticano a risolvere i problemi che
devono liberare la loro anima affinché l’esistenza non sia
così penosa, e che in tutte le lotte non cedono di un
palmo, in grazia alla mia fede. Sono cresciuto figlio fedele
della Chiesa Cattolica Romana, e conosco e difendo
ansiosamente nella mia anima i tesori della mia religione,
ma i combattimenti dell’età adulta non mi hanno
risparmiato, ed ho visto il sorriso di quelli che dubitano, e
ho sentito pungermi i colpi di spillo che il mondo infligge,
e la vista di cose assai superficiali nell’anima dei miei
coetanei, hanno riempito talvolta la mia anima di
tristezza e stanchezza. Ma non ho mai voluto,
scoraggiarmi, né lo voglio adesso”. Che dolore, e che
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nobile combattimento; e quanti altri giovani potrebbero
scrivere così!
Questi sono dunque il secondo nemico della fede: le
preoccupazioni e le esperienze della vita. Ma la burrasca
diventa uragano ed il pericolo diventa mortale, quando, a
lato di questi nemici della fede, dei malintesi e dei
problemi della vita, viene a prendere posto il terzo e il più
pericoloso nemico: il mondo indomito delle passioni e
degli istinti.