LA NASCITA DEL ROSARIO
Tra le preghiere, che nel corso dei secoli, a partire dagli inizi del secondo millennio, hanno conosciuto una maggiore diffusione nell’Occidente cristiano, il Rosario è certamente la più amata. Attraverso di essa tanti cristiani hanno risposto all’esigenza interiore di una preghiera contemplativa, capace di condurre il cuore alla comunione con il Signore nella semplicità e nella
purezza. Possiamo collocarne l'origine nell’Irlanda del IX secolo. Negli ambienti monastici, dove la ricerca della comunione con Dio costituisce l’unica occupazione, la forma di preghiera più importante per giungere a tale scopo è stata sempre la recita dei 150 Salmi di Davide. Attorno agli ambienti monastici si trovarono sempre però gruppi di laici desiderosi di preghiera contemplativa e continua, ma bisognosi di trovare forme adatte alle loro esigenze, cultura e ritmi di vita: ma erano pochi i laici
che sapevano leggere e scrivere e i 150 Salmi troppo lunghi per essere imparati a memoria, perciò verso l’anno 850 un monaco irlandese suggerì la recita di 150 Pater Noster al posto dei 150 Salmi. Dopo poco tempo il clero e i laici in altre parti d’Europa, come ad esempio nei paesi renanofiamminghi, cominciarono a sostituire al Pater Noster, come preghiera ripetitiva, il Saluto Angelico, (che oggi è la prima parte della nostra Ave Maria) e per conservare alla preghiera quella dimensione contemplativa ed evitare che le eccessive ripetizioni la rendessero meccanica, le 150 preghiere, chiamate Salterio del Pater Noster o Salterio di Maria a seconda della formula usata, furono ridotte a 50. L’insieme di 50 preghiere fu chiamato Rosario.
Nel XIV secolo Dom Enrico Kalkar, monaco della Certosa di Colonia e visitatore dell’Ordine raggruppò i 150 Saluti Angelici in decine e pose un Padre Nostro prima di ogni decina. Questo metodo fu fatto conoscere al priore della Certosa di Londra e da qui si diffuse in tutta l’Inghilterra e poi in Europa. Più o meno agli stessi anni appartiene il manoscritto (scoperto nel 1977 da Andreas Heinz) con un Rosario meditato, recitato dalle suore cistercensi di San Tommaso sulla Kyll, a una quarantina di chilometri da Treviri.
Verso il 1409 un giovane novizio della Certosa di Treves, Domenico Helian detto il Prussiano, per aiutare il suo spirito nel raccoglimento interiore in un momento difficile della sua vita religiosa, dietro consiglio del suo priore Dom Adolfo d’Essen, associò ad ogni saluto angelico, dopo il Nome di Gesù, una clausola che richiamava un mistero della Sua vita. L’uso di tali clausole era già comparso nel 14° secolo in ambiente cistercense, che ne aveva proposte circa 90. Tra il 1410 e il 1439 il certosino Domenico diede a questo metodo una vera e propria sistematizzazione componendo, per desiderio dei suoi confratelli fiamminghi, amanti del Salterio di Maria, una serie di 150 clausole divise in 3 sezioni corrispondenti ai Vangeli dell’infanzia di Cristo, della Sua vita pubblica e della sua Passione-Risurrezione. Da qui in poi il Salterio di Maria venne chiamato anche "rosario" e in alcuni luoghi "corona", ovvero "piccolo serto". Le 50 clausole di Domenico il Prussiano, che vennero a costituire il Rosario certosino, contengono tutti gli aspetti della vita di Gesù. Lo stesso Domenico, proponendo tale metodo di preghiera ne
chiarì lo spirito: “Non bisogna molto fermarsi sulle parole utilizzate qui o là nell’enunciato dei punti di meditazione. Ognuno può a suo gradimento, secondo la propria devozione, prolungare, abbreviare o anche modificare la materia in un modo o nell’altro, ciò dipende per ciascuno dal tempo che si ha e dalle disposizioni nelle quali ci si trova”. È chiaro che si tratta dell’autentico spirito contemplativo che tende alla preghiera silenziosa in cui l’anima rimane interiormente attenta alla Presenza del Signore, totalmente immersa nell’esperienza del Suo Amore. La recita vocale è solo uno strumento per giungere a tale raccoglimento e può quindi essere interrotta quando l’anima sente di essere in Dio nel silenzio e ripresa quando sente di avere nuovamente bisogno di concentrarsi e orientarsi a Lui. Non è quindi neanche obbligatoria la recita di tutte le 50 Ave Maria, essendo più una questione di qualità che di quantità. I certosini diffusero largamente questo metodo di preghiera. Originariamente l’Ave Maria terminava dopo la clausola, seguita dall’Amen e dall’Alleluia, perché non si era ancora diffusa la seconda parte di questa preghiera. Bisogna precisare che anche la seconda parte dell’Ave Maria è nata all’interno dell’Ordine Certosino, risultando come composizione di invocazioni e domande trovate per la prima volta in un breviario certosino del 13° secolo (“Sancta Maria ora pro nobis”,
“Ora pro nobis peccatoribus”, “Sancta Maria Mater Dei”, “Nunc et in hora mortis. Amen”).
[Modificato da ulisseitaca 27/03/2013 10:49]