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Qui indisse feste in onore di Cesare, dal momento che aveva saputo della loro istituzione per implorare dagli dei la salute dell'imperatore, e vi invitò un gran numero di notabili della provincia. 4. Nel secondo giorno dei festeggiamenti, sul far del giorno, si presentò nel teatro con una veste, stupenda a vedersi, fatta tutta d'argento. Il quale, illuminato dai primi raggi del sole, meravigliosamente risplendette, destando un non so qual timore in coloro che lo fissavano. 5. Subito gli adulatori, chi da un lato chi dall'altro, lo invocavano come un dio con alte grida, che segnarono l'inizio della sua rovina. Dicevano: "Perdonaci, se fino ad oggi ti abbiamo riverito come uomo; da ora in poi invece proclameremo che tu sei di natura superiore a quella di un mortale". 6. Il rè non biasimò ne respinse l'empia adulazione di costoro, causando così la propria rovina. Sollevato infatti poco dopo lo sguardo, vide un angelo sulla sua testa 38. Subito, intuendo che egli, un tempo causa di beni, era in quel momento^ invece causa di mali, ebbe una fìtta al cuore, 7. a cui seguì subito dopo un dolore al ventre, insopportabile già fin dal primo sorgere. E allora, voltò lo sguardo verso gli amici, disse: "Io, che sono per voi un dio, ho ricevuto l'ordine di por fine alla mia vita: il destino infatti ha reso subito vane le vostre false grida di lode. Io, che da voi sono stato acclamato immortale, sono ormai colpito dalla morte. Bisogna .che accetti il destino che Dio mi ha riservato, perché non sono vissuto miseramente, ma in una gioia che diveniva, di giorno in giorno, sempre più grande". Mentre parlava, era tormentato dall'intensità del dolore. 8. Subito fu condotto alla reggia; la notizia della sua morte ormai imminente si diffuse ovunque in poco tempo. E il popolo subito, comprese donne e bambini, indossato il cilicio, come imponeva la legge patria, implorava da Dio la guarigione del rè;-
in tutta la città risuonavano grida di lamenti e pianto. Il rè, che giaceva in una stanza del piano superiore del palazzo, guardando verso il basso, scoppiò in lacrime nel vederli genuflessi. 9. Dopo essere stato tormentato per cinque giorni interi dai dolori al ventre, morì all'età di cinquantaquattro anni, dopo sette anni di regno 39, di cui quattro sotto Gaio Cesare - di questi tré nella triarchia di Filippo, e uno in quella di Erode - e tré da signore assoluto della Giudea, quale era stato designato dall'imperatore Claudio" 40.
10. Mi meraviglia il fatto che la narrazione che Giuseppe fa di questi avvenimenti e di altri ancora è altrettanto veritiera come quella della Sacra Scrittura. Ad alcuni che ne rilevano la discordanza sul nome del rè, faccio osservare che il tempo e l'avvenimento dimostrano che si tratta della medesima persona, sia che il nome sia stato cambiato per un errore di trascrizione, sia che egli avesse, come molti altri, due nomi.
11. il MAGO teuda
1. Luca, negli Atti (At 5, 34-36.), ricorda anche Gamaliele 41 che, durante il processo intentato agli apostoli, raccontò che al tempo oggetto della nostra indagine Teuda si ribellò affermando di essere qualcuno; ma fu ucciso e tutti coloro che lo avevano seguito furono dispersi. Ma lasciamo la parola a Giuseppe che, nell'opera sopra citata, dice di lui testualmente così:
38 In questo punto la citazione di Giuseppe Flavio risulta alterata: nello storico ebraico si legge infatti che non un angelo, ma un gufo apparve ad Erode. L'apparizione dell'angelo è invece attestata in At 12, 23. Eusebio, che sicuramente cita il passo in questione a memoria, fa confusione evidentemente fra le due fonti.
39 Erode Agrippa regnò infatti dal 42 al 48 d.C.
40 Antichità giudaiche, XIX, 343-351.
41 Era un fariseo della scuola di Hillel. Fu maestro di Paolo, come attestano At 22, 3.
2 "Quando Fado era procuratore della Giudea 42, un mago di nome Teuda persuase gran parte del popolo a prendere le proprie ricchezze e a seguirlo fin sulle rive del Giordano, si vantava infatti di essere profeta, e diceva che, dividendo con un solo cenno le acque del fiume, avrebbe dato loro facile passaggio. Ingannò molti con simili menzogne 3 Fado non permise che essi traessero vantaggio dalla sua pazzia, e gli inviò contro uno squadrone di cavalleria che, piombato su di loro con improvvisa e inaspettata carica, uccise molti, e molti prese vivi, fra questi era anche lo stesso Teuda, cui tagliarono la testa, che portò poi a Gerusalemme" 43 Oltre queste cose, ricorda la carestia che scoppiò sotto Claudio, dicendo:
1. "Inoltre una grande carestia si diffuse in Giudea 44, durante la quale la regina Elena comprò a caro prezzo grano dall'Egitto, che distribuì a coloro che ne avevano bisogno" ^
2 Come si è visto 46, ciò trova riscontro negli Atti degli Apostoli, in cui si narra che ognuno dei discepoli di Antiochia stabilì di mandare, ciascuno in base alla propria disponibilità, aiuti agli abitanti della Giudea. E tradussero in pratica questo proposito, mandando soccorsi ai presbiteri per mezzo di Paolo e Barnaba (At11,29 30) 3 E ancora oggi di Elena, di cui lo storico fa menzione, esistono magnifiche stele nei dintorni dell'attuale Elia 47, e si diceva che essa era regina del popolo dell'Adiabene 48
42 Morto Erode Agnppa (44 d C ), la Giudea fu affidata al governo del procuratore C Cuspio Fado, che rimase in carica fino al 46 d C
43 Antichità giudaiche, XX, 97 98
44 Ciò avvenne nel 46 d C anno in cui divenne governatore della Giùdea Tibeno Alessandro, successore di Fado
45 Antichità giudaiche, XX 101
46 Cf supra, 8, 2
47 L'imperatore Elio Adriano (117 138 d C ) conferì questo nome alla nuo\a citta di Gerusalemme, da lui poco prima distrutta per punire la nvoi ta di Bar Kocheba, scoppiata nel 132 (cf anche infra, IV, 6, 4)
48 Regione settentrionale della Mesopotamia
13 Simon mago
1 Quando la fede nel nostro Salvatore e Signore Gesù Cristo si era ormai diffusa presso tutti gli uomini, il nemico del la salvezza umana macchinava per conquistare a sé, prima di qualunque altra, la città degli imperatori 49, inviandovi d già menzionato Simone Questi, incantando con le sue arti magiche molti degli abitanti di Roma, li trascinava nell'errore 2 Questo dice Giustino 50, che visse non molto tempo dopo gli apostoli, nella sua Apologià, di lui riferirò ciò che lo riguarda al momen to opportuno 51 Egli, nella I Apologia, rivolta ad Antonino ^2 in difesa della nostra fede, così dice 3 "Dopo l'ascensione del Signore al cielo, i demoni spinsero alcuni uomini a proclamarsi dei, costoro non solo non li avete perseguitati, ma li avete persino resi degni di onori, così avete fatto con Simon Mago di Samaria, del villaggio detto Ghitton, costui, che al tempo dell'imperatore Claudio, nella città regale di Roma, esercitava la magia con l'abilità dei demoni potenti, lo avete considerato Dio e onorato come tale dedicandogli, tra i due ponti del fiume Tevere, una statua con incisa questa iscrizione in lingua latina: SI-MONI DEO SANCTO, che vuoi dire "A Simone, Dio, Santo"
49 Cioè Roma
50 Dotto teologo cristiano nato a Flavia Neapolis m Palestina nel 100 d C Dopo aver abbracciato la filosofia greca, m particolare quella platonica, si concerti al Cristianesimo, come egli accenna m li Apologià, 12, 1 2 e riferisce più diffusamente nel Dialogo con Tnfone, 2 8 (cf anche infra, IV, 8, 5) De nunciato poi dal filosofo cinico Crescente, mori martire nel 165 d C Sulle opere cf infra, IV 18 5iCf infra, IV, 16 18
52 II riferimento e ad Antonino Pio imperatore dal 138 al 161 d C Lo pera m venta non e indirizzata solo a questo imperatore ma anche a Marco Aurelio Lucio Vero al Senato e al popolo di Roma
4. E quasi tutti i Samaritani, ma pochi altri in altre nazioni, lo hanno riconosciuto e adorato come primo dìo. Chiamano sua prima Idea, una certa Elena, che in quel tempo lo seguiva, una volta prostituta" 54 a Tiro di Fenicia.
5. Questo dice Giustino. Con lui concorda anche Ireneo 55, che nel primo libro dell'opera Contro le eresie, scrive intorno all'uomo e alla sua empia e impura dottrina 56. Sarebbe superfluo riferire adesso le sue parole, dato che coloro che vogliono possono leggere nella citata opera le origini e le biografie degli eresiarchi che si sono succeduti dopo di lui, le dottrine dei loro falsi dogmi e i principi a tutti loro cari, temi che Ireneo ha trattato dettagliatamente. 6. Abbiamo imparato da lui che capo assoluto di ogni eresia è Simone; da costui fino ai nostri giorni coloro che abbracciano la sua dottrina fingono di seguire la filosofia dei cristiani, nota universalmente per saggezza e purezza di vita; ma non per questo non perseverano nella loro superstizione idolatrica, cui in apparenza hanno rinunciato, inginocchiandosi di fronte ai libri e alle immagini dello stesso Simone e della già nominata Elena, sua compagna, che ancora continuano ad adorare con incensi, sacrifici e libagioni -
53 La notizia è storicamente errata. Giustino confonde inratti Simone con Semone, un'antica divinità umbra e sabina del patto e della fedeltà, il cui culto è attestato dall'iscrizione, qui citata solo in parte da Eusebio, SEMONI SANCTO DEO FIDIO SACRUM, incisa su un'ara trovata nel 1574 nell'isola Tiberina, da una statua che raffigura il dio in modo simile ad Apollo, e da un'iscrizione trovata sul Quirinale. Su questo passo di Giustino cf. anche Tertulliano, L’anima, 34.
54 I Apologià, 26, 1-3.
55 Originario dell'Asia Minore, Ireneo è il più importante teologo della seconda metà del II secolo. Su di lui cf. anche infra, V, 20; 26 e l'ampia trattazione in M. Simonetti, La letteratura cristiana antica, cit., pp. 86-92.
56 Contro le eresie. I, 23, 1-4.
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7. I loro culti più segreti che, come si dice, colpiscono e, per usare un loro termine, "stordiscono" l'anima di coloro che per la prima volta li ascoltano, sono talmente pieni di "stordimento", di delirio e di pazzia da non potersi non solo riferire in quest'opera, ma neppure proferire dalle labbra di uomini probi per l'eccesso di turpitudine ed oscenità. 8. La loro esecranda dottrina supera di gran lunga tutto ciò che di più lercio di ogni turpitudine si potrebbe pensare: coloro che la professano infatti abusano di donne meschine, ricolme di ogni genere di vizi.
14. la PREDICAZIONE DELL'APOSTOLO PIETRO A ROMA
- La nemica potenza, ostile alla salvezza degli uomini, era in Simone, male esiziale, che essa rese padre e artefice di sì grandi mali in quel tempo e grande nemico degli incliti e divini apostoli del nostro Salvatore. 2. Tuttavia la grazia divina e celeste venne in aiuto dal cielo ai suoi servi, spegnendo velocemente la fiamma del Demonio, sempre desta a causa della venuta e della presenza di tali uomini malvagi, eliminando e abbattendo ogni altezza orgogliosa che si opponeva alla conoscenza di Dio (
2 Cor l0,5)
<DIR> 3. Nessuna insidia di Simone o di qualcuno dei suoi seguaci si affermò perciò nel tempo apostolico; la luce della verità trionfava su tutto, e dominava su ogni cosa lo stesso Verbo divino, che dal cielo risplendeva sugli uomini, affermandosi sulla terra e dimorando presso i propri apostoli. 4. Ma subito il mago già menzionato, come se gli occhi della sua mente fossero stati colpiti da un bagliore divino e prodigioso, non appena le sue macchinazioni in Giudea furono portate alla luce dall'apostolo Pietro ( At 8, 18-23)., intraprese un lunghissimo viaggio oltre mare, fuggendo dall'Oriente in Occidente, dove, credeva, gli sarebbe stato possibile vivere secondo i suoi desideri. 5. Giunto nella città di Roma, sorretto nei suoi grandi progetti dalla potenza che lo proteggeva, in poco tempo fece tali prodigi da essere onorato come un dio dagli abitanti di quella città con la dedica di una statua 57. Ma il successo non ebbe lunga durata. 6. Sotto il regno di Claudio la Provvidenza universale, sommo bene e vi-cinissima agli uomini, condusse a Roma, contro un sì grande corruttore della vita, Pietro, forte e grande fra gli apostoli, loro guida per la sua virtù. Questi, combattendo, come un nobile condottiero di Dio, con armi divine, portava dall'Oriente in Occidente la mercanzia pregiata della luce spirituale, diffondendo l'annuncio del regno dei cieli, luce e parola salvatrice di anime.
</DIR> 15 IL VANGELO SECONDO MARCO
1. Così dunque, diffondendo fra gli abitanti di Roma la parola divina, Pietro pose subito fine alla potenza di Simone. La luce della santilà risplendette a tal punto nelle menti di coloro che ascoltavano Pietro che non era per loro più sufficiente udirlo una sola volta. Non bastava più neppure l'insegnamento orale della parola divina: scongiurarono infatti Marco (di cui ci è pervenuto il Vangelo), seguace di Pietro, con preghiere di ogni tipo di lasciare un resoconto scritto dell'insegnamento che egli aveva dato loro oralmente; e non desistettero dalla loro insistenza finché non vennero esauditi. Furono così causa della redazione del Vangelo detto "secondo Marco". 2. L'apostolo Pietro, come si dice, saputo il fatto per rivelazione dello Spirito, gioì del loro zelo e acconsentì alla lettura del testo nelle
^Cf supra, 13en 53
Chiese. Clemente riferisce questa notizia nel sesto libro delle Ipotiposi, e con lui concorda anche Papia, vescovo di lerapo-li ^8. Pietro fa menzione di Marco nella sua prima lettera che, a quanto si dice, compose proprio a Roma, come egli stesso attesta, chiamando la città metaforicamente Babilonia quando afferma. Vi saluta la Chiesa di Babilonia e Marco, mio figlio u.
16. MARCO PER PRIMO PREDICO AGLI egiziani LA CONOSCENZA DI CRISTO
1. Si dice che Marco, mandato in Egitto, fu il primo a diffondervi il Vangelo che egli compose e ad istituire Chiese nella stessa Alessandria. 2. Grazie alla saggezza e allo zelo del suo modo di vita, il numero dei fedeli, uomini e donne, aumentò a tal punto che Filone reputò degno riferire per iscritto delle loro controversie, riunioni, banchetti e della loro condotta di vita ^.
17.RACCONTO DI FILONE SUGLI ASCETI D'EGITTO
1. Si dice che quest'ultimo, al tempo di Claudio, sia andato a Roma per parlare con Pietro, che lì allora predicava. Ciò è verosimile, poiché proprio l'opera già citata, da lui composta negli anni successivi, riferisce chiaramente le regole della Chiesa rispettate ancora fino ai nostri giorni.
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2. Dalla sua descrizione precisa e minuziosa della vita dei nostri asceti risulta chiaro che egli non solo li conosceva personalmente, ma anche che li celebrava, li ammirava e li riveriva come apostoli del suo tempo. Essi, come è verosimile, erano di origine ebraica, e per questo osservavano ancora gran parte delle antiche usanze giudaiche. 3. Fin dal principio dell'opera intitolata La vita contemplativa o i supplicanti. Filone dice fermamente di non avere intenzione di introdurre false notizie o racconti derivanti dalla sua personale fantasia nei fatti che stava per raccontare 60. Afferma poi che gli uomini erano detti terapeuti, e le donne che stavano con loro terapeute 61, spiegando tale denominazione o col fatto che essi guarivano e curavano le anime di quanti a loro si rivolgevano, liberandole come medici dai mali causati dalla malvagità 62, o con la loro devozione pura e genuina a Dio .4. E non è necessario discutere a lungo se egli per primo abbia usato questo nome in riferimento alla condotta di vita di quegli uomini, o se già altri prima di lui lo abbiano adoperato, quando ancora la dottrina cristiana non era diffusa nel mondo intero. 5. Per prima cosa egli è testimone della loro rinuncia alle ricchezze, dicendo che non appena cominciavano a vivere secondo saggezza, cedevano tutti i loro beni ai parenti 64; abbandonata così ogni preoccupazione terrena, lasciavano le città per andare a vivere nei campi in solitudine e nei giardini: sapevano bene infatti che ogni rapporto con uomini diversi da loro sarebbe stato inutile e dannoso 65, poiché essi, agendo in quel modo, come è verosimile, cercavano di imitare la vita dei Profeti con fede molto sincera e fervente -
u 1 Pt 5, 13
58 Di Papia, vissuto tra il I e il II secolo d C a lerapoli m Frigia, di cui fu anche vescovo, sappiamo solo che udì l'insegnamento di Giovanni e fu amico di Policarpo (cr Ireneo, Contro le eresie, V, 33, 4) Per le opere cf in fra, IH, 39
59 A questi argomenti l'autore dedico l'opera dal titolo La vita contemplativa, citata da Eusebio a 17, 3
60 Filone,?. 471,6-7
61 I Terapeutidi d'Egitto, che Filone descrive come cristiani, erano in vece una setta giudaica dedita ad una vita monastica, simile, forse, a quella nota dai manoscritti di Qumran
62 Terapeuti deriva infatti dal verbo greco therapeùo, che significa "guarire" ^Filone,? 471, 15; p 472,3
64 Filone,? 473, 1S-22
65 Filone, p. 474, 17-34
^At2,45 ^At 4, 34-35.
66 U termine designava ogni singola area giunsdizionale m cui era divi-
<DIR> so l'Egitto , , ,, , ^ Lago sito a sud di Alessandria
</DIR> 68 Filone,? 474,35-44.
69 Filone,? 475, 14-22.
6 Anche gli Atti degli Apostoli, opera di indiscussa autenticità, attestano che tutti i discepoli degli apostoli, venduti i loro beni e le loro sostanze, ne dividevano il ricavato a tutti in base alla necessità di ciascuno, perché nessuno tra loro rimanesse nel bisogno . Tutti quelli che possedevano terre o case, come recita il testo, le vendevano e ne portavano il ricavato ai piedi degli apostoli, perché fosse dato a ciascuno secondo il suo bisogno ^ 7 Dopo aver riferito usanze simili a quelle ora esposte, Filone continua dicendo "Questo genere di uomini si trova in ogni parte del mondo bisognava infatti che sia la Grecia sia i barbari partecipassero del bene perfetto, ma in Egitto, in ognuno dei cosiddetti "nomi" 66, sono più numerosi, e in special modo nella regione intorno ad Alessandna 8 Da ogni luogo i migliori, come ad una patria di terapeuti, inviano loro una colonia in un luogo prefissato, che si trova su una collinetta situata al di là del lago Mareotide 67, molto adatto per la sua sicurezza e la salubrità dell'aria" 68 E poi, dopo aver riferito come erano costruite le loro dimore, riporta queste notizie sulle Chiese sorte in quella regione 9 "In ogni casa vi è una stanza sacra, detta santuario e monastero, in cui si ritirano per celebrare i misteri della santa vita, non portando nulla con sé, ne bevanda ne cibo ne niente di ciò che serve a soddisfare i bisogni del corpo, ma canti, profezie, inni e altre cose con cui ampliare e perfezionare la scienza e la devozione" 9 Poi aggiunge 10 "Trascorrono tutto il tempo, da mattina a sera, ad esercitare continuamente il loro spirito alla venerazione. Studiando le Sacre Scritture, interpretano la filosofìa degli avi mediante l'allegoria, poiché ritengono l'interpretazione letterale simbolo di una realtà nascosta, conoscibile con l'interpretazione allegorica. -
v At 2 45 \\ At 4, 34 35
66 II termine designava ogni singola area giunsdizionale in cui era divi so 1 Egitto 6/ Lago sito a sud di Alessandna 68 Filone, p 474, 35 44 ^Filone,? 475, 1422
11. Hanno anche opere di antichi scrittori, fondatori della loro setta, che hanno lasciato molte tracce della loro sapienza in forma allegorica; di queste fanno uso come di modelli, per imitare il loro modo di vivere" 70. 12. Queste cose è parso opportuno dire a questo autore, che li ha sentiti di persona spiegare le Sacre Scritture; ed è molto verosimile che quelle opere degli antichi, che lo scrittore dice essere da loro possedute, siano i Vangeli, gli scritti degli apostoli, e forse alcune spiegazioni degli antichi profeti, come quelle presenti nella Lettera agli Ebrei e in molte altre lettere di Paolo. 13. Così dice poi sul fatto che essi scrivevano nuovi Salmi: "Non si danno solo alla meditazione, ma scrivono anche canti e inni a Dio in ogni genere di metri e melodie, facendo ricorso necessariamente a ritmi gravi" 71. 14. In quella stessa opera Filone riferisce molte altre notizie su di loro; ma a me è sembrato necessario dovere scegliere quelle da cui potessero risaltare le peculiarità della loro vita ecclesiastica. 15. Ma se a qualcuno sembra che le cose dette non siano proprie di una vita vissuta secondo il Vangelo, ma si possano dire anche di altri, oltre che delle persone in questione, si persuada del contrario alla seguente testimonianza di Filone, in cui ognuno, se sarà obiettivo, potrà trovare un'inconfutabile prova a questo riguardo. Dice Filone: 16. "Pongono come fondamento dell'anima la temperanza, da cui fanno derivare le altre virtù. A nessuno di loro è consentito mangiare o bere prima del calar del sole, poiché reputano l'attività mentale degna di essere esercitata alla luce del giorno, e i bisogni del corpo di essere soddisfatti di notte; per cui riservano alla contemplazione il giorno, alle esigenze materiali una piccola parte della notte. -
70 Filone, pp 475. 34 - 476, 2
71 Filone,?. 476, 2-5.
17. Alcuni poi, nei quali è maggiore il desiderio della conoscenza, dimenticano di mangiare anche per tré giorni; altri godono e sono così felici di nutrirsi con la scienza, che elargisce loro i dogmi con abbondanza e generosità, da digiunare per un tempo doppio, ormai avvezzi a nutrirsi del necessario una volta ogni sei giorni" 72. Ritengo che queste parole di Filone riguardino in modo chiaro ed ineccepibile i seguaci della nostra religione. 18. Ma se qualcuno persevera ancora nell'opporsi a queste prove, deponga pure la sua diffidenza, prestando fede a più inoppugnabili argomenti, che non è possibile reperire se non nella religione cristiana fondata sul Vangelo.
19. Lo stesso autore dice 7^ che con questi uomini, di cui sto parlando, c'erano anche donne, la maggior parte delle quali rimaste vergini fino alla vecchiaia per avere avuto cura della propria purezza, non perché obbligate dalla necessità, come fanno alcune sacerdotesse tra i Greci 74, ma piuttosto per volontaria decisione, perché desiderose di vivere con zelo e desiderio di sapienza, rinunciando ai piaceri del corpo: è loro aspirazione infatti avere non discendenti mortali, ma immortali, quali soltanto l'anima che ama Dio può da sé generare. 20. Più avanti spiega queste cose in modo più esplicito: "Spiegano allegoricamente le Sacre Scritture. Tutta la Legge è da loro paragonata ad un essere vivente, il cui corpo è costituito dall'ordine delle parole, l'anima dal senso invisibile in esse nascosto, che la setta in questione ha cominciato a contemplare con più attenzione, come se vedesse riflettersi, nello specchio delle parole, pensieri di infinita bellezza" 75-
72 Filone, p. 476, 36-49
73 Filone, p. 482, 3-11
74 Le sacerdotesse greche avevano l'obbligo di mantenere la verginità fino al momento della consacrazione. La loro osservazione della purezza era pertanto temporanea; cf. a questo proposito Pausania, Penegesi, VI, 20, 2; Vili, 13, 1; Plutarco, Vita di Numa, 9.
75 filone, pp 483,42-484, 1