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I COMANDAMENTI: base comune per tutti i CREDENTI

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    00 18/01/2011 22:56
    Introduzione

    Ciò che è sgradito a te, non lo fare al tuo prossimo.
    Questa è la Legge, il resto non sono che commenti. Vai e impara.

    (Talmud babilonese, Sabbat 31a)

    La regola d’oro di Hillel il Saggio definisce nel giudaismo la relazione
    interpersonale e serve anche ad altre culture e religioni, quale indicazione per
    definire umanità e saggezza. Il dovere di amare il prossimo e lo straniero, così
    come il comandamento di prendersi cura della vedova, dell’orfano, del povero e
    dello straniero hanno il loro fondamento nella Bibbia ebraica, nella letteratura
    rabbinica e nel Nuovo Testamento. Ma qual è il significato di “Altro” nelle fonti
    giudaiche e cristiane? E’ amico, compagno, vicino, fratello, prossimo, straniero o
    nemico? Nella Bibbia e nella letteratura rabbinica, l’“Altro” non è ancora visto nel
    senso della filosofia giudaica moderna, che lo vede come un “Mitmensch”
    (letteralmente “l’uomo con il quale mi trovo”) nel senso etico e religioso (Hermann
    Cohen), come l’“Altro” che mi impedisce di uccidere (Emmanuel Levinas), come il
    “tu” che costituisce il mio io (Franz Rosenzweig; Martin Buber). Le tradizioni
    bibliche e pre-giudaiche concordano tuttavia con il pensiero contemporaneo che
    legge il termine come “di fronte all’Altro”.
    Solo il conoscere e il riconoscere l’“Altro” conducono, in campo interreligioso, a
    una percezione differenziata dell’ebraismo da parte dei cristiani e del
    cristianesimo da parte degli ebrei.
    Il saggio “L’Immagine dell’Altro” si basa su uno scambio di riflessioni della
    Commissione di Dialogo ebraico-cristiana e della giornata di studio tenuta il 21-22
    marzo 2004 in collaborazione con il Centro di studi Lassalle di Bad
    Schönbrunn/ZG. Ringraziamo tutti i relatori e gli invitati per le loro osservazioni e
    riflessioni.
    Il tema dell’Altro e dello straniero suscitano un crescente interesse nelle diverse
    sfere della società, della politica, delle arti e delle scienze. Noi possiamo solo
    sfiorare questa problematica. La scienza biblica, giudaica, interreligiosa, filosofica
    e sociologica getta uno sguardo sulle immagini dell’“Altro” e sulle sfaccettature
    dello straniero e si interpella sulla loro validità oggi. In questo contesto, è
    purtroppo impossibile studiare la questione considerando tutte le dimensioni e
    secondo la prospettiva della scienza politica, della ricerca antisemita, della
    psicologia, della questione femminile e delle religioni mondiali. Speriamo tuttavia
    che l’immagine abbozzata dell’Altro trovi una eco sulla piazza pubblica e serva
    come riferimento per le comunità e le scuole ebraiche e cristiane.
    L’anno 2005 è posto sotto il segno del ricordo e della memoria.
    La seconda guerra mondiale è terminata 60 anni fa. Il movimento di costruzione
    del dialogo ebreo-cristiano, nato all’ombra della shoah, della persecuzione e
    dell’estinzione dell’ebraismo europeo, si basa sulla conoscenza, la comprensione
    delle altre religioni e la riconciliazione fra ebraismo e cristianesimo. Con la
    dichiarazione Nostra aetate, che spiega la sua posizione verso le religioni non
    cristiane, la Chiesa cattolica ha innescato 40 anni fa, durante il Concilio Vaticano
    4
    II, la ripresa e il rinnovo delle relazioni con il popolo ebreo, il giudaismo e Israele.
    In Germania, la Chiesa evangelica ricorda soprattutto la decisione sinodale
    renanica Il rinnovo delle relazioni fra cristiani e ebrei di 25 anni fa. Dal punto di
    vista ebraico, la dichiarazione Dabru Emet (Dite la verità) ha dato, 5 anni fa, degli
    impulsi per un dialogo teologico fra ebrei e cristiani.
    In Svizzera, da 15 anni, esiste la Commissione di Dialogo ebraico-cristiana
    (CDJC) che riunisce uomini di scienza e persone impegnate nel dialogo ebreocristiano
    e i cui scopi sono l’informazione sull’attualità e le pubblicazioni ebraiche
    e cristiane, le reazioni agli avvenimenti politico-sociali, discussioni su temi religiosi
    e filosofici che trattano del giudaismo e del cristianesimo. Le pubblicazioni
    preparate dalla Commissione Antisemitismo: peccato contro Dio e l’umanità
    (1992); Dichiarazione della Conferenza dei Vescovi svizzeri sul comportamento
    della Chiesa cattolica in Svizzera verso il popolo ebraico durante la seconda
    guerra mondiale e oggi (2000); Dichiarazione contro il terrorismo e la violenza
    (2002), sono state ampiamente divulgate. Ringraziamo i membri della CDJC, il
    Prof. Alfred Donath e il Vescovo Kurt Koch, la Federazione svizzera delle
    Comunità Israelitiche (FSCI) e la Conferenza dei Vescovi svizzeri (CVS) per
    l’incoraggiamento a questa pubblicazione.
    In un’epoca confrontata al fenomeno dell’antisemitismo, del razzismo e dell’odio
    verso lo straniero, noi seguiamo la via del rispetto reciproco e della comprensione
    dell’ebraismo e del cristianesimo. Esprimiamo all’“Altro” la nostra riconoscenza.
    L’immagine dell’Altro non può essere che un inizio, perché queste immagini
    devono lasciare spazio all’inafferrabile, a questa scintilla viva e divina che è
    nell’uomo. Lo scrittore Max Frisch ha trasferito il problema del divieto di crearsi
    un’immagine, dai valori culturali e teologici alla sfera umana e psicologica: “è
    scritto: non crearti immagini di Dio. Questo potrebbe valere anche nel senso: Dio
    vive in ogni uomo, è ciò che è inafferrabile. E’ una trasgressione che
    commettiamo pressoché di continuo e che ci è inflitta a nostra volta – Eccetto
    quando amiamo”.
    Per la Commissione di dialogo ebraico-cristiana
    Prof. Ernst Ludwig Ehrlich, co-presidente
    Prof. Verena Lenzen, co-presidente
    [Modificato da Credente 04/03/2012 23:03]
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    00 04/03/2012 22:42

    Noi tendiamo ad evadere dai comandamenti perché li sentiamo come una costrizione che coarta la nostra libertà, ci prescrive cose scomode o svantaggiose che sono risparmiate a coloro che non credono in Dio e quindi non sono tenuti a rispettare i comandamenti. Allora dove è la libertà dei figli di Dio?

    Gal 5,1: «affinché fossimo liberi Cristo ci ha dato la libertà. State dunque saldi e non piegatevi di nuovo sotto il giogo della schiavitù».

    Chi non può esercitare questa libertà, se non vuole smarrire la via che porta a Dio, deve farsi aiutare dai comandamenti.

    Gesù definisce i comandamenti come una condizione per entrare nel Regno di Dio (Mc 10,17-22). Egli è contrario ad annullare il comandamento di Dio (Mc 7,13).

    Nel discorso della montagna ha radicalizzato i comandamenti: un’imprecazione è uguale ad un omicidio, uno sguardo lascivo ad un adulterio…

    I comandamenti di Dio sintetizzati nelle dieci parole vogliono la libertà e la vita e cercheremo di dimostrarlo.


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    00 04/03/2012 22:44
    di Adolf Exeler

    1° Comandamento:    IO SONO IL SIGNORE DIO TUO

    Per imporre dei comandamenti ed esigere da noi l’osservanza Dio fa ricorso alla sua autorità indiscutibile. “Io sono Jahve” (colui che sarà per gli uomini) qualunque cosa succeda Dio è presente, un invito alla confidenza. «Io sono il tuo Dio» un Dio tutto per noi! «Jahve è il mio possesso e la mia eredità» dice il salmista (Sal 16,5).

    «Io sono Jahve tuo Dio che ti ha fatto uscire dall’Egitto».

    Jahve è un Dio liberatore, come può dunque incatenarci con i comandamenti?

    Tu uomo che hai udito e compreso chi ti ha parlato e sta al tuo fianco, non sarai così cieco da fare questo male e da omettere questo bene! Se farai così cadrai nella schiavitù e nella miseria come in Egitto!

    Le due tavole

    I primi tre comandamenti si riferiscono ai rapporti con Dio e gli altri sette ai rapporti con gli uomini. Queste due tavole sono congiunte: il culto reso a Dio disgiunto dall’amore al prossimo non è un vero culto (ama Dio – ama il prossimo).

    Quando ci presentiamo al cospetto di Dio ci sentiamo subito interrogare sul nostro prossimo: ‘Come ti sei comportato con esso?’ (vedi i profeti).

    Oggi il nostro mondo è pieno di problemi morali: eutanasia, aborto, guerra… se qualcuno potesse dirci con sicurezza che cosa sia giusto o sbagliato, che cosa sia bene o male, sarebbe per noi una liberazione!

    Nei 10 comandamenti ci viene detto per bocca di Dio come possiamo vivere senza dover temere che questa vita fallisca. I dieci comandamenti sono precetti di vita (Dt 30,15), sono precetti di libertà; rappresentano la volontà di Dio per noi e Dio ci vuole bene.

    Questo sarà un breve catechismo della libertà dei figli di Dio!

    non avrai altri dei accanto a me

    (devi credere solo in Dio! – non allontanarti da Dio)

    Sal 115: «perché devono dire le genti dov’è il loro Dio? Il nostro Dio è nei cieli, tutto ciò che volle creò. I loro idoli invece sono argento e oro, fattura di mani d’uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno orecchie e non odono, hanno occhi e non vedono, hanno naso e non odorano, hanno mani e non palpano… non parlano con le loro gole. Come loro siano coloro che li fecero e ognuno che confida in essi».

    Is 44,9-10: «Gli artefici di idoli sono tutti vanità, i loro oggetti preziosi non giovano a nulla… Chi plasma e fonde un idolo fa tutto ciò senza utilità?…».

    Gli dei non hanno emozioni umane. E’ cosa stupida attendersi qualcosa da essi. Non vale la pena di confidare in essi; si rimane delusi. L’idolo è un Dio finto, che non serve a nulla.

    Il vero Dio Jahve dice: Abbandonati a me, solo io merito la tua fiducia. Io possiedo emozioni umane, io solo posso ascoltarti e capirti perché ti ho creato e liberato dalla schiavitù. Io solo posso ascoltarti, comprenderti, sostenerti, guidarti, amarti. Puoi fidarti di me, credere in me!

    Il vivere e il morire dell’uomo è in buone mani. Dio è il donatore della vita dell’uomo perché Dio è la vita. Egli non può volere che la vita per me! Un idolo è ciò da cui ci si attende qualcosa che non può dare, non può darci vita.

    Noi ci attendiamo la pienezza di vita dalla carriera professionale, dal conto in banca, dai figli, dal progresso, dal partito, dal potere… A questi idoli sacrifichiamo tutto, per nulla!

    Dio ci rende la vita piena, in quanto vuole essere il nostro Dio, ci invita a credere nella sua parola. Jahve ci libera dai falsi idoli, dal timore della loro imprevedibilità! dal timore del caso, della sfortuna…

    Il primo comandamento è la sintesi del vangelo; Gesù è venuto infatti per aiutarci a riporre la nostra fiducia solo in Dio, nostro Padre, perché la merita.

    Che cosa dobbiamo fare?

    A volte escogitiamo dei metodi per ritirare la fiducia a Dio o impostare in maniera sbagliata le nostre antenne sull’onda di Dio. Oppure confidiamo in noi stessi e negli idoli che ci siamo fatti; noi ci allontaniamo da Dio.

    Il primo comandamento ci dice: NON ALLONTANARTI DA DIO!

    1) Cercare Dio. Noi ci allontaniamo da Dio quando evitiamo con cura di interessarci di lui e ricercarlo. Osservare il primo comandamento allora significa considerare il problema di Dio e della sua realtà nella nostra vita come il più importante di tutti i problemi e meditare su di esso per tutta la vita. Conosciamo Dio? Siamo capaci di parlare di lui sul lavoro? Conosciamo solo due o tre formule impacciate? Crediamo che Dio ci vuole liberi e felici oppure lo sentiamo come colui che ci rende la vita più difficile di quanto sia?

    2) Contare su Dio: noi ci allontaniamo da Dio quando viviamo come dei pagani che non contano su Dio. Viviamo alla giornata, facciamo le cose più semplici con una segreta disperazione: mangiare, bere, litigare, imporre i nostri punti di vista, mettere noi stessi in luce, non ammettere di aver torto.

    Osservare il primo comandamento è vivere sapendo che la nostra vita è nonostante tanti scacchi e sofferenze qualcosa di buono, anche quando non ci sembra tale

    3) Essere riconoscenti: una specie di allontanamento da Dio è il mostrarsi ingrati. Il vedere in tutte le cose sempre il lato oscuro, in tutto gli uomini solo i lati negativi.

    Osservare il primo comandamento è vedere il lato buono nelle persone e nelle cose perché dietro ci sta Dio. Lasciare che la tristezza sia uno stato d’animo depressivo che a volte ci tormenta, ma che non possiamo prendere sul serio come la gioia cui ci abilita la fede in Dio. Avere occhi per vedere gli innumerevoli doni che Dio ci da ogni giorno ed esserne riconoscenti.

    4) Saper ricevere: ci allontaniamo da Dio quando pensiamo che veramente conti soltanto quello che noi stessi facciamo. Che conti solo il fare, mentre il ricevere sarebbe pigrizia o comodità. Quando non sopportiamo il sentimento di aver fatto sempre troppo poco davanti a Dio. Quando pensiamo a Dio come il protettore degli uomini attivi, baciati dal successo. Il cui favore può essere ottenuto solo se si fa abbastanza con le proprie forze. Che aiuta i deboli e i perduti solo se essi stessi insorgono dalla loro debolezza e smarrimento. Non sopportiamo il Dio dei falliti. Questa è la peggiore incredulità.

    Davanti a Dio conta l’uomo, la mano aperta, il saper ricevere, il lasciarsi donare. Per questo Gesù dice che dobbiamo diventare come bambini, e sopportare il sentimento di essere radicalmente dipendente da Dio, di essere sempre debitori dell’amore di Dio. E tutto ciò che è storto nel nostro agire ci deve buttare nelle braccia del Padre che ricomincia sempre da capo.

    5) Preghiera. Per osservare il primo comandamento occorre affidarsi alla preghiera. Pregare e dire a Dio stesso la propria fede: ‘credo in te Signore, spero in te’.

    Chi prega si presenta a Dio parlando a lui e con lui, nella lode, nella adorazione, nel ringraziamento, nel lamento, nella confessione delle colpe, nella domanda.

    Popolo di Dio

    Possiamo sintetizzare il primo comandamento in: ‘Puoi credere in Dio”.

    Mediante la proclamazione del decalogo Israele venne radunato nel Popolo di Dio. «Io voglio essere il vostro Dio, e voi sarete il mio popolo» (Es 6,7).

    Questo popolo di Dio è ora la chiesa. Fa parte del primo comandamento il lasciarci trarre fuori dall’isolamento e introdurre nella comunità dei credenti.


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    00 04/03/2012 22:45

    2° Comandamento:

    NON NOMINARE IL NOME DI DIO INVANO

    cioè ‘non abusare del tuo potere’

    «Non ti servirai del nome di Jahve Dio tuo per la menzogna!» (Dt 5,11)

    Non abuserai del Nome di Jahve tuo Dio’: così si dovrebbe tradurre, cioè non dovremmo usare il nome di Dio, dei santi, senza rispetto e nella bestemmia; proibisce anche il giuramento falso, lo spergiuro in nome di Dio. Ma questo è troppo poco ancora.

    Il nome di Dio

    La gente del tempo di Israele antico era convinta che la conoscenza del nome di una cosa le avrebbe dato anche il diritto di dominarla e di farne l’uso che voleva. Ciò vale anche per gli esseri viventi, l’uomo e gli spiriti.

    Il dominio di Adamo sulla creazione comincia nel momento in cui egli dà un nome alle creature (Gen 2,19-20). Vedi Giacobbe allo Jabbek (Gen 32). Conoscendo il nome di un dio si poteva renderlo docile ai propri desideri. Gli dei dovevano rispettare questa legge di natura, con gli uomini.

    Il più grande motivo di orgoglio di Israele era il fatto che conoscevano il nome di Dio: Jahve! «Io sarò quel che sarò» (Es 3,14).

    Questo comandamento vietava di servirsi del nome di Jahve per compiere gli stessi scongiuri dei pagani al fine di esercitare un potere che non compete alle forze dell’uomo.

    La libertà di Dio

    Dio ha deciso di esistere per il suo popolo, di guidarlo nel suo cammino attraverso la storia e di assicurargli la sua fedeltà e il suo amore. Liberamente ha rivelato al suo popolo il suo nome, cioè il suo essere; non lo si può scongiurare e quindi costringere al servizio dei propri desideri. Le divinità pagane non erano Dio, erano pezzi di mondo, qualcosa di cui si poteva disporre come qualsiasi altra cosa di questo mondo.

    Dio di Israele si è invece rivelato come colui al quale l’uomo può affidarsi in ogni istante della sua esistenza. Non c’è neppure bisogno di scongiurarlo per divenire partecipi della sua benedizione. E’ Dio che liberamente si dona! Dio è accanto all’uomo molto prima che gli si chieda di esserlo.

    Il secondo comandamento intende dire questo: nella vostra pietà comportatevi come si addice al Dio meraviglioso, potente, libero, la cui gioia consiste nell’essere il vostro Dio.

    CHE COSA DOBBIAMO FARE?

    Chiacchiera e bestemmia

    Evitare l’uso leggero e irrispettoso del nome di Dio. Anche noi usiamo tanti modi di dire senza seriamente parlare di Dio, nei nostri intercalari. Forse depauperiamo la nostra fede agli occhi degli altri per il fatto di usare tranquillamente tali modi di dire. Occorre essere coerenti e non usare tali modi di dire. Lo stesso vale per i nomi dei santi. Nessuna leggerezza!

    Ciò vale ancora di più per la bestemmia.

    La bestemmia caratterizza la vera profondità e la non profondità di fede di una persona. Se ci fermassimo un attimo dopo aver bestemmiato forse verremmo colti da un salutare terrore per quello che abbiamo detto.

    Dio e umorismo

    Non si può pronunciare con leggerezza il nome di Dio. Ma in un attimo di umorismo? Ci sono barzellette nelle quali le persone divine provocano una situazione comica e quindi muovono al riso. Ci sono caricature di contenuto religioso su molti giornali. Tutte trasgressioni al 2° Comandamento?

    Evidentemente occorre rispettare la sensibilità di molti cristiani che si sentono feriti nei loro sentimenti religiosi ed essere prudenti quando si parla con persone di questo tipo.

    La Bibbia dice che «Dio non si lascia schermire» (Gal 6,7) intendendo il comportamento e l’agire che non prendono sul serio tutti i comandamenti di Dio. Ma in Sal 2,4 e 37,13 la Bibbia dice che Dio stesso ‘ride’ e ‘schernisce’ i suoi nemici che gli resistono senza poter far nulla contro di lui.

    Non dobbiamo aver paura di esprimerci su Dio presentandolo come uno che se la ride e viene a capo di uomini e di situazioni con la sua azione superiore. Tali storie e barzellette sono peccato contro il 2° Comandamento se nello scherzo è implicita una critica molto seria della pesantezza, mancanza di fantasia e stupidità delle persone, dell’intollerabilità di certe situazioni ecclesiastiche. Una critica affidata allo scherzo può aver persino la necessaria funzione della valvola che libera dall’eccessiva pressione di una determinata situazione di conflitto all’interno della Chiesa.

    Una chiesa in cui c’è sempre qualcosa da buttare nel ridicolo è decisamente sulla buona strada della fede.

    Le stesse regole valgono anche per le provocazioni che vengono dal cinema, dalle opere teatrali.

    Potere

    Gli scongiuratori di Dio, delle cui imprese il secondo comandamento voleva por fine, volevano esercitare un potere sugli uomini, sulle cose per piegarli in proprio favore.

    E’ il desiderio istintivo dell’uomo di sottomettere gli altri alla propria volontà, spezzando tutte le resistenze che vi si oppongono. Come sarebbe allettante se si potesse dire: io esercito questo potere in nome di Dio, il potere di Dio è a mia disposizione!

    Abuso di potere

    Nell’uso del potere civile e religioso non si può più richiamarsi tranquillamente a Dio come faceva il pagano, che credeva di poter piegare al proprio servizio il potere stesso di Dio.

    Ora il potere di Dio si trova nella persona che usa questo potere in favore della quale Dio stesso impegna il proprio potere. Il potere di Dio non è dalla parte di quanti lo invocano più frequentemente e insistentemente, ma dalla parte dei deboli e degli indifesi.

    La vera e più grave infrazione del secondo comandamento è perciò l’abuso di potere, l’abuso delle doti e delle possibilità discrezionali che Dio ci ha donato a proprio vantaggio e a spese di coloro che non possono difendersi. Noi ci rendiamo responsabili del piccolo e in apparente abuso che può trasformare in una caricatura la vita cristiana e la stessa vita umana.

    Quante volte abbiamo voluto cose di scarsa importanza, abbiamo voluto prevenire un altro nello sfruttare una certa possibilità, quante volte ci siamo inchinati verso i potenti e maltratto i poveri, quante volte abbiamo voluto imporci nei confronti dei figli, degli alunni… solo per godere del sentimento di aver dominato, di esserci imposti.

    Il potere di Dio

    Il nome di Jahve è ‘Io sarò’; osservare il secondo comandamento è allora: fedeltà anche contro l’infedeltà, amore anche contro odio, fiducia anche contro la sfiducia.

    La potenza di Dio si è manifestata nella croce di Gesù: ‘Dio è aiuto!’, il Dio crocifisso è il nostro aiuto; dalla nostra parte non abbiamo nessun altro potere!



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    00 04/03/2012 22:46

    3° RICORDATI DI SANTIFICARE LE FESTE

    (sei giorni per l’uomo – UNO per DIO!)

    Due motivazioni diverse per questo comandamento.

     Es 20,8-11: «Ricordati del giorno del sabato per santificarlo; sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te.

    Perché sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e quanto è in essi, ma il settimo giorno si è riposato. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro».

    (Ogni uomo è immagine di Dio, quindi è opportuno che si riposi in giorno di sabato).

     Dt 5,12-15: «Osserva il giorno di sabato per santificarlo, come Dio tuo ti ha comandato. Sei giorni faticherai e farai ogni lavoro, ma il settimo giorno è il sabato per il Signore tuo Dio: non fare lavoro alcuno, né tu,… Ricordati che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di sabato».

    Ogni uomo deve riposare il sabato come uomo libero, perché il Signore ha liberato il suo popolo dalla schiavitù, dai servizi obbligatori, e ora è libero!


    1. L’intenzione originaria

    Ogni settimo giorno gli uomini liberati da Dio devono prendere coscienza della libertà loro donata; debbono partecipare al riposo creatore di Dio e rinnovarsi così costantemente nella loro qualità di immagine divina.

    Le due redazioni sottolineano l’aspetto sociale del comandamento: il riposo è per tutti.

    Gli uomini liberati dal Signore che hanno sperimentato l’amarezza della schiavitù dovrebbero portare in sé l’impulso del cambiamento, affinché lavoro e riposo non continuino ad essere suddivisi tra schiavi e liberi: ogni uomo deve avere la sua parte benefica di lavoro e di riposo.






    1. Variazioni successive

    Questo comandamento che mirava alla libertà è stato utilizzato per comprimere l’uomo sia col sabato giudaico sia con la domenica cristiana.

    Gesù butta all’aria le prescrizioni complicate ebraiche e afferma: «Il sabato è stato creato per l’uomo e non l’uomo per il sabato».

    Gesù si preoccupa di mettere in risalto la virtù umanamente liberante di questo giorno. Anche nel cristianesimo comparvero presto tendenze oppressive che fecero sì che la domenica non fosse vissuta come festa della libertà. La partecipazione dei cristiani al culto domenicale è certo irrinunciabile, ma dove il rapporto di amore con Dio viene ridotto al dovere della frequenza alla messa, si cade nella situazione di due coniugi le cui relazioni coniugali vengano ridotte ai ‘doveri coniugali’.

    Il culto o servizio, divini, significa che noi celebriamo il fatto che Dio si è posto al servizio degli uomini. Gesù disse: «Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27).

    La tradizione ebraica vede il momento del riposo come tempo della pace; il riposo sabbatico è importante per l’uomo perché egli è immagine di Dio.


    1. Odierna attualizzazione


    1. Osservanza esteriore ma svuotamento interiore

    Tutti oggi lavorano e hanno tempo libero; sia i ricchi che i poveri. I professionisti (liberi) lavorano anche la domenica e muoiono per troppo lavoro. Ma si è perso il senso, per le classi inferiori, della domenica, del riposo: la nevrosi del sabato sera! o della domenica! (al ritorno dal week end). Tante persone trovano il senso della loro esistenza solo nell’attività professionale, si rifugiano nella frenesia della vita professionale; la domenica è ‘vuota’ senza senso perché senza lavoro! Occorre recuperare il senso del riposo, ma anche della santificazione e della comunione sociale.


      1. Santificazione

    Il giorno del riposo è fatto per ‘santificare’ il tempo, tirarlo fuori dall’ambito ordinario e metterlo in relazione con Dio (non solo andare a Messa).

    L’esperienza del sabato e della domenica dovrebbe aiutare l’uomo a prendere le distanze da se stesso, affinché le sue tante e molteplici occupazioni non finiscano per sequestrarlo e inghiottirlo in maniera pericolosa.

    Santificare il sabato è inserire la propria vita in orizzonti più vasti e divini.

    Dal ricordo (Esodo) al passato nascono la gratitudine del presente e la speranza nel futuro: Dio ha aiutato allora, è fedele e aiuterà quindi anche oggi e manterrà le sue promesse fino in fondo.

    Santificare, celebrare, ringraziare sono tre atti che vanno strettamente uniti: essi sono parte di un’umanità ben riuscita davanti a Dio. Quando uno ha imparato a ringraziare, ha compreso la ricchezza del dono di Cristo.

    Un’attività intensa e ininterrotta può a lungo andare esaurire l’uomo nella sua dimensione interiore e provocare in lui un vuoto inquietante. L’uomo non è quello che produce, ma quello che si lascia donare da Dio e che può quindi celebrare. Nel culto il tempo libero è un grandioso spreco di tempo; e questo ha un effetto liberante.

    Nel culto ebraico si celebra la liberazione operata dal Signore. Per i cristiani questo significa: come Dio ha liberato il suo popolo da una schiavitù mortale così ha liberato dalle catene della morte Gesù; tale azioni liberatrice è l’azione più grande di Dio e non si finirà mai di celebrarla. Se Gesù è stato liberato definitivamente anche noi saremo liberati definitivamente. Dobbiamo celebrarlo!


      1. Comunione di uomini liberati

    L’osservanza del sabato include anche l’esperienza della comunione di uomini liberati. L’amore traboccante di Dio vuole promuovere gli uomini mediante la comunione con lui e tra loro.

    Il sabato e la domenica dovrebbero essere riservati alle relazioni personali: con gli amici, la famiglia, i parenti, che sono tanto importanti per la piena espansione del nostro essere.

    La capacità di vivere il tempo libero in maniera gratuita è espressione di libertà e di umanità. La domenica deve diventare un’oasi di splendide idee creatrici per tutta la vita: educare l’uomo alla libertà creativa!

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    00 04/03/2012 22:47

    4° ONORA TUO PADRE E TUA MADRE

    Dt 5,16: «Onora tuo padre e tua madre, come il Signore Dio tuo ti ha comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sia felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dà».


    1. L’intenzione originaria

    All’israelita adulto e libero viene ricordato il dovere di provvedere ai genitori anziani, alla generazione non più capace di provvedere a sé. E’ rivolto ai potenti perché si preoccupino di genitori anziani e malfermi.

    E’ un comandamento pesante e difficile perché la cura dei genitori anziani è un peso e un aggravio economico per la generazione produttiva.

    E’ il comandamento del ‘rispetto’ ai genitori, dell’obbligo della fiducia in loro.

    E’ vietato ai genitori imporre ai figli una sudditanza tradizionalista ed ai figli di scartare i genitori anziani. La mancanza di rispetto per gli anziani è una minaccia di tutto il popolo.

    Onora tuo padre e tua madre perché tu (il popolo di Dio) viva a lungo nel paese che Dio ti ha promesso’.

    Sir 3,12: «Figlio soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la vita. Anche se perdesse il senno compatiscilo e non disprezzarlo, mentre sei nel pieno vigore».

    Mt 15,4-6: Gesù ricorda il comportamento dei figli adulti verso i loro genitori.


    1. Variazioni successive

    Nel corso della storia il quarto comandamento fu utilizzato per sostenere l’autorità dei genitori e quelle politico-sociali o religiose… anche dei padroni di lavoro. Ciò favorì non pochi abusi di potere.

    Ma la Bibbia ricorda anche che «bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5,29). L’obbedienza (in senso biblico) consiste soprattutto nell’ascolto dei comandamenti, Dio è la vera autorità. «Il primo comandamento è questo: ‘ascolta Israele!’».

    L’AT del resto non accetta mai in maniera acritica le forme di governo esistenti. In Israele fu sempre guardata con occhi critici soprattutto la monarchia (1Sam 8,1-22). La legge del re, di Dt 17,14-20, parla molto diffusamente degli obblighi del re piuttosto che dei suoi diritti.

    Il quarto comandamento sembra apprezzare le tradizioni collaudate; chi le respinge e le considera solo un ostacolo alla propria autorealizzazione ‘respinge delle esperienze che sono indispensabili per una più profonda comprensione di se stessi’.

    Tradizione significa una trasmissione viva e creativa; indubbiamente è giustificata una ribellione contro tradizioni sclerotizzate. Ci sono piccole regole che sono destinate a cambiare e la grande regola (tradizione), che è la grande corrente della trasmissione viva d’una sapienza e cultura collaudata d’un popolo: sono due cose che debbono completarsi reciprocamente, deve continuare.


    1. Odierna attualizzazione

    E’ evidente che oggi la figura del padre e della madre non ha più lo stesso peso di una volta.

    I comandamenti vogliono indicare delle vie verso una libertà che non favorisce l’arbitrio e l’egoismo, ma che corrisponde alla libertà di Dio.

    Oggi sembra che le generazioni diverse vadano d’accordo con difficoltà tra loro; però è anche vero che è migliorato il rapporto paritario tra le diverse generazioni.

    Molti adulti desiderano oggi imparare a trattare su di un piede di parità con la giovane generazione, senza per questo abdicare al ruolo ed agli obblighi che spettano naturalmente a loro a motivo dell’età.

    Particolarmente difficile anche se particolarmente importante è la cooperazione fiduciosa e cordiale tra la generazione di mezza età e gli anziani. Fa piacere vedere come in tante comunità bambini, giovani, adulti, anziani si incontrano senza farsi violenza reciprocamente.

    L’importanza particolare della generazione più anziana per la trasmissione della fede va nel frattempo rivelandosi in maniera sempre più chiara. Importante è che gli anziani si rendano conto dei loro specifici carismi che le persone di altre età non hanno, e li impieghino per il bene di tutti: l’esperienza, il senso del distacco, la comprensione e la capacità di discernimento per ciò che è essenziale.

    La generazione anziana deve poter fare l’esperienza di essere apprezzata, rispettata e messa in condizione di esprimersi e lavorare secondo le proprie possibilità. La massima prestazione culturale di un popolo sono gli anziani contenti. Ma c’è contentezza solo là dove si vive una vita piena.

    Applicato alle diverse generazioni: ognuno deve rispettare il carisma dell’altro e mettere il proprio al servizio del tutto.

    «Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri» (1Pt 4,10) per il bene comune.

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    00 04/03/2012 22:48

    5° NON UCCIDERE

    Le tre formulazioni più brevi del decalogo suonano: «Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare» (Es 20, 13-15). Sono forse le parti più antiche delle dieci parole.

    Ognuna di esse tutela a suo modo un bene fondamentale della società umana dal disfacimento, dalla dissolutezza, cui l’uomo è inclinato per natura.

    Questi comandamenti proteggono la vita contro la distruzione da parte di tendenze aggressive; il matrimonio contro la distruzione operata dalla concupiscenza disordinata e da tendenze libidinose; la proprietà contro la distruzione a causa di un’attività esagerata o di tendenze tattili.

    Queste tre tendenze distruttrici sono in rapporto ai tre consigli evangelici che oppongono l’obbedienza, la castità e la povertà, contro la distruzione causata dall’arbitrio personale.

    Il quinto comandamento oggi è quello che riscuote un riconoscimento sociale e politico generale: tortura, pena di morte, guerra, obiezione di coscienza, suicidio, eutanasia, energia atomica, inquinamento dell’ambiente, danni della salute (procurati da droga, alcool, fumo), aborto…

    Si assiste allo strano spettacolo di gente che si scaglia contro la guerra,… la pena di morte e contemporaneamente vogliono l’interruzione della gravidanza, il ricorso all’eutanasia…

    All’origine il quinto comandamento non si riferiva a tutti questi aspetti.


    1. L’intenzione originaria

    Il comandamento si oppone innanzitutto alla giustizia fatta da sé. Nessuno di sua iniziativa può versare sangue umano per affermare il proprio presunto diritto. Esso proibisce che si uccidano persone di nascosto e poi si sotterrino.

    Gen 9,6: «Chi sparge il sangue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché a sua immagine Dio ha fatto l’uomo».

    Il divieto dell’omicidio indica in maniera chiara la differenza tra uomo e animale (che vende per vivere).

    In Israele la vendetta di sangue era tollerata. In caso di omicidio i parenti dell’ucciso sono autorizzati a vendicare l’assassinio (Nm 27,10; Gdc 8,18). «Occhio per occhio, dente per dente» (Mt 5,38) sono un’arma protettiva molto efficace contro una escalation degli atti di vendetta.


    1. Variazioni successive

    In Israele venne limitato lo spazio della vendetta personale. Si riconobbe all’assassino di rifugiarsi presso l’altare (Es 21,14) o in città asilo (Nm 35,25).

    Inoltre la vendetta di sangue può colpire solo il colpevole, non i suoi familiari. «Non ti vendicherai né serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore» (Lv 19,18) «Mia sarà la vendetta» (Rm 12,19).

    La vita venne sempre più attentamente orientata con prescrizioni giuridiche.

    Per i profeti l’uccisione può avere questi contorni/significati: sfruttare economicamente un individuo in maniera grave, opprimerlo socialmente e giuridicamente, tarparne le possibilità… questo è un assassinio! (Os 4,2; Is 1,15).

    I ricchi che sfruttano i poveri sono cannibali «divorano la carne del mio popolo…» (Mi 3,3).

    Gesù osserva: «avete udito che fu detto… ma io vi dico chiunque si adira col proprio fratello sarà sottoposto a giudizio» (Mt 5,22).


    1. Odierna attualizzazione

    In quale direzione secondo la volontà di Dio va vista la ‘protezione’ della vita umana?


    1. La nostra economia mondiale tende seriamente a favorire la possibilità di vita di tutti gli uomini? Oppure siamo degli assassini?

    Quando noi importiamo cibo a basso prezzo dai paesi in cui si muore di fame? Il quinto comandamento non proibisce solo l’uccisione vera e propria ma anche le forme mascherate di uccisione, come la distruzione della buona fama di un individuo (calunnia grave) o anche la critica pungente che lo rende insicuro di sé. Anche il nostro linguaggio quotidiano tradisce in certe espressioni assassine l’effetto della nostra società efficientista…

    Certamente la vita richiede la disponibilità e la capacità di sopportare i conflitti.

    E’ importante anche esercitarsi ad esprimere la critica in maniera che altri possano accettarla. Quando ti prepari ad un duro incontro, prima prega intensamente per il tuo avversario e anche per la stessa discussione.

    Si possono umanizzare i conflitti, coltivare la capacità di sostenerli, non di evitarli sempre.


      1. Il problema della sovrappopolazione. Le nazioni ricche cercano di arginare la esplosione demografica dei paesi poveri con campagne in favore della contraccezione e con la sterilizzazione coatta. Così feriscono la dignità umana.

    Le classi molto povere della popolazione hanno bisogno di molti bambini:

        • solo i figli vivi sono una garanzia per i genitori nella malattia e nella vecchiaia

        • solo così essi possono sperare che almeno alcuni sopravvivano

        • i figli sono una forza lavoro a poco prezzo, aiutano la famiglia col lavoro.

    Dal punto di vista delle classi molto povere questa è semplicemente una questione di sopravvivenza. Perciò il tema della sovrappopolazione rientra nel quinto comandamento.

    La sterilizzazione violenta non è una soluzione umanamente degna. E’ una questione di giustizia sociale.

    Le nazioni più industrializzate consumano più derrate alimentari dei paesi del terzo mondo.


      1. Il bando della guerra (positivismo)

    La visione di un mondo senza guerra gioca un ruolo importante nei testi dell’AT (Is 2,4; 9,6).

    Gesù nella sua predicazione del regno di Dio sostiene il principio della non violenza e lo mette in pratica nel suo modo di agire.

    «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9).

    Anche la Chiesa ufficiale si dichiara sempre più spesso in favore del bando della guerra. Il quinto comandamento è un invito a impegnarsi con costanza per la pace.

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    00 04/03/2012 22:52

    6° NON COMMETTERE ATTI IMPURI


    Es 20,14; Dt 5,18: «Non commettere adulterio»

    Oggi l’adulterio ha perso il carattere di delitto punibile (resta solo il furto).

    Il divorzio è ormai cosa ovvia, l’autorealizzazione, scartare la sofferenza.

    Da un lato è vero che una legislazione ecclesiastica in qualche caso incomprensibile ed inumana, nonché la trattazione pastorale e pedagogico morale rigorosa del sesto comandamento praticate per lungo tempo hanno contribuito in misura notevole all’allontanamento di molti dalla chiesa.

    Dall’altro bisogna riconoscere che una prassi lassista del matrimonio non giova a nessuno.


    1. L’intenzione originaria

    Senza il riferimento all’esodo, liberazione-alleanza, questo comandamento diventa un flagello.

    Il sesto comandamento tende a proteggere il bene del matrimonio e la famiglia.

    Attraverso l’istituzione del matrimonio gli uomini vengono inseriti in complessi umani più grandi. L’uomo è un essere sociale.

    I bambini per crescere e svilupparsi come uomini liberi hanno bisogno di molti stimoli che vengono loro forniti soprattutto in un intreccio molteplice di relazioni personali. Per espandersi hanno bisogno di protezione e di amore, di molteplici calde relazioni dall’altro.

    Il nido della famiglia è il presupposto migliore della maturazione di un uomo.

    La Bibbia ripropone il matrimonio come il simbolo più adeguato dell’alleanza tra Dio e il suo popolo (Os 1-3; Ger 2,1). Contemporaneamente accomuna l’infedeltà di Israele verso il Signore all’infedeltà matrimoniale.

    Viceversa viene esaltata la fedeltà permanente di Dio verso il suo popolo.

    Evidentemente l’alleanza del Signore con il suo popolo non pregiudica la libertà.

    Dio vuole uomini liberi che si aiutino vicendevolmente a espandere la loro libertà. Promozione della libertà e promozione delle relazioni personali vanno perciò strettamente unite.

    Tutta la rivelazione avviene per amor dell’uomo. L’amore umano e divino non contrastano tra loro ma si illuminano e si favoriscono vicendevolmente.

    Il matrimonio è segno efficace ed eloquente della salvezza per i due partner e i loro figli, e per molti: un segno eloquente e salutare dell’immenso amore di Dio.

    Il sesto comandamento mira a preservare dalla dissoluzione dell’egoismo la comunione dell’uomo e della donna che deve essere un’immagine della fedeltà di Dio.


    1. Altre accentuazioni successive

    Nella sua redazione originaria all’uomo era vietato solo violare un altro matrimonio già costituito; le sue relazioni sessuali con una donna non sposata o con una prostituta non erano ritenute un adulterio.

    La donna sposata invece era adultera anche quando l’uomo, con cui si intratteneva sessualmente, al di fuori del matrimonio, non era sposato.

    Nel NT questo divario fu superato (Lc 16,18; Mt 5,32 e 19,9).

    La cristianità primitiva concepì in modo negativo il piacere in genere e il piacere sessuale (stoicismo). I peccati in campo sessuale furono ritenuti quasi ovunque i più gravi.

    Nel calderone del sesto comandamento finì di tutto. Ma il sesto comandamento mirava chiaramente alla protezione del matrimonio e della famiglia!


    1. Odierna attualizzazione

    Oggigiorno si mette in giusta luce il valore della sessualità; tutto l’uomo è sessualmente caratterizzato; le singole questioni del comportamento sessuale devono essere viste nel più vasto contesto del comportamento morale personale.

    La fedeltà coniugale acquista una grande dimensione!

    Essa sta ad indicare una fedeltà più profonda: ciò impone a tutti di sapersi legare e saper amare con fedeltà fin dalla giovinezza. La via della giusta maturazione sessuale e umana generale rimane faticosa e si prolunga a volte tutta la vita.

    Bisogna guardarsi da una sopravvalutazione della sessualità. Essa va inserita nella totalità della persona e del riferimento a Dio, essa ha a che fare con l’orientamento dell’uomo al ‘tu’ umano e divino, ed è molto di più dunque d’un ‘mezzo privato facilmente disponibile, di soddisfacimento dell’istinto’.

    Non è neppur adeguata l’esaltazione della sessualità come semplice forza vitale.

    L’accentuazione isolata della sessualità non conduce alla maturazione, alla libertà e alla pienezza dell’uomo, ma piuttosto al caos.

    Molte persone respingono in partenza le affermazioni ecclesiali sulla sessualità come antiquate e poco utili. La Chiesa non viene considerata ‘maestra di vita’ perché fa comodo vivere come piace e soddisfare i propri istinti e il proprio soggettivismo. Eppure le filosofie, le ideologie falliscono e rendono infelici generazioni intere, ma gli uomini non vendono neppure adesso?



    1. La valutazione del comportamento sessuale prematrimoniale

    Oggi la nostra società tende a fare dell’uomo un oggetto dal punto di vista della sessualità, ciò che contraddice l’immagine divina impressa nell’uomo.

    Il rapporto tra i sessi diventa inumano quando viene concepito come una società ‘a responsabilità limitata’.

    Il matrimonio dal punto di vista biblico ed anche antropologico è una comunione indissolubile (la normalità non è il divorzio, ma il rapporto duraturo in tutte le civiltà). Per questo motivo dovrebbe essere cosa indiscutibile per i cristiani che esso sia il luogo normale, se non l’unico, delle relazioni sessuali.

    Pesch: “L’unione sessuale piena al di fuori del matrimonio ha sempre qualcosa di incompleto… qualcosa di miserevole perché sciupa possibilità molto migliori, perché si consuma in un’esperienza istantanea non vincolante, a volte con una spaventosa discrepanza tra le belle parole (ti amo!) e le successive azioni indegne che rivelano solo il proprio egoismo!”

    Sinodo generale delle diocesi tedesche (1976): “E’ chiaro che il rapporto sessuale indiscriminato con qualsiasi partner va valutato in maniera diversa dalle relazioni intime tra fidanzati o tra persone che si sono scambiata una promessa di matrimonio, che si amano e che sono decise a stabilire un legame permanente, ma che per motivi gravi si vedono impediti di contrarre il matrimonio. In ogni caso tali relazioni non possono essere considerate rispondenti alla norma morale”.

    Occorre comunque far capire l’orientamento generale della Chiesa: la preoccupazione di realizzare nell’uomo la propria umanità in conformità all’immagine divina.


    1. Il problema dell’ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti

    La Bibbia conosce molto bene la fragilità e la debolezza dell’uomo; essa tiene conto del peccato, che non approva né minimizza. Ma ha imparato da Dio che non cessa di amare e rimane fedele qualsiasi sia l’infedeltà del popolo.

    Esistono sempre situazioni in cui la vita matrimoniale sembra insulsa e l’idea del divorzio sembra una liberazione.

    Il sesto comandamento incoraggia ad adeguarsi al respiro lungo dell’amore, mediante il riferimento al Dio paziente.

    Col passare del tempo parecchi matrimoni si svuotano in maniera irreparabile.

    Come comportarsi davanti ai divorziati? La chiesa cerca di trovare altre vie per aiutare anche i coniugi che hanno fallito senza per questo mettere in questione l’importanza fondamentale del matrimonio e la sua indissolubilità.

    Mt 19,8: ‘Il divorzio nell’AT fu concesso per la durezza di cuore degli uomini’.

    E la chiesa non dovrebbe tenere conto della durezza di cuore dei cristiani?

    1981, - il vescovo di Limburg dice: ‘Parrocchie e pastori sempre più numerosi auspicano una revisione delle norme vigenti circa la partecipazione alla vita ecclesiale; esse dovrebbero tenere più conto sotto il profilo pastorale della situazione individuale del singolo caso, senza mettere in discussione l’indissolubilità del matrimonio’.


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    00 04/03/2012 22:57

    7° NON RUBARE


    1. L’intenzione originaria

    Questo comandamento va fin dall’inizio in due direzioni: il ratto delle persone e il furto di cose materiali. Qui mettiamo in risalto maggiormente il ratto delle persone.

    (La Bibbia sottolinea poi con forza il dovere sociale della proprietà; il furto dei ricchi nei confronti dei poveri viene considerato molto più grave del furto dei piccoli nei confronti dei ricchi).


    1. Il divieto del ratto delle persone

    Es 21,15: «Colui che rapisce un uomo e lo vende sarà messo a morte».

    Dt 24,7: «Quando si troverà un uomo che abbia rapito qualcuno dei suoi fratelli tra gli israeliti, l’abbia sfruttato come schiavo o l’abbia venduto, quel ladro sarà messo a morte, così estirperai il male da te».

    Dunque è la tutela della libertà del prossimo, si scaglia contro la distruzione della libertà di un altro.

    In Israele non dovrebbe esserci la schiavitù, purtroppo c’era; tuttavia le leggi dell’AT prendevano le parti degli schiavi, volevano abbreviare il tempo di schiavitù, alleviare l’esistenza da schiavi.

    L’anno giubilare serviva anche alla liberazione dalla schiavitù; chi per necessità aveva dovuto vendersi doveva poter tornare alla sua tribù.

    Lv 25,39,42: «Poiché sono miei servi, che io ho fatto uscire dal paese di Egitto, non debbono essere venduti come si vendono gli schiavi».

    L’AT cerca di superare la schiavitù. Anche il NT non combatte formalmente la schiavitù ma la mina dall’interno: ‘non c’è più schiavo né libero!’ Le giovane comunità cristiane cercarono di realizzare una comunione genuina tra tutti i fedeli, anche gli schiavi.


    1. Il divieto del furto

    Il settimo comandamento non si occupa solo del ratto delle persone ma anche del furto di cose. Nell’AT la proprietà privata non è mai inviolabile e sacrosanta. Essa viene considerata come un ‘prestito’ che Dio dona al popolo.

    Nell’anno giubilare la terra doveva tornare all’antico proprietario.

    I profeti usano parole roventi contro gli accumulatori di ricchezza e contro chi abusa della proprietà; mezzo per dominare gli altri.

    Dove i potenti sfruttano l’indigenza dei poveri là è in pericolo quella libertà che Dio ha donato al suo popolo: ‘uccide il prossimo chi gli toglie il nutrimento’.

    La Bibbia sottolinea con energia i doveri sociali della proprietà, quando entrano in gioco le necessità alimentari di altri. Dt 24: «Non andrai a dormire col pegno del povero… restituirai il mantello… non prenderai in pegno la veste della vedova… nessuno prenda in pegno le macine del grano…» Dt 24,19 ss: «Non raccogliere tutto il grano, l’uva, le olive… lasciane sulle piante e sui campi per i poveri… ti ricorderai che sei stato schiavo nel paese di Egitto perciò ti comando questa cosa».

    La Bibbia ricorda che Dio è il primo proprietario: «La terra non si potrà vendere sempre perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri ed inquilini». I beni della terra sono destinati a tutti gli uomini, infatti Dio ha dato la terra promessa a tutto il popolo. Inoltre siamo corresponsabili della proprietà altrui: «se vedrai il bue del tuo vicino smarrito, o la pecora, o l’asino… avrai cura di ricondurli al tuo fratello… non fingerai di non averli visti» (Dt 22,1-3).

    Accanto a tali obblighi sociali viene anche vietato il furto dall’alto e il furto dal basso; il furto è messo in rapporto con la dignità dell’uomo.


    1. Evoluzione storica


    a. Il divieto del ratto di persone

    Il comandamento proibisce in maniera speciale il ratto di persone.

    Il furto ordinario non viene punito con la morte a differenza del ratto di persone (Es 21,16) (con la morte era punito l’assassinio e l’adulterio).

    Nella tradizione cristiana la coscienza di questo aspetto del settimo comandamento (ratto di persone e furto di beni materiali) andò perduta.

    Il rapimento e il commercio di persone umane fu continuamente praticato anche nei paesi influenzati dalla fede cristiana; una forma di ratto fu la pirateria. Anche la schiavitù è una forma di ratto delle persone. A partire da Costantino la vendita di schiavi cristiani a non cristiani fu vietata; ma anche papi e conventi ebbero schiavi alle loro dipendenze. Anche se tentarono di umanizzare questo tipo di vita.

    Nel 1537 Paolo III proclama la libertà di tutti gli uomini sopprimendo la schiavitù.

    Nel 1888 Leone XIII condannò chiaramente la schiavitù e lanciò un appello a superarla. Le chiese riformate si comportavano come la chiesa cattolica; solo metodisti, quaccheri e puritani cominciarono a combattere sistematicamente la schiavitù.

    La chiesa cedette continuamente sulla questione della schiavitù perché era troppo alleata dei potenti e dei ricchi. Dal 1500 i teologi si preoccuparono più di giustificarla che di combatterla. La teologia era diventata garante dell’ordinamento sociale esistente, invece di ricordare l’azione liberatrice di Dio.


    b. Il divieto di furto

    Diventata ricca la chiesa ha manifestato la tendenza a tollerare le grandi ricchezze. Il settimo comandamento fu mobilitato soprattutto contro il ‘furto dal basso’. Il liberalismo illuministico che considerava l’uomo come un individuo isolato e dichiarava la proprietà privata un diritto illimitato sacro inviolabile, ebbe buon gioco. Il padrone poteva fare quello che voleva dei suoi beni, diritto all’uso e all’abuso dei beni di sua proprietà.

    Nella Rerum Novarum la chiesa mitiga l’uso della proprietà privata. Paolo VI si pronuncia a favore dell’espropriazione per amore del bene comune!


    1. Odierna attualizzazione


    a. Il divieto del ratto di persona

    Il commercio di schiavi viene praticato in 40 nazioni della terra, nella zona araba, ai margini del Sahara, soprattutto giovani e ragazze dai 12 ai 20 anni. Anche in America del Sud si organizzano cacce agli indios costretti poi a lavorare in stabilimenti del legno e fattorie; chi cerca di fuggire è ucciso.

    Anche il commercio di bambini e di lavoratori stranieri illegali è una forma di commercio di carne umana; così gli internati nei gulag e nei campi di concentramento e rieducazione cinesi e del sud est asiatico sono forme di ratto di persone e schiavitù moderne dovute a fattori politici.


    b. Il divieto del furto

    contro il furto dall’alto. La proprietà dovrebbe unire tra loro gli uomini e promuovere il bene comune. Puebla: ‘I beni e le ricchezze del mondo, per loro origine e natura e per la volontà del Creatore, sono fatti per servire effettivamente all’utilità e al profitto di tutti e a ciascun uomo e popolo. Ne deriva che a tutti compete il diritto primario di usare solidariamente di questi beni nella misura necessaria per una realizzazione degna della persona umana’.

    Molti elementi ladreschi sono presenti nella nostra società occidentale; in forme legali si perpetrano delitti immorali e grandi ingiustizie; così si sfruttano in mille modi le altre persone.

    Quando l’accumulo della ricchezza diventa l’interesse principale di un individuo ed egli sfrutta magari senza scrupoli la miseria altrui, anche la sua umanità è in pericolo. Dio ama tutti senza eccezioni, ma non allo stesso modo; non può amare allo stesso modo carnefice e vittime. Questo va detto nei confronti di una falsa ideologia della riconciliazione che pretende di richiamarsi a Gesù.

    Quindi gli uomini prendano le distanze dall’ingiusta ricchezza e cerchino di vivere bene il vangelo della povertà.

    Sinodo dei Vescovi: “La Chiesa è tenuta a vivere ed amministrare i propri beni in modo da annunciare il vangelo ai poveri…”.

    Oggi il furto dall’alto è praticato dalle nazioni industriali sui paesi in via di sviluppo. Lo sfruttamento dei poveri è favorito dalla libera economia di mercato. ‘La proprietà privata deve essere fonte di libertà per tutti, mai di combinazione o di privilegi’; i crudeli contrasti tra lusso e estrema povertà manifestano fino a che punto viviamo sotto il dominio dell’idolo della ricchezza. La chiesa è contraria alla concentrazione del potere nelle mani di pochi e persegue l’alternativa della condivisione e dell’amore.


    contro il furto dal basso: il furto dal basso non è giustificato o minimizzato: il furto nei magazzini, l’uso sbagliato delle macchine ed impianti, il finto malato, l’abuso di istituzioni dello stato sociale… demolizione di impianti pubblici, cabine del telefono…

    Non devi vivere solo, a tuo vantaggio, a spese del prossimo!’


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    00 04/03/2012 23:00

    8° NON PRONUNCIARE FALSA TESTIMONIANZA


    Es 20,16 e Dt 5,20: «... contro il tuo prossimo».


    1. L’intenzione originaria

    In Israele, date le limitate possibilità che la giustizia aveva a sua disposizione, le corrette affermazioni dei testimoni avevano una importanza grandissima. La falsa testimonianza di due testimoni davanti al giudice poteva provocare la condanna a morte di un individuo (Susanna; Gesù…) (Sal 27,12 e 35,11). Ogni israelita veniva invitato a guardarsi dalla falsa testimonianza.

    Pr 24,28: «non testimoniare alla leggera contro il tuo prossimo e non ingannare con le labbra…».

    Per la Bibbia la verità tiene presente il prossimo, va concepita in maniera interumana e concreta e vista in unione con la fedeltà.

    Ef 4,25: «perciò bando alla menzogna, dite ognuno la verità al proprio prossimo perché siamo membra gli uni degli altri». La verità consiste in primo luogo nel cogliere oggettivamente una realtà, ma in un comportamento che favorisce la convivenza umana. La reciproca appartenenza umana non va distrutta dalla menzogna, che semina diffidenza e rende impossibile la convivenza dei membri del corpo di Cristo.

    «La verità vi farà liberi» disse Gesù. Libertà da tutto ciò che si oppone ad una relazione viva tra Dio e l’uomo. Il vero rapporto con Dio che elimina tutto quanto ostacola una relazione profonda si ripercuote sul rapporto col prossimo. Verità e veracità, reciproca fiducia sono elementi vitali indispensabili per la libera espansione dell’uomo.


    1. Attualizzazione nella vita pubblica

    Nel campo strettamente giuridico: prendere seriamente l’ottavo comandamento significa per i credenti impegnarsi in un ordinamento ed una amministrazione corretta della giustizia, un ordinamento e un’amministrazione che impediscano ogni manipolazione del diritto.

    Nel campo giuridico traslato: l’ottavo comandamento non abbraccia solo la sala del tribunale, ma tutte le situazioni in cui, sulla base di affermazioni altrui, si prende di mira un individuo. Nonché l’intenzione con cui i giornalisti mettono in pubblico la vita privata altrui. Non bisogna indulgere a certe forme di spietata esposizione di individui agli occhi di tutti, forme che si richiamano solo ipocritamente alla verità. ‘E’ cosa terribile cadere nelle mani dei giornalisti’. Non esiste ancora un’etica ben sviluppata degli strumenti di comunicazione sociale. Mettere in pubblico la vita altrui o diffondere calunnie a volte cambia la vita di una persona. Occorre dunque rispetto per la vita personale privata delle persone.

    Il richiamo alla verità non autorizza a danneggiare in qualche modo la vita, l’onore, la professione e la libertà di un uomo, fintanto che il bene comune non lo richiede. Quel che diciamo deve essere vero, ma non abbiamo l’obbligo di dire tutto quello che è vero.


    1. Attualizzazione nella sfera privata

    Le dicerie diffuse frettolosamente, l’interpretazione maligna dell’altrui comportamento possono avvelenare la vita di una persona.

    Dire la verità sempre, anche quando reca danno agli altri, non è morale; se non serve a salvaguardare il bene della comunità. La verità spietata non è una virtù biblica. La morale deve essere il più possibile umana ed in sé differenziata: es.: una bugia che procura danno ad altri è più grave di una bugia di necessità con cui cerco di evitare danni ingiusti a me e ad altri. Divulgare le mancanze nascoste del prossimo può essere cosa più grave davanti a Dio delle mancanze stesse.

    Alcuni fanatici della verità vanno fieri di sé perché dicono in faccia a tutti quello che pensano. Bisogna fare in modo che la verità anche quando fa male edifichi e non distrugga, infonda coraggio e non deprima.

    L’ottavo comandamento tiene conto della malignità del cuore umano che tende a dire più il male che il bene visto nel prossimo. «Non giudicate per non essere giudicati; perché con il giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati» (Mt 7,2).

    Come fa Dio con me devo fare anch’io con gli altri: Dio mi ha perdonato, io devo a mia volta perdonare: «Perdonatevi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo» (Ef 4,32).

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    00 04/03/2012 23:01

    9° NON DESIDERARE LA DONNA D’ALTRI

    10° NON DESIDERARE LA ROBA D’ALTRI


    Es 20,17: «Non desiderar la casa del tuo prossimo. Non desidera la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».

    Il tema dei due comandamenti è la condanna del desiderio disordinato. Il male non comincia con l’azione ma nel cuore.


    1. L’elemento comune. La condanna del desiderio disordinato.

    Sembra che non apportino niente di nuovo al sesto e al settimo comandamento. Invece qui viene preso di mira il desiderio.

    Il desiderio ha una ambivalenza; occorrerà impegnarsi per una sollecita cultura del desiderio.


    1. L’importanza antropologica del desiderio

    Il desiderio è un fenomeno umano fondamentale che fa parte dell’istinto di conservazione; è normale che l’uomo desideri il cibo, la bevanda, il vestito…

    Un’esistenza umana sana ha una sete insaziabile di vita. Il desiderio di amore e il desiderio d’una congrua proprietà sono d’importanza fondamentale per la maturazione umana, così come il desiderio di successo e di prestigio.

    Può compiere cose grandi solo chi desidera appassionatamente (S. Teresa).

    Temere una cosa del genere è spingere l’uomo ad essere rinunciatario.

    La Bibbia descrive uomini dalle forti passioni; il NT non ammira gli uomini tiepidi (Ap 3,15).

    Quanto più sono grandi i nostri desideri, tanto più sicuramente la cosa desiderata viene concessa. Ma spesso gli uomini hanno scarsa fiducia in Dio.

    Dio essendo grande dà di preferenza doni grandi, peccato che noi poveri abbiamo cuori così piccoli. I santi ci invitano continuamente a coltivare desideri arditi. Chi non ha desideri è muto davanti a Dio, per quanto alta la sua voce risuoni agli orecchi degli uomini (Agostino).


    1. Il desiderio: un fenomeno ambivalente

    Riconoscere che l’uomo deve desiderare per potersi sviluppare in maniera piena, non è però detto che debba accondiscendere a qualsiasi desiderio. Infatti il desiderio disordinato: avidità, ambizione, gelosia, sete di potere, sete di piaceri sono distruttivi.

    Gesù dice che è il desiderio cattivo che contamina l’uomo; dal cuore dell’uomo promanano «le intenzioni cattive, le prostituzioni, i furti» (Mc 7,18).

    Il desiderio disordinato sembra in un primo momento dirigersi verso un qualcosa di positivo, cioè verso un’autorealizzazione sempre più intensa.

    Un uomo sposato che scopre la donna dei suoi sogni crede di trovare l’ampliamento dei suoi orizzonti… Il desiderio dell’autorealizzazione può diventare una spinta a superare molti ostacoli che vanno a calpestare il diritto e la felicità altrui…

    Occorre prevenire certi processi che tendono a diventare incontrollabili e a canalizzare le passioni perché non divengano deleterie. Il desiderio disordinato tende a liquidare il fratello rivale o ad aumentare le proprie possibilità di libertà a scapito degli altri (Nabot; 2Re 21). Per opporsi all’azione devastante del desiderio disordinato occorre una sollecita cultura del desiderio.


    1. La cultura del desiderio

    E’ importante che l’uomo metta ordine nei suoi desideri. Non si tratta di reprimere ma di purificare. Un cuore puro e un cuore orientato a Dio piuttosto che ai propri desideri egocentrici, un cuore che ha fatto proprio il desiderio di Dio. L’ascesi consiste in un autocontrollo sereno, elastico, veramente libero che aiuti a dire: non ho bisogno di questo o di quello per essere felice, ma di Dio!


    1. Il nono comandamento: NON DESIDERARE LA DONNA D’ALTRI

    Non è il desiderio in se stesso ad essere proibito ma riguarda la distruzione di un patrimonio di un altro. E’ importante che lasci volentieri che un altro si goda la proprio donna perché è parte di lui stesso.

    Gli effetti disastrosi di una passione disordinata in 2Sam 11 Davide e Uria e in Dn 13,1,64 riguardante Susanna, vittima innocente.

    Gb 24,15: «L’occhio dell’adultero spia il buio…» quindi è detto adultero prima dell’azione.


    Attualizzazione odierna

        • non desiderare l’uomo d’altre!

        • la tentazione di aggiogare altri davanti al proprio carro per amore della propria presunta autorealizzazione è grande. Nell’autoaffer-mazione egocentrica che distrugge e rende impossibile l’amore.

        • Non è facile attuare l’educazione del desiderio per quanto riguarda le reciproche relazioni fra i sessi.

        • L’uomo può sempre affidare il proprio appetito disordinato all’amore salvante e ordinante di Dio che lo conosce meglio di quanto l’uomo conosca se stesso.


    1. Decimo comandamento: NON DESIDERARE LA ROBA D’ALTRI

    Il decimo comandamento condanna l’avidità, la volontà disordinata di avere, l’invidia per quello che altri hanno. E’ vietato il desiderio di modificare la situazione in modo tale che d’ora in poi gli altri siano poveri ed io sia ricco. Sono presi di mira quelli che non ne hanno mai abbastanza.

    1Tm 6,10: «L’attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali». Nella misura in cui i singoli e le imprese mettono al primo posto la volontà disordinata di avere, ostacolano la libera espansione delle immagini di Dio.

    Il decimo comandamento non protegge solo il fratello dai miei appetiti disordinati ma anche me dall’avidità, dall’invidia che mi rode fino a consumarmi.

    La nostra industria consumistica punta sugli appetiti naturali, attraverso la pubblicità, e la stimola fuori posto; e noi diventiamo vittime di tale campagna di seduzione. Siamo vittime di una mentalità del bisogno sistematicamente alimentata.

    La nostra società si concepisce come una rete di bisogni e alla loro soddisfazione.

    Già i bambini dovrebbero imparare che non tutti i lori desideri possono venire soddisfatti; bisogna insegnare loro a rinunciare a qualcosa.

    Il miglior rimedio contro l’invidia è la generosità, e a saper disporre dei propri beni anche nel proprio interesse.

    Gli ultimi comandamenti ci dicono quindi che non dobbiamo lasciarci avvincere in maniera assoluta da alcuna realtà mondana. Dio soltanto può avanzare pretese assolute.

    Vivere insieme nella libertà di Dio! Chi si pone da questo punto di vita comprende sempre meglio perché il popolo di Israele parla senza stancarsi della preziosità dei comandamenti divini.

    Sal 119,18: «aprimi gli occhi perché io veda le meraviglie della tua legge» «corro per la via dei tuoi comandamenti perché hai dilatato il mio cuore» (v 32) «scaturisca dalle mie labbra la tua lode perché mi insegni i tuoi voleri» (v 171).