00 13/03/2011 09:25
don Alberto Brignoli
Ritrovare l'alito di vita

"Dio creò l'uomo, soffiò in lui un alito di vita, ed egli divenne un essere vivente", l'uomo vivente, l'uomo fatto a sua immagine e somiglianza, l'uomo fatto di terra per la sua Gloria. Nell'uomo, così come nella Creazione intera, soffia continuamente questo alito di vita, e rende tutto più buono, più bello, più giusto, più simile a Dio.
Ma come in ogni movimento respiratorio, anche nel Creato c'è un soffio che inspira, che da aria, e un altro soffio che espira, che emette aria. E se l'inspirazione fa pensare alle cose "ispirate", alle cose "dello Spirito", alle cose di Dio, l'espirazione, l'emissione di aria, ciò che la Creazione e in particolare l'uomo fatto di terra "buttano fuori" da dentro loro stessi, vedendo i risultati ottenuti nella storia dell'umanità, non fa certo ben sperare.
E così, mentre Dio inspira e immette in noi e nel Creato un alito di vita per il Bene, da noi (spesso anche abusando del nome del Creato) viene fuori un soffio di morte frutto del Male, che in noi prevale fin dal giorno in cui "la più astuta tra tutte le bestie" (e chi, se non noi stessi?) ci mise in testa che avremmo potuto "respirare" da soli, perché - a sua detta - "avremmo conosciuto il Bene e il Male", proprio come Dio.
Da allora, poveri noi, "ci si sono aperti gli occhi", e per ogni alito di vita ci siamo subito procurati un soffio di morte. La storia, anche quella presente, ne è testimone.
Per l'alito di vita del popolo libico che anela libertà da oltre 50 anni, c'è un soffio di morte che esce dalla bocca del suo tiranno, il cui intento è sollevare venti di guerra per rispondere agli interessi di chi, come lui, dalla guerra saprà trarre comunque grandi benefici economici, come sempre alle spalle e sulle ossa dei più poveri.
Per l'alito di vita che presto - ce lo auguriamo - la primavera porterà con sé, c'è un soffio di morte che ha spazzato via la pienezza della vita di Yara, uccisa da chi non avrà mai più la facoltà di sentirsi e di definirsi persona; c'è un soffio di morte che ha avvolto in un turbine di gelo l'innocente vita di Daniel, ucciso dall'infondato e insopportabile timore di aver fatto del male ad altri; c'è un soffio di morte che ha stroncato la vita di una ventenne di Cesena, uccisa dalla follia di un amore finito che si ritiene valere di più del motivo stesso per cui è nato.
Per l'alito di vita che la fertilissima campagna argentina, qui a Mendoza, ha dentro di sé producendo in abbondanza ogni ben di Dio, c'è un soffio di morte che impedisce a centinaia di braccianti agricoli - soprattutto boliviani - di avere regolari documenti di soggiorno e di lavoro, una casa che non sia come un recinto di maiali, e la possibilità di pensare a un futuro di vita per i propri figli.
Perché mai - certo, giustamente - esigiamo da Dio che ci ispiri di continuo un alito di vita, e poi invece restituiamo a lui e al mondo intero svogliate e infastidite sbuffate di morte? Perché al bene ricevuto non corrisponde un bene trasmesso? Chi ci ha fatto saltare un "passaggio" di questo meccanismo? Perché, e da quando, il male ha ingrippato gli ingranaggi della nostra esistenza? In definitiva, se siamo "bene", da dove viene il male?
Ardua impresa è capire da chi, come e da quando: di certo - e Genesi ce lo insegna - da quasi subito è così. Serpenti o meno, tentatori o no, poco importa: da che mondo è mondo, bene e male, morte e vita, lottano in un prodigioso duello. È ancora troppo presto, all'inizio della Quaresima, per dire che il Signore della vita era morto ma ora vivo trionfa: prima, bisogna passare attraverso la Passione, quella stessa che Dio ha per l'uomo.
Ancor prima, bisogna ritornare nel deserto, spinti dallo Spirito, per ritrovare la genuinità della nostra relazione con Dio. Per ritornare a respirare un alito di vita.
Ma anche nel deserto - maledizione! - c'è uno spirito avversario, un satana che soffia in maniera inversa rispetto alle ispirazioni di Dio. Ed è astuto, come il serpente: fa apparire come alito di vita, ovvero come soffio di Dio, ciò che in realtà è vento di morte, espirato, buttato fuori dal nostro desiderio di essere come Dio, e quindi di poter fare a meno di lui.
Per cui, grande è l'alito di vita nell'opera dell'uomo quando riesce a produrre "pane dalle pietre", quando da un terreno roccioso, inospitale, arido e improduttivo è capace di far produrre alimento e vita per se stesso e per i suoi simili. Ma quando egli si sente talmente padrone della terra e del Creato al punto da volerli dominare come e ancor più di Dio, ciò che ne esce, ciò che "butta fuori" è un pianeta distrutto dalla contaminazione, dallo sfruttamento e dagli sconvolgimenti atmosferici che ne sono la conseguenza. Da custode del creato ne diviene tiranno, perché ha messo davanti ad ogni suo progetto la fame di dominio e di denaro, e non ha dato ascolto alla Voce, alla "Parola che esce dalla bocca di Dio", che sa bene come deve essere amministrata e gestita la terra.
Grande è l'alito di vita nell'opera dell'uomo quando - sfidando le leggi della scienza, della fisica, del calcolo e della matematica - lancia se stesso e le sue opere alla conquista dello spazio, di altri mondi, di altri pianeti, chissà un giorno anche di altre culture, per trovare forme nuove di vita, per avere un confronto con se stesso e con i propri limiti, per conoscere ancor di più il cosmo che lo circonda. Ma quando questo diventa la sfida al Dio che abita i cieli, quando questo pretende diventare una prova scientifica della sua esistenza, quando questo lo vuole scalzare nella ri-creazione della Creazione, il progresso fa un passo indietro, perché mette Dio in secondo piano, al servizio dell'uomo, messo lì solo come una rete di protezione per evitare che i crolli degli insuccessi gli possano fare del male; eppure Dio è molto di più che il salvagente dei nostri naufragi.
Grande è l'alito di vita nell'opera dell'uomo quando costruisce case, scuole, ospedali, edifici, templi e palazzi, e li organizza in paesi e città, li governa come regni e stati, e amministra la giustizia in nome e per il bene di tutti. Ma il soffio di morte torna a farsi presente quando la sua sete di potere e la sua mania di onnipotenza lo portano in cima, "su una montagna molto alta" da cui può dominare tutto, e per la brama di possedere tutto accetta qualsiasi cosa, anche di vendere l'anima al demonio, che promette a lui di ricostituirlo Signore del Creato dopo che già una volta, nell'Eden, gli aveva creduto ed era andata a finire male.
In tutto questo non ci può essere un alito di vita. C'è solo il violento e rigido soffio del vento della morte, che spazza via l'innocenza del pudore e ti porta a cercare, in qualche modo, di coprire la vergogna di essere rimasto nudo di fronte a Dio e a te stesso.
Allora ricomincia la lotta quotidiana di saper ritrovare noi stessi e l'alito di vita che Dio ha ispirato in noi sin dalla Creazione.
È la lotta che il deserto di questi quaranta giorni simboleggia in maniera inequivocabile ed esaltante. È la lotta quotidiana che in Quaresima ci offre un accesso gratuito alla palestra dello Spirito.
A Pasqua torneremo a respirare questo alito di vita, ma occorre allenarsi: il cammino è appena iniziato.