00 23/01/2011 10:04
Monastero Domenicano Matris Domini

Contesto
Il testo proposto in questa III domenica dell'anno A si divide chiaramente in due parti: i vv. 12-17 ci presentano l'inizio della predicazione di Gesù (cfr. Mc 1,14-15; Lc 4,14-15), mentre nei vv. 18-22 abbiamo la chiamata dei primi quattro discepoli(cfr. Mc 1,16-20), il v. 23 funge da conclusione. La liturgia non ci propone i vv. 24-25 che con quest'ultimo formano un breve testo di introduzione e insieme di transizione tra questa pericope e il discorso della montagna (cap. 5-7)
Il brano segue immediatamente la trilogia iniziale (predicazione di Giovanni Battista, battesimo di Gesù e tentazioni nel deserto) ed introduce solennemente il ministero pubblico di Gesù. Matteo ancora una volta si premura di mostrare, con una citazione di adempimento (v.14-15), come il Maestro di Nazaret si inserisca nella tradizione del popolo di Israele e ne realizzi le speranze.
Come prima lettura (Is 8,23-9,3) la liturgia della Parola di questa domenica ci propone il testo profetico citato dall'evangelista, mentre la seconda lettura (1Cor 1,10-13.17) fa riferimento alla predicazione del vangelo da parte di Paolo, in continuità con quella di Gesù presentata nel testo odierno di Matteo.
Matteo narra l'inaugurazione del ministero di Gesù e in che modo egli abbia scelto i suoi primi discepoli; nel brano emergono alcuni elementi propri dell'evangelista che ritroveremo lungo tutto il suo vangelo come il riferimento alla Galilea, un uso proprio del materiale fornito dal vangelo di Marco, le formule riassuntive (cfr. v.23-25) e l'attenzione nel mostrare Gesù come colui che agisce secondo la volontà e le promesse di Dio.


Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali,
L'attività di Gesù inizia quando Giovanni non è più sulla scena (per il suo arresto cfr. Mt 14,3-4); il termine usato dall'evangelista per indicare l'arresto è consegnare, lo stesso che troveremo nel racconto della passione di Gesù (cfr. Mt 26,15.16.21, ecc.); in questo modo si evidenzia di nuovo il legame tra i due personaggi (cfr. anche v. 17): Giovanni prepara e anticipa (precorre) l'attività e il destino di Gesù.
La dizione si ritirò è anch'essa tipica di Matteo quando vuole indicare come sfuggire ad una situazione di pericolo (vedi anche 2,14.44; 12,15; 14,13; 15,21).
Il luogo della prima attività di Gesù è la Galilea, in particolare la città di Cafarnao, che si trova sulla riva nord del lago, oggi chiamata Tell Hum; Gesù pose in questa borgata la sua residenza, al punto che Matteo la chiama la "sua" città (cfr. Mt 9,1).
Buona parte del ministero di Gesù si svolgerà attorno al lago - secondo il modo di dire ebraico, mare - di Galilea, detto anche di Tiberiade o di Gennésaret (cfr. Mt 4,18), nel territorio che era stato delle tribù di Zàbulon e di Nèftali (due dei figli di Giacobbe cfr. Gs 19,10-16; 32-39).
La Galilea delle genti che Matteo ricorda spesso nel suo vangelo (cfr. 2,22; 3,13; 4,23.25; 28,16), aveva una cattiva fama, sia sul piano politico, qui nascerà il movimento degli zeloti, sia su quello religioso per una certa contaminazione pagana dovuta alla permanenza degli Assiri, ma anche alla presenza di una importante via di comunicazione per il commercio. Essa però aveva dei forti legami con la Giudea, dove i galilei si recavano per il culto al tempio di Gerusalemme (a differenza dei samaritani), dai loro fratelli giudei però erano generalmente considerati delle persone poco istruite.
L'attenzione prestata alla Galilea è forse legata anche al fatto che la comunità cristiana di Matteo vi risiedeva; questo preciso riferimento geografico infine ci permette di cogliere la realtà dell'incarnazione e impedisce di vedere la fede cristiana come un insieme di idee religiose astratte e senza legame con la storia.

perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta.
Al v. 15 introdotto dalla formula tipica di Matteo al v. 14, cita Isaia (cfr. Is 8,23-9,1); la Galilea è detta delle genti perché abitata, in parte, da pagani (le genti secondo il modo di esprimersi degli ebrei).
Con questa citazione di adempimento Matteo giustifica lo spostamento di Gesù dalla Giudea alla Galilea (presumibilmente per sfuggire ad Erode Antipa che, dopo aver incarcerato e ucciso Giovanni, avrebbe potuto nuocere a Gesù) mostrandone la conformità al volere di Dio, essendo indicato nella Scrittura.
Il testo di Isaia era un oracolo di speranza che seguiva la devastazione operata dagli Assiri nel 732 a.C.; essi trasformarono la regione nella propria provincia di Meghiddo. Matteo modifica in parte il testo di Isaia, rispetto alla versione greca dei LXX, perché indichi con un'immagine l'inizio dell'attività pubblica di Gesù.
Emerge con forza in questi versetti la simbologia della luce applicata a Gesù e alla sua predicazione (cfr. Mt 2,2.9; Lc 2,32; Gv 1,5; 8,12): con l'arrivo di Gesù tutti i popoli, non solo Israele, sono chiamati ad uscire dalle tenebre del peccato, dell'assenza di fede e del non senso, per entrare nel progetto salvifico di Dio.

Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino".
Da allora
non è un'indicazione generica, ma proclama con solennità che Gesù sta per iniziare la sua attività in parole ed opere (vedi i capitoli 5-7, primo discorso, e 8-9 con i miracoli).
Il contenuto della predicazione di Gesù è sintetizzato dall'evangelista con la stessa formula che abbiamo visto qualificare l'opera di Giovanni (cfr. Mt 3,2). La necessità di convertirsi è dovuta al fatto che si è fatto vicino il regno dei cieli; si tratta, come dicevamo nella II domenica di Avvento, del disvelarsi del potere e del giudizio di Dio in modo pieno davanti a tutto il creato. E'Gesù che inaugura tale regno.
Davanti al dono della luce che ci viene incontro in Gesù Cristo, l'atteggiamento indicato è quello dell'accoglienza, dell'apertura della fede, cioè della conversione che è appunto dirigere la vita, il pensiero, l'agire verso di lui. "Convertimi, e io sarò convertito" (cfr. Ger 31,18). La grande opera di Dio è convertirci a Lui. Da sempre Lui è rivolto a noi: attende solo che noi ci volgiamo a Lui. E' l'atto massimo della nostra libertà (S. Fausti).
Con i vv. 12-17 Matteo ci offre quindi una solenne introduzione all'attività pubblica di Gesù quale inviato di Dio (cfr. Lc 4,16s).

Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.
Matteo, da buon ebreo, chiama mare il lago di Genezaret, sulle cui rive era fiorente all'epoca l'industria della pesca; Gesù incontra e chiama i suoi primi discepoli sul luogo di lavoro.
Sebbene pescatori i due potevano benissimo avere una buona preparazione culturale (nonostante il giudizio negativo che leggiamo in Atti 4,13). Dal testo possiamo dedurre che essi fossero proprietari delle reti e delle barche e quindi in una situazione economica piuttosto buona. Rispetto al testo di Marco, la fonte prima di Matteo, quest'ultimo presenta in modo più ordinato ed esplicito le indicazioni sui due fratelli, anche se la modalità del racconto resta sobria, come nello stile del primo evangelista.

E disse loro: "Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini". Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Il gioco di parole vi farò pescatori di uomini per indicare la futura missione dei chiamati, oltre che al loro lavoro, può forse riferirsi ad un testo di Geremia (Ger 16,16: "Ecco, io invierò numerosi pescatori, dice il Signore, che li pescheranno").
Stando al racconto evangelico Pietro e suo fratello non conoscevano Gesù, sorprende quindi la prontezza della loro risposta che però può essere indice del fascino e del potere persuasivo delle parole e della persona di Gesù.
La risposta alla chiamata di Gesù è espressa con il verbo tecnico seguire, che indicava all'epoca l'atteggiamento dei discepoli nei confronti dei maestri ebrei (i rabbini); i due rispondono immediatamente, abbandonando non solo il lavoro, ma anche gli attrezzi di cui erano verosimilmente proprietari e una situazione sicura e stabile di vita.
Il seguire Gesù ha delle caratteristiche proprie, che si mostrano un po' per volta nel racconto di Matteo. Un primo elemento caratteristico della chiamate è la sua modalità; al tempo di Gesù erano i discepoli a scegliersi il maestro e non viceversa (cfr. Gv 1,35-42): qui come per tutti gli altri discepoli, è invece Gesù che sceglie liberamente i suoi.
I discepoli di Gesù poi non sono solo suoi ascoltatori, ma ne diventano i collaboratori (cfr. 10,1-27) ed aderiscono sia al suo insegnamento, come accadeva ai rabbini, sia alla sua persona. Matteo nel seguito del vangelo, sottolinea spesso che le folle seguivano Gesù indicando in questo modo che esse cercavano oscuramente in lui un maestro che non trovavano presso i rabbini, i maestri autorizzati dalla legge (cfr. 4,25; 8,1; 12, 15; 14,13; ecc.).
Seguire Gesù infine comporta anche caricarsi della sua croce (cfr. 16,24); risulta così evidente che essere discepoli del Cristo è una condizione molto diversa dal modo corrente di essere discepolo di un rabbino.

Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
La chiamata dei figli di Zebedeo è un duplicato della prima, anche se Matteo aggiunge qualche particolare (la barca, il padre); anch'essi seguono immediatamente Gesù. E' interessante notare come in questo primo gruppo siano presenti i tre discepoli che saranno protagonisti dei momenti salienti della vita pubblica di Gesù: Pietro Giovanni e Giacomo. Saranno loro i testimoni della trasfigurazione, come della resurrezione della figlia di Gairo e della preghiera nel Getzemani.
In queste due scene gemelle, con un stile solenne e stilizzato, ci è mostrato il modello di ogni chiamata. Gesù che cammina, vede, chiama e gli uomini che lasciano tutto e lo seguono. Anche la Chiesa trova la propria identità nel seguire il Signore Gesù (S. Fausti).

Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
Gesù si muove nella regione insegnando, annunciando il vangelo del regno e facendo guarigioni: questo riassunto amplia il testo di Marco 1,39, ed anticipa quanto poi Matteo riferirà nel seguito del suo vangelo. In esso Gesù è presentato come modello dell'apostolo; per i primi discepoli si tratta di un apprendistato per la loro missione di pescatori di uomini.
Le sinagoghe erano luoghi di istruzione e di preghiera (cfr. Lc 4,15-21); dicendo le loro sinagoghe Matteo vuole distinguere, come farà in tutto il suo vangelo, i seguaci di Gesù dagli altri giudei.
Il vangelo del Regno è un termine tecnico usato da Matteo: in greco vangelo significa "buona notizia", il cui annuncio comporta parole e gesti, che si illuminano a vicenda. In questo senso vangelo allora indica non solo la venuta del regno di Dio ma tutta la predicazione e l'azione di Gesù, tutto quanto l'evangelista racconta nella sua opera.
Molto più che l'annuncio del vangelo sono le guarigioni ad attestare che il regno di Dio è operante; Matteo con l'indicazione ogni sorta indica il valore universale dell'attività di Gesù e forse allude ad Is 53,4 (citato in 8,17).
I vv. 24-25 completano questo quadro e nello stesso tempo preparano l'uditorio a cui Gesù rivolgerà il suo primo grande discorso (capitoli 5-7), come vedremo domenica prossima.


MEDITIAMO
1) Leggiamo il vangelo di Matteo annotando i testi in cui si parla di qualcuno che segue Gesù. Ci sono caratteristiche comuni? Cosa comporta seguire Gesù?
2) Come vivo la mia fede in Gesù: come un insieme di idee religiose o come una luce che da senso (significato e direzione) alla mia vita?
3) Alla luce della chiamata dei primi discepoli ciascuno di noi può rileggere la propria vocazione; qual è l'invito che Gesù mi rivolge oggi, come persona, come comunità?