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Possiamo riferire la dissacrazione darwiniana al mito di Prometeo. Il semidio greco non inventa un mondo nuovo. Egli adotta quello olimpico, sottraendo a Zeus le realtà supreme e trasferendole all’umanità con una indebita appropriazione, con il furto originario che darà all’uomo conoscenza e potere. Con il suo atto, Prometeo promuove il trapasso dal mondo del mito a quello della scienza. Il Prometeo goethiano conclude con l’affronto del semidio redentore allo Zeus detronizzato:                 

“Qui sto, qui plasmo gli uomini
a somiglianza mia,
un popolo a me eguale
nel pianger, nel soffrire,
nel goder, nel gioire,
nel non badare a te,
come fo io.” 

La controversia generata dal darwinismo, prima di essere materia scientifica è contrapposizione teologica. Riguarda non il processo, ma l’Autore, sovrano assoluto o re esiliato fuori dal suo regno.

Dalla metà dell’ottocento molte teorie scientifiche si sono susseguite ad emendare o a contraddire la Selezione Naturale, ma esse, o sono state integrate nelle Grandi Sintesi di metà novecento, come note a margine, come optional, oppure sono state semplicemente ignorate o negate. Che si sia parlato di Ologenesi, di Strutture Dinamiche, di Neutralismo, che abbiano espresso le loro visioni D’Arcy, Thom o Grassé, che siano emersi il genoma mobile, la neutralità molecolare o le mutazioni dirette, tutto questo non ha scalfito l’assioma centrale del darwinismo, e cioè che la spontaneità della natura ha sostituito l’opera del Creatore biblico. D’altronde, aggiungono con supponenza i negatori della Bibbia, il Genesi è stato scritto da sacerdoti incolti, e rivolto a un popolo primitivo, cui non si potevano raccontare che favole. 

Indubbiamente il Genesi 1 contiene metafore, miracoli, vaghezze ma, tra tutte le antiche cosmogonie e antropogonie si evidenzia per la sobrietà di un rendiconto naturalistico, senza ierogamie o scontri tra divinità primigenie, senza mostri, senza cataclismi o diluvi, senza castrazioni o decapitazioni. Esso risponde ai requisiti della visione “attualista” di Lyell e Darwin. Nessun fenomeno vi accade che non sia naturalisticamente plausibile e pensabile nell’attualità, nessun tempo speciale vi è evocato, nessun artefice soprannaturale che vada oltre al proporre e all’approvare. Se mai, nel Genesi 1, c’è una carenza di riferimenti all’Eternità. Ogni cosa appare per una parola di Dio, e sancito da un “e vide che era buono”.

La più lontana epopea della creazione è l’Enuma Elish assiro-babilonese, scritto nella prima parte del secondo millennio. Tutto il tono dell’epopea è catastrofico e mostruoso. Nulla della sobrietà biblica. Vi si narra di Apsu, il generatore, e di Tiamat, la generatrice, che si congiungono nel caos dando vita a una stirpe di draghi mostruosi. Dopo parecchie ere compaiono i primi dei, uno dei quali, Ea, uccide Apsu. Tiamat, con l’aiuto dei suoi mostri, che ha avuto dal figlio Kingu, si prepara alla vendetta e si trova a combattere contro Marduk, figlio di Ea. L’eroe, salito sul carro della Tempesta, dopo aver lanciato contro Tiamat maledizioni, sfide e incantesimi, imprigiona la dea mostruosa nella sua rete, le strappa le viscere, le spezza il cranio e si erige sulla nemica sconfitta.  Seziona il corpo in due parti, come si separano le valve di un mollusco, e forma con una il firmamento, per impedire alle acque di sopra di cadere sulla terra, con l’altra le fondamenta della terra e del mare. Alla fine Marduk crea l’uomo col sangue di Kingu. E’ stato notato (Graves e Patai) che il Genesi 1 mantiene alcuni elementi della cosmogonia babilonese.

Anche l’epopea olimpica della creazione, nei versi di Esiodo, è terribile e sanguinaria. Dal Caos emerge la selvaggia Madre Terra, o Gea, che genera il terrifico Urano. Questo la feconda con piogge tempestose da cui sorgono piante, fiere e giganti mostruosi: i centimani Briareo, Gige e Cotto, i tre Ciclopi e infine le stirpe dei Titani. Guidati da Crono, ispirati da Gea, essi assaltano Urano nel sonno. Crono evira il padre con un falcetto e getta i genitali lontano nel mare. Da questi spunta la prima Afrodite e dal sangue le tre Erinni…Dopo terremoti e diluvi, nascono i primi uomini dalle ossa della Terra.  

2. L‘evoluzionismo, una genesi senza creatore  

Tra il testo del Genesi 1 e la teoria dell’Evoluzione, che, nata alla fine dell’ottocento, è approdata quasi intatta al duemila, le corrispondenze sono così impressionanti (v.tabella 1) da adombrare una derivazione storica di questa da quello o l’emergenza dei due testi da uno stesso disegno logico.

Le differenze tra la tradizione biblica e l’evoluzionismo di maniera sono secondarie e non hanno carattere scientifico! Esse sono sostanzialmente queste:   

GENESI EVOLUZIONE
Dio interviene a più riprese Dio solo all’inizio (o mai)
Emergenza indipendente dei taxa Continuità tra i taxa
Divinità dell’uomo Animalità dell’uomo

Per rendere automatica e continuativa l’emergenza successiva dei gruppi viventi, l’unico espediente logico era quello di postulare che i più recenti derivassero, per trasformazione graduale e accidentale, dai più antichi. Per quanto riguarda la sublimità dell’uomo, J. Monod ci ha fatto l’ultimo sberleffo: “Il nostro numero è uscito alla roulette.”

La trasformazione cieca e graduale  dei moderni, ancorché mal documentata e lacunosa, è l’evoluzione, che s’impone fin dalla prima formulazione come l’unico processo capace di lasciare Elohim fuori dalla realtà. Che il meccanismo sia il Caso, o la Selezione Naturale o la loro combinazione ha poca rilevanza. I primi evoluzionisti furono profondamente in disaccordo sul meccanismo del processo, che si presentava loro come necessità logica più che come risultanza dell’osservazione.

“Che le specie siano derivate le une dalle altre - scrivono V. Delage e M. Goldsmith (1927) - non è deduzione che si fonda sopra dei fatti, ma nozione che si impone al nostro spirito come la sola accettabile, dal momento che abbiamo abbandonato la teoria delle creazioni soprannaturali.”

Nelle formulazioni più moderne dell’evoluzione, la selezione naturale è relegata alla genetica di popolazione, riservata nell’origine delle specie, mentre la gradualità del processo di macroevoluzione rimane inspiegata e non documentata. Ma, ripeto, tutto questo ha poca importanza, di fronte all’esigenza di far precipitare Iddio dalla sua Macchina. Senza autore, la generazione è di necessità spontanea e imprevedibile.

Si legge sul Grand Dictionnaire Universel du XIX Siecle, di Pierre La Rousse (1872), alla voce « Génération » :  

«La genesi spontanea non è più un’ipotesi, ma una necessità filosofica. Soltanto essa è razionale, soltanto essa ci sbarazza per sempre dalle puerili cosmogonie e fa rientrare nelle quinte quel deus ex machina del tutto artificiale che secoli di ignoranza hanno a lungo adorato.» 

Le esperienze di Redi nel ‘600, di Spallanzani nel ‘700, di Pasteur nell’800 sono derubricate a “… osservazioni la cui perfetta sperimentazione è manifestamente impossibile, nonostante la potenza dei nostri strumenti.” E così quegli esperimenti che hanno fondato la biologia moderna e i suoi misteri, che ci hanno iniziato alla complessità irripetibile della vita, sono stati trasferiti alla puerilità e alla ignoranza per una “necessità filosofica” (in realtà “teologica”) che ha tarpato le ali a secoli di grande biologia. L’anatomia, la sistematica, la biogeografia, l’embriologia, la biologia molecolare sono state accolte solo per ciò che atteneva a una “necessità logica” a priori mentre la biologia si trasformava in una faustiana biotecnologia.

La “Legge Biogenetica Fondamentale” di E. Haeckel, secondo cui “l’ontogenesi ricapitola la filogenesi”, ancorché imperfetta e fraudolenta nelle dimostrazioni, ha gravato per oltre un secolo sulla embriologia. La sistematica è stata distorta dalla pretesa di farne una prova delle “discendenze divergenti”, la biologia molecolare ha interpretato il suo messaggio incantato come il “testo” della vita, su cui le mutazioni casuali potevano sbizzarrirsi nella stesura di nuovi testi. “Tutto è scritto nel messaggio dell’acido nucleico!” aveva proclamato nel 1974 F. Jacob, per emendarsi solo tre anni dopo (1977):

“…non sono le mutazioni casuali (nell’acido nucleico, ndr) che hanno generato la diversificazione tra gli organismi. Ciò che distingue una farfalla da un leone, una gallina da una mosca o un verme da una balena è molto meno una differenza nei costituenti chimici che nell’organizzazione o distribuzione di questi costituenti.” 

Secondo S.J. Gould, la paleontologia ha proposto al darwinismo tre antichi problemi: 1. La storia della vita presenta una direzione? 2. E’ essa stata modellata da forze esterne o interne? 3. E’ avvenuta per gradi o per salti?

“ La formulazione di questi problemi - ha concluso – ha preceduto il pensiero evolutivo e non ha trovata alcuna soluzione entro il paradigma darwiniano.”

Il grande messaggio scettico dell’evoluzione senza Dio non solo non ha fornito risposta ai grandi problemi della comparsa e successione dei viventi, ma ha anche oscurato il restante territorio della biologia, persino in quei campi che non avevano pretese profetiche, ma la sola intenzione di raccontarsi e di avvicinare rispettosamente l’uomo alla natura.

3. Il Genesi mitico (Gen.2)

I critici della creazione biblica hanno l’abitudine di limitare la loro analisi al Genesi 1, che, come abbiamo visto, è un tardo resoconto storicizzato della comparsa di astri, acqua, terra, piante e animali, ed infine dell’uomo. La vera rivelazione dell’Antico Testamento si trova piuttosto nel Genesi 2, scritto un mezzo millennio prima del Genesi 1 e di carattere mitico-poetico. In esso l’uomo apre la serie delle creature e la donna la conclude.

Il Genesi 2 è stato scritto quando gli ebrei non avevano ancora subito l’esilio babilonese. Il Genesi 1 sarà composto poco dopo il ritorno dall’esilio e posto in apertura della Bibbia. In essi Dio ha un nome diverso: Jahweh (o Jahve)  nella versione mitica (2), Elohim (o Jahweh Elohim) in quella storica.

Nel genesi mitico la vita è un soffio, che solo l’uomo, tra tutti gli animali, riceve; è pensiero e parola, riservati all’uomo (e, per clonazione, alla sua compagna), mentre gli altri animali ne restano privi e saranno animati da una sola parola, quello che l’uomo sceglierà per ognuno di loro. L’ordine di comparsa dei viventi è completamente differente.

GENESI 1

GENESI 2

verzura, graminacee, alberi uomo
pesci, cetacei, volatili  alberi (giardino)
fiere, bestiame, rettili   bestie e volatili  
uomo e donna donna

L’ordine cronologico di comparsa delle specie nel Genesi 2 è del tutto improponibile come sequenza storica, irriferibile a un cammino evolutivo, estraneo alla scienza positiva degli ultimi secoli. Esso sembra anche privo di significato morale, con quell’uomo posto non a corona ma a primordio della biosfera.  Io cercherò di provare che è invece questa genesi mitica che propone i segreti della vita, ordinando le specie non secondo una favolosa cronologia, ma secondo un solido rapporto gerarchico e strutturale.

Da un punto di vista embriologico e anatomico l’uomo è considerato, dalla moderna anatomia comparata, una creatura poco differenziata, embrionale, originaria. Vedremo che ciò vale anche in una prospettiva bio-molecolare. Preferisco illustrare questo concetto con una fiaba di T.H. White, “The Once and Future King” (Berkeley 1958). E’ la parabola della creazione narrata da un venditore ambulante.  

Dapprima Iddio creò una serie di embrioni, perfettamente somiglianti (nella migliore tradizione di von Baer). Li chiamò davanti al suo trono e chiese loro che specializzazioni avrebbero desiderato per la loro forma adulta. Uno per volta essi scelsero le loro armi, le loro difese, il loro isolamento. Finalmente l’embrione umano si avvicinò al trono e disse a Dio:

  • Penso che tu mi abbia fatto nella forma in cui sono, per ragioni che Tu conosci bene, e che sarebbe scorretto cambiarla. Se posso fare la mia scelta, resterei come sono. Non cambierei nessuna delle parti che mi hai dato… Resterei un embrione indifeso per tutta la vita…

  • Ben fatto – esclamò il Creatore compiaciuto. – Ecco, embrioni tutti, venite qui con i vostri becchi e le vostre quisquilie ad ammirare il Nostro primo Uomo. Egli è il solo che abbia risolto il nostro enigma… In quanto a te, Uomo,… tu sarai come un embrione sino alla sepoltura… Eternamente fanciullo, resterai onnipotenziale, a Nostra immagine e somiglianza, e potrai comprendere alcuni dei Nostri dolori e provare alcune delle Nostre gioie…  

L’uomo risulta, dall’anatomia dei vertebrati (e nella fiaba), la specie meno specializzata, la più fedele alla forma del proprio embrione, la meno “derivata”. In un convegno della Pontificia Accademia delle Scienze, sull’evoluzione dei Primati, cui ho partecipato nel 1982, ho sottolineato che lo scheletro umano, non deformato dall’uso e dalla specializzazione, è il modello di riferimento per tutti i primati (e, per estensione, per tutti i vertebrati). Confrontate la bella mano a ventaglio dell’uomo con quella dello scimmione, allungata e arcuata, o con quella del cavallo, ridotta a un dito zoccoluto, con quella del pipistrello trasformata in un telaio da ombrello, con quella di un cetaceo, sbriciolata in una miriade di ossicini composti in una pinna.

Diritto nella sua figura, il capo eretto, l’uomo è l’immagine esemplare della forma vivente, con le braccia non stirate dalla brachiazione arborea, con la schiena non chinata per l’appoggio delle nocche al suolo. Libero nelle sue lineari geometrie, iscritto in un cerchio quando le braccia si estendono, egli rappresenta l’asse del mondo e la croce cosmica. La sua struttura è il risultato di originarie modalità di sviluppo e non di secondari aggiustamenti, e attraverso esso la forma del vertebrato manifesta la sua gloriosa bellezza. I tratti giovanili conservano alle membra umane l’eleganza e l’armonia della giovinezza della specie. Non circoscritto da alcuna funzione specializzata, il corpo umano è dedicato all’indefinito ed in questo destino ineffabile, di ascesa o di caduta, brilla la scintilla del divino.(64)

“Che cos’è l’uomo? – scrive Westenhoefer – Un essere unico nel suo genere, che si distingue quindi da tutti gli altri. Egli opera, perché è il modo in cui si conserva in esistenza, costruendo se stesso. Egli è non-specializzato, primitivo, ritardato, ed anche staccato dal mondo, aperto al mondo.” 

La sua primordialità consiste nel contenere tutte le potenze (come sviluppo di inespresse funzioni matematiche) e di non manifestarne alcuna, mantenendo il piano generale. La creazione dell’uomo avviene attraverso un soffio indistinto, che lo rende onnipotenziale, e per questo partecipe dell’eternità. La manifestazione delle varie potenze - ali, artigli, becco - corrisponde alla perdita delle altre soluzioni alternative (vedi la novella di White).

Nel Genesi 2 l’uomo è il primo dei viventi, che sono fatti simili a lui, sul suo prototipo. 

6. Allora Jahwe Dio plasmò l’uomo con la polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita; così l’uomo divenne un essere vivente.18. Poi Jahwe Dio disse: “Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che sia simile a lui.” 19.Allora Jahwe Dio plasmò ancora dal suolo tutte le bestie selvatiche e tutti i volatili del cielo…

La primogenitura dell’uomo è asserita da Westwnhoefer (1948) in questi termini:  

“L’uomo è il più antico dei mammiferi, e , fra tutti, sembra quello che meno si è allontanato dal suo ipotetico prototipo.”

L’uomo “eterno embrione” si colloca bene nel quadro della teoria “staminale”  della evoluzione (designazione mia, nda), postulata da P.- Paul Grassé (1973). Secondo lo zoologo francese la vita si propaga attraverso una linea (o una rete) di organismi indifferenziati, larvali, che egli chiama “la linea delle madri”. Egli paragona questa linea ad un rizoma sotterraneo, a uno stolone di fragola. Da questo spuntano, volta a volta, qua o là, verticilli di ramoscelli che si espandono dallo stelo sommerso. Essi corrispondono alle radiazioni (o esplosioni) di forme affini, testimoniate dalla paleontologia (per esempio, la radiazione dei rettili nel carbonifero superiore o quella dei mammiferi nel paleocene). I ramoscelli sono fratelli tra loro, ma sono anche fratelli (non discendenti) dei ramoscelli spuntati a monte da antiche gemmazioni. Tutte le forme gemmate dalla linea madre sono, in senso profondo, originarie, primogenite. Esse si distinguono per ciò che hanno perso, più che per ciò che esprimono dopo la svolta che le ha allontanate dallo stelo. In questo quadro l’uomo è il più vicino allo stelo, al limite è quello che deve ancora nascere, e nello stesso tempo è l’essere originario, il primo destinatario del soffio invisibile da cui è stata generata la sua vita e ogni vita. 

Il quadro che abbiamo presentato rassomiglia a quello tracciato da Giorgio de Santillana e Hertha van Dechend (Il mulino di Amleto, Adelphi, 1983), alla ricerca delle varie versioni della leggenda di Amleto in lontani paesi, vagando dalla Danimarca a Roma, dalla Mesopotania all’Islanda, dalla Polinesia al Messico precolombiano. Concludono gli autori:

      “… la vita originaria del pensiero si aprì una strada nel buio, diramò nelle profondità le sue radici e i suoi viticci, fino a che la pianta vivente  non uscì alla luce sotto cieli diversi. A mezzo mondo di distanza, fu possibile scoprire un uguale viaggio della mente…”

Questa amletica figura dai cento volti è la vita in tutte le sue forme, collegate ma non discendenti l’una dall’altra, e l’uomo è tra queste la più indeterminata, quella che ancora dubita tra “l’essere e il non essere”.

La primogenitura dell’uomo entro la sua famiglia di Primati è attestata anche dai recenti studi delle loro molecole (DNA mitocondriale). Da quando la linea umana si è distaccata da quella dei Primati (radiazione dei Primati antropomorfi), la molecola degli uomini ha subito 13 refusi, contro 34 dello scimpanzé. In termini canonici questo voleva dire che l’uomo è molto meno “evoluto” degli scimmioni africani e che quindi “l’antenato comune” è piuttosto un uomo che una scimmia, che la linea umana è rimasta, per così dire, bambina rispetto a quella quadrumane. Sulla base di questi dati Alan Templeton aveva concluso:  

“… (L’uomo) è il Peter Pan del mondo dei Primati – il bambino che si è rifiutato di crescere.”

Le genealogie che pongono l’uomo all’ultimo posto nel regno animale, come il più tardo e il più vecchio – il Genesi 1 e l’evoluzionismo – trascurano la struttura essenziale dell’uomo e il significato sacro di questa.

[Modificato da Credente 26/10/2010 13:45]