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5. La spiritualità dell’animatore musicale

Dopo aver presentato una prima serie di considerazioni sull’animazione liturgico-musicale e sulla funzione ministeriale del coro, può essere opportuno proporre qualche riflessione sulla spiritualità dell’animatore musicale della liturgia, con la convinzione che più alto sarà il tenore di spiritualità dei nostri animatori liturgici e più efficace potrà risultare il loro impegno ministeriale.

Spesso, privilegiando gli aspetti tecnici della formazione degli animatori musicali, ci si dimentica di ciò che è più importante: il cammino di fede.

Proponiamo un brano del libro di Mimmo Falco “Servite il Signore nella gioia”: può essere un primo punto di riferimento per “tonificare” il cuore e di coloro che prestano il proprio servizio nella liturgia.


Il tema della “spiritualità dell’animatore musicale della liturgia” può apparire alquanto insolito. Quando parliamo di questo ministro, infatti, siamo soliti riferirci ai suoi compiti, dimenticando o dando per scontato il cammino che egli, come cristiano, è chiamato a percorrere. Non dobbiamo dimenticare, però, che l’animatore musicale è prima di tutto un credente e, proprio in virtù di questo, svolge il suo ministero. Non è quindi da trascurare l’aspetto spirituale di questa figura.

La propria disponibilità è premessa indispensabile per avviarsi su questa strada. Fino a quando considereremo la nostra fede come un fatto scontato, sarà molto difficile decidersi per il primo passo. Per chi lavora in parrocchia è facile credere che sia sufficiente il “fare” qualcosa di concreto, di pratico, come testimonianza della propria fede.

Se siamo disposti a prendere in seria considerazione questa dimensione spirituale, penso che il primo passo da fare sia quello di chiedersi quale tipo di rapporto viviamo con il Signore e col suo Corpo che è la Chiesa. Se si tratta, cioè, di un rapporto che ci coinvolge o se, piuttosto, è un rapporto formale, a scadenze settimanali o, ancora, come quello che viviamo con persone che conosciamo ma con le quali non abbiamo alcunché da condividere, se non un semplice saluto. È un rischio che tutti corriamo e dal quale anche l’animatore deve difendersi. Infatti, può spesso accadere che la preoccupazione degli aspetti strettamente tecnici del proprio ruolo, prevalga sull’attenzione all’esperienza di fede che si fa.

Prima di invitare l’assemblea a cantare, l’animatore deve avere già dentro di sé il desiderio di esprimere la lode al Signore. Questo desiderio è frutto di un rapporto profondo e costante con Lui. È l’esperienza di chi, come il salmista, può dire al Signore: “Hai messo più gioia nel mio cuore di quando abbondano vino e frumento” (Salmo 4,8). È la gioia incontenibile di chi sperimenta nella propria limitatezza la grandezza di Dio e, giorno dopo giorno, è disposto a consumare tutte le sue energie perché questo rapporto non tramonti mai. Tutti siamo chiamati a vivere questo rapporto con il Signore alimentandolo con la preghiera e attraverso il compito che ci è affidato.

Se cominceremo a preoccuparci non soltanto di cosa e come far cantare l’assemblea, ma anche e prima di tutto di come fare per vivere il nostro rapporto autentico con il Signore, saremo già a metà del cammino e l’essere animatori della liturgia sarà veramente un “servire il Signore nella gioia””.

MIMMO FALCO,

Servite il Signore nella gioia.

Per una spiritualità dell’animatore musicale della liturgia,

Progetto Vallisa, Bari 1990, pp. 5-7

6. Musica religiosa, sacra o liturgica?

A partire dalla riforma liturgica conciliare è nata una nuova e specifica musicologia che nel corso dell’ultimo trentennio ha cercato di far chiarezza non solo sulle tematiche principali della musica rituale, ma anche sui termini che tale disciplina è solita utilizzare. Un passo importante è la distinzione tra musica religiosa, sacra e liturgica.

La Costituzione conciliare sulla liturgia introduce in questo modo il capitolo VI, sulla musica sacra: “La tradizione musicale della Chiesa costituisce un patrimonio d'inestimabile valore, che eccelle tra le altre espressioni dell'arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne. Il canto sacro è stato lodato sia dalla sacra Scrittura, sia dai Padri, sia dai romani Pontefici; costoro recentemente, a cominciare da S. Pio X, hanno sottolineato con insistenza il compito ministeriale della musica sacra nel culto divino. Perciò la musica sacra sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all’azione liturgica, sia dando alla preghiera un’espressione più soave e favorendo l’unanimità, sia arricchendo di maggior solennità i riti sacri” (SC 112).

L’istruzione del “Consilium” e della S. Congr. dei Riti Musicam Sacram (5/3/1967), esplicita ulteriormente il concetto di musica sacra: “Musica sacra è quella che, composta per la celebrazione del culto divino, è dotata di santità e di bontà di forme. Sotto la denominazione di musica sacra si comprende, in questo documento: il canto gregoriano, la polifonia sacra antica e moderna nei suoi diversi generi, la musica sacra per organo e altri strumenti legittimamente ammessi nella liturgia, e il canto popolare, cioè liturgico e religioso” (n. 4).

Per quanto le affermazioni di Sacrosanctum Concilium e Musicam Sacram siano ricche e significative non chiarivano assolutamente la diversità terminologica cui sopra si accennava. L’unico documento che tenta di distinguere la specificità della musica religiosa, sacra e liturgica è una lettera della Sacra Congregazione per il Culto Divino che ha come titolo Concerti nelle chiese (5/11/1987).

Il termine musica religiosa indica quella musica che “si ispira al testo della Sacra Scrittura o della liturgia o che richiama a Dio, alla Vergine Maria, ai Santi o alla Chiesa” (Concerti nelle chiese, n. 9). Si tratta di musica non composta per la liturgia ma che solo prende ispirazione dalla religiosità e di questa si fa voce. Per musica sacra si intende “quella che è stata composta per la liturgia, ma che per motivi contingenti non può essere eseguita durante una celebrazione liturgica” (Concerti nelle chiese, n. 9). Di conseguenza la musica liturgica sarebbe quella che “può essere eseguita” durante una celebrazione.

La difficoltà sta’ nel distinguere con chiarezza la musica sacra dalla musica liturgica ovvero quella “eseguibile” durante le celebrazioni. Quali sono infatti i “motivi contingenti” che conducono a non ammettere brani di musica sacra nelle attuali celebrazioni? In realtà non è bene procedere con l’atteggiamento di chi deve “purificare” una determinata prassi musicale nella liturgia. Pertanto più che cercare le motivazioni che inducono a non utilizzare certa musica, sarà utile comprendere le caratteristiche che la musica e il canto devono avere affinché possano contribuire alla realizzazione delle celebrazioni secondo la liturgia rinnovata.

Per ora ci basta aver compreso che:

- la musica liturgica è sacra e religiosa, ma la sua caratteristica imprescindibile è quella di essere a servizio della liturgia;

- la musica sacra è religiosa, ma ciò non significa che essa sia necessariamente liturgica, per quanto possa esserlo stata in tempi passati o lo sia tuttora in altri ambienti culturali ed ecclesiali;

- la musica religiosa non può confondersi né con quella sacra né con quella liturgica, poiché non ha, né mai ha avuto, una finalità celebrativa.

[Modificato da Credente 03/09/2010 23:34]