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EVOLUZIONE E ORIGINE DELL'UOMO

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    00 31/01/2013 11:28

    La centralità dell’uomo
    e la discontinuità con l’animale

    Evoluzione FacchiniPoco prima di Natale, il quotidiano della Santa Sede, l’Osservatore Romano, ha pubblicato un estratto del nuovo libro dell’antropologo e paleontologo Fiorenzo Facchini, professore emerito di Antropologia dell’Università di Bologna, intitolato:Evoluzione. Cinque questioni nel dibattito attuale (Jaca Book 2012).

    Facchini inquadra inizialmente la questione-chiave riconoscendo che «quando si affronta il tema della evoluzione ciò che riguarda l’uomo assume sempre un particolare interesse. Ammettere che anche noi abbiamo una storia che ci ha preceduti non come uomini, ma come membri di un raggruppamento animale suscita non di rado qualche difficoltà. Nello stesso tempo riconoscere le origini animali dell’uomo per taluni ha come conseguenza ovvia che siamo animali come gli altri», tanto che c’è «una fitta schiera di antropologi, zoologi ed etologi che accentuano la condizione biologica che accomuna l’uomo con gli animali e vogliono mettere in ombra o non riconoscere la specificità umana».

    L’uomo è una scimmia più intelligente, si legge o si sente dire frequentemente dalla vulgata riduzionista»Si ha l’impressione», commenta Facchini, «che alcuni abbiano quasi pudore a riconoscersi uomini, differenti dagli animali, il timore di cadere in un sorta di etnocentrismo». Sembra quasi che l’uomo debba scusarsi di essere uomo, notava G.G. Simpson, ma «questo atteggiamento appare più ideologico che scientifico, si ispira a una filosofia decisamente riduzionista». Anche Darwin stesso ha parlato di continuità e gradualità evolutiva come ipotesi dell’esistenza di differenza soltanto di grado fra l’uomo e l’animale, ma «questa affermazione appare più propriamente di carattere filosofico, nella linea del naturalismo riduzionistico e non tiene adeguatamente conto di ciò che è specifico del comportamento umano, che appare qualitativamente diverso, perché caratterizzato dalla cultura, pur nella continuità biologica tra ominide non umano e uomo».

    L’estratto del libro prosegue indicando l’attuale datazione dell’apparizione dell’uomo moderno o Homo sapiens (in Africa circa 150.000 anni fa), sottolineando che «è soprattutto sulle discontinuità che può essere sviluppato il discorso per cogliere l’identità dell’uomo come specie. Esse riguardano essenzialmente il comportamento che manifesta aspetti e interessi che non sono più di ordine biologico. La maggiore discontinuità nel comportamento dell’uomo rispetto all’animale viene ritenuta da molti il linguaggio simbolico», e «le manifestazioni dell’arte e le pratiche funerarie», nelle quali «si dimostra chiaramente una discontinuità rispetto al mondo animale. Esse non appartengono propriamente alla sfera biologica. La cultura si caratterizza come capacità di progetto e di simbolo, entrambi rivelatori di intelligenza astrattiva, di coscienza e autodeterminazione». Altri esempi possono essere le manifestazioni che rivelano senso estetico o religioso, i prodotti della tecnologia strumentale e della organizzazione del territorio, direttamente legati a strategie di sussistenza, i quali «rivelano intelligenza astrattiva nel prefigurare lo strumento che si vuole ottenere proiettandolo nel futuro e, quindi, capacità di progetto.»

    La discontinuità culturale, inoltre, si documenta grazie al «simbolismo di ordine spirituale, svincolati da necessità di ordine biologico, espressioni di una vita sociale più intensa e di interessi extrabiologici, come quelli riferibili alla sfera dell’arte e della religione»L’adattamento culturale, oltre a quello biologico è proprio soltanto dell’uomo e indica «la capacità progettuale e innovativa che caratterizza il comportamento umano. Nel caso dell’uomo la differenza è rappresentata dal fatto che non è un comportamento stereotipo, dettato dal Dna o dall’imprinting o da altri fattori non intenzionali, ma è un comportamento pensato e trasmesso anche per via non parentale, che può anche andare contro l’interesse dell’individuo o della specie. L’uomo ha la capacità di intervenire nei processi di adattamento modificando sia l’ambiente per adattarlo a sé, sia il proprio comportamento per adattarsi all’ambiente. Di conseguenza l’uomo ha la possibilità di modificare e anche contrastare intenzionalmente la selezione naturale operata dall’ambiente. Ciò rappresenta un caso unico nella natura».

    In questo senso, si conclude, «la centralità che la teoria darwiniana toglie all’uomo, considerandolo come un evento fortuito, gli viene restituita dalla sua unicità nella responsabilità che ha nella gestione dell’ambiente. La discontinuità culturale e la discontinuità ecologica suggeriscono una discontinuità di altro ordine, di carattere ontologico, sul piano dell’essere, che invece non viene ammessa in una concezione riduzionista, secondo la quale lo psichismo riflesso e la coscienza sono ricondotte all’attività neuronale e ai geni. A nostro modo di vedere le differenze espresse dal comportamento culturale non sono della stessa natura di quelle fisiche, cioè quantitative, ma qualitative, perché si collocano a un livello diverso da quello biologico e implicano proprietà che non sono riconducibili a quelle di ordine fisico, chimico o biologico.L’autocoscienza, come capacità di riconoscere sé e gli altri, come consapevolezza di esistere è propria dell’uomo. Nell’autocoscienza c’è la capacità di abbracciare il passato e il futuro, oltre al presente, non in termini deterministici. L’uomo sa e sa di conoscere, pensa e sa di pensare». Il pensiero, la coscienza, la libertà, il senso morale e religioso esprimono un’attività intrinsecamente non determinata da proprietà biologiche e sono esclusivi dell’uomo.

    «Certamente c’è un rapporto o interfaccia tra sfera biologica e sfera mentale, tra sentimenti e reazioni sul piano biologico neuronale, tra comportamenti e stimolazioni esterne», afferma Facchini, ma «il divario ontologico non comporta separazione, ma distinzione sul piano dell’essere, con interazione o interfaccia tra sfera biologica e sfera mentale». Il pensiero di Facchini risulta così essere in linea con quello del genetistaTheodosius Dobzhansky, coautore della sintesi moderna, il quale ha affermato: «La diversità degli organismi diviene ragionevole e comprensibile se il Creatore ha creato il mondo vivente non per capriccio, ma attraverso l’evoluzione spinta dalla selezione naturale. E’ sbagliato ritenere creazione ed evoluzione come alternative che si escludono a vicenda. Io sono un creazionista e un evoluzionista. Evoluzione è il modo con cui Dio e Natura creano» (T. Dobzhansky, Nothin in Biology Makes Sense except in the Light of Evolution, The American Biology Teacher, 1973, p.129).

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    00 31/01/2013 11:30
    Questo video si riferisce al tema trattato nel post precedente

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    00 15/02/2013 20:49

    Comparsa dell’uomo:
    caso e necessità sono insufficienti

    Ramanujan 
    di Enzo Pennetta*
    *biologo

     

    È stato pubblicato nei giorni scorsi nel Giornale degli Atti dellaFondazione Giorgio Ronchi un intervento epistemologico diMichele Forastiere e Giorgio Masiero, un cui sunto era già apparso su UCCR.

    Che un articolo critico nei confronti del darwinismo appaia in una prestigiosa rivista peer-rewieved italiana, costituisce per se stesso un avvenimento, se consideriamo quanto sia sensibile l’argomento trattato dai due Autori: mentre infatti è fisiologico al metodo scientifico mettere in discussione liberamente anche le teorie più consolidate – su ciò si poggia l’avanzamento tipico delle scienze naturali rispetto alle altre – risulta invece, come si sa, un delitto di lesa maestà vietato dal politically correct sollevare il ditino contro un pensiero del grande biologo inglese.

    Riprendo sinteticamente per i lettori di UCCR le tesi presentate, rinviando alla lettura diretta dell’articolo i lettori più interessati. Secondo il paradigma darwiniano, il gioco esclusivo di caso e necessità pone le condizioni sufficienti all’insorgenza di organismi sempre più complessi, dalle forme prebiotiche fino all’uomo. In altre parole, il motore dell’evoluzione di tutta la biosfera viene identificato, da ogni teoria evolutiva di ispirazione darwiniana, nella successione graduale di mutazioni genetiche casuali, i cui effetti fenotipici sono selezionati col criterio della sopravvivenza del più adatto (necessità).

    Ora, l’evoluzione – intesa come speciazione asincrona di organismi a contenuto informativo (in termini di complessità) crescente – si può considerare un fatto scientificamente accertato dalla paleontologia. Ciò che appare insufficiente, alla luce delle evidenze scientifiche (empiriche e teoriche), è che sia esclusivamente il caso la causa prima dell’origine di tutte le forme biologiche esistenti, compreso l’uomo.

    L’insufficienza esplicativa dell’approccio darwiniano appare particolarmente evidente nel problema della speciazione umana, e in particolare in quello che gli Autori definiscono“effetto Ramanujan”: vale a dire, nella constatazione che l’abilità matematica umana – intesa come prestazione biologica del cervello di H. Sapiens Sapiens – si è costituita fin dalle origini in una capacità sovradimensionata rispetto a ogni concepibile esigenza di adattamento selettivo (sebbene, naturalmente, è plausibile che un’algebra, una geometria e una meccanica primitive possano essere selezionate in modo adattativo in un ambiente di lotta per la sopravvivenza condiviso con altre specie viventi).

    Tipicamente, la soluzione proposta dal darwinismo è quella di considerare la capacità astrattiva e matematica umana come un carattere gregario correlato ad un altro genuinamente adattativo (quale per esempio il bipedismo). Varie “just-so-story” darwiniane sono state proposte a tale proposito: se è evidente, però, che nessuna di esse può essere considerata una spiegazione storicamente valida (perché mancano dati oggettivi in grado di sostenere in modo definitivo una specifica versione), tanto meno trattasi di una spiegazione scientificamente valida (perché non è possibile indicare il meccanismo fisico responsabile della correlazione tra i due caratteri).

    Nell’articolo pubblicato sugli “Atti della Fondazione Giorgio Ronchi” gli Autori dimostrano le seguenti proposizioni:

    1) è estremamente improbabile che l’effetto Ramanujan (equivalente all’affermazione che la tecno-scienza umana ha dimostrato di saper descrivere con un grado di precisione crescente il funzionamento della realtà fisica) possa essere spiegato solo in termini di caso necessità, cioè secondo lo schema darwiniano;
    2) se, ciò nonostante, si vuole continuare a sostenere tale tesi, non sarà logicamente possibile affermare che l’uomo riuscirà prima o poi a comprendere tutta la realtà naturale senza fare ricorso alla metafisica;
    3) poiché, tuttavia, in virtù dell’effetto Ramanujan esiste un’elevata probabilità che la realtà naturale sia governata nella sua interezza da una logica intrinseca e che tale logica comprenda le forme di astrazione proprie del pensiero umano, in tal caso la spiegazione darwiniana risulterebbe confutata;
    4) né la congettura del multiverso – che non rientra nel canone scientifico – offre una via filosofica d’uscita al darwinismo, perché le due teorie si contraddicono reciprocamente.

    In conclusione, Forastiere e Masiero dimostrano con l’effetto Ramanujan che è estremamente improbabile che il darwinismo possa spiegare l’origine di H. Sapiens Sapiens; e, se si crede che possa farlo, o risulta irrazionale credere che l’uomo potrà un giorno corroborare scientificamente il naturalismo, o si cade in un’insanabile contraddizione logica.

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    00 02/07/2013 15:36

    La vita e l’uomo erano i grandi attesi,
    parla il biologo Kauffman

    At home in the universeNel 1995 è stato pubblicato un libro che ha scosso la divulgazione scientifica sul quale vale la pena riflettere e leggere. Intitolato “At Home in the Universe: The Search for Laws of Self-Organization and Complexity” (Oxford University Press) è stato scritto dall’americanoStuart Kauffman, biologo teorico e ricercatore dei sistemi complessi, direttore e fondatore del Santa Fe Institute (un ente di ricerca dedicato agli studi sulla complessità dei sistemi) e oggi docente presso l’University of Vermont.

    In questo volume ha teorizzato l’auto-organizzazione della materia, a fianco della selezione naturale darwiniana, per spiegare l’irriducibile complessità dei sistemi biologici e dei microrganismi. «Viviamo in un mondo di straordinaria complessità biologica», ha scritto introducendo il libro. «Da dove viene questa grande architettura? Per più di un secolo, l’unica teoria che la scienza si è offerta di spiegare è che questo ordine è sorto dalla selezione naturale. Dopo trenta anni di ricerche mi sono convinto che questa visione dominante della biologia è incompleta». Ha quindi proseguito: «Come sosterrò in questo libro, la selezione naturale è importante ma non ha lavorato da sola nella creazione dell’architettura della biosfera. L’auto-organizzazione è lafonte principale dell’ordine del mondo biologico»«La selezione naturale è potente, ma non onnipotente. Darwin avrebbe realizzato questo se avesse posseduto i nostri computer» (pag. 84).

    Oggi sappiamo che «la materia deve raggiungere un certo livello di complessità perché fiorisca la vita. Ma questa soglia non è un incidente di variazione casuale e di selezione, ritengo invece che sia inerente alla natura stessa della vita. L’auto-organizzazione può aver fatto della nascita della vita un evento pressoché inevitabile». (pag. 24). Il premio Nobel George Wald, spiega Kauffman, in un articolo su “Scientific American” nel 1954, si è chiesto come potrebbe un insieme di molecole riunirsi in un solo modo giusto per formare una cellula vivente. «Basta contemplare la grandezza di questo compito per ammettere che la generazione spontaneadi un organismo vivente è impossibile», ha commentato il biologo americano. «Il tempo infatti è l’eroe della trama. Basta aspettare e il tempo stesso compie i miracoli? Ma anche 2 o 4 miliardi anni non sarebbero stati sufficienti per il verificarsi di questa casualità» (pag. 24).

    Basterebbe un piccolo calcolo: «se i tentativi per la comparsa della vita sono 1051 e le probabilità sono 1 su 1040.000 allora la vita semplicemente non poteva esserci. Noi siamo molto fortunati, davvero fortunati. Noi siamo impossibili». Lo dicevano anche Hoyle eWickramasinghe quando hanno rifiutato la generazione spontanea dal momento che la probabilità che l’evento si possa essere verificato è paragonabile alle probabilità che un tornado dentro ad un deposito di rottami possa assemblare un Boeing 747 a partire dai materiali di esso. «Il problema», ha commentato Kauffman, «è che Hoyle, Wickramasinghe, e molti altri non sono riusciti ad apprezzare il potere dell’auto-organizzazione. Il motto della vita non è che noi siamo improbabili, ma che noi eravamo attesi» (pag. 25).

    Il biologo ha anche introdotto un termine tecnico per spiegare quanto intende: order for free, cioè un ordine naturale e spontaneo. «L’organizzazione della cellula», ad esempio, «a lungo attribuita alla levigatura dell’evoluzione darwiniana, sembra probabile invece che derivi dalle dinamiche del network genomico ed è un altro esempio di order for free. Ancora una volta, spero di convincere che la selezione naturale non è l’unica fonte di ordine nel mondo vivente. Il potente order for free di cui stiamo discutendo è probabile che abbia avuto un ruolo non solo nel far emergere stati autocatalitici stabili, ma anche nella successiva evoluzione della vita»(pag. 48). E ancora: «è la fonte della tensione creativa che determina la crescente diversità della biosfera» (pag. 62), perché «l’auto-organizzazione è un prerequisito per la possibilità di evoluzione, che genera diversi tipi di strutture che possono beneficiare della selezione naturale. Esso genera le strutture che possono evolvere progressivamente» (pag. 104)

    Il fisico e matematico statunitense Freeman Dyson, studiando le costanti cosmiche (il principio antropico) e l’evoluzione cosmologica disse che «l’Universo ci stava aspettando». Questa visione teleonomica può essere confermata oggi anche dal punto di vista dell’evoluzione biologica: «la presenza di questo ordine sottostante, ulteriormente levigato dalla selezione», spiega Kauffman tirando le somme, «rileva che noi eravamo previsti piuttosto che enormemente improbabili. Come può infatti la vita essere contingente, imprevedibile e accidentale mentre obbedisce a leggi generali?» (pag. 12). L’auto-organizzazione della materia è una posizione assunta da buona parte dei biologi evoluzionisti oggi (si parla di “direzionalità dell’evoluzione”, di “vincoli interni”, di “principio direttivo” ecc.).

    Ed ecco che si spiega il titolo del libro (“At home in the universe”): «Se la vita, in tutta la sua abbondanza, era tenuta a presentarsi non come un incidente incalcolabilmente improbabile, ma come un atteso ordine naturale, allora siamo veramente a casa nell’universo» (pag. 13). Si può dunque spiegare come è nata la vita? «Sì, penso di sì», ha risposto Kauffman. «E Dio, nella sua grazia e semplicità, dovrebbe accogliere le nostre lotte per scovare le sue leggi. La vita è molto più probabile di quanto abbiamo mai supposto» (pag. 37). «Solo Dio ha la saggezzaper capire la legge finale, lanciare i dadi quantici. Solo Dio può predire il futuro, noi, miopi dopo 3.450 milioni anni di progettazione, non possiamo farlo» (pag. 17).

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    00 16/07/2013 18:28

    Lo psicolgo Matt J. Rossano:
    «più studiamo l’evoluzione e meno appare casuale»

    Per qualche anti-teista, la natura capricciosa dell’evoluzione sembrava rappresentare finalmentel’obiezione principale al cristianesimo, il quale mette l’uomo al centro, apice dell’opera creativa di Dio, il vero scopo della creazione stessa. Ancora oggi qualche neo-darwinista, debole rimasuglio del grande movimento filosofico/ideologico che nacque per divulgare il più possibile l’evoluzion-ismo, tenta di ragionare come Dio e sostiene che un Creatore non avrebbe mai scelto percorsi del genere per far apparire l’uomo.

    Ma, come spiegava in Ultimissima 9/10/11 Michele Forastiere, le cose pare stiano mettendosi sempre peggio per gli amici neo-darwinisti. Lo ha spiegato su “Huffington Post”, il sito web più visitato al mondo, lo psicologo Matt J. Rossano, docente alla Southeastern Louisiana University ed esperto in psicologia evolutiva: «Sempre più spesso -dice l’evoluzionista-, la scienza sta dimostrando che il processo evolutivo ha fatto i conti con molti vincoli che limitano la sua possibilità e forzano i suoi percorsi».

    Porta come esempio di questo il fenomeno della onnipresente convergenza evolutiva, cioè la tendenza per cui specie diverse che vivono nello stesso ambiente, sottoposte agli stessi stimoli ambientali, si evolvono sviluppando strutture o adattamenti molto simili. Come scrive il paleobiologo di Cambridge, Simon Conway Morris in “Life’s Solution” (Cambridge Press 2003), esiste solo un numero limitato di modalità con cui l’evoluzione può risolvere i problemi di adattamento posti dagli ecosistemi della terra. Di volta in volta, l’evoluzione si imbatte sempre nelle stesse caratteristiche di progettazione generale. A questo occorre aggiungere, secondo Rossano, l‘effetto Baldwin e i recenti risultati nel campo dell’epigenetica (chi vuole approfondire può farlo leggendo l’articolo originale), i quali -sommati agli effetti di convergenza-«sono solo alcuni dei meccanismi che servono come vincoli direzionali sui percorsi dell’evoluzione». La ha riconosciuto anche l’antropologo Melvin Konner«Non ci sono intrinsechi fattori di guida nell’evoluzione, ma ci sono intrinsechi vincoli e canalizzazioni lungo i quali l’evoluzione è facilitata a procedere» (M. Kooner, “The Evolution of Childhood”, Harvard Press 2010).

    Lo psicologo conclude dunque sottolineando come, naturalmente, «nessuno di questi fattori garantisce il nostro arrivo sul palco evolutivo. Essi, tuttavia, aumentano la probabilità che una creatura complessa, razionale, capace di intrattenere sia idee scientifiche e religiose possa emergere». E ancora: «Più comprendiamo evoluzione, meno sembra fondata la paura dei creazionisti o la dissoluzione di Dio cui bramano alcuni atei».

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    00 08/03/2014 18:13




    orangoLa ricerca non ha mai fine», diceva il filosofo della scienza Karl Popper e in effetti chi segue la teoria dell'evoluzione da quando è stata formulata per la prima volta da Charles Darwin nel 1859 lo può confermare a suon di prove. Generazioni intere hanno studiato sui libri di scuola che l'uomo deriva da un ipotetico primate di tipo scimmiesco che, a sua insaputa, per grazia ricevuta, ha avviato una serie di progressive trasformazioni dell'intera anatomia, che lo hanno condotto, per mutazione e per selezione naturale, ad un esito imprevisto: a diventare un essere intelligente e consapevole, capace di interrogarsi sul passato, sul presente e sul futuro. E tutto questo processo di "ominazione" - secondo questa concezione - è avvenuto lungo una linea diritta.


     MA QUALE "CESPUGLIO"?


    Negli ultimi anni questo percorso lineare di trasformazione, ritenuto senza causa e senza scopo, è stato ramificato a tal punto che è diventato un "cespuglio". Perché? Perché i reperti fossili via via rinvenuti, a pezzi, in siti diversi del Pianeta, in epoche geologiche altrettanto distinte, hanno costretto gli evoluzionisti a continue revisioni della teoria. Rami più o meno lunghi si aggiungono nei cespugli genealogici per andare ad abbracciare ogni reperto, allungando la lista dei cosiddetti ominidi, non avendo informazioni dirette sulla loro possibile interfecondità.
    Infatti, nel regno animale e vegetale, individui diversi appartengono a una stessa specie se sono in grado di accoppiarsi e di generare prole a sua volta feconda. Oggi, per esempio, analizzando il DNA fossile, si è scoperto che l'Homo di Neanderthal e l'Homo sapiens, a lungo considerati solo parenti e appartenenti a specie diverse, dovevano invece essere interfe-condi e quindi vanno inclusi in un'unica specie umana.
    La recente scoperta di alcuni teschi a Dmanisi, in Geòrgia, a pochi chilometri da Tbilisi, ha tagliato ora diverse fronde, riducendo il cespuglio di nuovo a un unico ramoscello che unisce l'Australopiteco di oltre due milioni di anni fa all'Homo sapiens di oggi. Perché?
    La chiave di tutto è un cranio, battezzato "skull 5", portato alla luce già nel 2005 e che ora è stato abbinato con una mandibola scoperta ancora prima, che vi si incastra perfettamente. Questo esemplare di teschio così completo, comprensivo anche di dentatura, costituisce fino ad
    oggi il miglior teschio di Homo erectus adulto.

    ERECTUS, HABILIS E RUDOLFENSIS IN UN UNICO CRANIO
    L'eccezionalità e la novità dei teschi rinvenuti a Dmanisi, la cui scoperta ha meritato la copertina dell'autorevole rivista americana Science (ottobre 2013), è dovuta ad almeno tre fatti.
    Il primo (che forse è anche il più importante) è che gli evoluzionisti affermano che l'Homo erectus, l'Homo habilis e l'Homo rudolfensis sono ominidi appartenenti a specie diverse, ma, per contro, in un cranio ritrovato a Dmanisi si trovano: lo spazio per un viso lungo come quello di un Homo erectus moderno (molto simile al nostro), lo spazio per un cervello piccolo (550 cm. cubici) come quello di un Homo habilis e una dentatura simile a quella di Homo rudolfensis; mai queste tre caratteristiche erano state rinvenute unite in un unico fossile.

    UN'UNICA SPECIE UMANA
    II secondo fatto eccezionale consiste nel ritrovamento di altri quattro crani completi di Homo nello stesso sito, molto diversi tra loro, ma appartenenti allo stesso periodo. Ora, se sono stati ritrovati nello stesso sito, è ragionevole pensare che appartengano a individui della stessa tribù, quindi della stessa specie.
    Il prof. David Lordkipanidze, del Museo Nazionale della Geòrgia, insieme ai suoi collaboratori, ha
    fatto un'analisi comparata di alta qualità, con tecniche statistiche raffinate, dei tratti morfologici dei cinque crani e ha osservato che le loro differenze sono le stesse che si ritrovano tra gli esemplari noti delle diverse specie di Homo abbracciate dal "cespuglio" tante volte proposto dalla teoria evoluzionista: ergaster, habilis, erectus, rudolfensis. Allo stesso modo, il professore ha studiato le differenze tra i crani di scimpanzè e di scimmie bonobo, di oggi. Analogo il risultato: la variabilità presente nei cinque crani di Dmanisi è la stessa che si ritrova tra le scimmie.
    La conclusione è quella che abbiamo poc'anzi già cominciato a menzionare: le presunte specie diverse del genere Homo, che avrebbero preceduto l'Homo sapiens (e che sono scolpite su pietra in ogni Museo e vergate in grassetto su ogni libro di scuola, disposte in sequenza graduata per evidenziare il presunto progresso in percentuale di umanità), sono in realtà varietà o razze di un'unica specie, quella umana. Razze, non specie. È come se gli evoluzionisti avessero messo in fila un odierno polinesiano (con il cranio molto piccolo), un odierno asiatico (con il cranio di medie dimensioni) e infine un odierno bavarese (con il cranio grande) e dicessero che sono tre specie diverse in cammino evolutivo. Falso! La collezione di varietà umane è come quella che esiste in tutte le specie; l'esempio più noto è dato dalle razze canine: dal bassotto al levriero, al pastore tedesco, al dobermann, sempre di cani si tratta.

    UN PROBLEMA DI PRIMOGENITURA
    II terzo fatto degno di rilievo è che l'età di questi crani della Geòrgia coincide con quella dei primi Uomini apparsi in Africa nordorientale, creando quindi un problema di primogenitura. I fossili africani sono sempre stati i più antichi come datazione e quindi si è sempre pensato, anche da parte degli evoluzionisti, che dall'attuale regione dell'Etiopia l'umanità si sia diffusa, a più ondate, verso l'Europa e verso l'Asia. Se però si rinvengono altrove reperti umani coevi se non più antichi ancora di quelli africani, la tesi non può più essere sostenuta.
    Dmanisi ha riacceso il dibattito anche all'interno del mondo accademico; si tratta di una gran brutta storia per gli evoluzionisti, alcuni dei quali si stanno muovendo per ridimensionare la portata dell'articolo apparso su Science, invocando ulteriori analisi e considerazioni. Insomma, la teoria evoluzionista, e tutte le problematiche che la affliggono (per esempio: come conciliarla con la genetica, che non ammette mutazioni causali se non per generare tumori e malattie? E come si spiega l'origine del linguaggio simbolico? E come è nata la coscienza? Come è sorto il senso religioso? Perché l'Uomo cerca un senso?) varie volte segnalate sul "Timone" [...], con i ritrovamenti di Dmanisi perde ora un altro glorioso pezzo.

    Fonte: Il Timone, gennaio 2014 (n. 129)


    [Modificato da Credente 08/03/2014 18:19]
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    00 08/04/2015 18:29
    EVOLUZIONE DARWINIANA: EVOLUZIONE CONVERGENTE
    di Nunzio Nobile Migliore

    L'ipotesi darwiniana afferma che le somiglianze morfologiche tra organismi dimostrano che essi discendono da un antenato comune. Tuttavia ci sono moltissimi casi di somiglianza morfologica ,la cosiddetta evoluzione convergente in cui icuramente l'antenato comune non aveva questi tratti simili. Un esempio eclatante e' l'apparato sonar della balena e del pipistrello; questa struttura complessa non era certamente in dotazione del supposto antenato comune dei due animali e quindi sarebbe avvenuta per ben due volte la formazione di questa struttura con i relativi geni in questi due animali.

    Ma l'evoluzione convergente indica l'improbabilità estrema che le stesse strutture si siano formate due volte o più volte in animali diversi. Inoltre sono stati trovati DNA mitocondriali simili in molte categorie di uccelli e in specie distanti dagli uccelli come serpenti e lucertole e anche tra gruppi di uccelli che non derivavano certamente da un antenato comune. Ancora le piante e gli animali hanno una organizzazione biochimica simile dei sistemi immunitari innati. La discendenza comune non riesce a spiegare questi sistemi immunitari inaspettatamente simili e quindi è avvenuta anche qui un'evoluzione convergente. Ma ci sono tantissimi altri esempi: la ripetuta formazione di occhi da animali molto lontani tra loro, modifiche della pigmentazione dei vertebrati, e multiple evoluzione indipendente delle proprietà di molte proteine. I pipistrelli e le balene hanno ,per esempio un gene in comune, il gene prestin che codifica proteine che hanno in comune la balena dentata coi microchirotteri, cioè i pipistrelli. Questo tratto comune è considerato uno dei migliori esempi di evoluzione convergente fino ad oggi. Sono stati trovati sino ad oggi 100 casi di evoluzione genetica convergente i cui tratti non sono certamente dovuti ad un antenato comune. I biologi evoluzionisti sono costretti ammettere che le somiglianze biologiche sono dovute alla discendenza da un antenato comune tranne i casi in cui non è cosi'. Molti geni raccontano diverse storie evolutive e il biologo Michael Syvanen afferma "la vita potrebbe effettivamente avere avuto più origini”. In pratica l'antenato comune universale non esiste.
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    00 08/04/2015 18:30
    EVOLUZIONE BIOLOGICA NATURALISTICA
    Scritto da N. Nobile Migliore

    Tratto da un saggio di Casey Luskin

    Supponendo che in un mare primordiale si siano potute formare spontaneamente, per via chimica i primi polimeri proteici e di DNA, i biologi materialisti ritengono che in questo momento si è innestato il processo di selezione naturale darwiniano e si sono selezionati i polimeri più efficienti autoreplicantisi. Si suppone che sia esistito un iniziale mondo a RNA, in cui i primi polimeri erano formati da RNA, il cosiddetto mondo a RNA. Il RNA ha la proprietà di possedere informazione e nello stesso tempo avere una certa attività enzimatica che può quindi sostituire la moderna attività enzimatica delle proteine.Quindi nella vita primitiva il RNA poteva assumere tutte le due funzioni della vita di oggi.

    Ma questo mondo a RNA presenta numerosi problemi: il primo è che il RNA non può essere prodotto spontaneamente in laboratorio, ma solo con processi chimici guidati dalla intelligenza del laboratorista è improbabile supporre che tale formazione possa essere avvenuta spontaneamente in un mare primordiale senza l'intervento di una intelligenza. In secondo luogo non esiste nessuna prova che il RNA possa fare tutte le funzioni che possono fare oggi le proteine e gli enzimi, anzi è provato che il RNA possa fare solo una minima parte di queste funzioni. In terzo luogo Il RNA non spiega l'origine delle informazioni genetiche; per avere un'informazione genetica di una qualche specificità è necessario che si sia formata una molecola di almeno 300 -250 nucleotidi allineati in modo specifico, per svolgere per esempio una funzione enzimatica. Ma non c'è nessuna legge fisica o chimica che obblighi i nucleotidi a disporsi in determinato modo. La probabilità di specificare 250 nucleotidi in una molecola di RNA è di 1 a 10^150, un numero che rasenta la soglia di improbabilità assoluta. Nemmeno tutto il tempo dall'inizio dell'universo avrebbe potuto creare una simile molecola specifica. Shapiro afferma: la formazione di una molecola autocopiante come il RNA era estremamente improbabile; la sua nascita sarebbe stata un colpo di fortuna eccezionale. In quarto luogo Il mondo RNA non spiega la formazione del codice genetico: come si è formata l'unione del RNA colle proteine dal momento che per la formazione del RNA attuale sono necessarie parecchie proteine e cosi' per la duplicazione del DNA, inoltre nel DNA e nel RNA sono contenute le informazioni per le proteine che costruiscono. Il DNA e il RNA e le informazioni per la costruzione dei ribosomi, degli enzimi che attivano gli aminoacidi, il RNA-transfer. Esiste sempre il solito dilemma :senza il DNA non si possono costruire le proteine e senza le proteine non si possono costruire il DNA e il RNA. E' il classico dilemma dell'uovo e della gallina. Per questi problemi l'origine della vita è ancora un dilemma e non si sa ancora se si potrà mai risolverlo nel senso naturalistico. Solo un disegno intelligente lo può risolvere.
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    00 05/11/2015 22:39



     di Calvin Smith


    Il quesito sulle origini (da dove tutto ebbe inizio) ha solo due possibili risposte. O l’universo si è creato da solo o non l’ha fatto. Se l’avesse fatto allora una sorta di evoluzione cosmica deve aver preso luogo per giustificare la realtà. Se non l’avesse fatto allora deve esistere un Creatore. Non c’è una terza opzione.(1)


    Molte persone sembrano convinte che la teoria dell’evoluzione sia basata sull’analisi di fatti concreti che sostengono chiaramente che l’evoluzione sia stato un processo reale attraverso la storia. Come ultra-evoluzionista Richard Dawkins disse:


     


    Esistono milioni e milioni di prove che nessuna persona ragionevole potrebbe mai contestare.(2) Tuttavia ogni persona ha un punto di partenza ultimo riguardo l’opinione sulla questione delle origini, un presupposto che viene semplicemente accettato come vero senza prove, cioè un assioma. Anche se qualcuno dice che la loro opinione di partenza primaria sia il risultato dell’analisi di un insieme di fatti che li conduce a quella posizione di partenza, rimane che alla radice del loro sistema di opinioni avranno sempre un punto di partenza che non può essere ulteriormente supportato.   


    L’Evoluzionista Michael Ruse ammise lo stesso quando affermò:


    L’evoluzione, simile alla religione, implica un certo fare a priori o supposizioni metafisiche, le quali ad un certo livello non possono essere provate empiricamente.(3)


    Il quesito sulle origini (da dove proviene ogni cosa) ha solo due possibili risposte. O l’universo si è creato da solo o non l’ha fatto. Non c’è un terza opzione.


    Come esempio astratto, se uno dice “Io credo in A” e qualcun altro chiede “Perché?” e il primo risponde “A causa di B”, essi non possono continuare a comportarsi così per sempre (regresso infinito). Uno può scorrere l’intero alfabeto così per parlare (a causa di C, a causa di D, ecc …) ma primo o poi uno dovrà fermarsi e dire “Io ci credo perché ci credo”. Alla fine si arriverà ad un punto dove non si può giustificare quel credo con un altro credo, altrimenti quell’altro credo diventerà quello fondamentale.


     


    Una volta che qualcuno adotta uno specifico punto di partenza, tutti i dati vengono processati come di consueto attraverso quel “filtro”, fornendoli con la loro visione del mondo.(4)


    L’evoluzione risulta dall’ateismo


    Per l’ateo il punto di partenza è un’opinione attiva nell’asserzione “Non esiste alcun Dio” (Atheos), nonostante alcuni revisionismi affermano che tutto ciò sia semplicemente una mancanza di fede in Dio. Se si partisse da questa premessa, quale sarebbe l’interpretazione logica e la spiegazione degli eventi generali che osserviamo (l’universo, la terra, la diversità di specie, l’esperienza umana, ecc…)?


    5 punti del credo ateistico:


    (Naturalismo). Ovviamente si dovrebbe credere che ogni cosa sia stata formata tramite processi naturali, in quanto il presupposto definitivo è che non esista nessuna mente, nessun “designer” intelligente, nessuna “mano guida” che giustifichi l’esistenza.


    (Dal semplice al complesso). Credere che il nostro universo con una complessità così vasta possa arrivare ad essere pienamente formato è semplicemente impossibile. Perciò, avrebbero dovuto esserci, e presumibilmente ci sono, innumerevoli cambiamenti nella materia che hanno avuto luogo col passare del tempo. I processi coinvolti devono aver indotto la materia di passare dal semplice al più complesso.


    (Tempi lunghi). Per giustificare la vasta diversità delle cose nel nostro universo, tutti questi processi devono essere accaduti attraverso un immenso arco di tempo.


    (Gli umani esistono per puro caso). Gli esseri umani devono essere arrivati per via di processi naturali non guidati perciò non siamo per niente speciali, a parte l’essere in cima alla catena alimentare per così dire. Qualsiasi senso di moralità o di etica fa solo parte del nostro sviluppo naturalistico e di conseguenza non esiste una moralità assoluta.


    (Evoluzione). La conclusione definitiva è che ogni cosa che noi sperimentiamo è il risultato di un processo di ciò che potrebbe essere definito come “creazione fai da te”.(5) (Da notare che sebbene la “creazione fai da te”  nel suo significato più vero sia un’ idea incoerente – in quanto qualcosa non può generare nulla prima di esistere), i nuovi atei come Lawrence Krauss suggeriscono realmente questa sciocchezza empirica).


    Così tutti gli elementi centrali della grande teoria sull’evoluzione (cosmologici, geologici, chimici, biologici e l’evoluzione umana) sono semplicemente uno sviluppo logico e filosofico del concetto basico dell’ateismo classico applicato al mondo in cui viviamo. Tutte queste conclusioni potrebbero essere derivate da una semplice e generale opinione riguardo cui Dio non esiste (ateismo), prima di essere influenzati da una qualsiasi evidenza fisica specifica. Da questo punto in avanti ogni fatto che si osserva potrebbe essere interpretato secondo questo pensiero. Questi sarebbero quindi correlati nel creare una storia sull’universo che supporta quelle opinioni.


    Questi assiomi di partenza definitivi sono stati gli stessi nel corso della storia. L’idea di evoluzione non è un concetto moderno. Gli antichi Egizi, Babilonesi, Indù, Greci e Romani tutti avevano un’idea di milioni di anni e/o di evoluzione biologica nelle loro credenze, tutti senza accesso ai fatti comunemente tenuti come prova dell’evoluzione (colonna geologica, DNA, selezione naturale, datazione dagli isotopi radioattivi, fossili di ominidi, ecc…).


    Come esempio più moderno, il nonno ateo di Charles Darwin, Erasmus Darwin, concepì e pubblicò una spiegazione naturalistica del mondo (nel suo libro Zoonomia 1794), circa 65 anni prima di quello che fece Charles. Questo include le idee secondo le quali la terra fu formata da un’esplosione cosmica, la vita cominciò nel mare, divenne progressivamente più complessa e alla fine nacquero gli esseri umani, e tutto ciò accadde in tempi di milioni di anni. Ancora, da notare che tutte queste affermazioni furono concluse senza le “prove” comuni alle quali gli evoluzionisti fanno riferimento oggi.


    Perché qualcuno partirebbe con il concetto di ateismo?


    La Bibbia afferma che le persone ostinate siano in ribellione contro Dio. Il rifiuto definitivo di qualsiasi persona sarebbe negare la loro esistenza (da qui l’idioma “per me sei morto”). Definitivamente, alcune persone rifiutano Dio al punto tale da negare la Sua esistenza. Il rifiuto di Dio è spesso incarnato nell’affermazione del famoso ateista Nietzsche “Dio è morto”. Sebbene alcune persone attraverso la storia si siano dichiarati atei, il concetto è sempre stato considerato opinabile dagli astuti intellettuali (probabilmente a causa dell’illogicità scientifica e filosofica e delle esplicite indicazioni morali di quel sistema). Per esempio Sir Isaac Newton (senza dubbio il più grande scienziato mai esistito) disse una volta: “L’opposizione all’esistenza di Dio è ateismo nella professione e idolatria nella pratica. L’ateismo è così privo di senso e così odioso per il genere umano, che non ha mai avuto molti che ne abbiano fatto professione.(6)


    Alcuni hanno l’impressione sbagliata che l’evoluzione stessa sia scientifica. Ma non furono solo gli scienziati che abbracciarono immediatamente le teorie di Charles Darwin sull’evoluzione. Piuttosto (qualora dal punto di vista scientifico importasse o meno) furono coloro che erano dei naturalisti e scettici della Bibbia che inizialmente appoggiarono Darwin.


      


    L’opposizione al darwinismo provenne immediatamente da molti brillanti scienziati. Fra questi, il fisico James Clerk Maxwell (fondatore dell’elettromagnetismo)(7), Louis Pasteur (pioniere dell’immunizzazione e sviluppatore della legge fondamentale della biologia “la Biogenesi”)(8),  Lord Kelvin (pioniere della termodinamica e del telegrafo transatlantico)(9), e Louis Agassiz (fondatore della geologia glaciale moderna) rifiutarono Darwin.


    Il famoso matematico, astronomo e Membro della Società Reale Sir John Herschel, lo respinse “come legge alla rinfusa”.(10)  Richard Owen, il Sovraintendente del Dipartimento di Storia Naturale del Museo Britannico infastidì così tanto Darwin con le sue obiezioni riguardo la sua teoria, che Darwin infine ammise di odiarlo.(11) William Whewell, rinomato Filosofo della scienza (autore de ”La storia delle Scienze Induttive), respinse “L’origine delle specie” dalla biblioteca di Cambridge. Inoltre ci furono tutta una serie di geologi biblici che rifiutarono anch’essi il Darwinismo e i suoi relativi “milioni di anni” di storia della terra.  


    Molti pensarono che il Darwinismo fu davvero empirico. Il Professore Johann H. Blasius, direttore del Museo di Storia Naturale Ducale di Braunschweig (Brunswick), Germania, in un’intervista, disse, “Ho letto raramente un libro scientifico che riporta delle conclusioni così estese con così pochi fatti che le supportano. Darwin vuole dimostrare che le specie derivano da altre specie.”(12,13)


    D’altra parte si definirono come “liberi pensatori” individui come Charles Lyell il quale volle “liberare la scienza da Mosè”, l’auto dichiarato agnostico Thomas Huxley, il famoso contraffattore Ernst Haeckel,(14) (il quale aveva già maturato delle idee anti-bibliche riguardo le origini, e detestò l’opposizione della Bibbia al razzismo) che supportò vivamente il libro di Darwin. Anche gli adottatori iniziali provenienti da una prospettiva teologica (come l’evoluzionista teista Asa Gray e il teologo razzista Charles Kingsley) sembrarono predisposti alle spiegazioni naturalistiche riguardo la creazione ancora prima di accettare il Darwinismo.


    Dall’inizio del scientificamente fruttuoso Medioevo fino a solo 200 anni fa, la visione del mondo primaria nel Mondo Occidentale fu palesemente basato sulla Cristianità e la narrativa biblica e i concetti di legge e moralità diffuse da essa. Oggi è molto diverso, con la Cristianità e la Bibbia quasi completamente gettati fuori dalla vita pubblica. Insegnare la Bibbia e anche promuovere la moralità biblica è considerato illegale in molti posti e solo una visione delle origini (evoluzione) viene insegnata nella maggior parte delle scuole statali.


    E’ facile osservare in questo modo perché così tante persone credono nella teoria dell’evoluzione oggi, in quanto i sistemi scolastici e i media la insegnano in tutto il Mondo Occidentale come “fatto” e “scienza” a bambini, che sono tanto influenzabili. Così tanto che ora quell’insegnamento evoluzionario è un concetto di sé perpetuo. Siccome le idee evoluzionistiche supportano una visione del mondo naturalistica, piuttosto che una visione teistica, questo implica che molti (anche coloro che crescono in una casa che professa la propria fede in Dio) concludono che l’ateismo sia vero e adottano quello come loro punto di partenza.  


    Tuttavia l’evoluzione non risulta da “i fatti”. Le persone farebbero bene a riesaminare il punto di partenza dell’ateismo. Le presunte “prove” utilizzate per sostenere tutto ciò attraverso l’evoluzione semplicemente non quadrano (come dimostra il nostro premiato nuovo libro e documentario, I talloni di Achille dell’evoluzione). Cominciando da una veduta biblica, ciò che osserviamo nel mondo di Dio combacia con ciò che vediamo nelle Sua parola con un minimo bisogno di “trucchetti” così comuni nella spiegazione evoluzionaria delle origini.




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    00 24/11/2015 23:45




    L’evoluzione risulta dai fatti?


     


    Tradotto da Eleonora Battezzato


    Il quesito sulle origini (da dove tutto ebbe inizio) ha solo due possibili risposte. O l’universo si è creato da solo o non l’ha fatto. Se l’avesse fatto allora una sorta di evoluzione cosmica deve aver preso luogo per giustificare la realtà. Se non l’avesse fatto allora deve esistere un Creatore. Non c’è una terza opzione.(1)


    Molte persone sembrano convinte che la teoria dell’evoluzione sia basata sull’analisi di fatti concreti che sostengono chiaramente che l’evoluzione sia stato un processo reale attraverso la storia. Come ultra-evoluzionista Richard Dawkins disse:


     


    Esistono milioni e milioni di prove che nessuna persona ragionevole potrebbe mai contestare.(2) Tuttavia ogni persona ha un punto di partenza ultimo riguardo l’opinione sulla questione delle origini, un presupposto che viene semplicemente accettato come vero senza prove, cioè un assioma. Anche se qualcuno dice che la loro opinione di partenza primaria sia il risultato dell’analisi di un insieme di fatti che li conduce a quella posizione di partenza, rimane che alla radice del loro sistema di opinioni avranno sempre un punto di partenza che non può essere ulteriormente supportato.   


    L’Evoluzionista Michael Ruse ammise lo stesso quando affermò:


    L’evoluzione, simile alla religione, implica un certo fare a priori o supposizioni metafisiche, le quali ad un certo livello non possono essere provate empiricamente.(3)


    Il quesito sulle origini (da dove proviene ogni cosa) ha solo due possibili risposte. O l’universo si è creato da solo o non l’ha fatto. Non c’è un terza opzione.


    Come esempio astratto, se uno dice “Io credo in A” e qualcun altro chiede “Perché?” e il primo risponde “A causa di B”, essi non possono continuare a comportarsi così per sempre (regresso infinito). Uno può scorrere l’intero alfabeto così per parlare (a causa di C, a causa di D, ecc …) ma primo o poi uno dovrà fermarsi e dire “Io ci credo perché ci credo”. Alla fine si arriverà ad un punto dove non si può giustificare quel credo con un altro credo, altrimenti quell’altro credo diventerà quello fondamentale.


     


    Una volta che qualcuno adotta uno specifico punto di partenza, tutti i dati vengono processati come di consueto attraverso quel “filtro”, fornendoli con la loro visione del mondo.(4)


    L’evoluzione risulta dall’ateismo


    Per l’ateo il punto di partenza è un’opinione attiva nell’asserzione “Non esiste alcun Dio” (Atheos), nonostante alcuni revisionismi affermano che tutto ciò sia semplicemente una mancanza di fede in Dio. Se si partisse da questa premessa, quale sarebbe l’interpretazione logica e la spiegazione degli eventi generali che osserviamo (l’universo, la terra, la diversità di specie, l’esperienza umana, ecc…)?


    5 punti del credo ateistico:


    (Naturalismo). Ovviamente si dovrebbe credere che ogni cosa sia stata formata tramite processi naturali, in quanto il presupposto definitivo è che non esista nessuna mente, nessun “designer” intelligente, nessuna “mano guida” che giustifichi l’esistenza.


    (Dal semplice al complesso). Credere che il nostro universo con una complessità così vasta possa arrivare ad essere pienamente formato è semplicemente impossibile. Perciò, avrebbero dovuto esserci, e presumibilmente ci sono, innumerevoli cambiamenti nella materia che hanno avuto luogo col passare del tempo. I processi coinvolti devono aver indotto la materia di passare dal semplice al più complesso.


    (Tempi lunghi). Per giustificare la vasta diversità delle cose nel nostro universo, tutti questi processi devono essere accaduti attraverso un immenso arco di tempo.


    (Gli umani esistono per puro caso). Gli esseri umani devono essere arrivati per via di processi naturali non guidati perciò non siamo per niente speciali, a parte l’essere in cima alla catena alimentare per così dire. Qualsiasi senso di moralità o di etica fa solo parte del nostro sviluppo naturalistico e di conseguenza non esiste una moralità assoluta.


    (Evoluzione). La conclusione definitiva è che ogni cosa che noi sperimentiamo è il risultato di un processo di ciò che potrebbe essere definito come “creazione fai da te”.(5) (Da notare che sebbene la “creazione fai da te”  nel suo significato più vero sia un’ idea incoerente – in quanto qualcosa non può generare nulla prima di esistere), i nuovi atei come Lawrence Krauss suggeriscono realmente questa sciocchezza empirica).


    Così tutti gli elementi centrali della grande teoria sull’evoluzione (cosmologici, geologici, chimici, biologici e l’evoluzione umana) sono semplicemente uno sviluppo logico e filosofico del concetto basico dell’ateismo classico applicato al mondo in cui viviamo. Tutte queste conclusioni potrebbero essere derivate da una semplice e generale opinione riguardo cui Dio non esiste (ateismo), prima di essere influenzati da una qualsiasi evidenza fisica specifica. Da questo punto in avanti ogni fatto che si osserva potrebbe essere interpretato secondo questo pensiero. Questi sarebbero quindi correlati nel creare una storia sull’universo che supporta quelle opinioni.


    Questi assiomi di partenza definitivi sono stati gli stessi nel corso della storia. L’idea di evoluzione non è un concetto moderno. Gli antichi Egizi, Babilonesi, Indù, Greci e Romani tutti avevano un’idea di milioni di anni e/o di evoluzione biologica nelle loro credenze, tutti senza accesso ai fatti comunemente tenuti come prova dell’evoluzione (colonna geologica, DNA, selezione naturale, datazione dagli isotopi radioattivi, fossili di ominidi, ecc…).


    Come esempio più moderno, il nonno ateo di Charles Darwin, Erasmus Darwin, concepì e pubblicò una spiegazione naturalistica del mondo (nel suo libro Zoonomia 1794), circa 65 anni prima di quello che fece Charles. Questo include le idee secondo le quali la terra fu formata da un’esplosione cosmica, la vita cominciò nel mare, divenne progressivamente più complessa e alla fine nacquero gli esseri umani, e tutto ciò accadde in tempi di milioni di anni. Ancora, da notare che tutte queste affermazioni furono concluse senza le “prove” comuni alle quali gli evoluzionisti fanno riferimento oggi.


    Perché qualcuno partirebbe con il concetto di ateismo?


    La Bibbia afferma che le persone ostinate siano in ribellione contro Dio. Il rifiuto definitivo di qualsiasi persona sarebbe negare la loro esistenza (da qui l’idioma “per me sei morto”). Definitivamente, alcune persone rifiutano Dio al punto tale da negare la Sua esistenza. Il rifiuto di Dio è spesso incarnato nell’affermazione del famoso ateista Nietzsche “Dio è morto”. Sebbene alcune persone attraverso la storia si siano dichiarati atei, il concetto è sempre stato considerato opinabile dagli astuti intellettuali (probabilmente a causa dell’illogicità scientifica e filosofica e delle esplicite indicazioni morali di quel sistema). Per esempio Sir Isaac Newton (senza dubbio il più grande scienziato mai esistito) disse una volta: “L’opposizione all’esistenza di Dio è ateismo nella professione e idolatria nella pratica. L’ateismo è così privo di senso e così odioso per il genere umano, che non ha mai avuto molti che ne abbiano fatto professione.(6)


    Alcuni hanno l’impressione sbagliata che l’evoluzione stessa sia scientifica. Ma non furono solo gli scienziati che abbracciarono immediatamente le teorie di Charles Darwin sull’evoluzione. Piuttosto (qualora dal punto di vista scientifico importasse o meno) furono coloro che erano dei naturalisti e scettici della Bibbia che inizialmente appoggiarono Darwin.


      


    L’opposizione al darwinismo provenne immediatamente da molti brillanti scienziati. Fra questi, il fisico James Clerk Maxwell (fondatore dell’elettromagnetismo)(7), Louis Pasteur (pioniere dell’immunizzazione e sviluppatore della legge fondamentale della biologia “la Biogenesi”)(8),  Lord Kelvin (pioniere della termodinamica e del telegrafo transatlantico)(9), e Louis Agassiz (fondatore della geologia glaciale moderna) rifiutarono Darwin.


    Il famoso matematico, astronomo e Membro della Società Reale Sir John Herschel, lo respinse “come legge alla rinfusa”.(10)  Richard Owen, il Sovraintendente del Dipartimento di Storia Naturale del Museo Britannico infastidì così tanto Darwin con le sue obiezioni riguardo la sua teoria, che Darwin infine ammise di odiarlo.(11) William Whewell, rinomato Filosofo della scienza (autore de ”La storia delle Scienze Induttive), respinse “L’origine delle specie” dalla biblioteca di Cambridge. Inoltre ci furono tutta una serie di geologi biblici che rifiutarono anch’essi il Darwinismo e i suoi relativi “milioni di anni” di storia della terra.  


    Molti pensarono che il Darwinismo fu davvero empirico. Il Professore Johann H. Blasius, direttore del Museo di Storia Naturale Ducale di Braunschweig (Brunswick), Germania, in un’intervista, disse, “Ho letto raramente un libro scientifico che riporta delle conclusioni così estese con così pochi fatti che le supportano. Darwin vuole dimostrare che le specie derivano da altre specie.”(12,13)


    D’altra parte si definirono come “liberi pensatori” individui come Charles Lyell il quale volle “liberare la scienza da Mosè”, l’auto dichiarato agnostico Thomas Huxley, il famoso contraffattore Ernst Haeckel,(14) (il quale aveva già maturato delle idee anti-bibliche riguardo le origini, e detestò l’opposizione della Bibbia al razzismo) che supportò vivamente il libro di Darwin. Anche gli adottatori iniziali provenienti da una prospettiva teologica (come l’evoluzionista teista Asa Gray e il teologo razzista Charles Kingsley) sembrarono predisposti alle spiegazioni naturalistiche riguardo la creazione ancora prima di accettare il Darwinismo.


    Dall’inizio del scientificamente fruttuoso Medioevo fino a solo 200 anni fa, la visione del mondo primaria nel Mondo Occidentale fu palesemente basato sulla Cristianità e la narrativa biblica e i concetti di legge e moralità diffuse da essa. Oggi è molto diverso, con la Cristianità e la Bibbia quasi completamente gettati fuori dalla vita pubblica. Insegnare la Bibbia e anche promuovere la moralità biblica è considerato illegale in molti posti e solo una visione delle origini (evoluzione) viene insegnata nella maggior parte delle scuole statali.


    E’ facile osservare in questo modo perché così tante persone credono nella teoria dell’evoluzione oggi, in quanto i sistemi scolastici e i media la insegnano in tutto il Mondo Occidentale come “fatto” e “scienza” a bambini, che sono tanto influenzabili. Così tanto che ora quell’insegnamento evoluzionario è un concetto di sé perpetuo. Siccome le idee evoluzionistiche supportano una visione del mondo naturalistica, piuttosto che una visione teistica, questo implica che molti (anche coloro che crescono in una casa che professa la propria fede in Dio) concludono che l’ateismo sia vero e adottano quello come loro punto di partenza.  


    Tuttavia l’evoluzione non risulta da “i fatti”. Le persone farebbero bene a riesaminare il punto di partenza dell’ateismo. Le presunte “prove” utilizzate per sostenere tutto ciò attraverso l’evoluzione semplicemente non quadrano (come dimostra il nostro premiato nuovo libro e documentario, I talloni di Achille dell’evoluzione). Cominciando da una veduta biblica, ciò che osserviamo nel mondo di Dio combacia con ciò che vediamo nelle Sua parola con un minimo bisogno di “trucchetti” così comuni nella spiegazione evoluzionaria delle origini.




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    00 01/06/2016 17:55

    Studiando l’evoluzione umana si giunge anche a Dio,
    la testimonianza di due biologi

    Ajit Varki«Darwin ha dimostrato che basta osservare la natura per convincersi senz’ombra di dubbio che l’umanità non è superiore o più speciale rispetto agli organismi simbioti chiamati licheni». Queste parole dell’eco-attivista Christopher Manes verrebbero oggi sottoscritte non soltanto da animalisti ed ecologisti radicali, ma anche da anti-teisti di professione, convinti che il modo più facile per smentire l’esistenza del Creatore sia smentire l’unicità dell’uomo, della creatura.

    Questo spiega l’ampio ricorso da parte del cosiddetto “ateismo scientista” (che vuole argomentare il proprio scetticismo metafisico strumentalizzando la scienza) alle teorie evolutive di Darwin. Ma è un’arma a doppio taglio perché, secondo diversi scienziati, è proprio lo studio approfondito dell’evoluzione biologica a far emergere il cosiddetto human exceptionalism, ovvero l’eccezionalità umana. Secondo i sostenitori del riduzionismo, il fatto che l’uomo non sia eccezionale sarebbe una prova contro Dio: ma se viene mostrato il contrario? Bisognerebbe rimanere coerenti.

    Ne ha parlato nei giorni scorsi il medico e biologo Joshua Swamidass, docente presso la divisione di Medicina genomica della Washington University. Dopo aver chiarito che «una somiglianza genetica» tra l’uomo e lo scimpanzé richiama in qualche modo un comune antenato, ha replicato a chi sostiene che, proprio per questo, l’essere umano non è che una grossa scimmia semplicemente più evoluta. «E’ davvero questo ciò che la scienza ci dice?», si è domandato. Certo, condividiamo il 95-98% dei geni con le scimmie antropomorfe, ma uno studio ha dimostrato che il 99% dei geni è in comune anche con il topo. Quindi, siamo più topi che scimmie? E cosa dire del fatto che condividiamo anche il 90% del DNA con i coralli marini? Un altro studio ha dimostrato che condividiamo il 90% dei geni con i gatti, l’82% con i cani e l’80% con le mucche. Addirittura il 50%, invece, è in comune con le banane. Siamo banane per metà, dunque? E’ evidente che, come abbiamo già osservato, l’uomo “non si spiega” nei suoi geni.

    Durante il convegno a cui ha partecipato il prof. Swamidass, era presente anche Ajit Varki, docente di Medicina cellulare e molecolare e co-direttore del Glycobiology Research and Training Center dell’University of California, autore del libro Denial: Self-Deception, False Beliefs, and the Origins of the Human Mind (Twelve edition 2013), in cui ha mostrato la “singolarità” nella crescita del genere umano. «Gli esseri umani sono molto, molto insoliti», ha affermato Varki. C’è un «eccezionalismo nelle nostre origini umane». Sono tanti gli elementi da considerare, in particolare la mente umana«nulla di simile è stato incontrato in tutta la storia del nostro pianeta»Nessun gradualismo nell’evoluzione della mente, perché «le sue capacità erano già presenti 70.000-100.000 anni fa in Africa». Immaginate, ha detto il prof. Varki, di prendere 1.000 bambini africani di 70.000 anni fa e portarli nella California di oggi, «se tornate tra cinquant’anni non sarete in grado di riconoscerli, perché saranno esattamente come noi. Questo significa che tutte le capacità mentali, la capacità di calcolo, l’astrofisica, la musica sinfonica, la filosofia e la teologia, era già lì, erano già presenti 100mila anni fa»Lo stesso esperimento è stato tentato con anche con gli scimpanzé, «ed è inutile dire che i risultati sono stati diversi, a volte tragici», ha aggiunto il prof. Swamidass.

    «Il prof. Varki»ha commentato il biologo Swamidass, «non sostiene che l’evoluzione è falsa. Invece, sottolinea che un modo onesto di guardare l’evoluzione umana, anche da un punto di vista strettamente scientifico, rivela che gli esseri umani sono veramente eccezionali. Si è verificata una “singolarità” nella storia del nostro pianeta, qualcosa di bello e unico è accaduto». La conclusione del prof. Varki, un’autorità indiscussa nel campo scientifico, è che «non è irragionevole quando alcuni si chiedono se Dio ha avuto un ruolo nelle nostre origini». E il suo collega Swamidass ha aggiunto: «Sono d’accordo, come evoluzionista teista personalmente credo che Dio ci ha creati attraverso un processo evolutivo. Teologicamente e scientificamente parlando, siamo stati formati dalla polvere della terra, ma siamo molto più che soltanto polvere».

    Due semplici testimonianze di due autorevoli biologi e genetisti evoluzionisti che, grazie ad uno studio approfondito dei meccanismi evolutivi, giungono a sostenere una eccezionalità dell’essere umano tale per cui, soltanto partendo dal dato strettamente scientifico, arrivano alla necessità diintrodurre una componente metafisica. Come ha affermato il genetista cristiano Werner Arber, premio Nobel per la medicina e attuale presidente della Pontificia Accademia delle Scienze: «Non ho mai sperimentato una contraddizione tra l’essere uno scienziato e credere nelle verità del cristianesimo, né difficoltà nel tenere insieme questi due ambiti. Piuttosto, può essere che le mie intuizioni scientifiche abbiano per qualche aspetto ein qualche misura influenzato le caratteristiche della mia fede. Ciò lo considero soprattutto un arricchimento».


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    00 05/06/2016 17:46
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    00 05/06/2016 17:52
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