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Felicità subito dopo la morte
Come già abbiamo accennato, vi sono numerosi altri testi nel Nuovo Testamento dov'è contenuta la dottrina del Paradiso dei veri cristiani, anche se non ricorre la parola “paradiso”. Sono quei testi biblici dov'è affermato senza il minimo dubbio che per i discepoli di Cristo subito dopo la morte vi é uno stato di felicità. Ne esaminiamo solo alcuni.
1 - Nella parabola di Lazzaro povero e buono, e del ricco egoista Gesù dice: “Or accadde che il mendìco morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo” (Luca 16, 22).
L'espressione “seno di Abramo” ricorda il banchetto celeste, che rappresenta la felicità dei giusti come diremo. Abramo è presentato come il capotavola perché padre di tutti i credenti (cf. Genesi 17, 1-8; Luca 19, 9; Romani 4, 11-12). Partecipare al banchetto di Abramo significa godere della stessa felicità di cui gode Abramo. A Lazzaro povero, ma virtuoso e giusto, viene assegnato un posto d'onore, vicino al capotavola (cf. Giovanni 13, 23,).
In questa parabola Gesù insegna chiaramente che ai giusti è riservato uno stato di felicità subito dopo la morte. Nulla vieta di chiamare Paradiso questo stato di felicità.
Oggi sarai con me in Paradiso (Luca 23, 43)
Nei vangeli la parola “Paradiso” si trova solo in san Luca, nella risposta che Gesù, prossimo a morire, dà al peccatore pentito:
“E diceva: " Gesù, ricordati di me quando verrai nella tua maestà regale". E Gesù gli disse: "In verità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso "” (Luca 23, 43, Garofalo).
Spiegazione:
1 - Il peccatore pentito riconosce in Gesù il Messia promesso, l'atteso re di Israele. Da buon giudeo pensa che questo re inaugurerà il suo regno in un avvenire indeterminato. Egli chiede di essere ammesso in questo futuro regno messianico, benché peccatore.
2 - Rispondendo Gesù chiama il suo regno “Paradiso” e fa chiaramente capire che è una realtà imminente e non su questa terra. Infatti sia lui sia il buon ladrone stavano per lasciare questa vita terrena. Malgrado ciò, Gesù assicura che quello stesso giorno si sarebbero trovati insieme in Paradiso.
3 - In che modo? Certo non in virtù d'una immediata risurrezione del corpo per trovarsi su questa terra mutata in “giardino di Dio”. Questo non avvenne. Si può dunque dedurre che in quello stesso giorno avrebbero iniziato insieme uno stato di vita gioiosa. Gesù chiama Paradiso questo nuovo stato di vita.
“In tal modo Gesù offre più di quanto il. ladrone pentito gli avesse chiesto, poiché gli promette che in quello stesso giorno sarà con lui in Paradiso. In questo senso il Paradiso è il luogo in cui vengono raccolte dopo la morte le anime dei giusti, cioè il Paradiso presente, già esistente
Con la promessa del perdono il 'giorno futuro’ diventa il ‘già oggi' dell'adempimento”.
La parola Paradiso ricorre pure in san Paolo (2 Corinzi 12, 1-4). L'Apostolo la usa nel raccontare, con grande umiltà, una sua esperienza straordinaria, che egli annovera tra le visioni e rivelazioni, di cui Dio l'aveva gratificato.
“Bisogna dunque vantarsi! Veramente non sarebbe conveniente; pure passerò alle visioni e rivelazioni del Signore. So di un uomo in Cristo, il quale, quattordici anni fa, fu rapito se col corpo o fuori del corpo non lo so: lo sa Iddio fino al terzo cielo. E so che tale uomo - fosse col corpo o senza corpo lo ignoro: lo sa Iddio - fu rapito in paradiso e udì parole ineffabili, che non è permesso a uomo ripetere” (2 Corinzi 12, 1-4, Garofalo).
Spiegazione:
1 - Notiamo anzitutto che la parola Paradiso usata da san Paolo deve avere lo stesso significato che in san Luca 23, 43, e viceversa. San Luca infatti era compagno di san Paolo nella diffusione del Vangelo. Tra i due vi sono sicuramente somiglianze di linguaggio e identità di dottrina. Qual è il significato della parola Paradiso in san Paolo?
2 - Paolo dice che fu rapito al “terzo cielo”, e aggiunge subito che fu rapito in paradiso. Paradiso dunque e terzo cielo indicano la stessa cosa. Ora presso gli Ebrei al tempo di Paolo il terzo cielo o cielo empireo era immaginato come la dimora di Dio. Il paradiso, dunque, corrisponde a una regione del cielo, non alla terra. E così pure in Luca 2.3, 43. Nel linguaggio biblico il Paradiso è la dimora di Dio con gli uomini come dirà san Giovanni i(cf. Apocalisse 21, 3).
3 - Nel Paradiso san Paolo udì parole ineffabili, che cioè non si possono ripetere con linguaggio umano. Questa espressione “udire parole” è un ebraismo, ossia una proprietà della lingua ebraica, dove per parole bisogna intendere cose e per udire, vedere. San Paolo vuol dire che nel Paradiso vide cose che è impossibile descrivere con linguaggio umano. Sono al di là dell'esperienza di questa vita.



Filippesi (1, 21-23):
“Per me, infatti, il vivere è Cristo, e il morire un guadagno (...). Ho desiderio di andarmene per essere con Cristo, che è cosa di gran lunga migliore” (Filippesi 1, 21-13, Garofalo).
Spiegazione:
a) Qui san Paolo parla certamente di morte (greco apothnesco = morire) Il ed afferma che egli considera la sua morte come un guadagno, ossia come un modo di essere migliore rispetto alla vita presente. Poi ribadisce e spiega il suo pensiero dicendo che “desidera andarsene per essere con Cristo”, “che è cosa assai migliore”, rispetto alla vita presente (cf. 2 Timoteo 4, 6). La parola “andarsene” (greco analysai) equivale a “essere disciolto dal corpo”, cioè “morire” (cf. 2 Corinzi 5, 8).
“Il verbo greco analysai, usato qui da san Paolo, nel Nuovo Testamento significa “andarsene” e designa la morte, velandone delicatamente l'aspetto orribile; in questo caso equivale a “decedere”, cioè morire. Lo stesso significato ha in 2 Timoteo 4, 6, dove Paolo parla della sua partenza verso il porto sospirato del cielo, cioè della morte e riunione con Cristo”.
b) Paolo sa che dopo la morte desiderata sarà con Cristo. La morte infatti non potrà separarlo da Cristo (cf. Romani 8, 38). Egli dunque afferma che quelli che muoiono nel Signore ottengono subito dopo la morte un modo di essere che è un guadagno, cioè un modo di essere assai migliore, rispetto a questa vita. Subito dopo la morte il discepolo di Cristo ottiene una più intima e più gioiosa comunione di vita col suo Maestro e Redentore (cf. Luca 213, 43). E' il Paradiso, di cui lo stesso Paolo ebbe un saggio durante la sua vita terrena (cf. 2 Corinzi 12, 1-4).
c) E' bene notare che qui Paolo non parla di risurrezione. Egli parla solo di fine di questa vita, cioè della sua morte. Tra la morte dunque e la futura risurrezione, in cui Paolo credeva (cf. Atti 24, 1'5), vi è un modo di essere preferibile alla vita presente. Questo insegna chiaramente san Paolo in Filippesi 1, 21-25.