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LA SOPRAVVIVENZA DOPO LA MORTE secondo la Scrittura

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    00 19/06/2010 21:26
    LA SOPRAVVIVENZA DOPO LA MORTE DEL CORPO
    Alcune denominazioni religiose mettono in dubbio che dopo la morte fisica, vi sia qualcosa nell'uomo che resti ancora consapevole. Eppure nella stessa Scrittura troviamo le seguenti attestazioni che fanno dedurre che invece vi sia un elemento della nostra persona che continua a vivere:

    Mt.10,28 NON TEMETE COLORO CHE POSSONO UCCIDERE IL CORPO MA NON L’ANIMA.

    Lc 20,38 DIO NON E’ UN DIO DI MORTI MA DI VIVENTI PERCHE’ TUTTI VIVONO PER LUI.

    1 Pt.4,6 E’ STATA ANNUNZIATA LA BUONA NOVELLA ANCHE AI MORTI PERCHE’ PUR AVENDO PERSA LA VITA DEL CORPO, VIVANO SECONDO DIO NELLO SPIRITO.

    2 Cor. 5,1-10 QUANDO SARA’DISFATTO QUESTO CORPO,,,RICEVEREMO DA DIO UNA DIMORA ETERNA NEI CIELI. QUANTI SIAMO IN QUESTO CORPO SOSPIRIAMO…

    Apoc.6,9 VIDI SOTTO L’ALTARE LE ANIME DI QUELLI CHE SONO STATI UCCISI.

    Efes.4,8 (GESU’) ASCENDENDO IN ALTO CONDUSSE CON SE’ UNA FOLLA DI PRIGIONIERI.

    1 PT.3,18-20 CRISTO…MESSO A MORTE NELLA CARNE, MA RESO VIVO NELLO SPIRITO,…ANDO’ AD ANNUNZIARE LA SALVEZZA ANCHE AGLI SPIRITI CHE ATTENDEVANO …

    Gv.11,26 CHI CREDE IN ME BENCHE’ MUOIA VIVRA’ E CHI VIVE E CREDE IN ME NON MORRA’ MAI

    Fil.1,21 PER ME VIVERE E’CRISTO E MORIRE UN GUADAGNO. SONO ALLE STRETTE TRA DUE COSE: IL DESIDERIO DI ESSERE SCIOLTO DAL CORPO…

    Eb.12,23 VOI VI SIETE ACCOSTATI ALLA GERUSALEMME CELESTE… E AGLI SPIRITI DEI GIUSTI GIUNTI ALLA PERFEZIONE…

    1 Tess. 4,13-14 "SE CREDIAMO CHE CRISTO È MORTO E RISUSCITATO, CREDIAMO PURE CHE DIO CONDURRÁ CON LUI, QUELLI CHE SI SONO ADDORMENTATI NELLA MORTE".

    2 Corinzi 5,10 NOI TUTTI DOBBIAMO COMPARIRE DAVANTI AL TRIBUNALE DI CRISTO, AFFINCHE' CIASCUNO RICEVA LA RETRIBUZIONE DI CIO' CHE HA FATTO QUANDO ERA NEL CORPO, SIA IN BENE CHE IN MALE.
    [Modificato da Credente 02/03/2021 16:48]
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    00 19/06/2010 21:30
    Gv.11,25 chiunque crede in me, benché sta morto, viverà. 26. E chiunque vive e crede in me, non morrà giammai in eterno.
    Il corpo giacerà per un tempo nella tomba, per risorgere finalmente a gloria; mentre l'anima sua continua a vivere in eterno. "La morte del credente sarà assorta nella vita, e la vita sua non cadrà mai più nella morte", tal'è in breve, secondo Brown, il senso di questi versetti; mentre Westcott osserva su di essi: "La temporanea separazione dell'anima e del corpo, secondo quanto ci vien qui detto, non interrompe nemmeno, ed a più forte ragione non distrugge, quella vita nuova ed eterna che Gesù comunica ai suoi credenti".
    Questo versetto collima con quello già discusso di Mt 10,28 dove si afferma: “non temete coloro che possono uccidere il corpo ma non possono uccidere l’anima.
    Dunque il termine “anima” usato tanto da cattolici che da protestanti, come parte dell’uomo che sopravvive al corpo, trae origine dall’espressione di Gesù che lo in tal senso. In altre espressioni bibliche l’anima risulta seguire la sorte del corpo ed è usata pure in una infinità di accezioni come abbiamo detto. Ma quello che a noi interessa sottolineare è che siccome Gesù usa tale termine nel Vangelo così come pure lo usa Giovanni in Apoc.6,9: “vidi sotto l’altare le anime di coloro che sono stati uccisi”, vi sono ragioni bibliche per utilizzare il termine anima, anche per designare una parte della persona che sopravvive al corpo, ricordando che la persona umana è formata da CORPO, ANIMA E SPIRITO secondo quanto afferma S. Paolo in:
    1 Tess.5,23 Or, l'Iddio della pace vi santifichi egli stesso completamente, e l'intero essere vostro, lo spirito, l'anima ed il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signor nostro Gesù Cristo.
    ... Le quali tradotte verbalmente, suonano così: e sia conservato senza biasimo nella venuta... intero lo spirito vostro e l'anima ed il corpo... L'aggettivo 'oloklhroV (intero) serve a caratterizzare la cosa che possiede tutto quel che le è stato assegnato come sua porzione (klhroV). Le pietre gregge sono integre, le settimane di sette giorni sono olocleri, il corpo senza mutilazione è del pari intero. L'intero spirito, l'intera anima, l'intero corpo hanno da essere conservati in modo irreprensibile. Lo spirito è l'elemento superiore della natura umana, l'organo col quale l'uomo può conoscere Dio, amarlo, adorarlo, servirlo. È contrapposto alla carne Matteo 26:41; Luca 24:39; Romani 8:1,4-5,9; 1Corinzi 5:5, Colossesi 2:5 ecc., al corpo Romani 8:10; 1Corinzi 5:3; 1Corinzi 7:34 . Quando si distinguono due soli elementi nell'uomo, chiamasi carne o corpo l'elemento materiale, visibile, mentre l'elemento superiore, immateriale, invisibile, in cui risiede la vita, chiamasi ora spirito, ora anima. Ma quando si analizza più accuratamente la natura spirituale nei suoi elementi, allora lo pneuma rappresenta l'elemento superiore, le facoltà religiose e morali in cui sta più specialmente la somiglianza con Dio, mentre la psiche rappresenta l'elemento inferiore le facoltà intellettive, affettive, istintive che sono in attività anche dove non esiste la vita spirituale. "L'uomo psichico non accetta le cose dello Spirito di Dio... L'uomo pneumatico giudica di ogni cosa" 1Corinzi 2:14 . Cfr. 1Corinzi 15:45-46; Ebrei 4:12 . S. Giuda parla di "uomini psichici, non aventi lo spirito" perchè nell'uomo non rigenerato lo spirito è in istato di torpore. Lo Spirito di Dio è quel che lo vivifica (cioè vivifica lospirito dell’uomo) chiamandone in attività le facoltà. L'apostolo esprime dunque il voto che i Tessalonicesi siano santificati in tutto l'essere loro e che siano conservati in santità, in modo da essere irreprensibili, lo spirito loro con tutte le sue energie superiori, l'anima con tutto le sue facoltà, il corpo con tutte le sue forze, tutto le sue membra e funzioni. Brama che tali siano trovati nel gran giorno, alla venuta del N. S. G. C. la quale potrebbe succedere mentre vivono ancora nel corpo terreno.

    Vorrei fare un’altra considerazione su un testo di S. Paolo
    2 Corinzi 12, 1-4. “Bisogna dunque vantarsi! Veramente non sarebbe conveniente; pure passerò alle visioni e rivelazioni del Signore. So di un uomo in Cristo, il quale, quattordici anni fa, fu rapito se col corpo o fuori del corpo non lo so: lo sa Iddio fino al terzo cielo. E so che tale uomo - fosse col corpo o senza corpo lo ignoro: lo sa Iddio - fu rapito in paradiso e udì parole ineffabili, che non è permesso a uomo ripetere”

    In questo testo S. Paolo afferma che che gli è stato concesso di fare una esperienza straordinaria al “terzo cielo”. Per noi il terzo cielo significa uno stato di somma beatidudine e che egli non gli è possibile raccontare.
    Quello che è interessante notare è che questa esperienza egli lo fa, essendo IN Cristo, già nella vita presente, quasi già fosse assorbito dalla vita beata in cielo.
    Ma ciò che è ancora più interessante notare è che egli afferma di non sapere se tale esperienza fosse avvenuta nel corpo o senza il corpo.
    Dicendo questo , Paolo ammette che l’uomo può vivere anche senza il supporto corporeo, dal momento che egli non lo esclude come possibile.
    Che tale possibilità venga data all’ ANIMA (o parte di essa) o allo SPIRITO o anche a entrambi gli elementi, questo ci interessa relativamente. Quello che importa è che ci sia una parte dell’uomo che possa essere considerato come scindibile dal corpo e sussistente anche senza di esso. (Cf Eb.4,12 Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore).

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    00 19/06/2010 21:31
    Felicità subito dopo la morte
    Come già abbiamo accennato, vi sono numerosi altri testi nel Nuovo Testamento dov'è contenuta la dottrina del Paradiso dei veri cristiani, anche se non ricorre la parola “paradiso”. Sono quei testi biblici dov'è affermato senza il minimo dubbio che per i discepoli di Cristo subito dopo la morte vi é uno stato di felicità. Ne esaminiamo solo alcuni.
    1 - Nella parabola di Lazzaro povero e buono, e del ricco egoista Gesù dice: “Or accadde che il mendìco morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo” (Luca 16, 22).
    L'espressione “seno di Abramo” ricorda il banchetto celeste, che rappresenta la felicità dei giusti come diremo. Abramo è presentato come il capotavola perché padre di tutti i credenti (cf. Genesi 17, 1-8; Luca 19, 9; Romani 4, 11-12). Partecipare al banchetto di Abramo significa godere della stessa felicità di cui gode Abramo. A Lazzaro povero, ma virtuoso e giusto, viene assegnato un posto d'onore, vicino al capotavola (cf. Giovanni 13, 23,).
    In questa parabola Gesù insegna chiaramente che ai giusti è riservato uno stato di felicità subito dopo la morte. Nulla vieta di chiamare Paradiso questo stato di felicità.
    Oggi sarai con me in Paradiso (Luca 23, 43)
    Nei vangeli la parola “Paradiso” si trova solo in san Luca, nella risposta che Gesù, prossimo a morire, dà al peccatore pentito:
    “E diceva: " Gesù, ricordati di me quando verrai nella tua maestà regale". E Gesù gli disse: "In verità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso "” (Luca 23, 43, Garofalo).
    Spiegazione:
    1 - Il peccatore pentito riconosce in Gesù il Messia promesso, l'atteso re di Israele. Da buon giudeo pensa che questo re inaugurerà il suo regno in un avvenire indeterminato. Egli chiede di essere ammesso in questo futuro regno messianico, benché peccatore.
    2 - Rispondendo Gesù chiama il suo regno “Paradiso” e fa chiaramente capire che è una realtà imminente e non su questa terra. Infatti sia lui sia il buon ladrone stavano per lasciare questa vita terrena. Malgrado ciò, Gesù assicura che quello stesso giorno si sarebbero trovati insieme in Paradiso.
    3 - In che modo? Certo non in virtù d'una immediata risurrezione del corpo per trovarsi su questa terra mutata in “giardino di Dio”. Questo non avvenne. Si può dunque dedurre che in quello stesso giorno avrebbero iniziato insieme uno stato di vita gioiosa. Gesù chiama Paradiso questo nuovo stato di vita.
    “In tal modo Gesù offre più di quanto il. ladrone pentito gli avesse chiesto, poiché gli promette che in quello stesso giorno sarà con lui in Paradiso. In questo senso il Paradiso è il luogo in cui vengono raccolte dopo la morte le anime dei giusti, cioè il Paradiso presente, già esistente
    Con la promessa del perdono il 'giorno futuro’ diventa il ‘già oggi' dell'adempimento”.
    La parola Paradiso ricorre pure in san Paolo (2 Corinzi 12, 1-4). L'Apostolo la usa nel raccontare, con grande umiltà, una sua esperienza straordinaria, che egli annovera tra le visioni e rivelazioni, di cui Dio l'aveva gratificato.
    “Bisogna dunque vantarsi! Veramente non sarebbe conveniente; pure passerò alle visioni e rivelazioni del Signore. So di un uomo in Cristo, il quale, quattordici anni fa, fu rapito se col corpo o fuori del corpo non lo so: lo sa Iddio fino al terzo cielo. E so che tale uomo - fosse col corpo o senza corpo lo ignoro: lo sa Iddio - fu rapito in paradiso e udì parole ineffabili, che non è permesso a uomo ripetere” (2 Corinzi 12, 1-4, Garofalo).
    Spiegazione:
    1 - Notiamo anzitutto che la parola Paradiso usata da san Paolo deve avere lo stesso significato che in san Luca 23, 43, e viceversa. San Luca infatti era compagno di san Paolo nella diffusione del Vangelo. Tra i due vi sono sicuramente somiglianze di linguaggio e identità di dottrina. Qual è il significato della parola Paradiso in san Paolo?
    2 - Paolo dice che fu rapito al “terzo cielo”, e aggiunge subito che fu rapito in paradiso. Paradiso dunque e terzo cielo indicano la stessa cosa. Ora presso gli Ebrei al tempo di Paolo il terzo cielo o cielo empireo era immaginato come la dimora di Dio. Il paradiso, dunque, corrisponde a una regione del cielo, non alla terra. E così pure in Luca 2.3, 43. Nel linguaggio biblico il Paradiso è la dimora di Dio con gli uomini come dirà san Giovanni i(cf. Apocalisse 21, 3).
    3 - Nel Paradiso san Paolo udì parole ineffabili, che cioè non si possono ripetere con linguaggio umano. Questa espressione “udire parole” è un ebraismo, ossia una proprietà della lingua ebraica, dove per parole bisogna intendere cose e per udire, vedere. San Paolo vuol dire che nel Paradiso vide cose che è impossibile descrivere con linguaggio umano. Sono al di là dell'esperienza di questa vita.



    Filippesi (1, 21-23):
    “Per me, infatti, il vivere è Cristo, e il morire un guadagno (...). Ho desiderio di andarmene per essere con Cristo, che è cosa di gran lunga migliore” (Filippesi 1, 21-13, Garofalo).
    Spiegazione:
    a) Qui san Paolo parla certamente di morte (greco apothnesco = morire) Il ed afferma che egli considera la sua morte come un guadagno, ossia come un modo di essere migliore rispetto alla vita presente. Poi ribadisce e spiega il suo pensiero dicendo che “desidera andarsene per essere con Cristo”, “che è cosa assai migliore”, rispetto alla vita presente (cf. 2 Timoteo 4, 6). La parola “andarsene” (greco analysai) equivale a “essere disciolto dal corpo”, cioè “morire” (cf. 2 Corinzi 5, 8).
    “Il verbo greco analysai, usato qui da san Paolo, nel Nuovo Testamento significa “andarsene” e designa la morte, velandone delicatamente l'aspetto orribile; in questo caso equivale a “decedere”, cioè morire. Lo stesso significato ha in 2 Timoteo 4, 6, dove Paolo parla della sua partenza verso il porto sospirato del cielo, cioè della morte e riunione con Cristo”.
    b) Paolo sa che dopo la morte desiderata sarà con Cristo. La morte infatti non potrà separarlo da Cristo (cf. Romani 8, 38). Egli dunque afferma che quelli che muoiono nel Signore ottengono subito dopo la morte un modo di essere che è un guadagno, cioè un modo di essere assai migliore, rispetto a questa vita. Subito dopo la morte il discepolo di Cristo ottiene una più intima e più gioiosa comunione di vita col suo Maestro e Redentore (cf. Luca 213, 43). E' il Paradiso, di cui lo stesso Paolo ebbe un saggio durante la sua vita terrena (cf. 2 Corinzi 12, 1-4).
    c) E' bene notare che qui Paolo non parla di risurrezione. Egli parla solo di fine di questa vita, cioè della sua morte. Tra la morte dunque e la futura risurrezione, in cui Paolo credeva (cf. Atti 24, 1'5), vi è un modo di essere preferibile alla vita presente. Questo insegna chiaramente san Paolo in Filippesi 1, 21-25.
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    00 19/06/2010 21:34
    Esaminiamo due versetti della prima lettera di Pietro, che insieme a molti altri versetti contribuiscono a formare il contesto generale per comprendere quanto il NT ci comunica riguardo alla vita dopo la morte, della componente spirituale dell’uomo.
    Dapprima secondo una esegesi protestante, poi secondo la spiegazione data dal Catechismo Cattolico.

    1 Pt 3,19 e in esso (spirito, Lett. nel quale spir.) andò anche a predicare agli spiriti ritenuti in carcere, i quali un tempo furono ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava ai giorni di Noè, mentre si preparava l'arca…

    Come esempio dell'attività salutare del Cristo dopo la sua morte in croce, nella sua nuova forma d'esistenza, Pietro cita la predicazione del Vangelo fatta da Cristo agli spiriti degli uomini antediluviani, i quali, quando vivevano in carne, ai tempi di Noè, mentre si preparava l'arca, erano stati ribelli agli avvertimenti divini e non avevano messo a profitto il tempo concesso loro dalla pazienza di Dio per ravvedersi. Cristo si è recato nel carcere dell'Hades ov'erano ritenuti, per annunziare ed offrir loro la salvazione da lui compiuta. Vi si è recato nello spirito. Quel che non sarebbe stato in grado di fare mentre era in carne, prima di soffrire, gli fu possibile dopo la sua morte. Potè allora proclamare che "tutto era compiuto" e potè proclamarlo non agli Israeliti soltanto, suoi contemporanei e compaesani, ma agli spiriti dei defunti che non avevano potuto conoscere la grazia di Dio, spiriti innumerevoli, spiriti delle passate età (in 1Pietro 4:6);> dice in modo generale che l'evangelo è stato annunziato ai morti) e fra questi anche agli uomini del diluvio che per la loro orgogliosa ed ostinata ribellione agli inviti di Dio, ne parevano meno meritevoli. Abbiam notato che il termine spirito in 1Pietro 3:18;, e per conseguenza in 1Pietro 3:19, non si può intendere che dello spirito umano di Cristo.
    Il carcere poi è stato spiegato allegoricamente delle tenebre dell'errore e dell'ignoranza in cui sono come rinchiusi gli uomini che non conoscono la verità. Fra quelli che ammettono l'andata del Cristo risorto nel carcere dell'Hades (ossia in quella parte del soggiorno dei morti ove sono confinate le anime che non hanno sperato in Dio e che vi aspettano il giudizio) alcuni hanno dato alla parola predicò un senso inammissibile, cioè annunziò il giudicio di Dio, mentre altrove, nel N.T., il verbo vale: annunziare il Vangelo e questo senso è confermato da 1Pietro 4:6 ove dice esplicitamente: "è stato annunziato il vangelo ai morti".

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    Gesù disse ad uno dei ladroni che erano in croce: "Io ti dico in verità che oggi tu sarai meco in paradiso" (Luca 23:43), facendogli chiaramente capire che in quello stesso giorno, quando lui sarebbe morto, lui sarebbe andato in paradiso. Così quell’uomo in quello stesso giorno appena spirò andò ad abitare nel paradiso, il che equivale a dire che egli continuò a vivere ma in un’altra dimensione e in un altro luogo. Quindi se quell’uomo non avesse avuto un anima nel suo corpo, come avrebbe potuto andare in paradiso in quello stesso giorno? Per certo non ci andò col corpo, perché esso rimase sulla terra, ma ci andò con l’anima immortale che era in lui e che non poté essere uccisa.

    Ÿ Gesù disse ai Sadducei che negavano la risurrezione: "Or Egli non é un Dio di morti, ma di viventi; poiché per lui vivono tutti" (Luca 20:38), facendo chiaramente capire che coloro che muoiono in fede, muoiono quanto alla carne, ma continuano a vivere per il Signore e perciò sono viventi [4]. Quando noi dunque oggi diciamo che l’Iddio che serviamo é l’Iddio d’Abramo, l’Iddio di Isacco e l’Iddio di Giacobbe, facciamo bene, perché Dio stesso disse a Mosè: "Tale é il mio nome in perpetuo, tale la mia designazione per tutte le generazioni" (Es. 3:15); ma é chiaro che per essere il loro Dio essi devono vivere in qualche luogo. Ora, dopo tutti questi secoli che sono passati dalla loro morte, possiamo dire che i loro corpi sono tornati in polvere, ma certamente non possiamo dire che con la loro morte essi hanno cessato di esistere del tutto, e questo perché Dio, dopo tutti questi secoli, non si vergogna di essere chiamato il loro Dio. Che cosa esiste quindi dei patriarchi se il loro corpo si è decomposto e tornato in polvere? Le loro anime immortali. Il Vivente é l’Iddio di coloro che vivono. Ma dove vivono essi? Essi vivono con le loro anime nel regno dei cieli. Mentre erano viventi sulla terra confessarono di essere pellegrini e forestieri sulla terra, dimostrando che essi cercavano una patria, quella celeste, che era di gran lunga migliore di quella dalla quale eran usciti. La questione é che mentre per Dio vivono tutti coloro che muoiono nel Signore, per i Testimoni di Geova non vive nessuno di quelli che muoiono nel Signore (tranne - in base ad una strana dottrina - quelli che rimangono tra i 144.000 che quando muoiono vengono dotati di un ‘corpo spirituale’ ed entrano in cielo), e questo perché secondo loro l’anima essendo il corpo viene seppellita nella tomba! Come errano grandemente per mancanza di conoscenza!

    Ÿ Paolo dice ai Romani: "Sia dunque che viviamo o che moriamo, noi siamo del Signore" (Rom. 14:8). Questo significa che noi apparteniamo a Cristo e siamo nella sua mano sia mentre abitiamo in questo corpo e sia quando ce ne dipartiremo. Questo perché neppure la morte ci può separare dall’amore di Dio che è in Cristo; no neppure la morte. E difatti Gesù ha detto delle sue pecore: "Nessuno le rapirà dalla mia mano" (Giov. 10:28). Ora, se con la morte si estinguesse del tutto una persona, ossia se nell’uomo non ci fosse un anima immortale, come si potrebbe affermare che noi quando moriremo apparterremo ancora a Cristo e saremo ancora nella sua mano? Non potremmo perché dovremmo dire che la morte riuscirà a toglierci dalla sua mano! Ma noi invece sappiamo che "i giusti e i savi e le loro opere sono nelle mani di Dio" (Ecc. 9:1).

    Ÿ Nel libro della Rivelazione, Giovanni dice di avere visto le anime di coloro che erano stati uccisi per la Parola di Dio i quali tornarono in vita infatti ha scritto: "E vidi le anime di quelli che erano stati decollati per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e di quelli che non aveano adorata la bestia né la sua immagine, e non avevano preso il marchio sulla loro fronte e sulla loro mano; ed essi tornarono in vita, e regnarono con Cristo mille anni" (Ap. 20:4). Notate che Giovanni dice di avere visto prima le anime di coloro che erano stati uccisi a motivo della parola di Dio e poi che essi tornarono in vita; naturalmente tornarono a vivere con un corpo risuscitato, ma nel frattempo, cioè tra la loro morte e la loro risurrezione avevano continuato a vivere ma solo con la loro anima difatti Giovanni vide le loro anime. Anche queste parole di Giovanni attestano l’esistenza dell’anima e la sua immortalità.

    Ÿ Nel Vangelo scritto da Matteo troviamo scritto che un giorno Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse sopra un alto monte sul quale egli fu trasfigurato e quando la sua faccia risplendé come il sole e i suoi vestiti divennero candidi come la luce "apparvero loro Mosè ed Elia, che stavan conversando con lui" (Matt. 17:3). Ora, la Scrittura dice a proposito di Mosè che egli morì e fu seppellito da Dio infatti è scritto nella legge: "Mosè, servo dell’Eterno, morì quivi, nel paese di Moab, come l’Eterno avea comandato. E l’Eterno lo seppellì nella valle, nel paese di Moab, dirimpetto a Beth-Peor" (Deut. 34:5-6); notate che c’é scritto che egli morì e fu seppellito, quindi nessuno può dire che il suo corpo non sia stato seppellito. A conferma che Mosè morì veramente ci sono le parole di Giuda che dice che l’arcangelo Michele "contendendo col diavolo, disputava circa il corpo di Mosè" (Giuda 9). Ma allora se il corpo di Mosè era l’anima di Mosè, ovvero se quando morì Mosè morì anche l’anima di Mosè, chi era colui che apparve assieme ad Elia sul monte santo e che i discepoli videro e udirono? Non è forse anche questa un’ulteriore conferma che l’anima non è il corpo ed il corpo non è l’anima? Non è questa una chiara conferma che mostra come dopo morti l’anima dell’uomo che è in lui si diparte dal suo corpo e continua a vivere? Quindi noi possiamo dire che Pietro, Giacomo e Giovanni videro l’anima di Mosè, sì perché l’anima di lui non era morta e non era stata seppellita (come invece lo fu il suo corpo) appunto perché l’anima del mortale è immortale [5].

    Ÿ Gesù ha detto: "Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccider l’anima: temete piuttosto colui che può far perire e l’anima e il corpo nella geenna" (Matt. 10:28). L’anima quindi non è il corpo dell’uomo perché se così fosse Gesù non avrebbe parlato in questa maniera. Infatti, se uccidere il corpo di una persona significa implicitamente uccidere l’anima, Gesù non avrebbe detto che il corpo si può uccidere ma l’anima no! L’anima quindi, a differenza del corpo, non può essere uccisa; però può essere fatta perire nella geenna (il fuoco inestinguibile) assieme al corpo. A proposito di queste parole di Gesù che i Testimoni di Geova non hanno potuto manipolare è da notare la spiegazione che essi ne danno: ‘Il punto essenziale di questo testo ha lo scopo di farci conoscere che si deve temere Iddio, perché egli è in grado di distruggere non solamente il corpo (la presente vita) ma anche la vita futura. La distruzione nella Geenna alla quale si fa qui riferimento significa la morte dalla quale non v’è risurrezione ad una vita futura come anima’ (Sia Dio riconosciuto verace, pag. 63). Che vogliono dire con questo? Che Dio può fare tornare alla non esistenza una persona sia durante la sua vita presente che - come vedremo in appresso - durante la sua vita sulla terra paradisiaca nel millennio a venire se questa dopo essere ‘risuscitata’ non si vorrà conformare alle leggi di Dio! Come avete ben capito i Testimoni di Geova, come al loro solito, hanno dato a delle parole di Gesù un significato che esse non hanno. Sono così chiare le parole di Gesù e loro con la loro astuzia le oscurano!

    Vediamo ora alcune Scritture che attestano che alla morte l’anima del peccatore va nell’Ades, mentre quella del giusto in cielo.

    Ÿ Gesù disse: "Or v’era un uomo ricco, il quale vestiva porpora e bisso, ed ogni giorno godeva splendidamente; e v’era un pover’uomo chiamato Lazzaro, che giaceva alla porta di lui, pieno d’ulceri, e bramoso di sfamarsi con le briciole che cadevano dalla tavola del ricco; anzi perfino venivano i cani a leccargli le ulceri. Or avvenne che il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno d’Abramo; morì anche il ricco, e fu seppellito. E nell’Ades, essendo ne’ tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abramo, e Lazzaro nel suo seno; ed esclamò: Padre Abramo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescarmi la lingua, perché son tormentato in questa fiamma" (Luca 16:19-24). Come potete vedere quest’uomo ricco, dopo che morì, si ritrovò nell’Ades, nei tormenti, e questo perché mentre era in vita non aveva voluto dare ascolto alla legge di Mosè. Vedremo in appresso quale assurdo significato danno i Testimoni di Geova a questa storia per sostenere che con la morte finisce tutto.

    Ÿ Nel libro della Rivelazione è scritto: "E quando ebbe aperto il quinto suggello, io vidi sotto l’altare le anime di quelli ch’erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che aveano resa; e gridarono con gran voce, dicendo: Fino a quando, o nostro Signore che sei santo e verace, non fai tu giudicio e non vendichi il nostro sangue su quelli che abitano sopra la terra?" (Ap. 6:9-10). Giovanni vide le anime di un certo numero di credenti che erano stati uccisi a motivo della Parola di Dio, e le vide presso l’altare che é nel cielo davanti a Dio. Notate che quelle anime erano in grado di gridare a gran voce, di ricordare che erano stati uccisi e da chi erano stati uccisi. Come potete vedere l’espressione "le anime di quelli ch’erano stati uccisi" (Ap. 6:9) dimostra sia che l’anima di una persona non è la persona stessa cioè il suo corpo, ma qualcosa di diverso dal suo corpo, e poi che l’anima a differenza del corpo non può essere uccisa come ha detto Gesù. Anche in questo caso i Testimoni di Geova non avendo potuto manomettere le suddette parole hanno dato loro la seguente spiegazione: le anime sono membri della classe dei 144.000 mentre la veste bianca rappresenta la risurrezione spirituale che essi hanno sperimentato nel 1918 dopo che Gesù ha assunto il regno! Questa spiegazione è fantasiosa e priva di ogni fondamento scritturale. Stando così le cose vogliamo però fare alcune domande ai Testimoni di Geova. Se la veste bianca fu loro data dopo che essi furono sentiti gridare chi erano coloro che gridarono prima di ricevere la veste bianca (‘prima di risuscitare nel 1918’) se anche loro sulla terra non potevano avere un’anima? In altre parole, se la veste bianca fu loro data dopo che ebbero gridato, cioè se ‘risuscitarono spiritualmente’ nel 1918 dopo avere gridato, e tra la loro morte e la ‘risurrezione spirituale’ avvenuta nel 1918 quella parte dei 144.000 non esistevano perché non avevano un anima, come facevano a gridare in questo periodo di inesistenza? Ma non vi rendete conto dell’assurdità di questa vostra spiegazione alle parole di Giovanni? Ma non vi rendete conto in quale contraddizione cadete parlando in quella maniera?
    [Modificato da Credente 15/10/2016 20:22]
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    Credente
    00 19/06/2010 21:36
    1Pt 4,6 Poichè per questo è stato annunziato l'evangelo anche ai morti; onde fossero bensì giudicati secondo gli uomini quanto alla carne, ma vivessero secondo Dio quanto allo spirito.
    Per questo: si riferisce a quanto segue e specialmente alle ultime parole del vers. Il Vangelo è stato annunziato non solo ai vivi ma anche ai morti, per questo, cioè allo scopo di mettere anche loro in presenza dell'offerta della grazia e di render così possibile anche per loro il pentimento e la fede nel Salvatore. Posti dinanzi alla salvezza, anche coloro che già avevano subito il giudicio della morte corporale riservato a tutti gli uomini peccatori, Romani 6:23; Genesi 3 hanno avuto la possibilità di vivere secondo Dio quanto allo spirito; cioè di possedere nel loro spirito quella vita nuova di pace, di santità, di felicità ch'è conforme alla natura di Dio ed al suo disegno di misericordia verso gli uomini. In una parola, hanno potuto ricevere la vita vera, la vita eterna. in attesa della beata risurrezione. Se l'hanno scientemente e volontariamente rifiutata, facendo della loro libertà l'uso più funesto, nessuno potrà trovare ingiusta la sentenza che li colpirà. Pietro non, dice nè quando, nè dove, nè da chi, nè con quali risultati, il Vangelo è stato annunziato ai morti; ma da quanto ha detto in 1Pietro 3:19-20 si può arguire che è stato annunziato dal Signor Gesù stesso dopo la sua risurrezione. Quando "tutto fu compiuto", Cristo proclamò la buona novella ai morti nell'Hades e mandò i suoi apostoli a proclamarla ai vivi per tutto il mondo. 1Pietro 3:19-20 parlava di una predicazione agli uomini del diluvio soltanto; la dichiarazione di 1Pietro 4:6 è più generale e si riferisce a tutti i morti che non hanno udito ancora il Vangelo nella sua purezza e semplicità. Come il giudizio si estende a tutti i morti, il Vangelo ha dovuto, secondo la volontà misericordiosa del Dio di giustizia; essere annunziato a tutti. Come appare dal fin qui detto, non crediamo esatta l'opinione che vede nei "morti" di cui parla S. Pietro "i morti nei falli e nei peccati". La parola non può avere un senso diverso da quello che ha nella espressione quasi tecnica nel N.T. "i vivi ed i morti". Le parole: onde fossero bensì giudicati... sono al passato e tornano a dire: "per cui, benchè abbiano di già subito il giudizio della morte del corpo, comune a tutti gli uomini, possano vivere secondo Dio...". Paolo dice in Romani 8:10 : "Se Cristo è in voi, ben è il corpo morto a cagion del peccato: ma lo spirito è vita a cagion della giustizia".
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    00 19/06/2010 21:37
    Spiegazione del CCC:

    “GESU' CRISTO DISCESE AGLI INFERI,
    RISUSCITO' DAI MORTI IL TERZO GIORNO”

    631 Gesù era disceso nelle regioni inferiori della terra: “Colui che discese è lo stesso che anche ascese”( Ef 4,10 ). Il Simbolo degli Apostoli professa in uno stesso articolo di fede la discesa di Cristo agli inferi e la sua Risurrezione dai morti il terzo giorno, perché nella sua Pasqua egli dall'abisso della morte ha fatto scaturire la vita:

    Cristo, tuo Figlio,
    che, risuscitato dai morti,
    fa risplendere sugli uomini la sua luce serena,
    e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen [Messale Romano, Veglia Pasquale, Exultet].


    Paragrafo 1
    CRISTO DISCESE AGLI INFERI

    632 Le frequenti affermazioni del Nuovo Testamento secondo le quali Gesù “è risuscitato dai morti” ( At 3,15; Rm 8,11; 1Cor 15,20 ) presuppongono che, preliminarmente alla Risurrezione, egli abbia dimorato nel soggiorno dei morti [Cf Eb 13,20 ]. E' il senso primo che la predicazione apostolica ha dato alla discesa di Gesù agli inferi: Gesù ha conosciuto la morte come tutti gli uomini e li ha raggiunti con la sua anima nella dimora dei morti. Ma egli vi è disceso come Salvatore, proclamando la Buona Novella agli spiriti che vi si trovavano prigionieri [Cf 1Pt 3,18-19 ].

    633 La Scrittura chiama inferi, shéol o ade [Cf Fil 2,10; At 2,24; Ap 1,18; Ef 4,9 ] il soggiorno dei morti dove Cristo morto è disceso, perché quelli che vi si trovano sono privati della visione di Dio [Cf Sal 6,6; Sal 88,11-13 ]. Tale infatti è, nell'attesa del Redentore, la sorte di tutti i morti, cattivi o giusti; [Cf Sal 89,49; 633 1Sam 28,19; Ez 32,17-32 ] il che non vuol dire che la loro sorte sia identica, come dimostra Gesù nella parabola del povero Lazzaro accolto nel “seno di Abramo” [Cf Lc 16,22-26 ]. “Furono appunto le anime di questi giusti in attesa del Cristo a essere liberate da Gesù disceso all'inferno” [Catechismo Romano, 1, 6, 3]. Gesù non è disceso agli inferi per liberare i dannati [Cf Concilio di Roma (745): Denz. -Schönm., 587] né per distruggere l'inferno della dannazione, [Cf Benedetto XII, Opuscolo Cum dudum: Denz. -Schönm., 1011; Clemente VI, Lettera Super quibusdam: ibid., 1077] ma per liberare i giusti che l'avevano preceduto [Cf Concilio di Toledo IV (625): Denz. -Schönm., 485; cf anche Mt 27,52-53 ].

    634 “La Buona Novella è stata annunciata anche ai morti. . . ” ( 1Pt 4,6 ). La discesa agli inferi è il pieno compimento dell'annunzio evangelico della salvezza. E' la fase ultima della missione messianica di Gesù, fase condensata nel tempo ma immensamente ampia nel suo reale significato di estensione dell'opera redentrice a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, perché tutti coloro i quali sono salvati sono stati resi partecipi della Redenzione.


    Conclusione mia:
    l’esegesi protestante, anche se riporta qualche elemento discutibile, trova evidente che Gesù andò a predicare agli spiriti dei morti, i quali attendevano la loro salvezza; quindi in uno stato di consapevolezza tale di permettere loro anche di udire il Vangelo.
    Sostanzialmente simile, per quanto concerne questo aspetto, è la spiegazione data dal CCC: i morti quanto al corpo pertanto, hanno una sopravvivenza spirituale, in piena armonia con quanto dicono altri testi del NT e che verranno esaminati man mano.
    L’importante è che non ci si fermi a qualche espressione del VT (come quello del Qoelet 9,5 che ho esaminato) per subordinare tutta una serie di altre espressioni del NT. Caso mai dovrebbe essere il contrario: occorre comprendere il VT alla luce del NT.
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    00 19/06/2010 21:38


    Matteo 10:28
    28. E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccider l'anima;
    Poteva muoversi l'obbiezione: «Se io proclamo altamente tutto ciò che il mio Signore mi ha insegnato, corro il rischio della vita». Questo versetto dà la risposta: Può essere così, ma che per ciò? Il potere dei vostri nemici finisce assolutamente qui, e più presto o più tardi, voi dovrete sottomettervi alla morte temporale; la parte spirituale della vostra natura però non ha nulla da temere dal furore dell'uomo. Ma vi è Uno, di cui voi siete servi, il quale, se gli disobbedite, ha la potenza di far perire l'anima non meno che il corpo; perciò cessate di temere il furor dell'uomo, ma temete d'incorrere nella collera di Dio. Tale è il concetto di questo versetto. L'avvertimento è formulato anche più solennemente in Luca 12:5: «Ma io vi mostrerò chi dovete temere».
    temete piuttosto colui che può far perire e l'anima e il corpo nella geenna.
    Stier sostiene, nel modo più riciso, che quel «colui», di cui parla Gesù in questo punto, è Satana: Ma non si trova nella Scrittura alcun passo in cui venga attribuita a Satana la potenza di far perire l'anima e il corpo nella geenna; Dio solo è sempre accennato come l'onnipotente dispensatore, sì dell'eterna vita che dell'eterna morte Vedi Romani 16:20; Efesini 6:16; Giacomo 4:7. Queste parole adunque si riferiscono a Dio, tanto qui che in Luca 12:5. Che cosa è «l'anima» ? Dai filosofi greci si faceva distinzione fra l'anima come sede dei sentimenti e desideri, e lo spirito, ossia la parte più alta della nostra natura. A questa distinzione si allude in alcuni passi del Nuovo Testamento Vedi Luca 1:46; 1Tessalonicesi 5:23; Ebrei 4:12; ma qui l'anima significa tutta la nostra natura spirituale in contrapposto alla vita del corpo. Sulla «Geenna», Vedi note Matteo 5:22. Prova decisiva è questa che c'è un inferno per il corpo non meno che per l'anima.



    PASSI PARALLELI
    Matteo 10:26; Isaia 8:12-13; 51:7,12; Daniele 3:10-18; Luca 12:4-5; Atti 20:23-24
    Atti 21:13; Romani 8:35-39; 2Timoteo 4:6-8; Ebrei 11:35; 1Pietro 3:14; Apocalisse 2:10
    Salmo 119:120; Ecclesiaste 5:7; 8:12-13; Isaia 66:2; Geremia 5:22; Ebrei 12:28-29
    Matteo 25:46; Marco 9:43-48; Luca 16:22-26; Giovanni 5:29; 2Tessalonicesi 1:8-10
    Apocalisse 20:10-15


    1 Tess.5,23 Or, l'Iddio della pace vi santifichi egli stesso completamente, e l'intero essere vostro, lo spirito, l'anima ed il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signor nostro Gesù Cristo.
    ... Le quali tradotte verbalmente, suonano così: e sia conservato senza biasimo nella venuta... intero lo spirito vostro e l'anima ed il corpo... L'aggettivo 'oloklhroV (intero) serve a caratterizzare la cosa che possiede tutto quel che le è stato assegnato come sua porzione (klhroV). Le pietre gregge sono integre, le settimane di sette giorni sono olocleri, il corpo senza mutilazione è del pari intero. L'intero spirito, l'intera anima, l'intero corpo hanno da essere conservati in modo irreprensibile. Lo spirito è l'elemento superiore della natura umana, l'organo col quale l'uomo può conoscere Dio, amarlo, adorarlo, servirlo. È contrapposto alla carne Matteo 26:41; Luca 24:39; Romani 8:1,4-5,9; 1Corinzi 5:5, Colossesi 2:5 ecc., al corpo Romani 8:10; 1Corinzi 5:3; 1Corinzi 7:34 . Quando si distinguono due soli elementi nell'uomo, chiamasi carne o corpo l'elemento materiale, visibile, mentre l'elemento superiore, immateriale, invisibile, in cui risiede la vita, chiamasi ora spirito, ora anima. Ma quando si analizza più accuratamente la natura spirituale nei suoi elementi, allora lo pneuma rappresenta l'elemento superiore, le facoltà religiose e morali in cui sta più specialmente la somiglianza con Dio, mentre la psiche rappresenta l'elemento inferiore le facoltà intellettive, affettive, istintive che sono in attività anche dove non esiste la vita spirituale. "L'uomo psichico non accetta le cose dello Spirito di Dio... L'uomo pneumatico giudica di ogni cosa" 1Corinzi 2:14 . Cfr. 1Corinzi 15:45-46; Ebrei 4:12 . S. Giuda parla di "uomini psichici, non aventi lo spirito" perchè nell'uomo non rigenerato lo spirito è in istato di torpore. Lo Spirito di Dio è quel che lo vivifica (cioè vivifica lospirito dell’uomo) chiamandone in attività le facoltà. L'apostolo esprime dunque il voto che i Tessalonicesi siano santificati in tutto l'essere loro e che siano conservati in santità, in modo da essere irreprensibili, lo spirito loro con tutte le sue energie superiori, l'anima con tutto le sue facoltà, il corpo con tutte le sue forze, tutto le sue membra e funzioni. Brama che tali siano trovati nel gran giorno, alla venuta del N. S. G. C. la quale potrebbe succedere mentre vivono ancora nel corpo terreno.
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    00 19/06/2010 21:39
    2cor5,8
    abbiamo assai più caro di partir di casa lasciando il corpo, e d'andare ad abitar col Signore.
    Si potrebbe anche rendere: «...di esulare dal corpo per vivere in patria presso al Signore» Filippesi 3:20; Ebrei 11:13 ; ma l'Apostolo pare attenersi all'immagine della casa. Il lasciar la casa cadente del corpo terreno, avvenga questo per via di subitanea trasfigurazione o più probabilmente per via della morte corporale, non spaventa Paolo, anzi egli lo riguarda come cosa preferibile, perchè ciò lo porta presso al suo Signore. L'Apostolo non si ferma a distinguere tra lo stato transitorio che segue la morte ed in cui lo spirito solo è accolto presso al Signore Luca 23:43; Atti 7:59; Filippesi 1:20-23 e lo stato definitivo in cui i fedeli nella pienezza dell'essere loro spirituale e corporale, godono della presenza di Dio. Essere col Signore, anche aspettando il corpo glorioso cfr. 2Corinzi 12:3 , è per lui «di gran lunga migliore».
    9 Il morir gli è guadagno, perchè Cristo è la sua vita. E se l'esser con Cristo è la suprema felicità cui aspira Paolo, s'intende di leggieri ch'egli ponga ogni studio nel piacergli mentre vive tuttora sulla terra.
    Perciò ancora, noi ci studiamo di essergli graditi
    (o «di piacergli»),
    …Il giudicio è individuale e la retribuzione è adeguata alle opere fatte nel corso della vita passata nel corpo, o (come si può anche tradurre «fatte per mezzo del corpo» considerato quale organo dell'attività umana. Il criterio enunciato è generale ed applicabile così ai salvati come ai condannati. Per questi ultimi il grado della pena è commisurato alla gravità della colpa, e per i salvati il grado di gloria è proporzionato alla minore o maggiore devozione dimostrata nel servizio di Dio. Cfr. Efesini 6:8; Colossesi 3:25; Galati 6:7; Apocalisse 14:13; Matteo 6:20 .

    E quando ebbe aperto il quinto suggello, io vidi sotto l'altare le anime di quelli ch'erano stati immolati per la parola di Dio e per la testimonianza che aveano resa:
    Dell'altare non era stato fatto cenno fin qui, ma ogni suggello aperto dischiude una visione nuova. Nel tempio di Gerusalemme, che ormai non esisteva più, v'erano due altari: quello d'oro per i profumi posto nel Luogo Santo e quello di rame per i sacrifizi cruenti posto nel cortile davanti al santuario. E quest'ultimo che Giovanni contempla nella visione celeste. Le anime dei martiri sono sotto l'altare perchè hanno offerto le loro vite come un sacrifizio a Dio per non venir meno alla fedeltà dovuta alla sua parola. Il sangue delle vittime era infatti sparso sull'altare tutto all'intorno, o versato appiè di esso. Paolo parlando del suo prossimo martirio dice: «Quanto a me io sto per essere offerto a mo' di libazione» 2Timoteo 4:6 e altrove: «offerto a mo' di libazione sul sacrificio e sul servizio della vostra fede» (Filippesi 2:17 ; Cfr. Romani 12:1 ). L'assimilazione del martirio a un sacrificio risulta anche dal termine immolati o sgozzati (esfagmenwn) che è proprio delle vittime condotte al sacrifizio. L'espressione greca la testimonianza che avevano si può intendere o della testimonianza che avevano resa a Gesù riconoscendolo dinanzi agli uomini come il loro Signore, o della verità che Gesù aveva attestata e ch'essi aveano ritenuta saldamente. Cfr. Apocalisse 12:17; 1:9; 20:4; Giovanni 14:21 .
    10 e gridarono con gran voce, dicendo: Fino a quando, o nostro Signore che nei santo e verace, non fai tu giudicio e non vendichi il nostro sangue su quelli che abitano sopra la terra?
    La gran voce è indizio sia del loro numero sia della intensità della loro preghiera. Chiamano Dio lett. il loro padrone (DespothV) perchè ha il pieno diritto di disporre della loro vita ed essi sono suoi servi (douloi) Apocalisse 6:11 . Così Simeone si rivolge a Dio Luca 2:29 : 'Ora, o Padrone, tu congedi in pace il tuo servo...'. Cfr. Atti 4:24 . Si rivolgono a lui come a colui che odia il male e ogni menzogna, che giudica secondo giustizia e verità chiedendogli di non ritardare più oltre il giudicio che deve ristabilir la giustizia calpestata dai loro persecutori, mettere in piena luce la loro innocenza e dare ai nemici impenitenti della Verità, la loro retribuzione. 'Non pregano per odio dei nemici in favor dei quali intercedettero in vita, ma per amor della giustizia' (Beda) e del trionfo di Cristo. La fede sospira dietro la fine del regno del male nel mondo. In Luca 18:1-8 , Cristo rappresenta gli eletti come gridanti a Dio giorno e notte e dichiara che certamente Dio farà loro giustizia. In Apocalisse 16:5 , in occasione di un giudicio di Dio sul mondo degli empi, il veggente ode la voce dell'altare che dice: «Si, o Signore Iddio Onnipotente, i tuoi giudici son veraci e giusti»; e dopo il giudicio della meretrice, una gran voce d'una moltitudine nel cielo proclama la stessa verità Apocalisse 19:1-2 .
    11 E a ciascun d'essi fu data una veste bianca e fu loro detto che si riposassero ancora un po' di tempo, finchè fosse completo il numero dei loro conservi e dei loro fratelli che hanno ad essere uccisi come loro.
    La veste bianca è simbolo della loro giustificazione dinanzi a Dio, ma anche della loro riabilitazione davanti agli uomini. Han potuto per breve volger d'anni esser tenuti in conto di empi e malfattori degni di morte; ma il tempo è galantuomo perchè Dio regna, e i martiri dei primi secoli sono nei secoli seguenti ricordati come santi. La veste bianca è simbolo pure della vittoria ch'essi hanno riportato. Fin d'ora, e prima che sia avvenuta la retribuzione finale, i martiri, oltre all'entrar in un riposo beato son giudicati degni di onori speciali. Se la lor preghiera non può essere esaudita immediatamente, è perchè non è completo ancora il numero, da Dio solo determinato e conosciuto, dei loro compagni di martirio, loro conservi perchè servono lo stesso Signore, loro fratelli perchè appartengono tutti alla stessa famiglia spirituale. Quando ai martiri dei primi secoli, saranno aggiunti i martiri del Medio Evo e poi quelli dei nostri e degli ultimi tempi che sono i tempi dell'anticristo, allora i martiri saran giudicati degni della prima risurrezione e regneranno con Cristo durante il millennio. Cfr. Apocalisse 19 . Non possiamo accettar l'opinione di chi ha veduto nelle anime sotto l'altare solo le vittime della persecuzione neroniana, e nei martiri preannunziati soltanto quelli della persecuzione domiziana. E neppure possiamo accettare l'opinione di chi vede nelle anime sotto l'altare i martiri dei tre primi secoli e negli altri che devono completar il numero, quelli del Medio Evo: Valdesi, Albigesi, Ussiti ecc. Gesù ha dato le persecuzioni e i martiri come uno dei segni che dovevano caratterizzar l'epoca anteriore alla sua venuta; ogni periodo della storia del popolo Dio ha avuto i suoi martiri. Il sangue degli uomini più eccellenti che la terra abbia veduto chiede giustizia al Dio santo e verace, e il sospiro sempre più potente delle loro anime non può che affrettar l'ora del giudicio. Di questo sospiro troviamo l'eco nei libri giudei apocrifi: «Fino a quando dobbiamo rimaner qui (nell'Hades)? esclamano le anime dei giusti in Esdra 4; quando appariranno i frutti sull'aia della nostra retribuzione?» Un arcangelo risponde loro: «Quando sarà completo il numero dei vostri compagni».
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    00 19/06/2010 21:44
    La conclusione di questo argomento è che la fede Cattolica afferma senza esitazione, sulla base della Sacra Scrittura, che la parte spirituale dell'uomo sopravvive al corpo, quando questo muore.
    E questa posizione di fede è condivisa con tutte le denominazioni evangeliche.

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    00 30/06/2010 10:43
    SI RISPONDE ALLA SEGUENTE OBIEZIONE:

    COME MAI I CRISTIANI CREDONO NELLA SOPRAVVIVENZA DELL'ANIMA,
    MENTRE IN QOELET (ECCLESIASTE) 9,5 10 SI AFFERMA:
    "I VIVI SANNO CHE MORIRANNO, MA I MORTI NON SANNO NULLA; NON C'E' PIU' SALARIO PER LORO, PERCHE' IL LORO RICORDO SVANISCE. IL LORO AMORE, IL LORO ODIO E LA LORO INVIDIA, TUTTO E' ORMAI FINITO " ?

    RISPOSTA

    Nel libro dell'ECCLESIASTE è espressa una concezione della morte come totale distruzione della persona; mentre nel Nuovo Testamento vi sono affermazioni del tutto diverse e che non lasciano dubbi circa la concezione chiara della sopravvivenza dopo la morte fisica come si potrà costatare dai testi riportati più sotto.
    Dunque dobbiamo ritenere valida l'affermazione dell'ECCLESIASTE o del Nuovo Testamento ? Oppure dobbiamo ritenere che vi sia una contraddizione nella Scrittura ?
    La risposta a questi interrogativi vengono dalla Scrittura stessa:
    L'autore dell'ECCLESIASTE infatti usa continuamente nel suo libro espressioni come: "ho considerato", "ho pensato", "mi sono detto", "ho notato", "ho riflettuto", "ho concluso" e altre simili che lasciano chiaramente intendere che in quel libro egli riporta il suo pensiero sulle realtà della vita che per diversi aspetti restano per lui oscure; si veda ad esempio la domanda che egli si pone proprio riguardo al destino dell'uomo "Chi sa se il soffio vitale dell'uomo salga in alto e se quello della bestia scenda in basso nella terra?" (Eccl.3,21).
    Lo scrittore perciò, sotto la guida divina e con il proprio sforzo di ricerca è riuscito ad elaborare tutto ciò che esprime nel libro ma è chiaro che Dio non gli ha rivelato tutto, rimandando la pienezza della rivelazione al momento della venuta del Figlio.
    Molti concetti sono stati completati da Gesù, che ha affermato di essere venuto non ad abolire ma a completare la rivelazione. (Mt.5.17)
    Ciò è molto importante per comprendere tante diversità tra il Vecchio e il Nuovo testamento:
    Ecco alcuni esempi in cui si può vedere lo sviluppo della rivelazione tra il V.T. e il N.T.:
    ODIO PER I NEMICI AMORE PER I NEMICI
    DIVORZIO POSSIBILE DIVORZIO ABOLITO
    POLIGAMIA CONSENTITA POLIGAMIA ABOLITA
    CERTI CIBI PROIBITI TUTTI I CIBI CONSENTITI
    SOFFERENZA=CASTIGO DI DIO SOFFERENZA=REDENZIONE
    RESURREZIONE (POCHI ACCENNI) RESURREZIONE (PIENA CERTEZZA)

    Vi è inoltre da considerare che nella Parola di Dio vi sono riportate parole di uomini buoni e cattivi, di angeli, di demoni, di apostoli, di Dio. Il tutto per nostro ammaestramento, ma bisogna discernere chi parla, quando parla, perchè parla, come parla. Perciò occorre discernimento, quando si legge la Bibbia.

    Il primo discernimento va fatto mettendo tutto alla luce del NT in cui Dio ha parlato a noi per mezzo del Figlio portando la piena luce dove vi era solo un'ombra o addirittura oscurità completa.
    Nel caso di Qoelet vi sono diversità notevoli di concezioni tra quanto l'autore scrive e il Vangelo.
    Vi è contraddizione ?
    O invece vi è una erronea comprensione del testo?

    Infatti l’autore ammette a più riprese e ti prego di considerarlo attentamente, che è lui ad aver pensato, considerato, concluso, le cose che dice. Cose che di per sé ci fanno sapere quale era la concezione sulla vita dell’uomo del suo tempo, privo di qualsiasi speranza e posta sullo stesso piano delle bestie. Questa concezione risulta molto lontana dal NT. Non si tratta dunque di contraddizione in Dio, ma tra l’uomo e Dio: il che è diverso. Il libro di Giobbe, molto lungo, riporta in quasi la totalità del libro le idee dei suoi amici, i quali si sbagliavano di grosso ed esprimevano tutte le loro convinzioni sbagliate. Significa questo che la Parola di Dio è sbagliata. Niente affatto. Sono gli amici di Giobbe che erano in errore. E quello che hanno detto, la Parola di Dio lo riporta per nostro ammaestramento, ma dobbiamo saper discernere chi parla.

    Ad esempio quando parlano i demoni, o quando parla lo stesso Pietro, spinto da Satana a cercare di contraddire il maestro: è parola di Dio, la sua, in quel momento, o è la parola di un uomo, semplicemente riportata nella Parola di Dio per nostro ammaestramento su ciò che pensava Pietro?
    Anche quando Paolo esprime la sua opinione, è una sua opinione. Naturalmente autorevolissima e quindi seguita dalla Chiesa, per il compito affidatogli
    Capisco che per coloro che preferiscono rimanere attaccati ad una certa concezione cercano di armonizzare il NT al VT. Noi invece desideriamo semplicemente fare il contrario. Il criterio lo ha dato Gesù quando ha detto: "non si mette il vino nuovo in otri vecchi."

    Ma in particolare talune espressioni prese proprio dal libro dell'ECCLESIASTE hanno un'accento molto diverso dalle espressioni usate da Gesù ; si noti la differenza:

    ECCL. 3.19
    La sorte dell'uomo e quella delle bestie è la stessa; come muoiono queste muoiono quelli. Non esiste superiorità dell'uomo rispetto alle bestie, perché tutto è vanità . Tutti sono avviati alla stessa dimora. Tutto è venuto dalla polvere e tutto ritorna in polvere.

    MATTEO 10.28
    28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia.
    30Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; 31non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!.



    La superiorità dell'uomo rispetto alle bestie che l'Ecclesiaste non concepisce è chiaramente espresso da Gesù il quale insegna che tale superiorità consiste proprio nel fatto che le bestie possono subire la distruzione totale mentre chi uccide il corpo dell'uomo non ne può uccidere l'anima.
    E ancora:

    dice QOELET CAP.11.8
    8Anche se vive l'uomo per molti anni se li goda tutti

    al contrario troviamo in MATTEO 5.4
    4Beati gli afflitti, perché‚ saranno consolati.

    dice QOELET CAP.11.10
    10Caccia la malinconia dal tuo cuore, allontana dal tuo corpo il dolore.

    al contrario troviamo in LUCA 14.27
    27Chi non porta la propria croce e non viene
    dietro di me, non può essere mio discepolo.

    dice QOELET cap.9.2
    2Vi è una sorte unica per tutti,
    per il giusto e l'empio, per il puro e l'impuro,
    per chi offre sacrifici e per chi non li offre,
    per il buono e per il malvagio,
    per chi giura e per chi teme di giurare.

    (Da una simile affermazione dell'ECCLESIASTE non emerge nessuna idea non solo della vita dopo la morte ma neanche della resurrezione finale);

    al contrario troviamo in 2 CORINTI Capitolo 05

    1Sappiamo infatti che quando verrà disfatto questo
    corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un'abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli.2Perciò sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste: 3a condizione però di esser trovati gi vestiti, non nudi. 4In realtà quanti siamo in questo corpo, sospiriamo come sotto un peso, non volendo venire spogliati ma sopravvestiti, perché‚ ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. E` Dio che ci ha fatti per questo e ci ha dato la caparra dello Spirito.
    6Così, dunque, siamo sempre pieni di fiducia e sapendo che finché‚ abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore,7camminiamo nella fede e non ancora in visione. 8Siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore. 9Perciò ci sforziamo, sia dimorando nel corpo sia esulando da esso, di essere a lui graditi. 10Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché‚ era nel corpo, sia in bene che in male.

    Questo testo è di un'assoluta chiarezza e si riferisce a tutti, non a una parte di uomini, dice infatti: quanti siamo in questo corpo.

    Quindi è chiaro che vi è un salto enorme di qualità e di contenuto tra il Vecchio e il Nuovo Testamento e non c'è da meravigliarsene; l'umanità attraversa degli stadi di sviluppo simili a quello che attraversa un singolo uomo: un bambino non sarebbe in grado di capire le stesse cose di un adolescente e tantomeno di un adulto; perciò non deve destare meraviglia che il Padre abbia voluto rivelare in modo progressivo la Verità ai suoi figli.
    Nessuno pertanto è autorizzato costruire delle dottrine fondandosi su singoli versetti soprattutto se presi solo dal Vecchio Testamento senza il necessario confronto con il Nuovo.
    Si invita invece a farlo serenamente e a riconoscere l'evidenza delle cose.
    [Modificato da Credente 15/10/2016 20:26]
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    COSA ACCADRA' DOPO LA MORTE ?

    Il giudizio particolare (Il Giudizio irrevocabile)

    La morte pone fine alla vita dell'uomo come tempo aperto all'accoglienza o al rifiuto della grazia divina apparsa in Cristo. 605 Il Nuovo Testamento afferma, a più riprese, l'immediata retribuzione che, dopo la morte, sarà data a ciascuno in rapporto alle sue opere e alla sua fede. La parabola del povero Lazzaro 606 e la parola detta da Cristo in croce al buon ladrone 607 così come altri testi del Nuovo Testamento 608 parlano di una sorte ultima dell'anima 609 che può essere diversa per le une e per le altre.

    NOTE: (605) Cf 2 Tm 1,9-10. (606) Cf Lc 16,22. (607) Cf Lc 23,43. (608) Cf 2 Cor 5,8; Fil 1,23; Eb 9,27; 12,23. (609) Cf Mt 16,26.

    Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione, 610 o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, 611 oppure si dannerà immediatamente per sempre. 612

    NOTE: (610) Cf Concilio di Lione II, Professione di fede di Michele Paleologo: DS 856; Concilio di Firenze, Decretum pro Graecis: DS 1304; Concilio di Trento, Sess. 25a, Decretum de purgatorio: DS 1820. (611) Cf Concilio di Lione II, Professione di fede di Michele Paleologo: DS 857; Giovanni XXII, Bolla Ne super his: DS 991; Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: DS 1000-1001; Concilio di Firenze, Decretum pro Graecis: DS 1305. (612) Cf Concilio di Lione II, Professione di fede di Michele Paleologo: DS 858; Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: DS 1002; Concilio di Firenze, Decretum pro Graecis: DS 1306.

    Il cielo (il Paradiso)

    Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio e che sono perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo. Sono per sempre simili a Dio, perché lo vedono « così come egli è » (1 Gv 3,2), « a faccia a faccia » (1 Cor 13,12): 614 Vivere in cielo è « essere con Cristo ». 616 Gli eletti vivono « in lui », ma conservando, anzi, trovando la loro vera identità, il loro proprio nome: 617 « Vita est enim esse cum Christo; ideo ubi Christus, ibi vita, ibi Regnum – La vita, infatti, è stare con Cristo, perché dove c'è Cristo, là c'è la vita, là c'è il Regno ». 618 La vita dei beati consiste nel pieno possesso dei frutti della redenzione compiuta da Cristo, il quale associa alla sua glorificazione celeste coloro che hanno creduto in lui e che sono rimasti fedeli alla sua volontà. Il cielo è la beata comunità di tutti coloro che sono perfettamente incorporati in lui.

    « Questa sarà la tua gloria e la tua felicità: essere ammesso a vedere Dio, avere l'onore di partecipare alle gioie della salvezza e della luce eterna insieme con Cristo, il Signore tuo Dio, [...] godere nel regno dei cieli, insieme con i giusti e gli amici di Dio, le gioie dell'immortalità raggiunta ». 619 Nella gloria del cielo i beati continuano a compiere con gioia la volontà di Dio in rapporto agli altri uomini e all'intera creazione. Regnano già con Cristo; con lui « regneranno nei secoli dei secoli » (Ap 22,5). 620

    NOTE: (614) Cf Ap 22,4.  (616) Cf Gv 14,3; Fil 1,23; 1 Ts 4,17. (617) Cf Ap 2,17. (618) Sant'Ambrogio, Expositio evangelii secundum Lucam, 10, 121: CCL 14, 379 (PL 15, 1927). (619) San Cipriano di Cartagine, Epistula 58, 10: CSEL 32, 665 (56, 10: PL 4, 367-368). (620) Cf Mt 25,21.23.

    La purificazione finale (Il Purgatorio)

    Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo.

    La Chiesa chiama purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt'altra cosa dal castigo dei dannati. La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al purgatorio soprattutto nei Concili di Firenze 621 e di Trento. 622 La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, 623 parla di un fuoco purificatore.

    Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, 625 affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti.

    NOTE: (621) Cf Concilio di Firenze, Decretum pro Graecis: DS 1304. (622) Cf Concilio di Trento, Sess. 25a, Decretum de purgatorio: DS 1820; Sess. 6a, Decretum de iustificatione, canone 30: DS 1580. (623) Per esempio, 1 Cor 3,15; 1 Pt 1,7. (625) Cf Concilio di Lione II, Professione di fede di Michele Paleologo: DS 856.

    L'inferno (La dannazione eterna)

    Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: « Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna » (1 Gv 3,14-15). Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli. Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola « inferno ».

    Perché un peccato sia mortale si richiede che concorrano tre condizioni: « È peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso ». 116

    Perché il peccato sia mortale deve anche essere commesso con piena consapevolezza e pieno consenso. Presuppone la conoscenza del carattere peccaminoso dell'atto, della sua opposizione alla Legge di Dio. Implica inoltre un consenso sufficientemente libero perché sia una scelta personale. L'ignoranza simulata e la durezza del cuore 117 non diminuiscono il carattere volontario del peccato ma, anzi, lo accrescono.

    La misericordia di Dio non conosce limiti, ma chi deliberatamente rifiuta di accoglierla attraverso il pentimento, respinge il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta dallo Spirito Santo. 121 Un tale indurimento può portare alla impenitenza finale e alla rovina eterna.

    Il peccato trascina al peccato; con la ripetizione dei medesimi atti genera il vizio. Ne derivano inclinazioni perverse che ottenebrano la coscienza e alterano la concreta valutazione del bene e del male. In tal modo il peccato tende a riprodursi e a rafforzarsi, ma non può distruggere il senso morale fino alla sua radice.

    I vizi possono essere catalogati in parallelo alle virtù alle quali si oppongono, oppure essere collegati ai peccati capitali che l'esperienza cristiana ha distinto, seguendo san Giovanni Cassiano 122 e san Gregorio Magno. 123 Sono chiamati capitali perché generano altri peccati, altri vizi. Sono la superbia, l'avarizia, l'invidia, l'ira, la lussuria, la golosità, la pigrizia o accidia.

    La tradizione catechistica ricorda pure che esistono « peccati che gridano verso il cielo ». Gridano verso il cielo: il sangue di Abele; 124 il peccato dei Sodomiti; 125 il lamento del popolo oppresso in Egitto; 126 il lamento del forestiero, della vedova e dell'orfano; 127 l'ingiustizia verso il salariato. 128

    Il peccato è un atto personale. Inoltre, abbiamo una responsabilità nei peccati commessi dagli altri, quando vi cooperiamo:

    — prendendovi parte direttamente e volontariamente;
    — comandandoli, consigliandoli, lodandoli o approvandoli;
    — non denunciandoli o non impedendoli, quando si è tenuti a farlo;
    — proteggendo coloro che commettono il male.

    NOTE: (116) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 17: AAS 77 (1985) 221. (117) Cf Mc 3,5-6; Lc 16,19-31.  (121) Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum et vivificantem, 46: AAS 78 (1986) 864-865. (122) Cf San Giovanni Cassiano, Conlatio, 5, 2: CSEL 13, 121 (PL 49, 611). (123) Cf San Gregorio Magno, Moralia in Iob, 31, 45, 87: CCL 143B, 1610 (PL 76, 621). (124) Cf Gn 4,10. (125) Cf Gn 18,20; 19,13. (126) Cf Es 3,7-10. (127) Cf Es 22,20-22. (128) Cf Dt 24,14-15; Gc 5,4.

    Gesù parla ripetutamente della « geenna », del « fuoco inestinguibile », 629 che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l'anima che il corpo. 630 Gesù annunzia con parole severe: « Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno [...] tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente » (Mt 13,41-42), ed egli pronunzierà la condanna: « Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno! » (Mt 25,41).

    La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, « il fuoco eterno ». 631 La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira.

    Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l'inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l'uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno. Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: « Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano! » (Mt 7,13-14).

    « Siccome non conosciamo né il giorno né l'ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l'unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati tra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove ci sarà pianto e stridore di denti ». 632

    Dio non predestina nessuno ad andare all'inferno; 633 questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine. Nella liturgia eucaristica e nelle preghiere quotidiane dei fedeli, la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale non vuole « che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi » (2 Pt 3,9): « Accetta con benevolenza, o Signore, l'offerta che ti presentiamo noi tuoi ministri e tutta la tua famiglia: disponi nella tua pace i nostri giorni, salvaci dalla dannazione eterna, e accoglici nel gregge degli eletti ». 634

    NOTE: (629) Cf Mt 5,22.29; 13,42.50; Mc 9,43-48. (630) Cf Mt 10,28. (631) Cf Simbolo Quicumque: DS 76; Sinodo di Costantinopoli (anno 543), Anathematismi contra Origenem, 7: DS 409; Ibid., 9: DS 411; Concilio Lateranense IV, Cap. 1, De fide catholica: DS 801; Concilio di Lione II, Professione di fede di Michele Paleologo: DS 858; Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: DS 1002; Concilio di Firenze, Decretum pro Iacobitis: DS 1351; Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iustificatione, canone 25: DS 1575; Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 12: AAS 60 (1968) 438. (632) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 48: AAS 57 (1965) 54. (633) Cf Concilio di Orange II, Conclusio: DS 397; Concilio di Trento, Sess. 6a, Decretum de iustificatione, canone 17: DS 1567. (634) Preghiera eucaristica I o Canone Romano: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 386.

    Sia lodato Gesù Cristo. San Michele vi protegga.

    Tutte le citazioni sono tratte dal Catechismo della Chiesa cattolica. Tutte le note sono tratte dal Magistero ufficiale della Santa Romana Chiesa Cattolica ed Apostolica.

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    00 21/09/2015 23:29
    L'ANIMA É IMMORTALE E SI SEPARA DAL CORPO.
    La Bibbia fá molte volte volte una netta distinzione tra l'anima e il corpo.
    1 Tessalonicesi 5:23
    '' Or il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l’intero essere vostro, LO SPIRITO , L'ANIMA E IL CORPO, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo.''
    In questo versetto leggiamo che L'INTERO ESSERE, é formato da ANIMA, CORPO, E SPIRITO.
    Si parla dunque di 3 cose DISTINTE E SEPARATE.
    Un altro versetto che SEPARA L'ANIMA DAL CORPO E DALLO SPIRITO, lo troviamo in
    Ebrei 4:12 dove viene detto che la parola di Dio é capace di DIVIDERE L'ANIMA DALLO SPIRITO, E DALLE GIUNTURE DELLE MIDOLLA, cioé IL CORPO.
    Dunque non é come credono i testimoni di geova, che l'anima sia la persona stessa.
    Ora analizzeremo alcune scriture che parlano della DIVISIONE DELL'ANIMA DAL CORPO.
    Leggiamo Genesi 35:18
    ''Mentre L'ANIMA SUA SE NE ANDAVA, perché stava morendo, chiamò il bimbo Ben-Oni; ma il padre lo chiamò Beniamino. ''
    Qui si parla di Rachele che muore danto alla luce Beniamino e leggiamo che '' L'ANIMA SUA SE NE ANDAVA''.L'ANIMA DI RACHELE SI STAVA DUNQUE SEPARANDO DAL SUO CORPO.IL CORPO SUO MORIVA, MA LA SUA ANIMA SE NE ANDAVA, SI SEPARAVA DAL CORPO.Da notare che non viene usata la parola VITA, cioé non viene detto che la sua vita la lasciava, ma dice L'ANIMA SE NE ANDAVA.Questo perché ERA L'ANIMA CHE SE NE ANDAVA VIA DAL CORPO DI RACHELE, L'ANIMA SI STAVA SEPARANDO DAL CORPO, E L'ANIMA CONTINUA A VIVERE ALTROVE.
    Un altro passo lo leggiamo in
    1 Re 17:21-22
    21 '' Si distese quindi tre volte sul bambino e invocò il Signore, e disse: «Signore, mio Dio, TORNI, ti prego, L'ANIMA DI QUESTO BAMBINO IN LUI !» 22 Il Signore esaudì la voce di Elia: L'ANIMA DEL BAMBINO TORNÓ IN LUI, ed egli visse.''
    Anche quí vediamo che L'ANIMA del bambino TORNÓ IN LUI.É CHIARISSIMO, L'ANIMA RITORNÓ DENTRO il bambino, IN LUI.Prima era SEPARATA DAL CORPO, DOPO LA SUA ANIMA É RITORNATA IN LUI.'
    Un altro episodio simile lo possiamo leggere in Luca 8:55,
    '' LO SPIRITO DI LEI RITORNÓ ed ella si alzò subito ''
    E ancora Gesú disse:
    Matteo 10:28
    '' E non temete coloro che UCCIDONO IL CORPO, ma NON POSSONO UCCIDERE L'ANIMA; temete piuttosto colui che può far PERIRE L'ANIMA E IL CORPO nella geenna. ''
    Anche qui vediamo che IL CORPO PUÓ MORIRE, MA L'ANIMA NON PUÓ MORIRE.
    E poi dice che Dio puó fare PERIRE, LETTERALMENTE TRADOTTO DAL GRECO SIGNIFICA ''FARE SMARRIRE'', SIA L'ANIMA CHE ANCHE IL CORPO, nel fuoco eterno, che non si spegnerá mai.
    Anche qui vediamo che ANIMA E CORPO SONO SEPARATI E DISTINTI, IL CORPO MUORE L'ANIMA NON MUORE, e Dio manda in PERDIZIONE nella Geenna, SIA L'ANIMA CHE ANCHE IL CORPO.Dio dunque puó fare SMARRIRE IN ETERNO SIA L'ANIMA CHE IL CORPO. In Apocalisse 14:9-11 leggiamo riguardo LE ANIME DEGLI INFEDELI SMARRITI, PERSI NEL NULLA, che IL FUMO DEL LORO TORMENTO SALE IN ETERNO, E NON HANNO RIPOSO NE GIORNO E NE NOTTE.
    E ancora se leggiamo in Apocalisse 6:9-11
    Li vediamo dove si trovano LE ANIME dei giusti, SEPARATE DAL CORPO.
    9 '' Quando l’Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare LE ANIME DI QUELLI CHE ERANO STATI UCCISI per la parola di Dio e per la testimonianza che avevano resa. 10 Essi gridarono a gran voce: «Fino a quando aspetterai, o Signore santo e veritiero, per fare giustizia e vendicare il nostro sangue SU QUELLI CHE ABITANO SULLA TERRA ?» 11 E a ciascuno di essi fu data una veste bianca e fu loro detto che si riposassero ancora un po’ di tempo, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro.''
    Infine in 2 Corinzi 5:10 leggiamo
    '' Noi tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione di ciò che ha fatto QUANDO ERA NEL CORPO, sia in bene sia in male.''
    Dunque qui leggiamo, che L'ANIMA SARÁ GIUDICATA, NON VIENE GIUDICATO IL CORPO, MA L'ANIMA, PER QUELLO CHE SI É FATTI QUANDO SI ERA O SI VIVEVA DENTRO IL CORPO.
    Anche quí vediamo che ANIMA E CORPO SONO DUE COSE DISTINTE E SEPARATE.
    L'ANIMA ABITA NEL CORPO E SE NE PUÓ PARTIRE DAL CORPO, come si legge in
    2 Corinzi 5:6-8
    ''Sappiamo che, MENTRE ABITIAMO NEL CORPO, siamo assenti dal Signore.
    Ma siamo pieni di fiducia e preferiamo PARTIRE DAL CORPO e abitare con il Signore''.
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    00 13/06/2017 15:48
    L'APPARIZIONE DI SAMUELE 

    Il racconto di 1 Samule 28:3-20 riferisce che Saul, re di Israele, chiese ad una negromante di evocare lo spirito del defunto Samuele.

    Saul aveva fatto eliminare tutti i negromanti perchè nel Deut. cap.18 vi era scritto:
    10 Non si trovi in mezzo a te chi fa passare suo figlio o sua figlia per il fuoco, né chi esercita la divinazione, né astrologo, né chi predice il futuro, né mago, 11 né incantatore, né chi consulta gli spiriti, né chi dice la fortuna, né negromante, 12 perché il SIGNORE detesta chiunque fa queste cose; a motivo di queste pratiche abominevoli, il SIGNORE, il tuo Dio, sta per scacciare quelle nazioni dinanzi a te.

    Ora siccome Saul aveva necessità di conoscere l'opportunità e l'esito di una battaglia, e non otteneva risposte dal Signore attraverso i mezzi profetici ammessi, si recò da una medium che era ancora rimasta e che gli fu indicata.

    Rileggiamo attentamente il brano in questione nella parte che ci interessa esaminare:
    "11 Allora la donna gli disse: «Chi debbo farti salire?» Ed egli rispose: «Fammi salire Samuele».
    12 E quando la donna vide Samuele urlò e disse a Saul: «Perché mi hai ingannata? Tu sei Saul!» 13 Il re le disse: «Non preoccuparti; che vedi?» E la donna a Saul: «Vedo un essere sovrumano che esce di sotto terra». 14 Ed egli a lei: «Che forma ha?» Lei rispose: «È un vecchio che sale ed è avvolto in un mantello». Allora Saul comprese che era Samuele, si chinò con la faccia a terra e gli si prostrò davanti.
    15 Samuele disse a Saul: «Perché mi hai disturbato, facendomi salire?» Saul rispose: «Sono in grande angoscia, poiché i Filistei mi fanno guerra e Dio si è ritirato da me e non mi risponde più mediante i profeti né tramite sogni; perciò ti ho chiamato perché tu mi faccia sapere quello che devo fare». 16 Samuele disse: «Perché consulti me, mentre il SIGNORE si è ritirato da te e ti è diventato avversario? 17 Il SIGNORE ha agito come aveva annunciato per mezzo di me; il SIGNORE ti strappa di mano il regno e lo dà a un altro, a Davide, 18 perché non hai ubbidito alla voce del SIGNORE e non hai lasciato sfogare la sua ira ardente contro Amalec; perciò il SIGNORE ti tratta così oggi. 19 Assieme a te il SIGNORE darà anche Israele nelle mani dei Filistei, e domani tu e i tuoi figli sarete con me; il SIGNORE darà anche l'accampamento d'Israele nelle mani dei Filistei».
    20 Allora Saul cadde di colpo lungo disteso per terra, spaventato dalle parole di Samuele; era inoltre senza forza perché non aveva preso cibo tutto quel giorno e tutta quella notte.
    21 La donna si avvicinò a Saul e, vedendolo tutto atterrito, gli disse: «Ecco, la tua serva ha ubbidito alla tua voce. Ho messo a repentaglio la mia vita per ubbidire alle parole che mi hai dette. 

    -----------------------
    Consideriamo le espressioni evidenziate nel brano:

    1) In 1 Sam 28,12 leggiamo che la donna VIDE SAMUELE e URLO'
    Se si fosse trattato di una  finzione della donna, essa non avrebbe urlato, perchè il riconoscimento di Saul e il suo conseguente timore si sarebbe verificato prima dell'apparizione e non durante. Fu infatti proprio tale apparizione a farle comprendere che era Saul colui che gli aveva chiesto l'evocazione di Samuele.
    Inoltre la Scrittura specifica che la donna VIDE SAMUELE, mentre se si fosse trattato di un altro spirito l'autore ispirato lo avrebbe dovuto dire.

    2) In 1 Sam 28,14 leggiamo che "Saul COMPRESE CHE ERA VERAMENTE SAMUELE" i termini usati "comprese" e "veramente" vediamo che nella Bibbia sono sempre usate per affermare una realtà (vedi 1 Sam 3.8-----Genesi 8:11----Giudici 13:21-----1 Re 17:24----Isaia 45:15). 

    3) In 1Sam.28,15 leggiamo "Allora SAMUELE DISSE A SAUL......
    e in 28,16 : 16 SAMUELE RISPOSE

    Se questo non fosse stato vero, la Bibbia non avrebbe affermato che era Samuele a dire o rispondere ma avrebbe riportato che il demone disse o rispose. o che la donna

    disse o rispose. Invece viene affermato che si tratta di SAMUELE. Anche in questo caso se si fosse trattato di un altro spirito, l'autore ispirato lo avrebbe dovuto precisare.

    4) «Perché mi hai disturbato e costretto a salire?». 16 SAMUELE RISPOSE «Perché mi vuoi consultare, quando il Signore si è allontanato da te ed è divenuto tuo nemico?

    Se fosse stato un demone avrebbe avuto piacere che Saul avesse disobbedito al comando di Dio e che avesse deciso di far eseguire la evocazione di un defunto, proibita dalla Legge. Ed avrebbe avuto piacere di ingannare Saul dicendogli falsamente che aveva fatto bene a consultarlo in modo da poterlo ingannare. Mentre invece trattandosi proprio di Samuele, egli si è rivolto a Saul rimproverandolo di averlo disturbato e costretto a salire dal suo luogo, di aver disubbidito a Dio   e  dicendo anche : «Perché consulti me, mentre il SIGNORE si è ritirato da te e ti è diventato avversario? .

    5) In 1 Sam 28,19 leggiamo "Il Signore abbandonerà inoltre Israele insieme con te nelle mani dei Filistei. Domani tu e i tuoi figli sarete con me; il Signore consegnerà anche l'accampamento d'Israele in mano ai Filistei".

    Dal verso 17 al 19 vi è una precisa e puntuale profezia, terribile per Saul, che lo angoscia e gli prospetta la morte sua e dei figli con la disfatta del suo esercito.
    Se la donna avesse cercato di ingannare Saul, certamente avrebbe trovato una predizione che assecondasse i suoi desideri, e che, indipendentemente dalle sorti della battaglia, avrebbe salvaguardato la propria situazione di quel momento, e anche per il futuro, in cui Saul avrebbe potuto farla uccidere, sia subito per un gesto di rabbia, sia in seguito se fosse scampato alla guerra. --Invece la donna riferendo quella predizione nefasta che gli veniva predetta dallo spirito di Samule, nonostante il rischio che correva nel riferirla,  fa capire che non stava mentendo.

    Quindi se si fosse trattato di invenzione da parte della donna, giammai avrebbe scelto una predizione del genere.
    Invece la profezia di Samuele si verificò alla lettera e il giorno seguente Saul e i suoi figli morirono in battaglia. Se non fosse stato un vero profeta ma uno spirito malefico, non avrebbe potuto offrire una sicura e precisa predizione. 

    Anzi viene detto nel Deut, che il vero profeta si riconosce proprio  se si avvera quanto predice.(Deut.18,21-22)

    Alla luce di questi 5 motivi, possiamo ben ritenere che in via del tutto eccezionale avvenne per permesso divino un evento che normalmente non si sarebbe dovuto verificare perchè proibito dalla Legge, ben nota a Saul.

    Dio lo ha permesso molto verosimilemente perchè ha voluto dare a Saul un'ultima occasione di pentimento e di ripensamento delle sue scelte dissennate, ed anche per dare al suo popolo almeno una rivelazione  sulla sopravvivenza spirituale dopo la morte corporale.

    ----
    Vi è un'altra considerazione importante da fare:
    la cognizione di uno stato di sopravvivenza spirituale dopo la morte, era comune nel popolo ebraico, visto che essi usavano servirsi dei negromanti, nonostante la Legge lo proibisse.

     Infatti al tempo di Saul vi erano molti negromanti e molti si recavano a consultarli, proprio perchè vi era la convinzione comune tra gli ebrei, che lo spirito dei morti continua a vivere nell'aldilà.
    Anche Saul, pur avendo bandito i negromanti, trasgredì l'ordine di Dio, proprio perchè era convinto che lo spirito dei morti continuasse a vivere. In caso contrario non avrebbe chiesto di evocare Samuele se non si fosse aspettato che potesse avere proprio il responso da parte sua.
    Il fatto che Dio proibisse tali evocazioni dei defunti, può far pensare non che i morti non sopravvivano, ma piuttosto che Dio non vuole che la condizione dei defunti venga  turbata o entri in contatto con il mondo dei vivi sulla terra, probabilmente anche perchè si potrebbe incorrere in un inganno da parte del diavolo, che potrebbe apparire al posto del defunto, spacciandosi come fosse proprio lui. --- Nel caso dell'apparizione di Samuele tale probabilità è da escludere per i suddetti 5 motivi.

    Tale convinzione la ritroviamo espressa anche nel testo greco del Siracide 46,20 che conferma anche che ad apparire fu proprio Samuele del quale dice:

    Perfino dopo la sua morte profetizzò,
    predicendo al re la sua fine;
    anche dal sepolcro levò ancora la voce
    per allontanare in una profezia l'iniquità dal popolo.»


    [Modificato da Credente 13/08/2021 14:13]
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    Credente
    00 16/10/2018 22:43
    L'errore della Torre di Guardia (wt)

    Riguardo alla interpretazione dei passi dove si parla dello "sheol" nel Vecchio Testamento alcune brevi spiegazioni importanti riguardanti la parola ebraica qèver!

    Questa parola viene comunemente usata per indicare un luogo di inumazione, un sepolcro o una tomba, tutto qui, quindi possiamo dire che questa parola descrive in tutti sensi un luogo non condizionato!

    C'è anche unaltra parola ebraica che è simile, essa è "gadýsh" questa indica più una singola tomba!

    In greco il termine generalmente reso sepolcro è tàfos veda Matteo 28:1, essa deriva dal verbo thàpto, che significa semplicemente “seppellire” si legga Matteo 8:21e verso 22! Poi abbiamo anche il cosidetto sostantivo mnèma qui si legga Luca 23:53 lí è reso tomba e il termine mnemèion la tomba commemorativa si legga Luca 23:55

    In Genesi 23:4 abbiamo queste equivalenze:

    1.) Testo ebraico: רֶבֶק (qèver/ qevuroth/ qevurah)
    2.) Testo greco (le settanta, l'antico testamento in greco ) e il nuovo testamento: (tàfos)
    3.) La nuova riveduta: "tomba"

    Ecco qui i brani, la parola qèver la puo trovare nei brani come Genesi 23:6-9; 35:20; 50:5 poi anche in Deuteronomio 34:6; poi in Geremia 8:1 e 26:23, poi abbiamo un termine affine, "qevuràh", questa parola può similmente riferirsi a una sepoltura in terra o a una tomba scavata nella roccia cosí per esempio come viene usata in Genesi 35:20; 1. Samuele 10:2.

    Questi termini devono essere assolutamente distinti dalla parola ebraica she'òl e l'ades nel nuovo testamento, il she'òl, come anche l'ades che è la equivalente di she'òl puo avere diversi significati, invece questi termini citati da me sopra no, essi non vengono mai utilizzati per descrivere l'al di là, invece il she'òl e l'ades sí!

    A secondo il brano, dobbiamo distinguere cosa intende il contesto sul significato del she'òl, infatti, she'òl puo significare sia:
    1.) La tomba oppure
    2.) La condizione della morte nell'al di là

    Il problema della wt è, che fa una totale confusione di questi termini nelle scritture sacre, apparte che scambiano le parole e allegorizzano i testi biblici che parlano chiaramente di un luogo deve esiste un "lago di fuoco eterno per i dannati", il soggiorno dei morti che è chiaramente il luogo provvisorio ed intermedio di soggiorno dell'anima della persona!

    È una illusione totale credere che questi termini descrivano un luogo di inconsapevolezza e di incoscienza!
    Le descrizioni di questi luoghi nella Bibbia fanno ritenere che si tratti di luoghi o stati che indicano tenebre, sofferenze e tormenti.
    L'indicazione perentoria di tali dolori nello she'òl o della Geenna, non si possono paragonare assolutamente a un'estinzione o annientamento dell'esistenza come afferma la wt.
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    Credente
    00 02/03/2021 16:34
    E' interessante conoscere cosa credono gli ebrei osservanti, riguardo al tema della condizione dell'uomo dopo la sua morte, soprattutto se si tiene conto che vi sono alcuni versetti nell'antico Testamento che sembrano mettere in dubbio che l'anima continui ad avere una consapevolezza.
    Una esperta di ebraico espone quello che credono gli ebrei ancora oggi:

    L’anima nel Mondo delle Anime (Olam HaNeshamot).
    Questa è la ragione per cui accendiamo le candele per l’elevazione dell’anima anche di profeti o persone pure (vittime di attentati) nonostante la Torah insegni che abbiano “il Paradiso”. Nel Mondo delle Anime, l’anima si eleva fino alla resurrezione dei morti (da visualizzare non tanto come un apocalisse di zombie ma di uomini simili ad Adamo).


    Nel video qui sotto vi è una spiegazione circostanziata della questione.
    [Modificato da Credente 16/04/2021 21:42]
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    Credente
    00 23/01/2022 21:06
    L'IMMORTALITÀ DELL'ANIMA UMANA

    L'anima è il principio vitale dell'uomo. Nella Bibbia anima e spirito sono utilizzati spesso come sinonimi (Sapienza 16,14; Isaia 26,9; Baruc 3,1; Giacomo 2,26; Apocalisse 6,9). Si può dire infatti che l'uomo è composto di anima e di corpo, oppure di spirito e di materia.
    Lo spirito umano – comunemente detto anima – non va confuso con lo spirito di cui parla l'apostolo nella sua lettera (1Tessalonicesi 5,23), poiché quello a cui Paolo fa riferimento è il dono dello Spirito Santo, cioè la grazia salvifica, e non un costituitivo della persona. Questa grazia va conservata affinché possiamo sempre camminare nella luce, e il giorno del giudizio non ci sorprenda come un ladro, a nostra rovina (1Tessalonicesi 5,1-9.23).
    Inoltre questo dono dello Spirito Santo non dimora in tutti gli uomini, ma solo in coloro che vivono secondo la legge di Dio. Coi termini nefesh e psyché, tradotti con anima, la Scrittura indica, oltre alla parte spirituale dell'uomo per cui egli è immagine di Dio (Genesi 1,26; 2,7), la persona (Genesi 2,7; Matteo 26,38; Luca 1,46; Giovanni 12,27; Atti 2,41), la vita (1Re 19,4; Salmi 40,14; Ezechiele 18,4; Matteo 16,25-26; 20,28), il sangue (Genesi 9,4; Levitico 17,14; Deuteronomio 12,23), ogni essere vivente (Deuteronomio 20,16; Giosuè 10,28.40; Apocalisse 16,3).
    Anche coi termini ruah e pneuma, tradotti con spirito, la Scrittura indica non solo la parte spirituale dell'uomo (Sapienza 15,11; 16,14; Siracide 34,13; Ebrei 12,23; Giacomo 2,26; 1Pietro 3,19-20) ma pure la persona (Luca 1,47), i sentimenti (Numeri 14,24; 1Maccabei 13,7), la vita (Giobbe 17,1). Col termine Spirito, inoltre, viene indicata la divinità (Giovanni 4,24; Atti 5,3-4) e i suoi doni (Isaia 11,2-3). La Scrittura fa spesso riferimento alla vita oltre la morte del corpo. Nel Primo libro di Samuele (28,8-19) il re Saul poté consultare il defunto Samuele, mediante una donna che praticava la divinazione. Quello spirito era veramente Samuele (v 14), e l'episodio prova che le anime sopravvivono alla morte del corpo. La pratica della divinazione e dell'evocazione dei morti è condannata da Dio. Evidentemente solo in questo episodio è stata permessa.
    Nel Secondo libro dei Maccabei vediamo che gli spiriti di due defunti, Geremia e Onia, innalzavano molte preghiere a Dio, intercedendo per il popolo ebraico (2Maccabei 15,6-16). Questo episodio è un'altra testimonianza della vita oltre la morte del corpo, cioè dell'immortalità dell'anima. Nel vangelo secondo Luca leggiamo: « Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle tende eterne » (Luca 16,9). Il senso figurato di tende eterne è quello della condizione dei giusti dopo questa vita. Luca fa quindi riferimento alla sopravvivenza dell'anima dopo la morte del corpo, e alla retribuzione per i giusti, accolti nelle tende eterne da altri fratelli che furono già accolti prima di loro. Nell'episodio della Trasfigurazione, Pietro e Giacomo e Giovanni videro gli antichi profeti Mosè ed Elia che conversavano con Gesù (Matteo 17,3). Questo episodio è un altra testimonianza della vita oltre la morte del corpo, e quindi dell'immortalità dell'anima dell'uomo.
    Nel vangelo Gesù fa una chiara distinzione tra anima e corpo: « E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna » (Matteo 10,28). Egli afferma che solo Dio è Colui che può far perire l'anima e il corpo nella Geenna. L'immagine della Genna è utilizzata in senso figurato per indicare la condizione delle anime dannate (Matteo 18,8; Giuda 7; Apocalisse 21,8).
    Nell'episodio della crocifissione, Cristo fa questa promessa al malfattore pentito: « In verità ti dico: oggi sarai con me nel paradiso » (Luca 23,43). Ciò significa che, anche se il corpo muore, l'anima sopravvive. Ne era convinto anche Stefano, il quale, mentre subiva il martirio, pregava dicendo: « Signore Gesù, accogli il mio spirito » (Atti 7,59). Il giovane diacono era certo di essere subito accolto, dopo il martirio, nel regno di Dio. Chiaro riferimento alla vita dopo la morte del corpo, quindi alla sopravvivenza dell'anima e alla gloria del cielo come retribuzione per i giusti.
    L'autore della lettera agli Ebrei, scrive: « Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa e all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell'aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele » (Ebrei 12,22-24). L'autore della lettera menziona gli spiriti dei giusti portati alla perfezione. Altro riferimento alla vita dopo la morte del corpo. Nella sua lettera alla Chiesa di Efeso, Paolo scrive: « Sono messo alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; d'altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne » (Efesini 1,23-24).
    Paolo era combattuto tra il desiderio di essere sciolto dal corpo per stare con Cristo, e il dovere di rimanere nel corpo per predicare il vangelo, il che era conveniente per quelli al quale il vangelo era da lui predicato. Anche questo è un riferimento alla vita dopo la morte del corpo, quindi dell'immortalità dell'anima. Contrariamente Paolo avrebbe detto una cosa insensata, poiché se l'uomo è solo carne e non pure spirito, allora come potrebbe Paolo stare con Cristo se sciolto dal corpo? E ovvio che l'apostolo faceva riferimento all'anima immortale sciolta dalla sua carne mortale.
    Nella sua prima lettera, Pietro scrive: « Anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito. E in spirito andò a predicare anche agli spiriti che attendevano in prigione; essi avevano un tempo rifiutato di credere quando la magnanimità di Dio pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l'arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell'acqua » (1Pietro 3,18-20). Cristo predicò agli spiriti dei defunti castigati al tempo di Noè.

    Un altro chiaro riferimento alla sopravvivenza dell'anima umana dopo la morte del corpo. Nel libro dell'Apocalisse si legge delle anime dei martiri che gridano a gran voce: « Fino a quando, Sovrano, tu che sei Santo e Verace, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra? » (Apocalisse 6,9-10). L'anima dell'uomo sopravvive oltre la morte del corpo. Questa è immortale. Nel Qoelet si legge che i morti « non sanno nulla, non c'è più salario per loro, perché il loro ricordo svanisce » (Ecclesiaste 9,5).

    Ciò si deve al fatto che la rivelazione della sopravvivenza dell'anima dopo la morte del corpo è stata progressiva. Inizialmente si credeva che la sorte dei giusti e quella dei malvagi fosse la medesima. In seguito si arrivò a credere non solo alla sopravvivenza dopo la morte, ma pure ad una retribuzione per i giusti e per i malvagi (Luca 16,22-23). Cristo nella sua predicazione parlerà di fuoco eterno per i malvagi (Matteo 18,8; 25,41), e di paradiso per i giusti (Giovanni 14,2-3; Luca 23,43). Alla risurrezione dai morti (2Maccabei 7,9; Daniele 12,2; Giovanni 5,28-29; 1Tessalonicesi 4,13-14) l'anima di ognuno verrà riunita al proprio corpo, affinché anche il corpo, nella vita eterna, possa partecipare al premio o al castigo meritato (Matteo 25,31-46), al quale le anime già ora partecipano.