06/04/2021 15:19



 



Si parla di NDE (Near Death Experience, Esperienza di pre-morte) o di OBE (Out of body Experiences, Esperienza extra corporea), nei casi in cui una persona in imminente pericolo di vita o clinicamente morta per alcuni minuti ricorda una serie di impressioni vissute in quel ‘’particolare’’stato di coscienza. Queste esperienze contengono diversi elementi presenti in tutte le persone che l’hanno vissuta: c’è quasi sempre una sensazione molto piacevole, la visione di un tunnel, della luce, l’incontro dei cari defunti, una comunicazione telepatica con altre entità, il rivedere in fotogrammi la propria vita e poi il ritorno cosciente nel proprio corpo.


Tra le cause principali delle NDE abbiamo: l’arresto cardiaco, uno shock causato [...]


[...] da emorragia, le conseguenze di un colpo apoplettico, un quasi affogamento (quest’ultimo più presente nei bambini), asfissia, ma anche durante episodi di forte depressione, isolamento,  in stati di ipnosi  oppure profonda meditazione. Quindi non vi è bisogno di essere per forza in punto di morte con mancanza di ossigeno al cervello (anossia cerebrale) per vivere una  esperienza extra-corporea, che va assolutamente distinta da episodi di ‘’delirium’’ che fanno parte di un’altra casistica di fenomeni .


Tutti i casi di OBE, ma soprattutto di NDE, portano ad una trasformazione della vita della persona, che perde anche  la paura della morte e rafforza la sua sensibilità intuitiva.  Già Aristotele parlava di ‘’stati di illuminazione in cui comprendi la realtà oltre la coscienza ordinaria” ma  poi per secoli  questi fenomeni sono stati  relegati nell’ambito filosofico, psicologico, se  non para-psicologico.


Negli anni più recenti furono  Elisabeth Kubler Rass e, contemporaneamente,  Jeffrey Long e Raymond  Moody, a metà degli anni 70, a riportare alla luce le esperienze vissute da molti pazienti, ma nei confronti  dei quali la scienza medica ebbe non poche ritrosie ad ammettere la veridicità. La bibliografia è sempre più ricca ormai su questo argomento e non è mia intenzione entrare nei dettagli dei vari casi riportati. Ma voglio invece parlare in prima persona di alcuni casi vissuti e raccontati da pazienti che ho seguito nella mia professione infermieristica dal 1985 ad oggi.


Il primo caso riguarda un mio zio che raccontò ciò che aveva vissuto alla fine degli anni 50, quando venne ricoverato di urgenza in ospedale per una grave emorragia causata da unulcera gastrica perforante. Fu trasportato immediatamente in sala operatoria dove, mentre il personale si preparava all’intervento chirurgico, ebbe un arresto seguito dalle manovre rianimatorie con prolungato massaggio cardiaco. Mi riferì di avere assistito a tutto vedendosi dall’alto della stanza, in mezzo a tanta luce quasi accecante, ma che gli permetteva comunque di vedere nitidamente i medici e gli infermieri che cercavano di rianimarlo e ascoltava benissimo le loro voci concitate che gli davano ormai poche speranze di ripresa. Queste le sue parole esatte: ‘’ Io stavo benissimo, non capivo perché i medici dicevano che stavo morendo e glielo dicevo ma loro non mi ascoltavano, io mi sentivo vivo, e non avevo mai avuto una sensazione così bella’’…’’poi ad un certo punto mi sono sentito cadere giù addosso a loro ma come se fossi tornato dentro di me’’ …’’In seguito ricordo solo quando mi svegliai dopo l’operazione. Non l’ ho mai raccontata neanche a tua zia, perché avevo paura  che mi prendesse per matto, ora la racconto a te visto che fai l’infermiere e forse mi capisci…e sai che se morire è così, non c’è da avere paura di nulla!’. Mio zio aveva fatto solo le scuole elementari, si era fatto la guerra, aveva lavorato come muratore e poi panettiere. Non era credente in alcuna fede religiosa. Di queste cose non ne aveva mai sentito parlare e neppure io. Poco prima della sua morte che avvenne nel 2006, a quasi 90 anni, era in stato di veglia alternato a profondo sopore e un giorno che andai a salutarlo mi disse: ‘’dì a tua zia che non si deve preoccupare di niente, perché  so che andrò dove starò bene,  ma io non riesco a dirglielo’’….


Negli anni 90 ho lavorato per quasi 12 anni nel Primo Servizio di Anestesia e Rianimazione di Parma, avendo quindi a che fare con pazienti in gravissime condizioni dovute al più ampio ventaglio di patologie dai poli-traumi, alle emorragie cerebrali, alla rottura di aneurismi. Non esisteva ancora l’auto medica ed il 118, perciò i pazienti arrivavano direttamente in reparto dal Pronto Soccorso, spesso senza avere né monitoraggio né tanto meno avere fatto trattamenti farmacologici. Quindi le persone giungevano talvolta in arresto cardiaco e si provvedeva subito alla rianimazione cardio respiratoria.


Ricordo un paziente giovane, non aveva ancora 40 anni, arrivato in arresto cardiaco di natura sconosciuta ( poi si capì che era stato provocato da un grave infarto al miocardio).  Non sapevamo da quanto tempo era in arresto ma iniziammo il massaggio cardiaco, alternato a scariche elettriche, e nel contempo venne intubato per iniziare la ventilazione artificiale. L’osservazione neurologica evidenziava pupille che tendevano ad essere midriatiche (molto dilatate) ed erano molto poco foto reagenti (variavano poco alla luce), segno di un danno cerebrale probabilmente già in atto. Lo massaggiammo per almeno un’ora, nonostante alcuni anestesisti erano del parere che fosse ormai irrecuperabile, dato che il ritmo non riprendeva; ma alla fine riprese un minimo ritmo cardiaco, naturalmente con diverse anomalie nel tracciato e con una pressione arteriosa estremamente bassa. Ricoverato in Terapia Intensiva, si notò che le pupille erano ancora medio midriatiche ma con maggiore reazione alla luce, e vennero dunque continuate le terapie del caso, anche cardiologiche, e con l’utilizzo di dopamina e noradrenalina per il mantenimento di adeguati valori pressori. Venne monitorato più approfonditamente dopo l’introduzione di catetere di Swan Ganz in succlavia, ma il paziente era comunque in coma, in assenza di farmaci sedativi.


Dopo un paio di giorni manifestò segni di risveglio ma, permanendo in gravissimi condizioni dal punto di vista emo-dinamico, non era possibile estubarlo, e quindi venne sedato e curarizzato per mantenere un adeguato adattamento al respiratore. Venne poi praticata una tracheotomia. Il suo ricovero in terapia intensiva si rese necessario per circa tre settimane, ma con un graduale miglioramento delle sue condizioni generali che resero possibile una progressiva riduzione della sedazione e conseguente graduale svezzamento dalla respirazione artificiale.  Venne poi spostato nel reparto di Post Intensiva in ventilazione con CPAP, quindi in respiro spontaneo, mentre le sue condizioni neurologiche erano caratterizzate da stati di vigilanza,  alternati a stati soporosi probabilmente  provocati dalla blanda sedazione ancora in corso. Le notizie che i medici davano ai familiari vertevano costantemente sul fatto che molto probabilmente il suo cervello aveva sofferto troppo, tanto da escludere una ripresa della normale vita quotidiana.


Venne poi il momento di de-canularlo, dato che i parametri respiratori erano ottimi e si alimentava( imboccato dai familiari ) senza problemi di ab-ingestis. Il paziente era vigile ma non parlava nonostante annuisse e/o sorridesse alle nostre battute oppure si rattristava, manifestando quindi una discreta comunicazione non verbale. Fu trasferito in Cardiologia e lo perdemmo naturalmente di vista. Dopo circa due anni venne a trovarci con sua moglie.


Noi non lo riconoscemmo subito, ma fu lui a ricordarsi di noi , di quello che era accaduto e ce lo raccontò. Si ricordava di avere sentito un forte dolore al petto e senso di soffocamento, e poi, dopo un vuoto, del ricovero nella sala urgenze del nostro reparto mentre praticavamo le manovre di emergenza. Riferì che lui era in alto sopra di noi e vedeva il nostro affannarsi nel massaggio cardiaco e nell’intubazione: vedeva tutto di colore bianco, luminoso, ma scorgeva nitidamente il personale e quello che faceva. Riconobbe me ed il mio collega presenti, ricordava benissimo il medico che ci diceva di desistere ormai dalle manovre. Ricordava con precisione che il carrello dell’emergenza era a destra del letto e che a sinistra c’era la porta. Ci riferì che provava uno stato di benessere così forte che voleva comunicarcelo ma si accorse che noi non lo sentivamo. Poi, dopo un tempo che non sapeva quantificare, sentì la voce di suo padre (deceduto anni prima) che lo sollecitò di tornare giù dal soffitto perché sua moglie e i suoi due figli avevano ancora bisogno di lui ed in quel momento avvertì di cadere come in un tubo, ma senza provarne paura. Serbava ricordi frammentari anche del periodo in Terapia Intensiva, riferendo di vedersi, sempre dall’alto, pieno di fili e di tubi. Poi non ricordava più nulla, neanche del periodo di ricovero nelle post-intensiva, nonostante erano i momenti nei quali, secondo noi, doveva essere più sveglio. Nel ringraziarci pose anche lui l’attenzione sul fatto di non avere più paura di morire, e fortunatamente aveva condiviso con la sua famiglia questa esperienza senza timore del giudizio ed aveva acquistato una fede nel ‘’dopo morte’’ che mai aveva avvertito prima.


Un altro episodio riguarda una giovane donna giunta in reparto per una grave emorragia cerebrale con inondamento tetra-ventricolare e quindi forte rialzo della pressione endocranica. La signora aveva ricevuto un soccorso quasi immediato quando si sentì male trovandosi in vicinanza della struttura ospedaliera.  Intubata e subito rianimata, si presentava comunque in midriasi fissa bilaterale e nessuna reazione allo stimolo nocicettivo. Attorno al suo letto gli anestesisti fecero un con consulto con il neurochirurgo di guardia, che decise comunque di intervenire, nonostante i pareri generali fossero orientati verso l’inutilità, visto il quadro gravissimo che la Tac cerebrale evidenziava. Il personale sanitario in turno prese in considerazione anche l’eventualità che la paziente potesse essere una candidata all’espianto degli organi per la donazione e di ciò parlò nelle vicinanze della paziente. L’ intervento neurochirurgico consistette nell’evacuazione di gran parte dell’ematoma ( che era stato provocato dalla rottura di un aneurisma ) con l’introduzione di un drenaggio liquorale, anche a scopo di lettura intermittente della pressione intra-cranica, che si presentava costantemente superiore ai 25/30 mm Hg ( valori normali sono fra 5 e 15 mm Hg ), che  ci obbligava a mantenere il drenaggio in deliquorazione quasi continua per salvaguardare le cellule cerebrali da un ulteriore danno che già avevano subìto. La paziente rimase ricoverata per lungo tempo fra terapia intensiva, poi nella post-intensiva neurochirurgica e, naturalmente, ne perdemmo il contatto. Ma anche lei si presentò a trovarci durante il periodo di Natale di qualche anno dopo, raccontandoci di un vivido ricordo vissuto nel nostro reparto nel primo giorno di ricovero quando ‘’volteggiava’’ sopra il personale in turno, vedeva il suo corpo pieno di tubi e fili, e ascoltava le nostre parole sul tentare o meno l’intervento, e del fatto che sarebbe potuta diventare una candidata alla donazione degli organi. Lei cercava di comunicarci che era assolutamente favorevole alla donazione dei suoi organi, che non c’era bisogno di chiederlo a suo marito, ma non si era mai sentita così bene e non capiva come mai si parlava di questo. Vedeva chiaramente il suo corpo esamine sul letto ma non credeva di essere lei, anche se nello stesso tempo  si riconosceva. Era avvolta da una luce bianca così bella, tiepida ed accogliente che non provava nessun senso di paura o di angoscia. Poi non ricordava più nulla sino agli ultimi giorni di ricovero nel reparto di Neurochirurgia. 


Anche lei ci salutò facendoci gli auguri per le feste natalizie, dicendoci che la cosa più bella, oltre ad essere viva ed essere tornata ad una vita quasi normale, era che non aveva più paura di morire…


Esistono, in letteratura, anche esperienze negative, ma che producono comunque nella persona un cambiamento positivo del suo comportamento. Caso emblematico quello della 23 enne olandese Saartije Geurts, che visse una NDE non in concomitanza di una patologia o di sintomi di fine vita ma durante una fase di forte depressione che la portò all’allettamento, forte pesantezza alla testa e senso di paralisi di tutto il corpo. Tutti i suoi sensi erano sovraccarichi: vedeva molti colori brillanti, assaporava molti gusti, sentiva odori di tutti i tipi e udiva molti suoni, vedeva fiori, montagne, edifici, ma il tutto era contornato da una oscura minaccia che la spaventava moltissimo. Poi ha sentito di tornare indietro ad anni prima vedendo sua madre sul letto di un ospedale dove stava morendo di cancro. La Guerts racconta di avere avvertito un intenso dolore e poi di essere entrata dentro un tunnel che si faceva sempre più stretto fino a trovarsi di fronte ad un cancello, al di là del quale vi era sua madre. Il cancello si è aperto e :’’allora mi sono trovata di fronte ad una scelta, raggiungere mia madre significava morire, ma ho deciso di tornare indietro ed allora il cancello si è chiuso. Tutta la vita mi scorreva fotograficamente davanti agli occhi vedendo apparire le immagini di tutti i membri della mia famiglia nel corso degli anni. Ma c’erano anche moltissime mani, un sacco di urla che mi dicevano di avere fatto qualcosa di sbagliato’’…’’continuavo a scusarmi, poi è apparsa l’ombra di un uomo e mi sono svegliata urlando, trovando un poliziotto ed un paramedico nella mia camera. E’ stata una esperienza terrificante, ma mi ha aiutato ad accettare la morte di mia madre e a riflettere sul mio rapporto con lei. Da bambina la insultavo spesso e durante un mio viaggio di dieci mesi in Australia non l’avevo mai chiamata, e non l’ho più vista neanche nel periodo della sua malattia. Ero gelosissima delle mie sorelle, con le quali parlavo a fatica.  L’esperienza che ho vissuto è stata come passare nell’inferno, come se avessi subìto una specie di interrogatorio, ma questo mi ha insegnato come comportarmi d’ora in avanti…’’


Secondo uno studio apparso su The Lancet (rivista inglese medico scientifica ) nel 2001, la metà dei pazienti che hanno vissuto una NDE hanno raccontato di essere consapevoli che erano morti ma riferirono solo emozioni positive; il 30% ha raccontato l’esperienza del tunnel, osservato un paesaggio celestiale o luminoso, oppure immense praterie, ed incontrato persone decedute: il 13% ha passato in rassegna la propria vita e l’8% ha percepito la presenza di un ‘’confine’’.


Nonostante la scienza ufficiale, basata ancora essenzialmente su un paradigma materialistico largamente accettato, gli studi più recenti stanno evidenziando che non vi sono solo fattori psicologici, farmacologici o fisiologici capaci di causare esperienze di questo tipo durante un arresto cardiaco. Se una pura spiegazione fisiologica fosse valida, come l’anossia cerebrale, la maggior parte dei pazienti che hanno avuto una morte clinica o che vi è andata molto vicina, avrebbero dovuto riferire una NDE dal momento che i pazienti ‘’arruolati’’ in questo studio avevano perso coscienza per arresto cardiaco o per anossia cerebrale. Invece solo il 30% ha avuto una NDE.


Sembra corretto concludere che non ci è permesso di ridurre la coscienza alla sola attività di processi cerebrali: la lacuna in materia di spiegazioni di quel che passa fra il cervello e la coscienza non è mai stata superata perché un determinato stato neuronale non è la stessa cosa di un certo stato di coscienza.


La coscienza non è né visibile, né tangibile, né falsificabile: in poche parole, non possiamo ‘’oggettivare’’ l’essenza soggettiva della nostra coscienza. Si è anche notato che l’OBE è diversa dalla NDE, perché nell’OBE le persone riportano percezioni veridiche e verificabili che vengono viste dal di fuori del loro corpo senza vita (a volte a lato, a volte in alto ).


Chi vive una NDE invece ha la viva impressione di essersi liberato dal corpo come se fosse un vecchio cappotto, ed è sorpreso di avere ancora una identità con la possibilità di provare emozioni ed una coscienza particolarmente lucida.  


Secondo il Prof  Pim van Lommel , cardiologo e scienziato olandese, anche nel caso di  persone con malattie come la demenza e l’Alzheimer, dove la personalità viene di fatto molto alterata o cancellata, possono verificarsi questo tipo di fenomeni. Ecco le sue parole: ‘’la coscienza è non locale, il che significa che è ovunque e sempre,  tanto dentro che fuori di noi, ed il cervello funge soltanto da inter-faccia ricevendo, quando siamo in stato di veglia, parti di questa coscienza potenziata in parte dai nostri ricordi. Ma facciamo un esempio: le immagini e la musica che vediamo e udiamo accendendo la televisione o la radio vengono trasmesse dall’apparecchio. Se noi danneggiassimo questo apparecchio ,o solo alcune sue componenti, avremmo una distorsione di immagini o di suono, o magari lo perderemmo del tutto, il ché non vorrebbe dire che quel programma trasmesso sia un prodotto del nostro apparecchio, tanto è vero che se lo cambiassimo con un altro, potremmo ancora rivedere o riascoltare lo stesso programma o spettacolo. Questo è paragonabile alla nostra funzione cerebrale: il danno o l’interruzione avvenute in certe aree specifiche possono produrre cambiamenti dello stato di coscienza come nella demenza e l’Alzheimer,  oppure la perdita ( coma ), ma ciò non prova che la coscienza sia un solo prodotto della funzione cerebrale. Nei pazienti affetti da demenza quello che è danneggiato è lo strumento( l’inter-faccia ), ossia il cervello, con il risultato che la coscienza di veglia è disturbata se non assente, tuttavia la loro coscienza ‘’potenziata’’, non locale, è sempre presente in quanto non sta né nel cervello né nel corpo. E’ interessante notare, a tal proposito, la ‘’lucidità’’ in fase terminale di molti pazienti poco prima della morte, anche nei casi di Alzheimer che per anni non hanno più riconosciuto i loro cari, i loro figli, ed hanno improvvisamente momenti di lucidità nel quale possono riconoscere il proprio partner, i figli, li chiamano per nome e li ringraziano prima di morire. La lucidità terminale può manifestarsi anche in pazienti in coma da giorni. Sono esperienze che ancora non trovano spiegazione nelle tecniche mediche correnti, perché il cervello dei pazienti di questo tipo deve essere gravemente danneggiato; la lucidità terminale può essere invece ben compresa alla luce della ‘’non località’’ della coscienza’’


Uno studio di Robert Martone, ricercatore neurologo di Cambridge, attesta che vi è un legame neurofisiologico a specifiche attività cerebrali, a seconda della tipologia di esperienza vissuta, associata all’emisfero sinistro del cervello se comprende un senso alterato del tempo e l’impressione di volare, mentre è coinvolto di più l’emisfero destro per chi riporta di avere visto entità, di avere comunicato con esse o di avere udito musiche più o meno celestiali.


Il suo studio, apparso  sul ‘’Scientific American’’ del settembre 2019, riguarda 625 soggetti con storie di NDE e 15000 soggetti testati con l’uso di farmaci allucinogeni o droghe. Per paragonare l’NDE alle esperienze legate all’assunzione di sostanze psicotrope è stato usato l’Erowid Experience Vaults, un sito che raccoglie descrizioni in prima persona che hanno fatto ‘’viaggi’’ con l’uso di droghe e sostanze varie.


Dal confronto, la parola che in assoluto si trova sia nella descrizione delle NDE che in esperienze con LSD ma soprattutto con la Ketamina è ‘’realtà’’.


Un’altra sostanza interessante è la DMT (dimetiltriptammina). Questa è un allucinogeno che si trova in alcune piante del Sud America, ma anche in qualche varietà di mimosa, acacia e graminacee della specie polaris, ed usato nei riti sciamanici, che provoca esperienze molti simili alla NDE. Questa sostanza si è scoperto essere sintetizzata autonomamente anche dal nostro cervello, il ché ha portato ad ipotizzare che sia la DMT endogena a provocare i viaggi nel pre-morte.


Tuttavia non è dato sapere se i livelli di DMT nel cervello cambino significativamente in prossimità della morte, perciò il ruolo che può avere questa sostanza è ancora controverso. Le ricerche necessarie per dimostrare questa ipotesi, come i cambiamenti neuro-chimici in condizioni critiche, porrebbero sfide sia tecniche che etiche. Gli autori dell’articolo concludono però che questo collegamento possa tradursi in applicazioni pratiche.


Visto che la NDE produce quasi sempre la perdita del timore della morte, suggeriscono di usare la Ketamina a fini terapeutici nei pazienti a fine vita per indurre una NDE, come ‘’anteprima’’ di quello che forse li aspetta, al fine di alleviare l’ansia di fronte alla morte.


Bisogna però soppesare bene questo beneficio contro i rischi dei potenziali effetti collaterali della Ketamina, che sono stati di panico o forte ansia.  Anche in Italia non mancano gli studi in materia. Secondo il Prof Enrico Sacco,(neurologo, terapista del dolore e professore di anestesia e rianimazione dell’Università di Padova, e che negli ultimi anni sta intensificando le ricerche sul coma, lo stato vegetativo persistente e la morte cerebrale), la nostra coscienza ordinaria non è altro che un tipo particolare di coscienza, mentre tutto ciò che la riguarda comprende forme potenziali di coscienza interamente differenti. Così come la mente si modifica nel fluire della vita, con l’esperienza, lo studio, l’allenamento, così, parallelamente, si trasforma il cervello, modificando le sue connessioni, i suoi circuiti e l’integrazione di aree cerebrali diverse.


Il Prof Sacco propone persino di cambiare il termine ‘’Stati alterati di coscienza’’ con ‘’Espressioni non ordinarie della mente’’, per eliminare i pregiudizi che sono alla base delle nostre convinzioni scientifiche date per scontate sino ad oggi. Ed afferma in una sua recente conferenza : ‘’è ormai assodato che anche in assenza di attività elettrica cerebrale  continua la nostra coscienza’’…’’anche i bambini molto piccoli di 3/4anni raccontano nella loro semplicità lo stesso tipo di esperienze raccontate dagli adulti ‘’ …’’le principali interpretazioni scientifiche che vanno dalla ischemia retinica concentrica, all’acidosi metabolica, alla disfunzione del lobo temporale e scariche simil epilettiche, delirium da farmaci, aspettative dell’aldilà dovute alle proprie credenze religiose, etc, non sono più sufficienti a fare luce sulle esperienze di OBE e di NDE’’.  


Concludendo, il tema della morte e dei morenti o di chi, creduto morto, sia tornato in vita raccontando di luce, tunnel, colloqui con entità morte precedentemente, accompagna da sempre la storia dell’umanità, dai racconti di Omero e Platone sino ai nostri giorni. Ora anche secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, l’ipnosi, la meditazione, le NDE e/o le OBE , collegate o meno alla spiritualità o alla religione di una persona, sono considerati elementi fondamentali  se producono  benessere ad una persona.


Secondo la maggior parte di uomini e donne che hanno avuto un NDE la morte non è altro che l’inizio di ‘’un diverso modo di vivere’’ con una coscienza aumentata e più ampia, coscienza che è dovunque contemporaneamente perché non è più legata ad un corpo. E’ giunto il momento di una maggiore conoscenza e consapevolezza di questi studi, della possibilità che la coscienza continui dopo la morte, in modo tale che la medicina si orienti verso una diversa visione di come occorre trattare i pazienti in coma e terminali e anche di quanto siano importanti i desideri espressi da una persona in stato di salute qualora venisse a trovarsi in certe condizioni, così  da esaudirli, rendendo meno duro il ‘’’distacco corporeo’’ sia per la persona deceduta che per i proprio cari rimasti. E’ ormai ora di cambiare la nostra concezione della morte e del morire non soltanto a parole, ma con un diverso approccio, anche didattico, nei corsi di laurea di tutta l’area medico-infermieristica. Ma la migliore conclusione di questa ricerca credo sia una affermazione della Dott.ssa Elisabeth Kubler Ross: ‘’ Per tanti secoli si è cercato di convincere la gente a credere a cose ultraterrene, ma per me non è più una questione di credere, ma di sapere che la morte è soltanto il passaggio ad una cosa più bella’’.


Bibliografia:


Pim Van Lommel  ‘’Coscienza oltre la vita’’


Raymond Moody  ‘’La vita oltre la vita’’


 E.Kubler Ross     ‘’Esperienze di pre-morte’’


Jeffrey Long      ‘’Evidence of afterlife: the scienze of Near-Death Experiences’’


Enrico Facco       ‘’Esperienze di pre-morte. Scienza e Coscienza al confine tra fisica e metafisica’’


Carlo Jovine        ‘’Scienza medica e medicina della fede’’

fonte: www.curecare.it/area-divulgativa/approfondimenti-dal-quotidiano/945-esperienze-di-nde-obe-e-recenti-riscontri-scientif...